DIPENDENZA ... dagli altri
i
tratta di una forma di annullamento di sé, e ha, ovviamente,
conseguenze immediatamente distruttive per un processo decisionale
indipendente e personale; infatti, se
cancelliamo noi stessi aumentiamo la nostra dipendenza dagli altri.
Questo blocco va quasi sempre parallelamente
con quello dell’annullamento di sé e del bisogno di piacere, di
far bella figura. Nella maggior parte dei casi, la dipendenza
dai gusti, dalle opinioni e dalle decisioni degli altri è più
evidente di altri blocchi (annullamento di sé
e bisogno ossessivo di piacere). Ma di fatto, è molto raro
trovarli da soli e separati. Essi nascono l’uno dall’altro, e si
alimentano e si sostengono a vicenda. Anzi, a volte possono essere
indistinguibili. Le vittime della dipendenza ossessiva arrivano
spesso al punto di non rivolgersi quasi mai a se stesse, ma di
limitarsi semplicemente a “scegliere” la medesima opzione della
persona o delle persone da cui dipendono. Tale dipendenza è
“impropria” perché quasi mai queste persone sono prive della
capacità innata di scegliere e decidere; se essa si è paralizzata è
perché non è stata usata per tanto tempo. E’ chiaro che un
comportamento di questo tipo è dovuto alla mancanza di fiducia in se
stessi e a una scarsa stima di sé. Ma essa può procedere in larga
misura a livello inconscio. Le persone che hanno questo blocco spesso
ne sono a malapena consapevoli, e di frequente non lo sono affatto.
Gli individui che fanno abitualmente affidamento sugli altri perché
decidano al posto loro, trovano spesso dei sistemi ingegnosi per
procurarsi un “alleato” che decida su ogni genere di questioni
che sarebbero perfettamente in grado di decidere da soli.
Naturalmente chiedere il consiglio e l’opinione
altrui non è la stessa cosa dell’obbedienza cieca. I primi
sono al servizio del processo decisionale, mentre la seconda è
utilizzata per evitarlo. Per quanto sia difficile da immaginare,
molte persone che soffrono di questi blocchi paralizzanti non sanno
che l’origine di tale paralisi è da ricercarsi nella dipendenza.
Tuttavia questo genere di dipendenza è così
comune che, tutte le volte in cui ci troviamo di fronte a una
paralisi in una situazione decisionale, dobbiamo prendere subito in
considerazione questo problema e la dolorosa dipendenza che esso
implica. Il soggetto spesso non è assolutamente consapevole
né di tale dipendenza, né di “essere diviso”. A un livello
cosciente, lui o lei possono essere consapevoli soltanto di essere
bloccati e incapaci di giungere a una decisione, essere bloccati e
incapaci di giungere a una decisione. Questa è
spesso la volta in cui la vittima di tale blocco comportamentale
tenterà di ottenere un maggior numero di opinioni, di raccogliere
più suggerimenti, di cercare qualcuno che sia “più forte”, “più
saggio” o che la colpisca in altro modo per rompere questa
situazione insostenibile. Ovviamente, questo blocco non può
essere rimosso se non si fermano le razionalizzazioni, e se la
consapevolezza delle difficoltà non sostituisce la delusione
provocata da se stessi. E’ essenziale che le vittime di questo
problema smettano di avere paura di fare affidamento su di sé, di
prendersi la responsabilità delle loro decisioni, e di viverne le
conseguenze, qualunque possano essere. In particolare, può essere
necessario tenersi lontano da alleati “forti” e “esperti” per
un po’ di tempo, e prendere delle decisioni, non importa quali, per
cominciare a rompere l’abitudine alla dipendenza.
Il bisogno ossessivo di piacere
l
legame tra la negazione di sé, la dipendenza e questo blocco è
“l’amore”. Per fonderci con un altro (Io) che avvertiamo più
completo e sicuro del nostro, utilizziamo l’amore come un mezzo che
ci unisce ad esso dandoci una giustificazione sul piano razionale.
