domenica 15 maggio 2022

DISAGI PSICOSOMATICI … ovvero i sintomi come messaggi del corpo

DISAGI PSICOSOMATICI  ovvero i sintomi come messaggi del corpo


l termine “psicosomatica” è stato coniato attorno al 1800 in opposizione alle correnti filosofiche riduzioniste e materialiste. Generalmente, con l’espressione “sindrome psicosomatica” si intendono, quindi, i disturbi organici causati da fenomeni emozionali. Ogni ragione del malessere e del benessere quotidiano si ritrovano sicuramente nel “vissuto” di ogni singolo individuo. In realtà, tutti gli eventi della vita, possono essere infatti inequivocabilmente come l’epilogo della sua storia personale, sociale e ambientale. La psicosomatica compendia questa esigenza di comprensione globale dell’uomo, considerandone sia gli aspetti “psichici” sia i tratti “somatici” (per i più “sofisticati”: olistica). Un orientamento scientifico, cioè, attento a tutte le componenti personologiche e relazionali dell’uomo. Per questo “studio sistematico” (psicosomatica) “stare bene” significa, non assenza di patologia, ma bensì continua ricerca di condizione di maggior benessere psicofisico. Proprio attraverso questa interpretazione essa svolge un ruolo di prevenzione, diagnosi e cura dei disturbi emozionali, ma anche, e soprattutto, nella sua visione del vivere quotidiano, si fa promotrice di salute e benessere: trovare l’armonia … migliorare la propria esistenza e, soprattutto, il rapporto con la realtà e gli altri. Alcuni orientamenti scientifici psicosomatici, in pratica, sostengono che ogni parte, ogni organo del corpo umano ha un ruolo preciso nel mantenimento, nell’adattamento e nella protezione dell’intero organismo. Se si conosce il “linguaggio del corpo” ovvero cosa esprimono, da un punto di vista simbolico, i tessuti e gli organi in generale, si è in grado di decodificare meglio tutti i suoi fenomeni di squilibrio; in breve, la causa del malessere, del disturbo e della malattia. Il linguaggio del corpo, quindi, in questo caso specifico, mira a ricercare le cause che hanno originato un determinato malessere invalidante … mette in relazione il sintomo con un eventuale conflitto profondo.


urbe dell’apparato digerente … e la sua chiave di lettura. 
Il cibo è vitale per l’organismo, ne è la fonte di energia e soprattutto di salute; ogni alimento, comunque, per poter essere utilizzato dalle cellule ha bisogno di venire decomposto in piccole molecole tramite la digestione. Gli organi che sono deputati a questi processi formano l’apparato digerente. Per qualsiasi animale il “boccone” è realmente il cibo, la preda, che gli serve per sfamarsi e sopravvivere; ma per l’uomo, oltre ad un significato reale, esso può assumere un linguaggio simbolico quale un oggetto desiderato che sfugge di mano, la casa che non si riesce a trovare, i soldi per arrivare a fine mese, la reputazione sul lavoro, così via “bocconi amari” che in qualche modo sono sempre presenti in ognuno di noi. Nei cibi che l’uomo preferisce o rifiuta, è già riconoscibile una grande quantità di informazioni (dimmi cosa mangi e ti dirò chi sei!). Quando una persona ha fame di qualcosa di preciso, questa è l’espressione di una ben precisa affinità ed è in ultima analisi un dato particolarmente significativo sulla persona stessa. Se qualcosa, invece, “non è di suo gusto”, questa antipatia è esattamente interpretabile. La fame è il simbolo del voler avere, del voler introdurre, è l’espressione di una certa bramosia


