Obesità …
“metodi miracolosi” che ci vengono oggi proposti per dimagrire sono tanti e, spesso, sono tutti inefficaci. Certo, se ci atteniamo a diete rigorose, se riusciamo a reprimere le spinte biologiche che il nostro stesso organismo ci propone quotidianamente, ci è possibile perdere qualche chilo. Ma a quanti sacrifici, per quanto tempo, dobbiamo sottoporci per ottenere minimi risultati? In realtà, non si tratta di martoriare il nostro corpo per raggiungere il sospirato “peso forma”, ma di agire su alcuni meccanismi psicosomatici. Vediamoli.
algrado tutta questa varietà di cause, una cosa è certa: la maggior parte delle persone obese non sarebbe tale se ascoltasse i messaggi del proprio corpo su che cosa mangiare e quando. Le abitudini alimentari di solito si sviluppano quando siamo bambini: inevitabilmente, perciò, è la madre che detta le regole di base (ecco perché il cibo è sempre un simbolo della madre; ostilità e rabbia rimossa ed inconscia contro di lei). Quando si è piccoli si è spinti a mangiare alle ore stabilite per i pasti. Quasi certamente la madre si inquieta molto se si rifiuta il cibo e, probabilmente, anche di più se si lascia il cibo nel piatto (ci possono essere reazioni di preoccupazione, allarmismo, ecc.). Se uno è stato allattato artificialmente, il suo “addestramento” è cominciato anche prima che fosse in grado di sedersi davanti al piatto. Una ragione per cui l’allattamento artificiale tende a fare ingrassare di più è che, mentre è impossibile stabilire quanto latte è stato succhiato dal seno materno, è fin troppo facile vedere quanto ne è stato succhiato dalla bottiglia. Le mamme ansiose tendono a spingere i lattanti a vuotare la bottiglia anche quando essi non hanno fame. Queste tendenze alimentari distorte fanno sì che il “centro di controllo” dell’appetito sia abitualmente scavalcato.
lla fine il rapporto col cibo verrà a essere governato non dall’autentico bisogno di cibo per il proprio organismo, ma da un motivo del tutto artificiale di bisogno. Quando diventiamo adulti, nella maggior parte dei casi siamo già abituati a mangiare secondo l’orologio della sala da pranzo e non secondo i “tempi” interni del nostro corpo. Mangiamo negli orari stabiliti dai nostri genitori o quando ci sembra di dover mangiare. Mangiamo quello che la pubblicità ci dice di mangiare e alle ore in cui le persone che ci circondano pensano che si deve mangiare. Queste abitudini dannose, però, se prendiamo in esame alcuni meccanismi psicosomatici, si possono cambiare con la stessa facilità con cui si sono formate. Ascoltando i segnali interni del corpo, abbandonando le abitudini che scavalcano il “centro di controllo” dell’appetito e mangiando quando si ha fame, si scoprirà che è possibile dimagrire o mantenersi snelli senza alcun aiuto esterno, seguendo alcune elementari norme.
l cibo non è altro che un pezzo di “ambiente” amico o ostile che, entrando nella ‘fornace’, diventa parte di noi e si trasforma in una sostanza buona o cattiva … un mutamento che sintetizza non solo i nutrienti ingeriti ma anche il nostro mondo emotivo … ‘digerendolo’.
a maggior parte delle persone mangia a ore prestabilite, che possono essere o non essere in relazione con il loro effettivo bisogno di cibo. L’abbandono di ore fisse per i pasti può suonare una proposta anarchica e, certo, in una famiglia può portare a un certo grado di confusione. Ma il disordine sarà decisamente minore di quanto si possa credere. Comunque, al di là delle belle parole, questa è una regola imprescindibile: ogni volta che si mette in bocca qualcosa, bisogna chiedersi se si sente l’effettivo bisogno, se si ha fame. Se mentre si mangia, si chiacchiera, si guarda il giornale, si legge una rivista, si guarda il televisore, probabilmente i segnali provenienti dal proprio “centro di controllo” dell’appetito sfuggiranno.
isogna fare attenzione al fatto che si sta mangiando, se si vuol cogliere i messaggi che ci dicono che siamo sazi. Non si deve aver paura di lasciare del cibo nel piatto. E’ sicuramente uno spreco buttar via il cibo. Alcuni si sentono così in colpa, quando vedono buttar via il cibo, che mangiano anche gli avanzi degli altri. E’ importante prendere l’abitudine di servirsi di porzioni piccole. In questo modo si sarà meno portati a mangiare troppo e capiterà più raramente di trovare il coraggio di buttar via il cibo. Lo scopo è quello di smettere di mangiare non appena si è sazi. Quando si ha fame bisogna fare attenzione ai messaggi del corpo: si scoprirà che il corpo dice di che cosa si ha bisogno (non è facile e richiede allenamento).