Più piacciamo, più vicino possiamo giungere all’altro. Questo
blocco specifico può avere un effetto estremamente disastroso su
tutti gli aspetti del comportamento. Praticamente tutto ciò che una
persona fa è motivato da un bisogno insaziabile di piacere. Com’è
naturale, il processo decisionale ne subirà un grandissimo danno,
perché un processo decisionale valido non va d’accordo con un
atteggiamento competitivo volto a ottenere popolarità.
Nelle persone molto insicure, affette da odio verso se stesse,
dipendenti e alienate dai propri sentimenti, piacere diventa il punto
centrale della decisione piuttosto che la sostanza delle scelte
stesse. Se una scelta valida, veramente valida, rischiasse di
produrre avversione da parte degli altri o fosse impopolare, oppure
abbandonata per una cattiva, ne risulterebbe un blocco. Tanto per
peggiorare le cose, la nostra cultura rafforza il culto
sproporzionato dell’amore. Naturalmente, l’amore maturo, col
quale intendo gentilezza, affetto, disponibilità, fiducia e
intimità, ha un grande valore. Ma anche queste forze costruttive
hanno forti restrizioni, e l’amore romantico ha molti limiti come
base per prendere decisioni importanti che conducano al successo o
alla felicità. A tutti noi piace essere apprezzati dagli altri, ma
il bisogno di piacere raggiunge proporzioni malefiche quando diventa
un blocco di natura ossessiva. Essere
amati o piacere viene vista come la soluzione a tutti i problemi, e
come il solo mezzo per essere al sicuro.
“Se gli altri mi amano vuol dire che non mi feriranno mai, per
nessuna ragione”. Di fatto, le vittime prese in questa rete fanno
sempre del male a se stesse trascurando le loro opinioni e le loro
opzioni. Inoltre razionalizzano il danno che fanno a se stesse
idealizzando la loro bontà e il loro “amore” per gli altri.
Sotto
sotto, tuttavia, si considerano come martiri che si sacrificano.
Purtroppo, nessuno piace sempre a tutti e nessuna pretesa o tentativo
di attaccarsi a un altro come l’edera producono un poco più
d’amore. Ad alcune persone piacciono, ad altre no. In ogni caso, la
maggior parte di noi non sopporta di essere oggetto di fittizie
manovre amorose, e questo non piace neppure a chi compie tali
manovre. Quando le persone affette da questo problema si trovano in
una situazione in cui l’amore non sta arrivando, diventano confuse,
turbate e ancora meno capaci di prendere decisioni indipendenti.
Inibizioni e paralisi sono molto frequenti in questo tipo di blocco,
perché ogni decisione viene vista come una possibilità di non
essere graditi. In
questi soggetti c’è molta rabbia repressa verso coloro dai quali
dipendono, e ansia e paura di rivelarla per timore che costituisca
una minaccia al fatto di piacere e alla loro immagina di persone
“gradevoli” o di “vittime”.
Perciò tale rabbia si esprime in un sabotaggio sottile, in messaggi
confusi e contraddittori, in relazioni disturbate e in decisioni
fallimentari. Quasi tutto ciò avviene su un piano inconscio, a parte
la dolorosa conseguenza di rapporti e decisioni mediocri. Questo
sì che viene però avvertito! Tuttavia,
quando l’individuo comincia a mettere in dubbio il valore della
ricerca di amore universale, è sulla strada buona per sciogliere
questo blocco. Egli deve giungere a capire che essere amati è un
fenomeno naturale che non può venire esteso universalmente con
nessuna manovra; che
piacere è una cosa gradevole ma ha un valore troppo limitato; che la
schiavitù a questa tirannia distrugge il processo decisionale.
