giovedì 25 giugno 2015

-ABBANDONO


LAbbandono


Risultati immagini per abbandono nei dipintiPer quanto riguarda il termine abbandono, il dizionario ci fornisce diverse definizioni: “… lasciare senza aiuto, sostegno, assistenza… lasciare definitivamente”. La parola in sé non ha comunque un suono piacevole ed evoca una sensazione di sconfitta, di inquietudine e di fallimento. Questa insicurezza affettiva è legata ad esperienze di deprivazione sperimentate nei primi anni di vita e caratterizzate da sensazioni, più o meno profonde, di mancanza di protezione o, magari, da atteggiamenti poco soddisfacenti e affettuosi. Il neonato, infatti, prototipo dell’essere umano “dipendente”, può fondare il suo istintivo senso di sicurezza esclusivamente in base all’attenzione ed alle cure che gli altri gli porgono. Abbandonato a se stesso perirebbe senza scampo. Tanto il momento di disinteresse volontario che quello di involontaria disattenzione sono percepiti dal neonato come un estremo pericolo di “morte”. La propensione all’attenzione ed alle cure per i neonati piccoli in genere è insita comunque nella natura umana a garanzia della continuità della specie (… è sempre la qualità del rapporto che risulta determinante). Tale propensione, arricchita da motivi accessori, è indicata comunemente come “affetto”, l’affetto per eccellenza. 


na sorta di profondo riflesso condizionato stabilisce così nella percezione istintiva del bambino un nesso insolubile tra ricezione di manifestazioni d’affetto e “sicurezza” di restare in vita, tra carenza d’affetto e pericolo di morte. Così il “senso di sicurezza” potrà svilupparsi nel bambino se sarà stato oggetto di soddisfacenti e compiute manifestazioni affettive. Subentrerà invece il “senso di insicurezza”, come basilare ansietà, in logica conseguenza di una insoddisfacente o instabile o incompiuta manifestazione affettiva. Così insoddisfazioni e insicurezze di natura istintiva possono distrarre parte delle energie tendenti allo sviluppo psichico e arrestarlo a fissazioni relative a situazioni ansiose. Più tardi, nella personalità dell’adulto, portatore del fenomeno di dipendenza, lo stesso anacronistico allarme, dovuto alle insoddisfazioni ed alle insicurezze infantili, si perpetuerà a causa del carattere inconscio – e quindi inattaccabile dal senso critico – dell’antica carica emozionale che lo determina tuttora. Così affiora nella coscienza un misterioso senso d’insicurezza e d’insoddisfazione che, tuttavia, le facoltà mentali razionali giustificheranno di volta in volta con motivi banali. Ad essi il soggetto, ogni volta, presterà fede pur notando come l’insicurezza e l’insoddisfazione permangono oltre il dileguarsi dei motivi che per breve tempo hanno prestata loro una giustificazione. Tali reazioni dunque, sono prive di una logica vincolata all’ambiente presente (…non è riconducibile  a fenomeni oggettivi, realistici, ecc.), e, perché siano spiegate logicamente, occorre risalire alla loro genesi. 


ueste esperienze iniziali, come abbiamo visto, man mano che passa il tempo, non solo creano un profondo malessere, ma possono pregiudicare la vita relazionale successiva, determinando in chi soffre un’irrequietezza e una sfiducia di base, spesso responsabili del fallimento dei rapporti interpersonali (… amicizia, lavoro, coppia). Essere abbandonato è un’esperienza drammatica e, incide, soprattutto in tenera età, sulla psiche in maniera indelebile. E’ talmente dolorosa che crea nel soggetto, come modalità reattiva, una profonda disistima, insicurezza, un senso di autodistruzione  psico – fisico e un legame di totale dipendenza dagli altri. In realtà chi ha sofferto di abbandono è convinto, pur avendo straordinarie capacità, di non essere in grado di far niente da solo; chiede continuamente consigli e pareri (… che il più delle volte non utilizza), ha una grande necessità di sentirsi sostenuto e continuamente approvato in ogni scelta che fa. Poiché non ha mai avuto (… o perlomeno ne è convinto) l’attenzione desiderata, ama passare per vittima e drammatizzare anche gli eventi più banali. Attraverso questa strategia riesce ad attirare l’attenzione con i mezzi più disparati (… anche con problemi di salute) raggiungendo in tal modo il suo scopo, ovvero il sostegno, l’attenzione degli altri e qualche piccola porzione di dimostrazione d’affetto. 

Risultati immagini per abbandono nei dipintiIl dipendente quando agisce da altruista non lo fa mai in modo spontaneo, ma usa questo gesto per ricevere esclusivamente attenzione, riconoscimenti e complimenti (… si sente importante ed  aumenta la sua autostima). E’ una persona tormentata da notevoli sbalzi d’umore, in quanto non essendo completamente autonomo e incapace di gestire un semplice rifiuto, evoca lo spettro drammatico della solitudine (… che farò da solo? … che ne sarà di me?). L’individuo dipendente, temendo profondamente la solitudine, ha l’abitudine di aggrapparsi fisicamente agli altri in modo vischioso (… ecco perché predilige tutte quelle attività in cui c’è il contatto fisico… ama i balli in cui ci si può stringere) e proprio per evitare di ripetere l’esperienza dolorosa di abbandono, accetta situazioni drammatiche e rapporti di sofferenza (… marito etilista, violento, autoritario, ecc.)


