sabato 10 dicembre 2016

vergogna, vergogna, vergogna …


vergogna,  vergogna, vergogna    


ualche tempo fa ho ascoltato attentamente una interessante intervista pubblica sulla violenza domestica: una storia drammatica, triste, commovente e dolorosa ... una vita piena di veleni e percosse, compromessa da lusinghe, ricatti, sospetti, gelosie, insicurezza, manipolazioni e divieti. In quella occasione si parlava liberamente, tra lacrime e singhiozzi, di aggressioni fisiche, di lati sgradevoli sempre in bella vista, di laceranti fratture e abbandoni, di comportamenti irrispettosi e continui maltrattamenti - non per le strade di una qualsiasi città - ma tra le semplici mura domesticheun luogo che dovrebbe dare, in ogni momento della vita, sempre calore, sicurezza e protezione a grandi e piccini. Un fenomeno fisico che, non dimentichiamolo mai, non è solo di natura verbale ma si somma sempre a drammatici abusi psicologici …  ad una estenuante, assurda ed inutile battaglia di ‘potere’. 


lima infernale e drammi esistenziali che, paradossalmente, in questo incerto e confuso periodo storico, proprio per la loro frequenza impressionante, se non fossero così raccapriccianti, vergognosi, drammatici e inauditi non farebbero nemmeno più notizia. Molti erano i personaggi coinvolti in tale incontro: vittima, intervistatore, parenti, conoscenti, avvocato e associazione. Racconti dettagliati di botte, soprusi e sofisticate squalifiche, sguardi paralizzanti, elenchi infiniti di insulti, gesti incivili, strazianti e vergognosi: minuziosi ricatti e continue minacce; ‘astute’ strategie rivolte sempre a colpevolizzare, destabilizzare, neutralizzare ed “annullare” completamente l’altro più vulnerabile … una vita, a dir poco, vissuta nel terrore e nel dolore. Che siano donne - facile preda di lupi e dinosauri - oppure uomini - sotto il dominio dell’ape regina - è sempre un fenomeno grave, doloroso, invalidante, di grande sofferenza e, soprattutto, per i più attenti, rivela dinamiche sociali drammatiche, davvero sorprendenti, che pochi affrontano di petto (episodi strazianti non solo per chi li vive ma anche per chi li ascolta).


on è un caso, infatti, che la caratteristica principale delle relazioni infantili che predispone ad un quadro clinico dissociativo sia la violenza ... storie traumatiche determinate non solo da disagi mentali ma anche da alcolismo e tossicodipendenza (non è escluso, in tali comportamenti criminali, il coinvolgimento di altre personalità come quella ossessiva, paranoide, antisociale … non esiste comunque un “uomo nero” tipo: chi maltratta non appartiene a un’etnia, a un colore, a un’ età e a una condizione economica ben precisa). Dopo questa affermazione si potrebbe ‘ipotizzare’ che la violenza si “impara”, viene insegnata, purtroppo, non solo dai “parenti serpenti” ma anche tra i banchi di scuola. C’è comunque una domanda fondamentale che bisogna porsi prima di discutere queste penose e drammatiche storie.


ttenzione, però, il quesito serve per riflettere, 
capire non giustificare o avvallare tali comportamenti.
Ma perché proprio lui e proprio lei, tra migliaia di persone, mettendosi insieme, sono stati travolti da questa strana, confusa dinamica relazionale e da questa perversa cattiveria? E’ bene ricordare che alcuni tratti della personalità di un individuo influenzano non solo il suo comportamento, ma anche il suo modo di giudicare gli altri. Ad esempio, se si hanno tratti ossessivi – compulsivi è facile ammirare la riservatezza negli altri e probabilmente si guarda con “sospetto” o “disprezzo” chi è solitamente estroverso. Al contrario, se si sono ‘indossati’ elementi istrionici sarà più facile apprezzare la “genuinità - spontaneità” relazionale ed espressiva negli interlocutori
(chi ha letto l’articolo relativo all’isteria avrà già intuito perché questa affermazione … semplicemente perché l’isterico non è mai spontaneo, ama recitare, apparire, quindi …) e si sarà, invece, “insofferenti” nei confronti della statica lentezza di una persona quando si hanno caratteristiche compulsive (in pratica: chi è taciturno odia il chiacchierone; chi è lento disprezza l’indaffarato e il frenetico …). E’ vero però che gli opposti si attraggono, specialmente nel gioco della coppia: molti scelgono un partner dalle caratteristiche comportamentali diverse e complementari alle proprie, e poi magari litigano tutta la vita per la difficoltà di tollerare quelle differenze che all’inizio avevano suscitato attrazione (sono molte le persone, ad esempio, che incontro nella mia attività, magari con tratti ossessivi, affascinate o attratte da una buona fluidità verbale del partner, ma deluse e disorientate, successivamente, quando si trovano di fronte al reale quadro clinico. Quanti poi, con struttura depressiva anaclitica, si ritengono responsabili di tale clima familiare; alcuni, infatti, arrivano a concludere dicendo: se io fossi diverso forse non si comporterebbe mai  in quel modo!). Non ci sono dubbi che una coppia non si sceglie mai a caso.