E deve inoltre comprendere che il fatto di piacere non ha in realtà
accresciuto di una virgola la sua sicurezza. Deve
anche ammettere e accettare senza disprezzarsi di essere stato
prigioniero di questo blocco, e che il tempo e l’energia utilizzati
in questo tentativo non solo sono andati sprecati, ma usati in modo
controproducente per spogliarlo del suo potere decisionale.
osa succede nel piccolo: “Lo spirito d'indipendenza”. Nel neonato, che vede la luce dopo nove mesi di vita a spese dell'organismo materno, è destinato, quando tutto è regolare, a diventare un adulto che provvede con i propri mezzi alla sua vita individuale e a quella della famiglia che a sua volta formerà. La natura vuole perciò che il giovane essere umano, crescendo, si liberi dalle tutele inizialmente indispensabili che su di lui vengono esercitate e che ne assicurano l'esistenza, per arrivare a vivere in maniera libera e autonoma la propria vita. La storia personale di ciascun bambino è storia di una graduale e lunga emancipazione, di una conquista dell'indipendenza la quale si accompagna allo sviluppo del suo spirito d'indipendenza. Ma tutto ciò avviene attraverso uno scontro. Una battaglia aperta, perché si tratta certamente di una conquista, con tutto quello che questa parola implica … di conflitto. Lotta contro ostacoli interiori, psicologici nel vero senso della parola: quelli che nel fanciullo si oppongono al suo desiderio di indipendenza; esiste poi il bisogno di protezione, di sicurezza, per non parlare poi della debolezza relativa all'età in questione. Combatte, inoltre, contro gli ostacoli esterni, sociali, che di fronte ai suoi tentativi di indipendenza, di scelta, di libertà, erigono l'autorità dei genitori … una precisa disciplina familiare, culturale e scolastica. Vi sono, quindi, occasioni permanenti di conflitti più o meno latenti, più o meno profondi e duraturi, nei quali si può scorgere uno degli aspetti più caratteristici dell'eterna diaspora delle generazioni. Il dramma dello spirito d'indipendenza consiste innanzitutto nel fatto che il piccolo anticipa le sue reali possibilità d'indipendenza. Il cucciolo all'inizio vorrebbe per esempio mangiare a proprio piacimento, disporre liberamente di ogni cosa come crede, fare quello che vuole, mentre la sorveglianza dei genitori rimarrà necessaria per evitare loro indigestioni alimentari, sprechi o, magari, cattive compagnie … il pericolo, più tardi, di “dipendenze” ben più gravi. Il fanciullo ha, lo sappiamo, certo fretta di sperimentare la propria vita, di volare con le proprie risorse … svolazzare in giro per il mondo con le proprie ali.
e costrizioni dovute a tale tutela vengono subite non senza opposizione e impazienza. I bambini avidi di indipendenza vi si sottomettono, volta a volta, a tutto ciò, aggredendo, mordendo ogni ostacolo, giocando di furbizia per aggirare gli ostacoli: di qui rancore, rabbia, dissimulazione e disubbidienza che si accompagnano allo spirito di indipendenza insieme ad una goffa esasperata educazione. Uno dei drammi consiste nel fatto che il cucciolo viene sollecitato a diventare adulto o quantomeno a comportarsi come i grandi; i genitori, invece, rimangono spesso legati a immagini limitate del figlio o della figlia, se li raffigurano a uno stadio più infantile di quello che hanno, a volte con fatica, raggiunto e si adattano alla loro evoluzione solo con un ritardo che ne falsa la prospettiva. Essi sono in tal modo portati a mantenere la loro tutela in termini di stretta attenzione, esigenza e precauzione più di quanto non convenga; i consigli e le ingiunzioni che, per parte loro, si spiegano con l'inquietudine per la sorte della progenie, appaiono a quest'ultima come altrettante soperchierie gratuite. Inoltre, alquanto egoisticamente, con il loro affetto, l'abitudine acquisita di proteggere, essi soffrono di quel distacco ogni giorno più accentuato che costituisce una legge naturale, faticando ad ammetterlo, vorrebbero rinviarne le tappe evolutive: il che dà loro l'impressione di poter allontanare la scadenza della solitudine, della vecchiaia e della morte. Come sempre, nell'educazione dobbiamo, senza insegnare niente a nessuno, appoggiare lo slancio verso l'avvenire contro l'attaccamento al passato, e la libertà contro la costrizione. I genitori dovrebbero lasciare allo spirito d'indipendenza la sua parte legittima d'esercizio. Senza accogliere ciecamente tutto delle sue rivendicazioni, bisogna mediare le cose per giungere a un compromesso e non spingerlo alla ribellione. Infine, dobbiamo adattare gradualmente la nostra indispensabile autorità al nuovo essere che emerge a poco a poco nel fanciullo. Ubbidire a quel di ragionevole c'è in lui, invece di rifarsi a un modello al di fuori di lui. Dobbiamo fare in modo che egli possa fare a meno di noi, che è poi la più alta ambizione che un educatore di questo nome possa nutrire. Tentiamo allora di penetrare la natura dello spirito di indipendenza prendendo in esame alcuni esempi ripresi dal vero. Tutto ciò potrà darci lumi circa il comportamento da tenere nei suoi confronti. Non dobbiamo dimenticare che allo spirito di indipendenza si unisce anche la testardaggine.
