giovedì 20 febbraio 2014

- PANICO. Un'aggressione punitiva.


PANICO … un’aggressione punitiva


iente è più inquietante dell’ascoltare un racconto fatto da chi ha vissuto un attacco di panico. Tale esperienza viene definita come un fenomeno imprevedibile, squassante, incontrollabile, inaspettato, e senza un apparente legame con eventi ansiogeni esterni. Assale a tradimento, soffoca completamente le speranze, paralizza le certezze, brucia di colpo tutte le abitudini, rompe ogni schema possibile, morde e fugge stremando completamente il soggetto. Ecco che cos’è l’attacco di panico: una doccia fredda che mette in ginocchio e manda a tappeto anche la persona più “dura”, a prescindere dalla sua reale “statura”. Irrompe all’improvviso, devasta la psiche mandando completamente in tilt tutta la “centrale operativa”. Non meno fortunato è il corpo a cui viene assegnato il compito ingrato di sbrigare le brutte faccende di “casa” con sintomi piuttosto invalidanti: oppressione al torace tachicardia, dispnea, respiro corto, mani sudate, stordimento, disturbi viscerali  e sessuali, brividi, vampate di calore, forti dolori allo stomaco, impulso irresistibile alla fuga. Questo malessere colpisce a dieci anni come a settanta, indipendentemente dalla posizione sociale e dal profilo culturale. 

hi ne è colpito ripetutamente tende ad isolarsi sempre più, a evitare luoghi, cose e persone che gli possono ricordare il momento terribile dell’attacco: una vita “senza vita”. Non solo è presente la paura di morire ma si teme, a torto, di non essere più in grado di condurre una vita normale: un evento psichico che può allontanare pericolosamente da se stessi. Dopo alcune esperienze, infatti, più o meno raccapriccianti, si comincia a vivere costantemente nell’attesa ansiosa di un altro attacco. In molti casi l’agitazione - l’energia in eccesso non espressa - fa aumentare un’incontrollabile preoccupazione per la salute o, peggio ancora, il timore di avere gravi malattie inspiegabili. Improvvisamente, tutto si trasforma in un incubo incomprensibile. L’adozione di meccanismi difensivi, per scongiurare e arginare questo fenomeno terrificante conduce, piano piano, a una schiavitù cronica: la peggiore sciagura che possa capitare. Dopo l’attacco di panico, infatti, la persona sembra aver smesso di esistere e, nel contempo, il suo unico obiettivo è quello di sopravvivere ai mille ipotetici pericoli. Chiudersi in una “gabbia protettiva” è una delle reazioni più comuni di fronte all’esperienza panica. La “gabbia mentale”, però, nel tempo, si radica a tal punto che il soggetto, qualsiasi cosa faccia, deve fare i conti con essa: “Posso andare? Cosa incontrerò? Cosa mi accadrà? Ce la farò?, Ma ci riuscirò? Resterò bloccato?, Sarò accettato? 

hi mi porterà soccorso?, Soffocherò?, Chi mi salverà?, Sarò in grado? E’ pericoloso? e così, dominato da un turbinio di pensieri catastrofici, non può più scegliere ciò che gli piace, ma ciò che “può fare” rispetto alle sue reali esigenze. Una prigionia quotidiana, cronica e frustrante, a cui il cervello, attraverso la sua tempesta ormonale dice un secco “no”. Non arriva mai per caso: trae origine e linfa dal quotidiano, da tutti gli eventi che ingabbiano l’esistenza in schemi immutabili, comprimendo e appiattendo gradualmente il mondo interiore. Dietro questo fenomeno si nasconde sempre una parte di se stessi che è stata tenuta in “letargo” o, magari, non si è saputo esprimere e valorizzare in modo adeguato. Chi segue rigidamente il modello di vita in cui è inserito rischia di non essere mai se stesso e di vedere “annichilita” la propria personalità. Per il quieto vivere, attraverso i rospi ingoiati che fanno ribollire di continuo, si crea un personaggio inquieto ed inutile, una seconda pelle che va stretta e tira da ogni parte… assale allora il timore di “perdersi”, non sapere più chi si è veramente. I meccanismi di difesa adottati, comunque, oltre a diventare dei veri carcerieri, non fanno più vivere, tolgono ogni gioia, ostacolano la realizzazione di se stessi e, soprattutto, spengono i veri desideri… una vita che non scorre più. Il panico, quindi, è la vita che non si vive più, la felicità che si nega… fa “saltare” il proprio stile di vita fittizio. Diventa una reazione “estrema”, spesso inconsapevole, caratterizzata da tanta energia prodotta e non usata, uno scontro con  un sistema di vita  che non è più in armonia con la propria natura profonda: sacrifici e sofferenze accumulate che, all’improvviso, si trasformano in panico. 

pesso, per obblighi o per necessità, ci si trova a realizzare e a dire cose diverse dai propri desideri, cercando di fare del proprio meglio e seguendo sempre i dettami altrui, viene imprigionata, per comodità, la vera identità entro confini ben definiti, si chiudono progressivamente i propri orizzonti esistenziali… ma c’è un’energia, una tensione, un’agitazione dentro che spinge altrove, impone un cambio di rotta; assale chi ha spento la vivacità, negato il piacere e smarrito la felicità. Un grido di ribellione ad uno stile di vita che va contro le proprie vere esigenze, cerca di smantellare, attraverso sintomi fisici e tratti depressivi, quei contesti emotivi-affettivi a tinte forti, inutili e colmi di artificiosità. L’attacco serve di monito perché, volenti o nolenti, obbliga a prestare attenzione a ciò che sta accadendo alla propria vita emotiva… a smantellare quei rapporti difficili con il mondo. In pratica, usa le maniere forti per smuovere, far uscire il soggetto dalla palude delle convenzioni, del conformismo in cui se cacciato ma, soprattutto, scuoterlo per impedirgli di soffocare la vita… spinge a cambiare atteggiamento - uscire da quel personaggio che recita di solito - per tornare ad essere felice. E’ sempre, comunque, il segno di una vitalità profonda, completamente compressa su un’identità costruita a tavolino e indossata come maschera impenetrabile.

Risultati immagini per paesaggi paurosiCOSA FARE.  Le metodiche terapeutiche attivate saranno tutte rivolte a raggiungere un giusto equilibrio tra mente e corpo. Il senso di interezza, infatti, deriva sempre dall’armonia dell’intero psicosoma e tutto ciò può essere raggiunto attraverso interventi mirati come ad esempio agire su l’iperventilazione, ovvero ripristinare la funzionalità respiratoria (migliorare la respirazione riduce il flusso adrenalinico e, quindi, il timore di patologie cardiovascolari), una adeguata attività fisica migliora il metabolismo e il sistema linfatico di un corpo ormai alla deriva, una sana alimentazione può stabilizzare i livelli glicemici, imparare a rilassarsi, invece, è utile per sconfiggere lo spasmo muscolare cronico e, quindi, vivere in maniera più armoniosa e “aperta”. Guardando questo mostro in faccia, dritto negli occhi, non gli rimane che scappare a gambe levate.




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