giovedì 28 aprile 2022

Ansia ... un altro punto di vista

 

ANSIA … un altro punto di vista


e 'ansie'. Endogena (nasce all'interno: una insicurezza senza un apparente motivo), anticipatoria (un futuro che spaventa), prestazione (ci si sente già sconfitti prima di iniziare), ipocondriaca (ogni sintomo è una malattia). Quando si è presi dall'ansia il respiro si fa più frenetico, ci mette in condizione di affrontare e superare gli impegni della vita o un pericolo; il cervello, in quel frangente, attiva immediatamente il Sistema Nervoso Periferico per consentire di reagire efficacemente; il corpo si prepara ad affrontare l'imprevisto: i bronchi si dilatano per incamerare più ossigeno, la pupilla si dilata per mettere bene a fuoco ogni particolare, il battito cardiaco aumenta, la digestione rallenta: è il momento di agire! Diventa un fenomeno negativo quando la fisiologia corporea blocca anziché favorire l'azione; un mostro con molte teste che si può incontrare al mattino - appena si aprono gli occhi - pensando alla giornata, oppure di notte che non lascia riposare, ma anche più semplicemente in un incontro galante. Può diventare un disagio anche quella smania di riempire la vita a tutti i costi di cose inutili, offuscando in tal modo ogni momento piacevole ... cioè rinunciare di vivere almeno qualche volta con semplicità e leggerezza.

ccade frequentemente, nella vita di ogni giorno, di avvertire una tensione spiacevole derivante da un contrasto o da un disaccordo fra noi stessi e il nostro ambiente circostante. A volte il contrasto si svolge fra noi e altre persone che hanno a livello soggettivo un significato importante come familiari, colleghi di lavoro, superiori; altre volte il contrasto lo avvertiamo dentro di noi tra desideri e tendenze opposte, oppure tra le nostre aspirazioni e le regole che ci sono imposte. In generale, comunque, una certa dose quotidiana di contrasti fa parte della vita normale; la tensione che li accompagna rappresenta il segnale della loro presenza e la spinta per superarli e ad andare avanti. Ma se i problemi non vengono affrontati e quindi le tensioni, invece di essere chiarite, vengono soffocate, spente al nascere, esse si accumulano e possono trasformarsi in disagio, in malessere diffuso o vera e propria sofferenza … in un vero e proprio calvario, tormento continuativo. Si usa il termine conflitto quando il contrasto con se stessi (conflitto interno) o con gli altri (conflitto esterno) si prolunga nel tempo tanto da diventare un elemento importante o prevalente nella vita delle persone coinvolte.


a parola conflitto non indica necessariamente qualcosa di specifico: essa designa ogni situazione in cui vi sia la contrapposizione di interessi, di aspirazioni, di volontà. A livello delle singole persone, i conflitti non chiariti non scompaiono mai in modo spontaneo; possono essere avvertiti più o meno chiaramente, e la persona può anche raggiungere un certo equilibrio e “nascondere” a se stessa e agli altri la tensione derivata dal conflitto. Alla lunga però, se il conflitto coinvolge profondamente la persona e non viene chiarito, è sempre causa di sofferenza e può dare origine a stati d’ansia. L’autentica “salute” non significa vivere una vita spensierata e priva di conflitti non affrontati e non chiariti. E’ un errore pensare di raggiungere la “tranquillità a tutti i costi” illudendosi di evitare ogni contrasto e ogni tensione. Va detto che “chiarire” un conflitto non significa sempre poterlo risolvere. Il conflitto fa male e può diventare patogeno (che produce malattia) quando rimane oscuro e la tensione emotiva non trova vie di scarico utili. La visione di un ostacolo evidente e concreto di fronte a noi è sempre meglio dell’oscura sensazione di tensione o di scontento che non permette mai di arrivare a decisioni equilibrate, lucide e razionali. Saper accettare i propri conflitti affrontandoli con chiarezza fa parte della maturità di una persona. La “salute” comporta anche la capacità di confrontarsi o scontrarsi apertamente difendendo le proprie esigenze, ma rispettando, nel contempo, anche quelle degli altri. Quando certi conflitti non sono risolti in modo utile e diventano intollerabili, possono sfociare in un tormento continuo … in situazioni acute di crisi. Sia che abbia un carattere momentaneo, sia che riguardi più profondamente i rapporti tra le persone o il significato che una persona ha dato alla propria esistenza, la crisi in fondo non è altro che l’espressione di un problema che non può essere ignorato; essa, volenti o nolenti, si fa sentire, costringe a prendere coscienza che una difficoltà c’è e va in qualche modo risolta.