d esempio, la madre di una fanciulla di una certa età non vuole che esca di casa d'inverno senza coprirsi la testa con un berretto o senza usare un foulard. Ciò non va d'accordo con il senso estetico e con la civetteria della ragazzina la quale nutre in proposito idee ben diverse e piuttosto radicate: quelle delle compagne che ammira. Lo spirito di indipendenza esprime infatti spesso solo un atteggiamento camuffato di dipendenza. Il fatto che ci si emancipi dal proprio ambiente familiare, dipende anche dal desiderio di integrarsi meglio in un nuovo ambiente ... gruppo sociale. Si oppone resistenza all'autorità dei genitori, per assoggettarsi quasi sempre a quella del capo della piccola banda o del piccolo clan o del gruppo sportivo. Un aspetto assai diffuso dello spirito di indipendenza nel bambino a partire dalla preadolescenza, è il desiderio di sfuggire alla società familiare durante alcuni periodi del tempo libero e particolarmente la domenica. I giovani, infatti, desiderano la compagnia dei loro simili, mentre quella degli adulti, se continua, costituisce per loro un ostacolo se non un peso continuo, gli adulti si preoccupano per quello che i loro figli possono fare lontani dal diretto controllo dei loro sguardi. Ritengono necessario moltiplicare raccomandazioni che hanno soltanto l'effetto di infastidire il bambino perché egli ritiene che si tratti, anche in questo caso, di un virtuale attentato alla sua libertà, un modo di imporre una tesi non sua e soprattutto di trattarlo in un modo più puerile di quanto sia lecito. “Occhio, non sono più un lattante dice o, quantomeno, lo pensa”. Quale comportamento consigliare ai genitori di fronte alle varie opposizioni dei loro figli? Innanzitutto non si dimostrino sorpresi: non considerino il caso del loro figlio come un caso eccezionale perché esso, al contrario, è assolutamente banale. Si aspettino invece, soprattutto sull'avvicinarsi del quarto anno e poi alla fine dell'infanzia - se le cose non sono andate per il verso giusto a livello educativo - di trovare maggiore difficoltà nel seguirli, perché essi esprimono uno spirito sistematicamente contraddittorio, e naturalmente essi si allontanano dalla comunità familiare per ricercare altre compagnie. Non interpretino questo distacco come una mancanza di affetto. Quando un bambino rimprovera aspramente la madre che , di fronte a un compagno, lo accarezza e gli prodiga teneri diminutivi, non lo fa perché la ama meno di un tempo, ma perché prova un vago senso di umiliazione nel vedersi trattato ancora come un bambino e soprattutto alla presenza di un suo simile al quale vuole invece dare di sé un'idea più autonoma e prestigiosa. Bisogna accettare questa realtà: i nostri piccoli crescono, essi hanno sempre meno bisogno di noi; infine essi ci lasciano per seguire, a loro volta, il loro destino.