angiare è la realizzazione di questo desiderio attraverso l’integrazione, attraverso l’assunzione e la soddisfazione dello stimolo della fame. Se qualcuno, a livello simbolico, ha “fame d’amore” senza che questa fame venga adeguatamente saziata, essa si manifesta di nuovo nel corpo come fame di cose dolci. Fame di dolci e ghiottonerie varie solitamente è l’espressione di una non saziata fame d'affetto ... d’amore. Il doppio significato della parola “dolce” diviene evidente quando parliamo di “dolce fanciulle” … non si usa forse dire anche che si vorrebbe “mangiare di baci” una persona? Amore e dolci, che lo si voglia o no, sono strettamente legati … inseparabili a livello emotivo. Chi spilluzzica e mangia dolciumi, ha fame di tenerezza e attenzione: ha bisogno di essere saziato d'amore. Il legame tra l’amore e il cibo è presente fin dalla nascita, quando succhiare il latte è associato al calore del corpo materno, al sentirsi abbracciati, sorretti e protetti; si succhia insieme al latte le emozioni e gli stati d’animo della madre: accettazione, tranquillità, rifiuto, disponibilità. Quando il rapporto si sviluppa in un modo non completamente amorevole possono nascere associazioni dolorose tra il nutrimento e la paura o addirittura la sensazione di non essere considerato e accettato. Chi predilige un cibo ben aromatizzato e piccante mostra di avere il desiderio di nuovi stimoli e nuovi impressioni … di sensazioni forti. Sono persone che amano le provocazioni, anche quando sono difficili da sopportare e da “digerire”. La situazione è sicuramente diversa nelle persone che mangiano cibi leggeri: niente sale, niente spezie. Sono persone che evitano tutte le sensazioni nuove. Temono le provocazioni del mondo intero, hanno paura di ogni confronto. Questa paura può arrivare sino alle creme e alle pappe dei malati di stomaco. Sono cibi da bambini e questo mostra chiaramente che esso regredisce a modalità infantili, quando non si deve decidere né prendere posizioni e si può persino rinunciare alla masticazione dei cibi. La paura delle lische simbolizza la paura delle aggressioni. La paura dei noccioli è paura dei problemi … si va mal volentieri al nocciolo delle cose!!!


olite. La maggior parte dei disturbi funzionali che coinvolgono l’apparato digerente accompagnano, solitamente, un malessere depressivo, delle delusioni e, il più delle volte, un’insoddisfazione cronica. Essi esprimono un sentimento di orizzonte chiuso, una chiara mancanza di progetti e speranza. Manifestano sovente anche una chiara preoccupazione ai confini con l’ipocondria: l’interno del corpo è vissuto come un qualcosa di “sbagliato” o, peggio ancora, di “cattivo”. I soggetti che ne soffrono hanno spesso idee particolari su un regime di vita “naturale”, sul problema della defecazione e della digestione. Si tratta molto spesso di soggetti con personalità non uniforme ma tendenzialmente con struttura dominante compulsiva – ossessiva, con forti componenti masochistiche e tendenza depressiva. Alcune ricerche hanno dimostrato che quando questo fenomeno si manifesta nel bambino ci si trova di fronte ad un rapporto con l’adulto disturbato: teme terribilmente la sua reazione. La paura si mescola al sentimento di collera, tutto ciò porta, inevitabilmente, in quanto non ha la possibilità di potersi esprimere direttamente, a detestare la persona di cui si ha paura. Nell’adulto questa persona, di cui aveva paura, viene sostituita, in età adulta, con un individuo che rappresenta l’autorità: partner, datore di lavoro. Nel trattamento di questi disturbi si è dimostrato abbastanza soddisfacente il regime alimentare; quando questo è associato alla psicoterapia di sostegno e con metodiche distensive, la percentuale di successo appare assai più elevata.


tipsi. Questo disturbo cronico si manifesta solitamente in soggetti con ansia e depressione che, nonostante l’apparente tranquillità, sono interiormente particolarmente tesi, abbattuti e hanno notevoli difficoltà nei rapporti interpersonali. A volte è collegata al fatto di trattenersi. Non ci esprimiamo per paura di disturbare, per paura di deludere, per paura di non piacere a qualcuno. Si potrebbe schematizzare il tutto con la frase: “Se faccio questa cosa e loro non sono d’accordo, forse mi criticheranno oppure, peggio, potrebbero rimproverarmi”. La paura di dispiacere a qualcuno è direttamente collegata alla paura di non essere amato, di venir abbandonato, per questo chiediamo a noi stessi di essere perfetti. La stipsi, quindi, può anche indicare che ci teniamo aggrappati a credenze che ci danno sicurezza.