Che cosa è l’ansia


a tensione che accompagna e segnala un conflitto o, più in generale una difficoltà dell’esistenza può assumere le caratteristiche dell’ansia.

’ansia è un fenomeno profondamente umano e fa parte delle nostre normali reazioni. Tutti abbiamo provato ansia in qualche momento della nostra vita. Si tratta di un sentimento spiacevole di allarme e di attesa che possa accadere “qualcosa” che più o meno vagamente temiamo, qualcosa di indesiderato o minaccioso. Entriamo in ansia, come si usa dire, quando avvertiamo che viene meno la nostra sicurezza perché non possiamo più controllare gli avvenimenti o contare su punti di riferimento certi. La forma più semplice dell’ansia è di sentirsi spaesati, cioè il sottile sentimento di disagio che ciascuno ha provato trovandosi di solito in luoghi a lui estranei, una città lontana o una camera di albergo sconosciuta. In questo caso basta appropriarsi del nuovo ambiente e renderselo familiare (esplorandolo, scoprendo punti di riferimento: colori, profumi, arredo) per superare l’ansia e riacquistare la piena sicurezza.


i legano sempre alla condizione dell’uomo, con i suoi affetti, i suoi valori, le difficoltà che ciascuno incontra nella vita, altre ansie: l’ansia per la possibile perdita di una persona cara, l’ansia di fronte alla morte. In periodi di insicurezza diffusa nella società si acuiscono le ansie per la salute, la possibile perdita del posto di lavoro, per il proprio avvenire e quello della propria famiglia e così via. Molto frequenti – anche se si sottovaluta a volte l’intensità della sofferenza che esse comportano – sono le ansie che accompagnano certe età delicate della vita in cui è in gioco la sicurezza della propria identità e dell’avvenire: le ansie dei bambini alle prime separazioni dai genitori, le ansie degli adolescenti e quelle delle persone anziane. In breve, il sentimento d’ansia, con tutte le sue possibili sfumature, va riconosciuto come una parte normale dell’esistenza umana. Ad esso è possibile portare sollievo con un atteggiamento di sincera solidarietà (l’espressione comune “condividere le ansie” di qualcuno racchiude una grande verità terapeutica) e soprattutto cercare di modificare le condizioni che producono insicurezza e ansia. Ad esempio, nel caso dei bambini e degli anziani è fondamentale garantire la continuità dei rapporti con persone e ambienti familiari. 


uando siamo in ansia soffriamo anche fisicamente: ecco che il cuore batte all’impazzata, lo stomaco fa le bizze e qualche volta ci si mette anche l’intestino … facendo correre velocemente! Accade così che il fatto di sentirci “scombussolati” ci metta ancor più in allarme e ci faccia sentire deboli, impauriti indisposti proprio nel momento in cui avremmo bisogno di tutte le energie per essere nella forma migliore. L’ansia è, come già sottolineato più volte, quella sensazione psicofisica che avvertiamo quando ci sentiamo minacciati da qualcosa, o immaginiamo che nel nostro futuro imminente stia per accadere proprio ciò che maggiormente temiamo. Una certa quantità di ansia è però da considerarsi normale: tutti ne soffriamo, chi con manifestazioni notevoli ed evidenti, chi, invece, con una silenziosa e sottile tensione nella maggior parte delle persone. Il ritardo di una persona cara a un appuntamento, per esempio, genera apprensione, un diverbio non ci fa sentire tranquilli; per non parlare della sgradevole sensazione che proviamo quando abbiamo un debito e temiamo di non riuscire a pagarlo. Apprensione, nervosismo, inquietudine, preoccupazione, presentimento, costernazione, presagio, timore, tormento, affanno, eccitazione, tensione, paura, apprensione, malessere, trepidazione, sconforto, terrore, spavento, angoscia, panico, agitazione, batticuore, stress sono alcuni dei nomi con cui definiamo l’ansia (con questo lungo elenco di vocaboli difficilmente siamo i soli a sperimentare l’ansia)


