mercoledì 27 aprile 2022

Ansia ... l'attesa

ANSIAl'attesa


imore, tensione, pessimismo, visione esagerata delle cose. Segnala che si stanno facendo cose che non interessano più, senza slancio, si sta andando contromano, uno sguardo senza stupore su quello che già si ha; ci stiamo allontanando dalla propria unicità. Attenti agli anestetici che cercano di coprire sempre le nostre varie paure (cibo, alcol, fumo). Lasciandola scorrere, senza bloccarla, invece, si trasforma in vita, in energia vitale; porta al cambiamento, alla trasformazione, alla felicità, alla realizzazione di ciò che siamo realmente: unici ed irripetibili … ci si allontana da quelle inutili credenze che ingabbiano completamente la mente.


l termine ansia, da tempo, entrato con prepotenza nel linguaggio comune, oltre ad essere ovviamente un concetto abusato, viene utilizzato in modo impreciso e staccato dal suo contesto clinico, sottovalutando in tal modo la vasta e articolata sintomatologia grave e, spesso, davvero invalidante. L’uso corretto della terminologia, sia in campo medico che nel linguaggio popolare, diventa pertanto indispensabile, dato che nei disagi emotivi termini tra loro semanticamente ambigui, possono essere fuorvianti o prestarsi a creare allarmismi ingiustificati, il cui effetto dannoso si ripercuote sull’individuo ansioso non solo “somministrando” terapie male impostate, se non inutili, ma anche creando un alone di mistero e una spiacevole confusione sulle reali condizioni psicofisiche. Non sempre, tuttavia, è facile dare una interpretazione univoca del fenomeno ansiogeno, perché l’ansia è essenzialmente un’esperienza soggettiva: ciò che una situazione per una persona appare stimolante, per un’altra persona può essere vissuta passivamente o in maniera del tutto negativa. Ogni ansioso, quindi, vive la sua ansia in modo del tutto personale e questo potrebbe spiegare la grande varietà dei disturbi da ansia che si possano osservare in ambito clinico. L’ansia è un fenomeno particolarmente complesso e va affrontato tenendo conto delle sue doppie radici: di tipo somatico e di tipo psichico.


e basi biologiche dell’ansia. Quando ci adiriamo, tutto ciò influisce sulle nostre condizioni psicofisiche. Tali mutamenti chimici, all’interno dell’organismo, alternativamente condizionano in modo più o meno profondo il comportamento e, in maniera più evidente, l’espressione dell’ostilità. Ma che cosa accade realmente? In primo luogo il flusso sanguigno - che in una normale attività vegetativa come mangiare, bere, riposare o dormire tende a concentrarsi negli organi centrali - viene pompato nei distretti corporei periferici: le braccia, le gambe e la pelle. Anche nella parte più “alta” del corpo, cioè il cervello, il sangue affluisce di meno; questo spiega il fatto che se siamo particolarmente adirati, ci si sente quasi presi da un senso di vertigine e non si è lucidi, in grado di pensare adeguatamente. Contemporaneamente le ghiandole surrenali, scaricano nel sangue l’adrenalina. Poiché l’adrenalina accelera il metabolismo, tutte le funzioni, il cuore batte più rapidamente, provoca sudorazione, mani e piedi gelati e a volte una fastidiosa secchezza alla bocca; la persona in queste condizioni si sente spaventata e in pericolo, come se si aspettasse qualcosa di spaventoso e drammatico pur trattandosi di una normale reazione fisiologica. Così, quando l’adrenalina è immessa nel sistema circolatorio, e respiriamo più rapidamente, le nostre pulsazioni aumentano e, quindi, anche i valori pressori; ci viene improvvisamente il collo rosso, letteralmente e metaforicamente. In quel frangente non possiamo dire a noi stessi: Adesso mi calmerò, perché non vale proprio la pena di arrabbiarsi”. Non possiamo interrompere questa produzione di adrenalina perché il parasimpatico non è connesso con le ghiandole surrenali.