on ha, inoltre, particolare simpatia per le divise, perché tale abbigliamento, in qualche modo, rappresenta l’autorità. La persona autoritaria (… tono, aspetto, comportamento deciso, ecc.), infatti, viene definita dal dipendente come una figura fredda, indifferente e, soprattutto, non attenta - proprio per  queste sue  caratteristiche - alle sue esigenze affettive (… continua la giostra dell’infelicità: si aggrappa eccessivamente agli altri, li “soffoca” e… li perde). Il dipendente, pur avendo un discreto appetito sessuale, usa il sesso per sentirsi più importante in quanto si sente desiderato dal partner. Anche quando non ne ha voglia non si oppone perché, a suo dire, perde una opportunità o, meglio, una occasione per sentirsi importante e desiderato (… è un altro modo, non spontaneo, per ottenere attenzione).  Avendo, inoltre, vissuto l’esperienza di abbandono, il più delle volte con il genitore di sesso opposto, non solo gli risulterà più difficile il rapporto con le persone dell’altro sesso ma il suo malessere si riacutizzerà anche ogni volta che accantonerà un progetto cui gli stava a cuore, ogni volta che si allontanerà da un luogo o da una situazione familiare, oppure, cosa più grave, quando non si occupa in modo adeguato di se stesso. I comportamenti e gli atteggiamenti propri del dipendente (… stili di vita, gesti imbarazzanti, indecisione, remissione) sono dettati dal terrore di rivivere quelle drammatiche esperienze abbandoniche sperimentate nell’infanzia. Poiché tali caratteristiche non si presentano mai contemporaneamente, con le stesse modalità e, soprattutto, non sono vincolati all’ambiente esterno, il dipendente non avrà mai una profonda consapevolezza dei vari comportamenti descritti ma li riconoscerà solamente quando essi si presenteranno in modo ostacolante e dominante: fuga dal senso di responsabilità, bisogno di essere curato, bisogno di aiuto e protezione, dipendenza, ecc. (… il tutto accompagnato da una profonda insicurezza e insoddisfazione). L’individuo, con queste caratteristiche, continuerà allora a cercare di scansare le responsabilità proprie della sua età, si attenderà di essere amato e protetto, vagheggerà in modo di sbarcare il lunario a “spese” di una persona o di un ente o della società, e cercherà di raggiungere tutto ciò con sistemi esibizionistici diretti a suscitare, come un tempo, simpatia ammirazione affetto o pietà. 


lla ricerca di una “razionalizzazione” delle sue “pene” il soggetto finisce per attribuirne la colpa ad altri (… proiezione), o ad uno spiacevole destino, o a qualche divinità, o ad un’assidua sfortuna o a causa di carattere superstizioso, o addirittura al fatto che tutto il mondo “è fatto a rovescio”. Poiché è “cieco” verso i veri motivi delle sue esigenze - è condizionato dalla necessità di non perdere la fiducia in se stesso - giustifica come motivi di gloria (autoglorificazione) proprio i lati più negativi del suo psichismo. D’altra parte tale processo ha una funzione protettiva dell’equilibrio emotivo, dal momento che se l’individuo perdesse del tutto la fiducia in se stesso tale equilibrio verrebbe a mancare. Il mentire a se stessi (… in modo più o meno consapevole) diviene, sotto questo aspetto patologico, una necessità vitale. Il bisogno di essere amato e protetto verrà considerato desiderio d’amore ed il soggetto coltiverà un ideale di se stesso quale generoso dispensatore d’amore. La tendenza a fuggire le doverose responsabilità dell’adulto verrà dichiarata come eccezionale destrezza nel vivere. Il desiderio di vivere a “spese” degli altri – altro tentativo di perpetuare l’antica situazione infantile – quando fosse autosservato, lo sarebbe come eccellente indice di astuzia e diventerebbe fonte di ammirazione. Poiché nulla di male il soggetto si addebita, non riesce egli a vedere su che cosa si fondi l’ostilità altrui (… nel nostro caso specifico le reazioni abbandoniche)


offrirà allora di sentirsi (… in ogni rapporto) incompreso, angariato, disamato, deriso a torto e diventerà vittima depressa oppure rabbioso di un destino senza speranza o di un prossimo apparentemente perfido e ingannevole. E’ bene ricordare, comunque,  che questi modi di pensare, di sentire, di agire non sono fenomeni “patologici” (… ovviamente quando non ostacolano il soggetto nelle più elementari attività quotidiane) ma sono modalità reattive che permettono all’individuo di “adattarsi” a situazioni ed esperienze particolarmente dolorose (… creando, attraverso l’equilibrio raggiunto, per quanto possa essere strano, ulteriore sofferenza). Tale “equilibrio” inizialmente vantaggioso a lungo andare può creare nell’individuo stesso malessere e sofferenza in quanto non gli permette di condurre la vita in maniera spontanea, di grande apertura mentale e di sana adattabilità all’ambiente circostante. Tuttavia possiamo affermare che la dipendenza è presente in altri stati emotivi  ma resta sempre più marcata e dominante nell’ambito dell’abbandono (… è il tema dominante che crea la “sofferenza”). Tutto quanto è stato menzionato in questa breve esposizione non deve essere inteso come un lungo elenco di “difetti” senza senso, ma devono essere interpretati come piccoli ostacoli che non  consentono di aprirci mentalmente e a migliorare la nostra dimensione emozionale e mentale. Attraverso tale conoscenza possiamo decidere se continuare a salire sulla “giostra dell’infelicità” (… che ci siamo creati) oppure diventare consapevoli dell’inutilità delle nostre risorse reattive che, pur non essendo soddisfacenti, continuano a dominano la nostra vita.

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Bonipozzi dott. Claudio Tel. 349.1050551  -  0532.476055
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NB. Le informazioni e le interpretazioni terapeutiche contenute in questo articolo non sostituiscono in nessun modo il parere del proprio medico di base, al quale è sempre indispensabile rivolgersi per qualsiasi diagnosi o terapia specifica. Il presente articolo pertanto ha un  valore educativo, non prescrittivo.


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