martedì 24 maggio 2022

Realtà e irrealtà


Realtà   e  irrealtà 


on v’è dubbio che ognuno percepisce, agisce e sperimenta se stesso e gli altri “nella realtà” e “nella fantasia”. Il problema della realtà ha affascinato, da sempre, poeti e filosofi. Platone, ad esempio, nella sua “Repubblica” affermò che la nostra comprensione del mondo reale è imperfetta. Ciò che comprendiamo, a suo dire, è una specie di ombra, di immagine, di simulacro della realtà. Più la realtà diventa soggettiva, più è difficile separare i fatti dalle finzioni e, soprattutto, l’oggettivo da ciò che è decisamente personale. A volte, vi sono persone che tendono ad essere vittime delle loro fantasie in quanto, spesso, “permettono” involontariamente che le loro fantasie impregnino la loro facoltà di valutare e giudicare. Più il distacco dalla realtà è profondo, cioè non si è in grado di orientarsi nel tempo, nello spazio o nell’identità, più si vive in un mondo fantasioso. Si opera, quindi, in base a delle illusioni e di conseguenza il funzionamento non è radicato nella realtà. Ma la realtà non è sempre facile da definire. Spesso, infatti, è difficile determinare quali credenze siano illusioni e quali siano invece valide e concrete. La crescente accettazione dei fenomeni extra – sensoriali, sta vacillando la comune convinzione che la realtà escluda esperienze del genere. 


nche una visione troppo ristretta della realtà può dimostrarsi illusoria. Non di rado si può constatare come una persona che si vanta di essere “realista” ha illusioni nascoste. Se si hanno, comunque, dei sogni di grandezza, si dipenderà da essi molto più fortemente di quanto ci si renda conto e, quindi, si tratteranno le cose, le persone in un modo “subordinato” anche se esse, in realtà, non lo sono. Ci si sente superiori e si falsifica la realtà autentica. Un adeguato rapporto con la realtà è sempre indice di “buona salute” sia fisica sia mentale. Il criterio di base, fondamentale per il funzionamento di una persona in stato di buona salute è il “sentirsi bene”. Un individuo sano, di solito, sperimenta benessere in quello che realizza, in ciò che fa: nei rapporti, nel lavoro, negli affari, nello svago, proverà piacere, gioia ma anche dolore, tristezza e delusione, non, ovviamente, in senso stoico come certi orientamenti filosofici vogliono farci credere … non siamo nati per soffrire!!! Tendenzialmente chi affronta un disagio emotivo vive distaccato dal proprio ambiente, ovvero nell’irrealtà, nella fantasia, fuori tempo, negando in qualche modo il presente. La mente, attraverso le sue fantasie, “sogni ad occhi aperti”, cerca, immediatamente, di capovolgere una realtà particolarmente confusa, ostile, dolorosa ed inaccettabile, inventando e costruendo immagini che consentono di idealizzare i progetti dell’individuo … “gonfiandolo” in modo tale da rendere la sua esistenza più accettabile.



l pensiero di A. Fromme sul mondo reale è molto preciso, utile e, soprattutto, poco fantasioso. Se il presente in qualche modo ci delude e ci opprime, ci ritiriamo nel passato, nei “bei vecchi tempi”. Per molta gente, il piacere di un sogno ad occhi aperti è un rifugio, diventa maggiore, più importante che le cose reali. Tutto ciò è facile intuire perché i tranelli, gli “inconvenienti” della realtà non appaiono nelle fantasie ad occhi aperti. Nel fantasticare, ad esempio, difficilmente si considera che una certa situazione possa essere spiacevole perché la fantasia è selettiva, filtra, separa da un dramma, da un eventuale pessimismo … è di “parte” direbbe qualcuno. Essa crea solo ciò che si desidera. La realtà, invece, contiene ogni cosa, il bello e il brutto, il buono e il cattivo. La fantasia attiva il proprio potere soltanto dal desiderio. Non temere, desiderare significa essere vivi!!! Il tuo cervello producendo le sostanze del benessere come le endorfine, ti rende attivo, soddisfatto e felice. La realtà, invece, tiene conto di tutto, ha risvolti più complessi; è piena di anticipazioni, aspettative, ha conseguenze sul domani e, soprattutto, sulla nostra adattabilità. 