l sistema nervoso autonomo (SNA) è costituito da due gruppi di nervi: il simpatico e il parasimpatico. Il simpatico è collegato a tutti gli organi, stimola e eccita, comprese le ghiandole surrenali che producono adrenalina. Il parasimpatico, invece ci dovrebbe tranquillizzare, deprimere; esso però, è connesso a tutti gli organi ma non alle ghiandole surrenali, per cui quando la produzione di adrenalina è in fase attiva non siamo in grado di bloccarla.



obbiamo lasciare completare il ciclo, agire secondo la nostra ira, oppure starcene seduti e irritarci oppure mettere in pratica quelle metodiche terapeutiche che permettono di abbassare il livello d’ansia. Ciò ovviamente non succede a caso: il più delle volte dietro lo stato d’ansia si nasconde un pensiero pessimistico che fa immaginare un male futuro, un vero e proprio dramma o disastro imminente (anticipazioni drammatiche, uno stile di vita non certamente sano, uno schema mentale che condiziona completamente la vita). Il cervello, quindi, crea un’immagine spiacevole, provoca una risposta ormonale (adrenalina) che fa sì che il corpo risponda, come modalità reattiva, con lo stato d’ansia. In realtà il corpo dell’ansioso comunica un “cambiamento”, esso infatti sta segnalando una eccessiva richiesta di prestazioni: questo stato lo troviamo non soltanto a livello cronico ma anche nei momenti evolutivi della nostra esistenza. Segnalando i vari passaggi evolutivi della vita è nello stesso tempo l’espressione di una difesa in atto e il tentativo di mantenere un equilibrio, per quanto risulti, purtroppo, non certamente ottimale. Vi sono, quindi, “periodi” soggetti a manifestazioni ansiogene che possono mettere a dura prova le capacità di adattamento dell’individuo, rendendolo più fragile e maggiormente predisposto a queste modalità difensive; sono percorsi evolutivi normali, ma inevitabili che richiedono un certo “impegno”: pubertà, matrimonio, separazione, perdita del ruolo sociale, terza età, pensionamenti, climaterio, menopausa.


e basi psicologiche. L’ansia è innanzitutto uno stato emotivo spiacevole, caratterizzato da tensione, preoccupazione e paura, in cui sia la volontà di controllo sia il ragionamento logico non hanno presa e sono del tutto inefficaci. Può essere stimolante o paralizzante, può modificare le nostre difese attive o invece segnalare alla nostra coscienza il sorgere di un profondo disordine. E' sempre il segno di una cattiva integrazione delle pulsioni inconsce.

ulsioni: è un'altra cosa dell'istinto; non è ereditaria né relativa a un bisogno preciso. Nel suo senso più vasto designa una forza insieme psichica e fisica (somatica) caratterizzata da una fonte, un oggetto e una meta. Le pulsioni corrispondono alle eccitazioni d'origine interna che il soggetto subisce continuamente e che costituiscono il motore dell'apparato psichico. Nei tre saggi sulla teoria sessuale, Freud presenta le pulsioni sessuali senza meta né oggetto specifici. Esse non sono limitate all'apparato genitale, ma possono riguardare una zona erogena qualsiasi (o anche semplicemente muscolare). Il concetto di pulsione è dualista. Alle pulsioni sessuali l'autore oppone dapprima le pulsioni dell'autoconservazione come la fame. A queste sono legate le pulsioni dell'Io che, al contrario delle pulsioni sessuali, possono soddisfarsi soltanto in un oggetto reale. Mentre le pulsioni sessuali restano a lungo sotto il dominio del solo principio del piacere, le pulsioni dell'Io obbediscono al principio di realtà e divengono gli agenti della realtà. Una parte essenziale della predisposizione psichica alla nevrosi scrive sempre l'autore proviene dal ritardo della pulsione sessuale a tener conto della realtà. In breve, è una spinta a passare all'azione; essa proviene dalla parte nascosta dello psichismo che Freud chiama il “principio del piacere”. L'Io, “principio della realtà”, è molto spesso costretto a frenare le pulsioni. Se le rimuove in modo troppo severo ed assoluto nell'inconscio, c'è il pericolo che si crei un complesso: la pulsione rimossa continua ad agire e attraverso strade indirette porta il soggetto a commettere azioni irrazionali senza che egli ne possa dare una spiegazione logica.