i sono ogni volta elementi inconsci che fanno sì che quei due soggetti si incontrino e, avvenga o non avvenga l’attrazione (colpo di fulmine), si innamorino e si mettano insieme. Dentro ognuno di noi, volenti o nolenti, ci sono caratteristiche che stimolano, facilitano l’attrazione (la potente ragnatela relazionale si ripete) verso una persona anziché un’altra (storie ‘sane’ o traumatiche influiscono sempre, nel bene o nel male, sulle scelte di vita). E' fin troppo semplice risalire a quei rapporti che il piccolo ebbe con la mamma e la piccola con il babbo, cioè a quella ‘turbolenta’ relazione denominata “complesso edipico dove lentamente, nel corso dell’evoluzione, proprio attraverso la triade familiare, si prepara il terreno emotivo fondamentale per far scattare quella che sarà l’attrazione, il rispetto e il desiderio adulto verso l’altro. Ogni incontro – scontro con l’altro determinerà non solo la buona riuscita del talento o della ‘fortuna’ ma porterà con sé - in maniera più o meno marcata - anche il seme del fallimento: avere uno stile di vita eccessivamente rigido e inflessibile, infatti, impedisce di adattarsi con successo alla realtà e ai cambiamenti evolutivi della vita. Gesti che condizioneranno la vita e creeranno gravi problemi emotivi perché costringeranno a mettere in atto sempre lo stesso copione, le stesse scene, le medesime dinamiche comportamentali rigide e pervasive: si gira a vuoto, ci si avvita su se stessi, come un cagnolino che si morde la coda girando intorno. E così il copione si ripete, sempre con sfumature diverse, all’infinito: oggi a me domani a te. Per cambiare la situazione bisogna diventare consapevoli e cercare di interrompere questo circolo vizioso sostituendolo con atteggiamenti realistici e più flessibili. 


onsapevolezza che chi provoca danni fisici e psicologici agli altri non ha certamente e, soprattutto, non ha il minimo sentore di essere in difficoltà; non ammette di avere alcun problema, ma tale disagio non passa inosservato, può essere evidente ad un osservatore esterno che assiste direttamente al mutare del suo comportamento aggressivo e violento. I fattori principali, comunque, che contribuiscono a formare questo scenario vergognoso sono: il grado di frustrazione, lo stress (vedasi adrenalina, cortisolo, ecc.) cui il soggetto è sottoposto, il consumo di alcol e, soprattutto, di essere cresciuti in un nido di serpenti. Hanno imparato a risolvere i problemi, a gestire i rapporti e a controllare le varie situazioni esistenziali con minacce, forza e violenza. A questo punto il carnefice deve ‘decidere (prendere una decisione attraverso una consulenza qualificata e, quindi, uscire da questa complessa situazione di violenza) se intraprendere un percorso terapeutico oppure perpetrare, a se stesso e agli altri, questo suo antico dolore,  mentre la vittima deve essere sempre, con la massima attenzione e solerzia,  aiutata, supportata e tutelata in queste vicende, in questo nuovo nucleo familiare che ha in sé antichi fantasmi emotivi e relazionali interiorizzati, spesso completamente ignorati, ma che si riattivano e si mettono in atto a loro insaputa (non si è mai in due ma in sei).


o scopo principale della psicoterapia, oggi come ieri, consiste nel mettere la persona con profondi disagi emotivi in contatto con la realtà. Ricordiamolo ancora una volta che se il distacco dalla realtà è grave - cioè il soggetto non è in grado di orientarsi nei confronti della realtà, del tempo e dello spazio - il suo stato emotivo può essere definito serio cioè psicotico. Si dice, infatti, che soffre di fissazioni che alterano la sua percezione della realtà. Quando il malessere è meno “grave”, cioè il soggetto rimanendo in contatto con la realtà - è  consapevole che qualcosa non va per il verso giusto - viene definito nevrotico. Questo soggetto non è completamente disorientato (ovviamente tutto ciò dipende da vari fattori: quadro clinico, comorbilità …), la sua percezione del reale non è del tutto alterata, ma la sua concezione della realtà è  falsa, spesso, ingannevole e fuorviante. Egli agisce in base a delle illusioni e di conseguenza il suo funzionamento non è radicato, supportato dalla realtà. Una realtà comunque che non è sempre facile da definire. La difficoltà maggiore, infatti, a definire questi fenomeni è dovuta al fatto che, in ogni caso, risulta problematico affermare quali credenze siano illusioni e quali invece siano valide. Nel nostra caso, però, il dubbio non esiste, la violenza inaudita è inconfondibile sempre ben evidente e facilmente documentabile … quando si é lesivi verso gli altri (e se stessi) e i rapporti non sono più armoniosi si è già perso il contatto con la realtà.


ssendo un fenomeno complesso e delicato, in cui è facile “inciampare” anche per i più esperti, mi limiterò a dare solo alcuni suggerimenti e brevi indicazioni. Quando si verificano queste disastrose situazioni, comunque, è necessario rivolgersi immediatamente ai centri specializzati o associazioni competenti più vicine. Un agire tempestivo che possa limitare il più possibile l’isolamento o che tale trauma possa evolvere in una sindrome molto più grave.

Risultati immagini per dipendenze alcol e fumo

  1)    E’ importante non biasimare
(perché si è di fronte ad una vittima e non al colpevole)
2) Evitare di negare la vicenda;
3) Mai forzare il dialogo o il silenzio e, soprattutto, essere flessibili, lasciare i tempi necessari per ripresa  …  esseri lì pronti a dare una mano ma  lasciare sempre il tempo, lo spazio e la libera espressione.


Tel. 0532.476055
Bonipozzi dott. Claudio Tel. 349.1050551 - E mail: bonipozzi@libero.it

NB. Le informazioni e le interpretazioni terapeutiche contenute in questo articolo non sostituiscono in nessun modo il parere del proprio medico di base, al quale è sempre indispensabile rivolgersi per qualsiasi diagnosi o terapia specifica. Il presente articolo pertanto ha un  valore educativo, non prescrittivo.

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