iamo quello che mangiamo … Siamo
quello che mangiamo è un detto fin troppo noto tra quelli che si occupano di alimentazione. Da un punto di vista biochimico è un’immagine un po’
fantasiosa, ma non di meno mette in evidenza il fatto che abbiamo il controllo
sulla nostra salute e sul nostro benessere. Ciascuno di noi prende queste
decisione, piccole o grandi, ogni giorno della nostra vita: appropriate
e riuscite da una parte, inappropriate e destinate alla sconfitta dall’altra.
E’ la somma di queste decisioni che determina chi riesce e chi fallisce, chi si
ammala e chi sta bene, chi sopravvive e chi soccombe. Fortunatamente, in questo
particolare momento storico super tecnologico, possiamo trovare facile aiuto e valido
supporto nella nostra conoscenza - anche se spesso prodotta con mezzi bizzarri
e non completamente veritieri - poiché
cominciamo a capire quale prezzo paghiamo per un certo modo di vivere. Esistono
molte cose più importanti del confort ed alcune più importanti della salute. Ma
un individuo dovrebbe essere in grado di valutare quanto gli costano le sue
azioni ed i suoi fini. Poi, se fa una scelta, dovrebbe pagarne il prezzo di
dolori e disastri. Spesso deciderà che i suoi valori sono scarsi, che è stato
in qualche modo confuso, e quindi modificherà il suo ritmo e la sua direzione.
Quello che mangiamo, spesso per compensare ogni minima contrarietà, influenza
la nostra salute, e la cosa è indiscutibile - anche se a volte siamo costretti
ad ingerire cose non previste e non volute - e nella nostra cultura, se
veramente vogliamo, siamo noi a decidere quello che mangiamo. Esattamente come nella
scelta di un menù, nella grande maggioranza delle circostanze che implicano lo
stress e i cambiamenti di vita le decisioni sono nostre e nostre soltanto. RICORDIAMOLO,
non voletemene, ma nel contesto della “sopravvivenza”, siamo davvero quello che
pensiamo.
e strane voglie, che vengono alle donne incinte, sono spesso ragionevoli. Si sente il bisogno di mangiare una cosa dolce, si deve mangiare una cosa dolce; se viene voglia di una arancia la si deve mangiare: probabilmente il corpo sente la mancanza di qualcosa che c’è in quel alimento. Generalmente facciamo pasti piuttosto abbondanti a intervalli abbastanza lunghi, perché la società ci chiede di mangiare in questo modo. Ciò non aiuta per nulla il “centro di controllo” dell’appetito a svolgere la sua funzione il corpo agisce di conseguenza: non aspettandosi di ricevere per diverse ore, ci incoraggia a mangiarne il più possibile e mette da parte il sovrappiù che non è immediatamente necessario. Questo è immagazzinato come grasso. Se si fanno pasti più frugali e più frequenti, il cibo che si mangia viene bruciato dal corpo immediatamente, non viene immagazzinato. Perciò si mangia solo quello che il corpo richiede (mangiare poco e spesso).
e si mangia perché si è tristi (il cibo non è mai una stampella), perché si è felici, perché la persona amata ci ha lasciato, il “centro di controllo” dell’appetito perde orientamento. Non mangiare la sera tardi. Non si deve usare il cibo come un’arma. Non si devono costringere i bambini a mangiare o anche solo a mangiare cibi che a loro non piacciono. Non devono essere privati del cibo perché hanno fatto qualche marachella. Non associare cibo e punizione, cibo e premio. Questi comportamenti hanno un effetto distruttivo sul “centro di controllo” dell’appetito. Bisogna avere pazienza nel rieducare il corpo ad ascoltare gli ordini del “centro di controllo” dell’appetito. Se uno lo ha ignorato per anni ed anni, ci vorrà un po’ per imparare ad ascoltarlo di nuovo e, soprattutto, per adottare alcune indispensabile e benefiche regole psicosomatiche. Il mangiare in modo compulsivo è un sintomo di una disperazione interna che scaturisce direttamente dalla mancata accettazione di sé perciò quando si inizia una dieta la disperazione non cessa. Prende una nuova forma. Si diventa compulsivi nella dieta come lo si era nel mangiare. Mangiare e divorare sono modi infantili di esprimere l’aggressività. E’ una rabbia rimossa. Se non si risolve, in alcuni casi, il senso di colpa, il problema dell’alimentazione eccessiva è spesso insormontabile.