'ansia, quindi, può essere paragonata a una estenuante attesa, a una condizione di paura o, meglio, a un allarme “congelato”, di fronte ad un pericolo che ha cessato di essere minaccioso (ma che continua ad essere percepito come tale). Essa è una reazione esagerata, una penosa aspettativa in cui la caratteristica principale è facilmente riconducibile ad una paura perenne: del cambiamento, del timore di sbagliare o di non essere in grado di affrontare le situazioni, dell’ignoto, di lasciarsi andare, dell’ostilità e dell’inganno, della solitudine in un mondo pieno di pericoli, del tradimento. Questo stato d’animo complesso di “continua attesa” determina, inevitabilmente, un atteggiamento di insicurezza, indecisione e titubanza … presi dal dubbio si rimane completamente immobili; si pensa sempre di sbagliare, di non avere mai certezze e con profonda disistima … si rimane in attesa, guardinghi, si controlla ogni cosa (amici, partner, situazioni). In realtà si ha paura di tutto quello che si fa e delle conseguenze future che possono avere le proprie azioni realizzate nel presente. L’incapacità di fare affidamento sulle proprie risorse, sulle proprie forze, la mancanza fiducia nelle proprie attitudini e nella capacità di far fronte con successo alle varie situazioni, con la conseguente insicurezza (disistima) e il bisogno di appoggiarsi (contare) sugli altri, sono tutti atteggiamenti con risvolti drammatici e, soprattutto, spingono l’ansioso a vivere ai “margini” della propria esistenza … si diventa completamente trasparenti. Possiamo anche dire che l’impazienza, l’irrequietezza, la mancanza di concentrazione, oppure l’attenzione ossessiva al dettaglio, l’intolleranza, ma anche presagi, timori ingiustificati, sensazione di penosa aspettativa di pericolo imminente, senza che vi sia un oggetto reale a provocarla, sono tutte caratteristiche, tutti aspetti di questo stato d’animo particolarmente complesso e penoso.