angiare non significa solo nutrirsi. Molti sono i motiviche inducono a farlo e, soprattutto, diversi sono i significati simbolici che entrano in gioco nell’assunzione del cibo. Esso ha un grande potere relazionale e comunicativo; si mangia, oltre per il piacere di farlo, anche per ripicca, per noia, per una cena seduttiva, per controllare gli altri per punizione – molto comune: vai a letto senza cena! … vista in questi termini l’alimentazione diventa un “veicolo” di enormi significati simbolici e “sostituto” di qualcosa d’altro su cui proiettare ansia, desideri d’amore, aggressività, paura e di controllo non esprimibili in maniera adeguata.


ancora abituale, in alcuni ambienti scientifici, ritenere che si possano classificare le malattie in due categorie. Da una parte troviamo, le malattie cosiddette “funzionali”, dovute a disturbi di una o più delle numerose funzioni che assicurano il mantenimento della salute (respiratorie, cardiovascolari, digestive, motorie) senza che vi siano tracce di lesioni evidenti negli organi coinvolti. Dall’altra parte, le malattie cosiddette “organiche”, le quali sono spesso gravi nelle loro manifestazioni e nelle loro conseguenze, caratterizzate dall’esistenza di lesioni di uno o più organi essenziali (polmoni, cuore, fegato, stomaco, reni). Noi ancora, il più delle volte, manteniamo questa scissione nel distinguere fra i disturbi funzionali e organici, ma è un concetto falso e dannoso. La concezione psicosomatica è un tentativo di annullare tale divisione. Sappiamo ora, o dovremmo sapere, che l’uomo è un’entità di corpo e di mente. La scissione fra i due elementi non esiste realmente ma sono esclusivamente nel nostro modo di pensare. Il corpo e la mente non sono separati ma sono parte l’uno dell’altra, aspetti diversi di un tutto. In realtà, l’uomo è un insieme inscindibile di queste due parti, come è dimostrato da infiniti esempi tratti dall’esperienza umana: comunissimi fenomeni psicologici, come una leggera emozione di gioia e di paura, si ripercuotono nell’organismo causando tachicardia; di contro, un banalissimo disturbo organico, come il raffreddore, si ripercuote sull’umore creando notevole irritazione. E, ancora: un succedersi di pesanti e particolari tensioni emotive può provocare, in alcuni individui, malattie come l’ulcera gastrica o l’ipertensione.

approccio psicosomatico è, quindi, un tentativo di vedere le persone nella loro interezza e, soprattutto, di comprendere che cosa sta succedendo in esse. Possiamo dire che la medicina psicosomatica è nata per contrapporsi alla tradizione meccanicistica e riduzionista della filosofia ottocentesca, che separava nettamente la vita psichica e la malattia, essendo quest’ultima considerata sempre di origine organica, dovuta cioè alla lesione di qualche parte del corpo. Essa si fonda sul concetto - chiave che la persona, appunto, rappresenta una inscindibile unità biologica, fatta di corpo e mente, cioè di fattori psichici ed emotivi che svolgono un ruolo determinante nello sviluppo delle malattie organiche. In generale, quindi, possiamo dire che la psicosomatica è lo studio dei rapporti intercorrenti tra mente e corpo. Essa parte dalle premesse che ogni malessere di natura psicologica abbia una ripercussione a livello somatico, e che viceversa una malattia organica comporti una alterazione della sfera psicologica. Al di là delle varie interpretazioni è sicuramente un modo nuovo di concepire l’uomo malato, una modalità che non considera solo l’organo malato da “curare”, ma la globalità dell’essere umano: psichico, sociale e culturale, per cui l’organo rappresenta solo l’espressione ultima di un disturbo. Il rapporto tra soma e psiche è un discorso piuttosto antico. I primi studi sull’unità psicosomatica dell’uomo, risalgono alla scuola ippocratica. La dottrina ippocratica si propone di liberare la medicina da ogni concezione magica e religiosa. Per farne una scienza basata su un metodo sicuro e razionale di diagnosi e di terapia. La sanità o la malattia dell’organismo umano sono il risultato di un’armonia o disarmonia interna dell’organismo, legata all’equilibrio di quattro umori che esso contiene (sangue, flegma, bile gialla, bile nera) la cui diversa proporzione determina anche il temperamento dell’individuo e dipendono dall’adeguamento dell’organismo all’ambiente climatico, geografico, politico e sociale. 