ansia, inoltre, pur essendo poco piacevole nel momento in cui la viviamo, non è del tutto negativa; un pizzico di tensione rende più saporita ed eccitante la nostra esistenza. L’ansia amplifica le nostre sensazioni, ci fa vivere più intensamente, imprime in noi, i maniera indelebile, le esperienze della vita. Nelle forme più leggere l’ansia e la paura possono anche risultare utili. Infatti ci spingono ad agire rapidamente quando c’è un pericolo in vista e ci aiutano a rimanere in allarme quando siamo in una situazione difficile (migliora le prestazioni dell’individuo, neutralizzando l’apatia e la tendenza a “sedersi”). L’essere umano non può mai stare tranquillo. L’ansia è intrecciata alla sua vita come l’amore, la malattia, la morte, la crescita, l’errore e tutte le altre caratteristiche che lo rendono umano e non “divino”. La causa più profonda dell’ansia può infatti essere ricercata proprio nella condizione esistenziale stessa dell’uomo. Il nostro bisogno fondamentale è quello di mantenersi sani, vitali, amati e accettati dagli altri quanto più ci sia possibile, adeguatamente soddisfatti di noi e di ciò che ci circonda, mentre d’altro canto sappiamo con certezza che le cose non sono mai così lineari … non siamo mi al sicuro, da qualche parte nel nostro futuro ci può essere una incognita. E che la pienezza e la felicità non sono mai raggiunte in modo stabile e definitivo, ma sono frutto di una continua ricerca. Quando l’ansia non è disturbante (o invalidante) la persona non teme nuove situazioni e può sopportare rischi e incertezze; non ha bisogno che ogni cosa sia pianificata e organizzata in precedenza; soprattutto non ha paura di tentare; se non ci riesce impara qualcosa dall’esperienza che le sarà utile per fare meglio la volta successiva. La persona è anche realista, ha una visione precisa delle cose e non confonde ciò che è con ciò che dovrebbe essere. Sapendo di non poter fare tutto, si dedica alle cose che ritiene più importati. I suoi valori sono realistici; non cerca l’impossibile ma considera sufficiente fare del suo meglio. Accetta, inoltre, l’esistenza di certe condizioni: se vuole risparmiare del denaro, non deve spenderlo tutto; se vuole dimagrire, deve magiare di meno.


ono cose che tutti sanno, ma pochi vivono secondo queste regole. Cerca di migliorare ciò che è suscettibile di miglioramento e si rende conto che con grandi fatiche e adeguate motivazioni si possono fare molte cose. Accetta tuttavia anche i propri limiti e non prova disagio (o compensazioni particolari) per le proprie insufficienze. Ha sicuramente il controllo della propria vita; ascolta gli altri ma decide da solo e se ne assume la responsabilità. E’ capace di lavorare ma anche di giocare. Ha un buon grado di rispetto e di stima per se stesso, considera tutti gli esseri umani, lui compreso, degni di valore. Non ha bisogno di cercare la costante approvazione degli altri né di fornire continue prove delle sue capacità. E’ in rapporto continuo con i suoi sentimenti e riesce ad esprimerli. Egli sente in modo profondo, si tratti di tristezza o di gioia, amore, rabbia, frustrazioni, fame o stanchezza. Sa cosa gli piace e cosa vuole, anche se non può ottenerlo. Se viene ferito prova una collera immediata e non gli capita il giorno dopo di soffrire di un inspiegabile “mal di testa”. Sa quando è adirato e reagisce immediatamente e in modo semplice e diretto a qualsiasi cosa accada. Tutte le persone che soffrono di stati d’ansia, momentanei o persistenti, sanno come questa sia profondamente legata a una serie di piccoli e fastidiosi disturbi: ecco che le mani iniziano a sudare, la pancia si fa sentire, appaiono tremori o rossori.


utti abbiamo la tendenza a somatizzare quando alcune circostanze dentro o fuori di noi oltrepassano i livelli di guardia; anzi, da un certo punto di vista possiamo dire che sono spesso proprio questi piccoli segnali che ci fanno accorgere di come in realtà siamo in ansia. Ma a volte questi disturbi diventano costanti e proprio per questo preoccupanti quando si trasformano in: insonnia persistente, ulcera o gastrite, cervicale o mal di schiena, emicrania e colite.