a qual è la funzione dell’ansia? Non sempre l’ansia risulta negativa, può essere uno stato transitorio, ovvero una modalità adattiva indispensabile che permette alla persona di prepararsi in modo adeguato ad un evento o ad un’azione. Di conseguenza, l’organismo viene messo in una condizione di far fronte alle richieste del proprio ambiente e, quindi, di sopravvivere a “fatti” che mettono in difficoltà la vita stessa. Essa è dunque una tensione generale che mobilita tutte le risorse fisiche e cognitive della persona per migliorarne la risposta; in questo caso specifico non ha alcun effetto disgregante sulle capacità cognitive ed affettive del soggetto. Lo metterà in una condizione psichica – fisica adeguata il cui effetto è decisamente positivo e costruttivo, rispetto allo stimolo da affrontare. Ci rendiamo conto della sua importanza solo quando la sua tensione si abbassa fino a raggiungere una condizione di apatia: stato che caratterizza, ad esempio, tratti depressivi importanti. Eppure basterebbe una semplice riflessione per comprendere l’utilità ed il suo ruolo, per esempio, nel far emergere in noi quella “grinta” che ci è così utile quando si tratta di dover far fronte a gravi momenti di emergenza o, magari, di opporci ai soprusi e all’ingiustizia. Se non si è sorretti da una opportuna “energia” ansiosa, nei momenti di maggior impegno, ci riduciamo alla condizione di un pallone che ha perso il suo caratteristico volume oppure di una barca a vela senza vento in poppa. Tra i benefici offerti dell’ansia non deve essere dimenticata la spinta all’aggregazione, al sociale. L’essere umano, infatti, quando sperimenta sentimenti di disagio, di sofferenza e di inadeguatezza è spinto a cercare aiuto e sicurezza nella convivenza con i suoi simili. Ma come l’ansia adattiva con tutti i suoi rituali e le sue premonizioni è, indubbiamente, utile e preziosa, l’ansia patologica con le sue inconsistenti paure, dubbi, incertezze e inquietudini si presenta con caratteristiche distruttive e di estrema sofferenza. Questo tipo di ansia devastante ha sempre come suo primo bersaglio la mente ed è questo che la rende particolarmente debilitante. L’ansia patologica, stato di disagio che interferisce con le azioni e il fare in generale, è ben diversa da quella adattiva, perché causa estrema sofferenza e disfunzionalità. E’ caratterizzata da uno stato di apprensione, di costante attesa di avvenimenti, quasi sempre considerati, negativi e catastrofici. Generalmente le persone che vivono questo malessere hanno la sensazione di essere minacciate da un pericolo incombente e, naturalmente, vedono in ogni situazione una probabile causa di disastro. Man mano che l’ansia aumenta, diminuisce l’efficienza prestazionale fino ad arrivare, al blocco, all’immobilità, alla paralisi creando paradossalmente, in tal modo, un ulteriore aumento di ansia generalizzata. Questo malessere coinvolge tutta la persona, la cui caratteristica principale è, come abbiamo visto, una forma irrealistica o eccessiva di ansia e di preoccupazione (attesa apprensiva) di fronte a determinati fatti della vita che in realtà non sono assolutamente “minacciosi”. Sono tantissime le dinamiche curiose che generano e mantengono in vita questo stato di apprensione: preoccupazione che qualche sventura possa capitare al proprio figlio o a un proprio caro (che non è assolutamente in pericolo), aspettarsi disastri economici (per motivi inconsistenti) e, non meno frequente, ansia per prestazioni sessuali e lavorativa. L’ansia patologica può essere appresa fin dalla tenere età, vivendo in un ambiente familiare eccitato, irrequieto e disordinato. Quando si è calati in una atmosfera di irosità, di battibecchi, di eterni silenzi, di scatti improvvisi, di dispetti, di scontri verbali e fisici si diventa, infatti, facili prede dell’ansia patologica che diventa, man mano che passa il tempo, sempre più difficile da gestire, incanalarla verso attività produttive e controllarla in maniera vantaggiosa nella realizzazione di progetti importanti per il proprio benessere. Anche quando si vive in un clima di divieti e di sanzioni, ogni messaggio (anche educativo) può farsi strumento di profonde paure e diffuse agitazioni favorendo, quindi, una incontrollata tensione. Il miglior deterrente dell’ansia è indubbiamente una buona fiducia in se stessi, per cui l’elogio e l’incoraggiamento, soprattutto nei bambini, sono più utili di tante altre “buone intenzioni”, ad alimentare e mantenere una profonda sicurezza.



segnali tipici dell’ansia. Non sempre la sintomatologia dell’ansia si presenta in modo chiaro, evidente o con segni eclatanti da poterli facilmente inserire in un quadro clinico patologico. Segni d’ansia singolari, senza necessariamente essere di tipo patologico, possono essere: bagnare il letto, mangiarsi le unghie, balbettare, paura del buio, raccontare bugie, fumare, bere eccessivamente, portare gli occhiali da sole quando non sono necessari, arrotolarsi i capelli, girare continuamente gli anelli al dito.

ome si manifesta a livello psichico: impazienza, intolleranza, irrequietezza, difficoltà di concentrazione e attenzione esagerata per i dettagli, timori ingiustificati, attacchi d’angoscia. Come si manifesta a livello somatico: tensione motoria, dolori muscolari, incapacità di stare fermi, faticabilità, bisogno di respirare profondamente, palpitazioni cardiache, dolori alla nuca, cefalee, bisogno di urinare, nodo alla gola, stomaco chiuso, insonnia.


aturalmente tutti questi segnali d’ansia non devono essere utilizzati per etichettare le persone e a formulare dei giudizi di valore, essi hanno lo scopo di aiutare coloro che soffrono a riflettere sulle loro condizioni in modo da non colpevolizzarsi, a non vivere isolati e soprattutto a non porsi dei traguardi terapeutici eccessivamente ambiziosi. Tutti questi segnali non sono “difetti” ma semplicemente modalità reattive e come tali devono essere affrontati con “cuore” , con ragionevole pazienza e lucidità.