suo dire, l’approccio terapeutico doveva ristabilire la perdita di armonia che deve normalmente esistere in ciascun individuo. Con Platone, primo sostenitore della posizione dualistica, si introduce la distinzione tra anima e corpo: sono sostanze indipendenti e irriducibili l’una all’altra. L’anima era considerata immortale e continuava a vivere dopo la morte. Per Aristotele, che rifiuta il dualismo platonico, l’anima conferisce la forma al corpo e da esso non può essere separata. L’anima, quindi, diventa il principio vitale del corpo. Con Renè Descartes (Cartesio), il dualismo (mente – corpo) anziché conoscere un rinnovamento subì una potente cristallizzazione. La mente ed il corpo erano entità completamente separate; il corpo era una macchina governata dalla mente (dualismo cartesiano: corpo e spirito sono divisi e separati, ma esercitano un’influenza reciproca). Vedere ancora oggi questa posizione culturale, cioè separare nettamente psiche e soma nell’affrontare una patologia, è l’errore più grande, perché come già evidenziato, il corpo e la mente non sono separati ma sono parte l’uno dell’altra, aspetti diversi di un tutto ben organizzato e in perfetta sinergia. In definitiva è un approccio scientifico che congloba la totalità dei processi integrati di rapporto tra il sistema somatico, psichico, sociale e culturale. Per gli orientamenti scientifici tradizionali invece il concetto psicosomatico è una conquista recente, perché a causa di pregiudizi scientifici essa era ancorata alla concezione che l’uomo fosse un prodotto materiale e che la malattia fosse perciò solo una realtà organica. Esistono, tuttavia, reazioni e disturbi psicosomatici. La reazione psicosomatica è episodica, magari momentanea, e scaturisce da un evento stimolo: per esempio nella tachicardia da spavento c’è una evidente alterazione del battito cardiaco, che è solo momentaneo e che scompare appena passa la reazione emotiva. Nei disturbi psicosomatici esiste invece un’alterazione duratura, funzionale oppure organica. Nel primo caso l’organo non è leso, ma si comporta come se fosse leso: un esempio tipico è la nevrosi cardiaca, in cui esistono tutti i sintomi dei disturbi cardiaci, ma il reperto clinico appare negativo. Nella malattia organica esiste una lesione all’organo in questione: un esempio è l’ulcera gastro – duodenale, che oltre ai sintomi comporta un reperto anatomo – patologico ben preciso ed individuabile.


a come si sviluppa il disagio psicosomatico? La causa, secondo alcune scuole di pensiero, è da imputare a conflitti ideo – affettivi, profondi, a volte di natura molto remota. La malattia è dunque la “somatizzazione” dei conflitti non risolti. Essa si sviluppa lentamente e si manifesta sotto la pressione di un evento – stimolo, quale una grossa frustrazione (delusione o dispiacere per il mancato appagamento di un desiderio coltivato invano), un dolore affettivo profondo; oppure quale frutto dell’ambiente in cui l’individuo vive. Il disturbo psicologico può strutturare lentamente - o ostacolare l’individuo nelle semplice attività quotidiane - la “somatizzazione”. L’espressione del sintomo, anziché un altro, è dovuta, secondo alcuni ricercatori, al meccanismo della regressione. In breve, possiamo dire che il bambino in età preverbale manifesta le sue emozioni esclusivamente attraverso il corpo: il bambino affamato piange, quello gratificato e appagato sorride. Nella fase evolutiva successiva, quella verbale, il bambino impara a “esprimere” le sue emozioni. La “somatizzazione” riproporrebbe l’espressione del primo stadio evolutivo infantile (preverbale), quella in cui l’ansia si rivela a livello somatico, la nevrosi invece riproporrebbe l’espressione più avanzata del secondo stadio (verbale). In questi disagi l’ansia, la sofferenza, le emozioni particolarmente dolorose per poter essere percepite, vissute e sentite, trovano una via di scarico immediata nel corpo: il disturbo. In genere l’individuo con disagi psicosomatici si presenta con un buon adattamento alla realtà, con un pensiero ricco di fatti e di cose, e povero di emozioni: un fenomeno chiamato alessitimia. Termine con cui si descrive una condizione di vita emotiva e immaginativa limitata … limitata percezione dei sentimenti interiori e difficoltà a comunicare l'esperienza emotiva ... difficoltà ad immaginare liberamente e caratterizzata da “concretismo privo di sogni”