Disturbi acuti e cronici


disturbi ansiogeni possono essere suddivisi in disturbi acuti o disturbi cronici. I malesseri acuti si differenziano da manifestazioni analoghe della vita psichica “normale” soprattutto per la loro intensità (attacchi di panico: è una crisi d’ansia acuta che compare in modo imprevedibile e incontrollabile. I sintomi neurovegetativi consueti dell’ansia si manifestano al massimo dell’intensità fino a provocare la paura di morire, di impazzire o di perdere il controllo). A tutti, come è già stato sottolineato, può capitare di provare ansia e paura. Ma quando questa giunge a bloccarci e a impedirci di “funzionare” allora ci troviamo per analogia nella situazione in cui si trova il nostro corpo quando deve far fronte a un attacco di influenza con febbre molto alta: tutte le sue funzioni vengono ostacolate in modo più o meno grave. Il disturbo acuto ha comunque una durata limitata, dopo di che rientra nelle abitudini del suo stile di vita e che quindi può letteralmente essere chiamato normale. Per disturbo cronico non si intende assolutamente inguaribile (fobie: in questo caso l’ansia è scatenata da un oggetto o una situazione - luoghi chiusi, animali, esami, aereo - che viene temuta e si riduce quando ci si allontana o si riesce ad evitare lo stimolo che lo innesca; ossessioni - compulsioni: è un disturbo d’ansia caratterizzato dalla presenza di ossessioni, immagini e idee ricorrenti che sfuggono al controllo della volontà. Parallelamente sono presenti comportamenti compulsivi e rituali che hanno lo scopo di tenere sotto controllo l’ansia e scongiurare le paure). Cronico significa che in qualche modo l’organismo ha trovato un equilibrio che gli permette di vivere in un modo sopportabile, ma nello stesso tempo esclude la possibilità di un ritorno alla normalità (come si verifica nello stato acuto). Le varie contromisure messe in atto in modo consapevole o inconsapevole da parte della persona giungono a modificare la personalità. E’ proprio il raggiungimento di questo stato di convivenza con rimedi parziali che impedisce da una parte un possibile peggioramento e dall’altra, purtroppo, un radicale miglioramento. E’ un po’ come se la persona, pur continuando a soffrire per i propri disturbi, si “affezionasse” nello stesso tempo ad alcuni aspetti di sé che pensa possano proteggerlo. Così per esempio qualcuno si sente spaventato dalla gente può decidere di affrontare determinate situazioni solo se accompagnato. Fino a quando si farà accompagnare proverà probabilmente meno paura ma il prolungarsi della situazione può giungere a modificare l’immagine che egli ha di se stesso. Credersi e accettarsi come una specie di “fifone” bisognoso di aiuto costante lo farà sì vivere meglio, ma gli impedirà di affrontare la gente da solo. Inoltre, i rapporti sociali tenderanno a strutturarsi in base all’immagine che ha di sé e vivrà in modo molto conflittuale chiunque rifiuti di accettarla. D’altra parte qualunque intervento drastico (per es. un accompagnatore che lo pianti in asso) non farà altro che aumentare l’ansia, bloccandolo ulteriormente e confermandolo nelle proprie convinzioni. Da tutto ciò si può comprendere come la terapia in questi casi necessiti di un punto di riferimento esterno qualificato capace di stimolare le potenzialità senza colpevolizzare le mancanze.



Ricapitolando

L’ansia che cos’è.


i per sé è una condizione connaturata all’esistenza stessa dell’uomo, una risposta adattiva che mette l’organismo in condizione di rispondere alle sollecitazioni dell’ambiente e di sopravvivere alle situazioni che mettono a rischio la vita stessa. Essa è dunque una tensione psicofisica che mobilita le risorse fisiche ed intellettive del soggetto per migliorarne le risposte. Ma non sempre è così, spesso l’ansia diventa una condizione patologica.