CHILI di troppo non sono solo un problema sociale o
sanitario ma coinvolgono SEMPRE quel mondo emozionale che non si riesce MAI a
manifestare liberamente e apertamente, esprimere spontaneamente e direttamente all’esterno …
la ”famosa” stramangiata, infatti, cerca di neutralizzare le arrabbiature e i
dissidi quotidiani, addolcire una vita piena di sacrifici, di autolimitazioni e
di continue insoddisfazioni, smantellare quelle relazioni affettive deludenti,
quel vissuto vuoto senza nessuna novità,
sorpresa e passione, eliminare i ricordi ingombranti trasformati inesorabilmente
in rimpianti: “appesantisce” la voglia di
vivere, annulla la “leggerezza” e la voglia di fare, prende il posto a un nuovo
modo di essere più felice.
na difesa psicologica messa in atto per consolarci,
ingoiare e sopportare tutte quelle esperienze noiose e ripetitive che non ci
soddisfano più, per riempire il vuoto di una vita fredda priva di affetti veri
e sinceri, per placare ansia e zittire la depressione, per mettere a tacere tutti
quegli amori andati “persi”, per togliere quell’indigestione di frustrazioni,
di mortificazioni e di delusioni ingurgitate ogni giorno, per tenere sotto
controllo quella fastidiosa paura di fallire o quel senso diffuso di sconfitta,
per placare quel timore di non essere capiti, compresi e accettati, per spazzar
via quella drammatica sensazione quotidiana di non essere all’altezza nel
gestire i vari incarichi o di non avere più il controllo delle situazioni, per
liberare dai veleni emotivi quotidiani, per resettare quelle convinzioni
balzane di valere meno, di inferiorità e di nullità: uscire da quel tunnel esistenziale pieno di limiti, apatico, monocolore
e monocorde, resuscitare da una vita controllata e compressa, oramai “spolpata”
nei rapporti, relazioni, sorrisi e piaceri.
e gratificazioni negate e i desideri
schiacciati vengono inutilmente imbavagliati dalla pancia “gonfia” e tormentata,
bloccando così le energie mentali, entrano in conflitto con la voglia di vivere
che, non essendo più coinvolta perché messa sullo “sfondo”, vuole essere considerata, ascoltata, gratificata
e “saziata”: una situazione che urla
trasformazione e leggerezza, invoca una nuova sensazione di “pienezza”, ma
soprattutto, una vita soddisfacente, sana ed appagante … la chiave
del successo di un fisico snello è AMARLO volergli BENE … RICORDA,
attraverso l’esercizio fisico, il modo in cui rispondi allo stress e mangiando
le cose giuste non solo rendi felice il tuo corpo, stimoli il metabolismo e
liberi le emozioni che ti “appesantiscono” ma, depurandoti e liberando
creatività, smaltisci cellulite, elimini il “girovita”, fai emergere le tue energie più profonde … quando si è FELICI ci si sente davvero
“diversi”, non dovrebbe quindi sorprendere - soprattutto per alcune categorie
di persone, ovvero gli “innamorati” che vivono solo di aria - che il mondo
emozionale, in particolare i modi con cui si affrontano gli aspetti non
razionali della vita, possano avere un “PESO” (impatto) enorme sul
funzionamento del corpo … impara ad
“accudire” te stesso, mettiti sempre al
primo posto e vedrai che i tuoi “pesi” si ridimensioneranno.
ttribuire un’eziologia
psicosomatica alle malattie incontra, spesso, nel pensiero comune, molte
resistenze e parecchia irritazione: difficile accettare che siamo sempre noi a
generare il ‘male’. Alcuni giustamente diranno, ma tutte quelle cose che
respiriamo e ingeriamo non contano proprio nulla? Certamente. Non va comunque
dimenticato che sono proprio i disagi prolungati nel tempo che compromettono il
funzionamento del sistema immunitario e, quindi, con difese ‘basse’ anche le
cose più banali risultano difficili da 'neutralizzare'.
NB. Le
informazioni e le interpretazioni terapeutiche contenute in questo
articolo non sostituiscono in nessun modo il parere del proprio medico
di base, al quale è sempre doveroso ed indispensabile rivolgersi per la
diagnosi e la terapia specifica. Questo articolo pertanto ha valore
educativo, non prescrittivo.
Bonipozzi dott. Claudio Tel. 349.1050551
E mail :bonipozzi@libero.it
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