e varie forme dei disturbi d’ansia. In questa breve esposizione, prendiamo in considerazione: il Disturbo da Attacchi di Panico (DAP), i disturbi fobici, e il disturbo ossessivo – compulsivo.

l disturbo di panico, è una delle manifestazioni più tipiche dell’ansia. Il panico è uno stato d’ansia acuto associato con altri sintomi drammatici di natura fisiologica, motoria e cognitiva. I correlati fisiologici del panico sono una versione intensificata di quelli dell’ansia. La caratteristica essenziale è il ricorrere di attacchi (ansia) che si presentano in momenti imprevedibili, sebbene certe situazioni, per esempio guidare l’automobile, si possono associare con un attacco di panico. Gli attacchi di panico si manifestano con l’improvviso insorgere di un’intensa apprensione, paura o terrore, spesso associati con un senso di catastrofe imminente. I sintomi più comuni manifestati durante l’attacco sono dispnea, palpitazioni, dolore o malessere toracico, sensazione di sentirsi strozzati sbandamento o vertigine, senso di instabilità, sentimenti di irrealtà (depersonalizzazione o derealizzazione), parestesie, vampate di calore o sensazioni di freddo, sudorazione, senso di svenimento, tremori a piccole e grandi scosse, paura di morire, di impazzire o di fare qualcosa di incontrollabile durante l’attacco. Gli attacchi di solito durano pochi minuti, più raramente ore, alla loro scomparsa, tuttavia, lasciano un residuo di malessere, di paura e di grande prostrazione, una stanchezza diffusa. La loro ripetizione non segue regole precise e codificabili: in alcuni casi passano giorni, a volte settimane, in altri addirittura mesi senza che l’attacco si ripeta. Gli attacchi, almeno all’inizio, sono inaspettati, cioè non si verificano immediatamente prima o durante la presenza di oggetti o condizioni che di solito causano ansia. In seguito certe situazioni, come guidare una macchina o trovarsi in un posto affollato, possono essere associate all’attacco. In altri termini, la persona avrà paura che ciò si verifichi, ma non sa quando, anche se le probabilità sono maggiori rispetto a situazioni più neutre. Perciò chi ha sofferto di ripetuti attacchi di panico evita sia di rimanere solo sia di trattenersi in luoghi lontani da casa, dove manchi la possibilità di aiuto in caso di improvviso malore, pericolo o minaccia da parte di altri. E’ un disagio con una sintomatologia talmente debilitante che provoca il più delle volte un ricovero presso il Pronto Soccorso nel timore ovviamente di una gravissima malattia organica.


 disturbi fobici. La caratteristica essenziale è una paura persistente e irrazionale di un oggetto, di un’attività o di una situazione specifica, che determina il desiderio impellente di evitare l’oggetto, l’attività o la situazione temuta. Questa reazione è riconosciuta dall’individuo, pur con la sua drammaticità, come eccessiva o irragionevole, in proporzione alla reale pericolosità dell’oggetto fobico. La fobia, inoltre, si riferisce a uno specifico oggetto. In un primo momento il soggetto è spaventato da una situazione o da eventi specifici (luoghi alti, spazi chiusi, acqua profonda, guidare), in tali situazioni è fortemente preoccupato delle conseguenze che possono scaturire (cadere, soffocare, affogare) quando viene attivata una fobia, la reazione del soggetto può variare dall’ansia moderata al panico. Gli oggetti fobici a loro volta possono variare da piccoli animali a eventi naturali come temporali, o a eventi sociali, come parlare in pubblico o andare in società. La caratteristica principale di una fobia è rappresentata dal fatto che essa implica la valutazione di un alto grado di rischio in una situazione che è relativamente sicura. Le fobie possono essere viste come uno dei tanti modi con cui l’ansioso cerca di liberarsi dalle sue innumerevole paure: concentrando la sua paura sulla “situazione fobica”, l’ansioso riesce a liberarsi da ogni tipo di paura. Si tratta di una illusione che trova la sua giustificazione nelle sofferenze che l’ansioso prova dentro di sé e da cui vorrebbe ad ogni costo liberarsi. Le fobie, diversamente dagli attacchi di panico, la paura è legata a un oggetto o a una situazione specifica. Essa è persistente, vale a dire che la persona ne soffre in modo ripetitivo. Durante certe fasi del disturbo la presenza di uno stimolo fobico provoca invariabilmente una risposta ansiosa, come sentirsi in preda al panico, l’aumentata sudorazione, l’aumento dei battiti del cuore e la difficoltà a respirare. L’ansia è detta anticipatoria se lo stimolo non è ancora presente, tuttavia l’individuo sa che dovrà confrontarsi di lì a qualche tempo. Di solito vengono messe in atto azioni di evitamento, che permettono parzialmente di aggirare tali situazioni. In realtà si tratta di una situazione di timore continuo ed irrazionale che affligge il soggetto, obbligandolo ad inventarsi le cose più inverosimili pur di evitare di entrare in contatto fisico o psicologico con ciò che viene temuto. Il più usato degli esempi di fobia è quello dell’agorafobia, in cui l’evitamento si rivolge a qualsiasi spazio che l’individuo vive come chiuso, per quanto possa esserlo limitatamente.