oi dobbiamo tentare di aiutarli a
prepararsi a poco a poco ad affrontare il loro percorso … a fare a
meno di noi!!! Come si può fare? E'
indubbiamente indispensabile proteggere il piccolo e perciò vegliare
su di lui. Ma non è opportuno che, a partire da una certa età,
questa sorveglianza sia troppo evidente o addirittura ossessiva –
compulsiva; né soprattutto si deve insistere sugli aspetti negativi
del distacco imponendo assurde proibizioni. In sua presenza, non è
opportuno esprimere troppo frequentemente timori a proposito della
sua salute, della sua sicurezza personale, del suo benessere in
generale. In tal modo si rischia di farne un pusillanime, un essere
esageratamente sensibile, avido di protezione esplicita. Al contrario
è opportuno lasciare che si misuri da solo con le difficoltà, e
anche con modesti pericoli, lasciandogli l'iniziativa e la scelta
degli strumenti per superarli. Non bisogna scegliere sempre la posto
del fanciullo, ma dopo averlo illuminato senza influenzarlo neppure
indirettamente, lasciargli la responsabilità delle decisioni che lo
riguardano. Ciò non significa incoraggiarne i
capricci su alcuni aspetti insignificanti, ma conviene certo lasciare
che egli si occupi e si preoccupi come vuole di quanto lo riguarda,
pur comunicandogli il nostro punto di vista su tutti i problemi.
Non bisogna farli trovare la pappa pronta, tracciargli piani di
comportamento troppo dettagliati, ma incoraggiarlo a prendere
iniziative riguardo ai problemi riguardanti i suoi interessi
principali: problemi che possa risolvere a suo modo e di cui si
assuma la piena responsabilità. Ricordiamo, un
lavoro personale, anche se maldestro, è a livello psicologico
preferibile a un successo grandioso dovuto all'aiuto altrui … se
una cosa non è venuta bene, sarà migliore la prossima volta: è
l'esperienza individuale che insegna non quella degli altri!!!
vitiamo assolutamente di esasperare i nostri cuccioli con ordini fastidiosi riguardanti la loro persona o quello che la concerne, ordini che tendono a togliere loro la libera disponibilità di tale persona: “Stai dritto”; “Mettiti il cappello”; “Non dondolare le braccia”; “Guarda dove metti i piedi”. Sono osservazioni che partono da buone intenzioni, ma se vengono ripetute all'infinito perdono il loro valore … come non stupirsi allora delle reazioni suscitate? Il bisogno di dipendenza così coercitivo, così compresso si sfoga lungo tracciati spiacevoli per i familiari: fastidi e dispetti sono altrettanto modalità espressive per restituire pan per focaccia. Ogni educazione, quella impartita dalla famiglia come quella della scuola, dovrebbe in ultima istanza tendere a formare degli uomini liberi, in grado di agire autonomamente … di autogovernarsi; è necessario tener presente che lo spirito di indipendenza non è un difetto da combattere, ma una disposizione naturale da promuovere, utilizzare e orientare. Prepariamoci ad aiutarli, concependo la disciplina non come un fine a se stante, ma come un apprendistato verso la libertà … la vera autonomia!!! Bisogna ch'egli finisca col conformare il proprio comportamento alle regole di vita che scopre in se stesso e che le accetta dopo averle però verificate. Fare sempre attenzione ai nuovi mezzi di comunicazione; fenomeno sempre più rivolto alla ricerca del piacere attraverso il controllo, e il possesso, che crea però una nuova dipendenza psicologica (Internet Addiction Disorder: cybersesso. mail e giochi vari). Ricorda, le dipendenze nascono, dalla disistima, dall'insicurezza e dall'ansia che ti costringe a girare su te stesso … su te stesso inutilmente.
Bonipozzi dott. Claudio Tel. 349.1050551 - 0532.476055
E mail: bonipozzi@libero.it
NB. Le informazioni e le interpretazioni terapeutiche contenute in questo articolo non sostituiscono in nessun modo il parere del proprio medico di base, al quale è sempre indispensabile rivolgersi per qualsiasi diagnosi o terapia specifica. Il presente articolo pertanto ha un valore educativo, non prescrittivo.
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