olto spesso, comunque, la fantasia non è un nostro prodotto esclusivo, ma viene spinta ed attivata dai mass media e dalla pubblicità ingannevole, che spingono erroneamente al successo, alla bellezza e alla felicità. Ma non tutto è perduto. La fantasia, infatti, ha anche dei buoni propositi, degli aspetti gradevoli e vantaggiosi. La nostra astuzia di rompere con la realtà ci aiuta a migliorare la nostra intelligenza e il nostro umore. La strategia fondamentale è quella di rendere la fantasia in utilità piuttosto che dannosa. Nello scontro fantasia – realtà non dobbiamo disapprovare i nostri desideri, ma imparare ad apprezzarli, valutarli nel modo giusto, perché essi possono facilmente condurci tanto a pensieri, creativi, costruttivi quanto a pensieri poco pratici o inutili. Una volta che abbiamo attentamente valutato i nostri desideri, possiamo più facilmente determinare in quale direzione la nostra fantasia deve condurci. Le fantasie salutari non hanno soltanto un certo grado di speranze in se stesse, hanno anche, indubbiamente, una struttura su cui si basano fatti concreti, reali … possono dare tanto e tanto piacere!!! Alla fine della corsa, l'immaginazione serve per considerare, per catturare nuovamente, per valutare e raggiungere uno stato di benessere diffuso. Quindi, in giusta misura, le nostre fantasie sono, per certi versi, più benefiche che nocive. Diciamo, spesso, che è sicuramente importante per la nostra salute mentale avere una buona immagine di noi ... un concetto adeguato di noi stessi per una corretta autostima. Ma se sbagliamo nel valutarci, è meglio che l'errore di valutazione cada in nostro favore … mai dalla parte della denigrazione, della non accettazione. In questo modo non dovremmo per nessuna ragione abbandonare la fantasia per la realtà … piuttosto dovremmo impegnarci a rendere la realtà più strettamente simile alle nostre fantasie.



ppare ovvio che certe strategie quotidiane adottate, proprio per le loro finalità, sono mete irreali e, quindi, obiettivi, scopi, a dir poco, irraggiungibili; più la mente è concentrata su un atteggiamento poco realistico, più si verificheranno isolamento, conflitti, scontri e limitazioni.
Attraverso atteggiamenti realistici, invece, ci si esprime e ci si afferma in modo “genuino” e spontaneo. E’ ovvio che tutte queste “illusioni” servono, in pratica, a “sorreggere” l’individuo, ma è altrettanto vero che, sostanzialmente, impediscono il confronto realistico con gli eventi e, naturalmente, tutti gli aspetti emozionali sottostanti. Poiché, nulla è eterno e perfetto, prima o poi l’illusione crolla, il sogno ad occhi aperti svanisce, il progetto fallisce, ci si ritrova di colpo di fronte alla cruda realtà: lentamente un senso di fallimento e delusione emergeranno e, inevitabilmente, domineranno completamente la scena




ttraverso i nostri scopi irreali, con tutti i suoi derivati - ricchezza, fama, potenza e successo - non solo crediamo di realizzarci, di aumentare la nostra autostima e il prestigio, ma pensiamo, attraverso questo processo, di ottenere l’approvazione, l’accettazione e la considerazione da parte degli altri. Anche il fatto di voler raggiungere a tutti i costi la “perfezione” può diventare una trappola, un atteggiamento irreale. Essere “perfetti” ha lo scopo di farci sembrare “grandiosi”, superiori, mentre fa apparire l’altro - moglie, marito, collega o amico - meno perfetto, determinando rapporti sociali invivibili, confusi e, spesso, superficiali. Quando si ha una buona considerazione di se stessi, non ci si lascia facilmente influenzare e condizionare dagli schemi incredibilmente mutevoli dell’ambiente: si sa quello che si vuole e lo si esprime spontaneamente, concretamente e direttamente. Chi invece ha continuamente bisogno di appoggiarsi emozionalmente ad altre persone, corre costantemente il rischio di rimanere deluso, in quanto il rapporto non è libero e realistico, ma solo idealizzato! 


eve sempre credere, per mantenere alta la sua autostima, in qualche persona, in una causa, in un lavoro originale. Alla fine, ogni gesto che fa è in funzione di qualcuno o di qualcosa. Lo fa più per gli altri, perché si aspetta che gli altri riconoscano il suo valore e, di conseguenza, lo accettino senza alcuna riserva. Gli scambi personali, pertanto, non sono realizzati per il valore che essi possono avere, ma semplicemente come strumento attraverso il quale si ottiene approvazione ed accettazione. Non trova, quindi, soddisfazione nel suo modo di reagire con il proprio ambiente, ma vive in funzione di come reagirà il “mondo” nei suoi confronti. Il fatto, inoltre, di proiettare, trasferire, vedere negli altri le nostre difficoltà su altri individui e di pretendere che essi trovino soluzioni, è un’altra caratteristica non realistica e, sicuramente, connessa al senso di insicurezza, di incertezza e di dipendenza. Trasferire i problemi sociali, politici, familiari, culturali sugli altri può diventare un alibi ma, soprattutto, significa non assumersi mai le proprie responsabilità. Assumersi le proprie responsabilità non in senso moralistico, di merito o di punizione, di giustizia o di ingiustizia, ma significa, semplicemente, essere indipendenti, autonomi: avere la possibilità di decidere e di scegliere autonomamente. Il senso di “libertà” e “indipendenza” potrà essere costruito perseguendo il proprio benessere, in modo realistico, e prendendoci cura dei nostri bisogni primari ed essenziali. Riconoscersi, pertanto, parte attiva e responsabile nella costruzione del nostro benessere … anche se non è automatico, questo lo possiamo fare!!!



NB. Le informazioni e le interpretazioni terapeutiche contenute in questo articolo non sostituiscono in nessun modo il parere del proprio medico di base, al quale è sempre doveroso ed indispensabile rivolgersi per la diagnosi e la terapia specifica. Questo articolo pertanto ha valore educativo, non prescrittivo.


Bonipozzi dott. Claudio Tel. 349.1050551 -  0532.476055
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