disturbi ossessivi – compulsivi. Le ossessioni sono idee, pensieri, impulsi o immagini persistenti vissuti dal soggetto inizialmente senza senso, per esempio un genitore che ha impulsi ripetuti di uccidere un figlio amato, o una persona religiosa che ha pensieri blasfemi ricorrenti. L’individuo tenta di ignorare o di sopprimere tali pensieri o impulsi, o di neutralizzarli con qualche pensiero o azione. La persona riconosce che le ossessioni sono un prodotto della propria mente e che non sono imposte dall’esterno. Le ossessioni più comuni sono pensieri ripetitivi di violenza, di contaminazione e di dubbio. Le compulsioni sono comportamenti ripetitivi, finalizzati e intenzionali che vengono realizzati in risposta a un’ossessione, secondo certe regole. L’atto compulsivo ha lo scopo di neutralizzare o prevenire qualche disagio o qualche evento o situazione temuti. Comunque, il comportamento non è connesso in modo realistico con ciò che esso dovrebbe neutralizzare. L’individuo riconosce che il suo comportamento è eccessivo o irragionevole e non prova alcun piacere da questa azione, sebbene fornisca una diminuzione di ansia. La vita si trasforma in un monotono rito celebrato senza sosta e senza scopo. Si avverte un impulso incontrollabile a ripetere determinate immagini mentali o a moltiplicare la stessa azione per sentirsi rassicurati. Nei tempi andati, questa patologia veniva definita con l’efficace termine di “sindrome del dubbio”. Gran parte delle persone che ne sono afflitte devono infatti controllare in continuazione di aver compiuto determinati gesti restando, però, alla fine, sempre con il dubbio di non aver fatto quanto dovuto. Le compulsioni più comuni sono: lavarsi le mani, il contagiare, il controllare, il contare e il toccare. Questi comportamenti, tuttavia, diventano patologici quando sono così frequenti e insistenti da diventare un ostacolo allo svolgimento di una vita normale. Spesso il disturbo ossessivo si accompagna ad altri disagi, in particolare alle fobie e alla depressione.