Come si manifesta.

ansia patologica corrisponde alla cosiddetta ansia generalizzata è caratterizzata da uno stato di costante attesa di eventi negativi e catastrofici. I sintomi con cui si manifesta sono: agitazione, tensione muscolare, irritabilità, palpitazioni, tremori, senso di oppressione toracica, ironia, difficoltà digestive.

Perché soffriamo d’ansia.


ossiamo dire che è un disagio tipico della nostra era moderna e del mondo occidentale. Le ragioni vanno ricercate nel nostro stile di vita, nei modelli mentali che influenzano il vivere quotidiano e orientano le nostre azioni e scelte. Ma perché ci affligge l’ansia? Perché non concediamo alla nostra energia vitale abbastanza spazio per scorrere liberamente e realizzare in tempo reale i nostri bisogni e desideri. Troppi vincoli e limiti, troppi giri di pensieri a vuoto. Il nostro tempo distribuito tra mille attività, la necessità di far sottostare ogni gesto a macchinosi ragionamenti e pianificazioni. Il cervello è fatto per realizzare quello di cui abbiamo bisogno nel modo più lineare e immediato possibile. Per funzionare bene ha bisogno di mantenere la sua apertura e plasticità. Quando la intrappoliamo in un tipo di pensiero troppo ordinato e condizionato ci troviamo in presenza di un cervello che si “contrae”, si “atrofizza”: ecco allora l’ansia che improvvisamente ci tormenta, ci attanaglia. Tutte le volte che ci costringiamo ad essere molto diversi da come siamo, che incanaliamo le nostre energie nelle strettoie di obiettivi insulsi, valori banali, convinzioni unilaterali e rigidi, esercitiamo su noi stessi un vero e proprio atto di forza: l’ansia interviene allora come una “contro - forza” che ci costringe a fermarci e a rimetterci in discussione.


ansia ci coglie quando si forma un pensiero: tutte le volte che non viviamo interamente nel presente e interrompiamo il flusso della vita con i nostri pensieri non stiamo più vivendo. Se invece assecondiamo il fluire continuo dell’esperienza e del tempo le cose vanno come devono andare, allora sì che riusciamo a vivere consapevolmente e pienamente. E a realizzare ciò che ci fa stare veramente bene. Così come un fiore non programma di dover crescere, né si preoccupa, ma vive immerso ella natura, e asseconda il flusso e sempre naturalmente, senza dover fare nessuno sforzo, sboccia e porta a compimento tutte le potenzialità contenute nel suo seme. Per affrontare l’ansia dobbiamo essere disposti a “sprofondare dentro noi stessi” scendere in profondità non significa cadere i un abisso insondabile ma precipitare in un luogo dove lentamente sparisce la nostra identità. Liberarci dalle nostre identificazioni è una vera e propria operazione salutare: l’identificazione è la nostra malattia più grave, la nostra abitudine più dannosa. L’ansia nasce dal fatto che siamo identificati in un modello. L’ansia viene proprio per far morire quel modello, perché soltanto così possiamo tornare vivi. La vita è un continuum, un flusso ininterrotto, non ci sono tappe da inseguire, o da raggiungere, siamo noi che frammentiamo il tempo, che pensiamo che quello che facciamo adesso è diverso da quello che faremo tra un’ora o che abbiamo fatto un mese fa. L’ansia nasce proprio dalla rottura di questo continuum. Se non riusciamo ad essere questo istante sempre più totale che è la vita, se non dividiamo il tempo vissuto in un prima e in un dopo, possiamo diventare una eterna consapevolezza, uno stato in cui la coscienza accoglie tutte le energie che cercano di uscire, e come tale le trasmette. L’ansia così si trasforma in creatività. Perché l’ansia è tutta la creatività, tutto l’istinto e tutta la potenza vitale che non stiamo usando. Il presente è l’unico punto fermo. Ma come porsi in questa perenne e caotica mutazione. Raggiungendo la consapevolezza che ciò che è passato ormai non esiste più e non potrà più in futuro ripetersi con modalità uguali e che neanche il futuro esiste perché non si è ancora realizzato e se mai si realizzerà sarà comunque diverso da come oggi lo possiamo immaginare. L’attuale punto di vista è necessariamente diverso da quello che ci vedrà osservatori quando l’evento si verificherà. Il presente costituisce l’unica certezza: la prova della nostra presenza lì dove il verbo “restare”, pur nella sua limitatezza linguistica, è il fulcro e la motivazione della nostra stessa esistenza. Esistenza che si realizza sempre e soltanto per punti continui che vivono e muoiono nel momento stesso in cui vengono alla luce nel mondo. Se noi, in quanto parte integrante del mondo, siamo in grado, solo con un respiro, di modificarlo e di esserne modificati, significa che noi stessi siamo il mondo. Un mondo che vive, si trasforma, si evolve in un processo unico nel quale siamo tutti coinvolti, consapevolmente o inconsapevolmente, in ogni istante nel nostro percorso vitale. Senza di noi, infatti, il mondo non sarebbe lo stesso. Sarebbe privo di un elemento che concorre alla sua stessa esistenza e al suo programma in quel preciso e unico momento temporale.


ome possiamo gestire al meglio il presente, spesso troppo proiettato verso eventi futuri? Forse non si può prevedere il futuro, ma si può sicuramente incidere su ciò che ci aspetta per il futuro, cercando di modificare al meglio il proprio presente. Questo sì che si può fare!!! E se si possono cambiare le regole del gioco, si può anche, se lo si desidera, indirizzare le proprie scelte comportamentali verso il miglioramento del nostro stato attuale di benessere psicofisico. Scelte che sono determinanti per il nostro futuro. L’attitudine a gestire gli eventi in modo naturale ci porterà, anche, a dare più spazio e seguito a quanto nella nostra vita suscita emozioni e a seguire il richiamo di ogni nuovo percorso che possa far nascere in noi l’entusiasmo della novità e della curiosità. Il presente è proprio questo: la concretizzazione di un momento nuovo che, per essere vissuto intensamente, deve suscitare la curiosità della sua conoscenza. L’abitudine uccide il presente perché delegittima la sua stessa forza vitale relegandolo in un passato già vissuto. Se la costruzione della nostra vita è fatta di attimi irripetibili e sempre nuovi, nuovo deve sempre essere, quindi, anche il nostro approccio dinanzi alle novità che il futuro fattosi presente ci porta. Il nostro percorso della vita non è già segnato e compromesso al momento della nascita: siamo noi che lo costruiamo e lo possiamo modificare giorno dopo giorno.

Evitiamo di ricadere nel ricordo ossessivo degli eventi che sono già passati o nella anticipata preoccupazione di ciò che ancora deve (ipoteticamente) verificarsi; 

 Impariamo ad acquisire maggiore consapevolezza del presente e cerchiamo di valorizzarlo;

Convinciamoci dell’ineluttabilità di certi eventi, nei confronti dei quali il nostro compito deve limitarsi ad assecondare il loro passaggio nel presente;

Impariamo ad utilizzare le “antenne” dei nostri sensi per identificare, nella natura che ci circonda, il richiamo di quegli elementi che possono fornirci le risorse energetiche di cui abbiamo bisogno per ristabilire il nostro equilibrio psicofisico … dobbiamo cominciare a sentire;

Ed infine proponiamoci di vivere intensamente e serenamente ogni istante che caratterizza la nostra esistenza, considerandolo come qualcosa di unico e irripetibile, che potrebbe essere l’ultimo in assoluto, ma anche il primo di un nuovo percorso di vita iniziato all’insegna della naturale consapevolezza del nostro essere.

icorda, uscire dall’ansia si può, è necessario mostrarsi disponibili a mettere in discussione le nostre “certezze”, e abbandonarsi al flusso mutevole degli eventi. Ricordando che anche la tensione può essere utile e passeggera!

NB
Le informazioni e le interpretazioni terapeutiche contenute in questo articolo non sostituiscono in nessun modo il parere del proprio medico di base, al quale è sempre indispensabile rivolgersi per qualsiasi diagnosi o terapia specifica. Il presente articolo pertanto ha un valore informativo ed educativo, non prescrittivo.

Bonipozzi dott. Claudio Tel. 349.1050551 
 E mail: bonipozzi@libero.it






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