Cosa fare


scire dall’ansia è sicuramente possibile. E’ questa la convinzione che deve sorreggere chi è affetto da questo, come da tanti altri più gravi, malesseri emotivi. Prima di indicare i vari percorsi terapeutici idonei per questo disturbo è però opportuno chiarire quali sono le false vie di uscita per evitare di muoversi su sentieri che comportano solo un peggioramento della situazione. E’ importante sapere che non bastano le buone parole o gli incoraggiamenti per evitare che il campanello d’allarme suoni in continuazione. La spiegazione razionale che un certo pericolo non esiste o non ha le dimensioni temute, potrà forse dare un sollievo immediato, ma non impedirà certo al nodo alla gola, alle palpitazioni o alla tensione di ripresentarsi. Inoltre, si creerà un ulteriore senso di malessere, di impotenza e di colpa in quanto l’ansioso, il più delle volte, si sente responsabile del suo stato emotivo. Non solo inutile, ma anche dannoso, risulta l’uso di caffè o di alcolici (assunti naturalmente in modo eccessivo!). Si deve inoltre tenere presente che colpi di spugna definitivi, in breve tempo, non sono mai realizzabili, ma che se si usano con costanza e convinzione tecniche appropriate, anche se a volte sono considerate banali, è possibile controllare sia la componente cognitiva che quella fisica dell’ansia. Oggi esistono terapie adeguate che permettono non solo di arginare i sintomi ansiosi più fastidiosi, ma anche di tornare a condizioni di normalità. Certo nessuno ha la palla di vetro o la bacchetta magica, l’individuazione del trattamento giusto potrebbe richiedere tempo e qualche “ricaduta”, ma primo o poi i risultati si raggiungono. Per il trattamento dell’ansia, oltre ai trattamenti che in qualche modo si potrebbero chiamare classici tanto sono entrati nell’uso popolare (ansiolitici, psicoterapia, biofeedback, ipnosi, rilassamento progressivo, visualizzazioni, yoga) ne esistono tanti altri più semplici e alla portata di tutti. Uno di questi è l’esercizio fisico: una lunga passeggiata ha la capacità di allentare non solo le tensioni ansiose difficilmente uguagliabili, ma anche la produzione di adrenalina. Inoltre, tra gli esercizi respiratori più efficaci e diffusi sono da ricordare quello della respirazione profonda addominale e quello della respirazione ritmata volontaria. Il primo, che va eseguito in posizione eretta, inizia con un’ispirazione profonda e a bocca chiusa. Appunto perché è profonda, essa impegna soprattutto il diaframma e quindi interessa l’addome non meno che il torace e mette in attività parti della base del polmone che generalmente rimangono pressoché immobili. A questa prima inspirazione segue una espirazione lenta a bocca semiaperta, seguita a sua volta da un’inspirazione di tipo addominale: il ritmo respiratorio dovrà realizzarsi intorno a circa sedici escursioni al minuto. Quello relativo alla respirazione ritmica volontaria, si fa generalmente in posizione seduta: inizia con una lunga inspirazione cui segue una pausa piuttosto lunga di alcuni secondi al termine della quale l’aria viene emessa lentamente ed in quantità più grande possibile. Questo esercizio come quello precedente, al fine di evitare reazioni fisiologiche esagerate, deve avere la durata complessiva di una decina di minuti e può essere realizzata più volte al giorno. Anche il soddisfacimento sessuale può essere visto come un utile sfogo all’ansia, specie quando questa sia dovuta a eccitazioni erotiche provocate e rimaste insoddisfatte; ma perché l’atto sessuale sia realmente liberatorio esso deve avvenire in piena sintonia con la propria “coscienza” sia per quel che riguarda la “realizzazione” e sia per quel che riguarda il partner (con un atteggiamento scevro da moralismi e in base alle proprie convinzioni). L’ansia purtroppo a volte interferisce negativamente sul felice espletamento del rapporto e ciò avviene soprattutto quando lo si sente come un impegno cui non si può assolutamente mancare. Un sollievo all’ansia tanto fugace quanto dannoso, se diventa un’abitudine, è quello di mangiare o bere alcolici smodatamente. Indubbiamente uno stomaco sazio e ripieno serve ad allentare le tensioni ansiose, ma l’abuso del cibo diventa, alla lunga, motivo di non pochi inconvenienti. Obesità, diabete, disturbi circolatori, sono un prezzo davvero troppo alto per brevi momenti di relativa tranquillità!!!

NB. Le informazioni e le interpretazioni terapeutiche contenute in questo articolo non sostituiscono in nessun modo il parere del proprio medico di base, al quale è sempre doveroso ed indispensabile rivolgersi per la diagnosi e la terapia specifica. Questo articolo pertanto ha valore educativo, non prescrittivo.

Bonipozzi dott. Claudio Tel. 349.1050551 

E mail: bonipozzi@libero.it







Nessun commento:

Posta un commento