e origini della alessitimia vanno cercate nel tipo di ambiente familiare in cui l’espressione dei sentimenti è ritenuta fuori luogo rispetto alle “realtà” della vita. Questa tendenza può successivamente diventare più radicata dopo molti anni di strenuo adattamento alle norme sociali. In realtà si tratta di un soggetto che difficilmente riferisce sentimenti quali rabbia, paura, scontentezza, insoddisfazione, delusione. Essi hanno notevole difficoltà ad esprimere emozioni e separano dalle cose ogni elemento di fantasia. In questo modo una persona, incapace di accedere al suo vissuto emotivo, le riesce difficoltoso percepire rabbia, frustrazione o, magari, stress per una complicata condizione lavorativa e, quindi, non immaginare una possibile connessione tra il suo disagio corporeo e le emozioni o i vissuti relativi al suo lavoro. Nell’insorgere della “somatizzazione”, è determinante, quindi, l’ambiente in cui l’individuo vive: ambienti ansiogeni, aggressivi, competitivi o repressivi, condizionano l’individuo a uno stress continuo, determinando l’humus patologico che nutre la problematica psicologica personale sino a farla esplodere nella “somatizzazione”. Tale manifestazione si struttura sostanzialmente in quattro fasi: all’inizio c’è un disagio psicologico, poi un blocco funzionale, segue una alterazione cellulare e infine la lesione anatomica

ella “somatizzazione” il sintomo ha un suo linguaggio che attesta il tipo di disturbo che esprime; l’astenia, per esempio, simboleggia il dispendio di energie ad opera di un conflitto, che lascia ben poca forza all’individuo; il vomito può simboleggiare il rifiuto di una situazione inaccettabile; il prurito può rappresentare una forma di auto aggressività dovuta a sensi di colpa; la diarrea un’espulsione simbolica di un contenuto interno vissuto come nocivo. Al contrario la stitichezza ha una simbologia affettiva che significa il trattenere un vissuto affettivo; è come se dicesse “Non posso aspettarmi niente da nessuno, perciò non devo nulla a nessuno, devo tenere tutto per me". I disagi psicosomatici più frequenti, e più chiaramente collegati con il vissuto psicologico dell’individuo, sono quelli dell’apparato digerente, dell’apparato cardio – circolatorio e dell’apparato sessuale. Considerando il ruolo primario che l’apparato digerente svolge nelle varie fasi dello sviluppo dell’essere umano (relazione madre-bambino attraverso la funzione nutritiva), appare chiaro come possa rivestire una serie notevole di significati di natura biologica, psicologica e sociale, e come ognuno di questi significati possa in qualche modo interagire nella genesi dei disturbi di origine psicosomatica del tratto digerente. I disturbi dell’apparato digerente, infatti, ci “segnalano” in qualche modo le nostre difficoltà ad assimilare gli elementi evolutivi della vita (idee nuove, cambiamenti). Attraverso lo stomaco possiamo esprimere problematiche che non sono state “digerite” come ad esempio idee o situazioni rifiutate, ritenute ingiuste e che fanno male (crampo, spasmo muscolare) in collera (bruciori). Nel vomito viene simboleggiato il rifiuto di una situazione intollerabile: un tipico esempio è il vomito dello studente che cessa durante le festività. Il dolore parla di una lotta interna: da una parte abbiamo la tendenza a procedere in avanti verso l’esterno (agire) dall’altra parte, invece, troviamo una resistenza interna contrapposta molto forte che rende questa forma aggressiva inefficace (subire). In questo modo si trattiene dentro di sé tutto quello che si voleva esprimere, compresa l’aggressività. In tali condizioni la persona molto spesso, oltre ad essere presa da profondi sentimenti di rabbia, si sente costretta a fare qualcosa che non vuole, non si sente libera, spontanea e autonoma, sta sperimentando una situazione in cui si sente letteralmente invasa oppure cerca di tenere tutto sotto controllo. Il contenuto simbolico della colite appare quanto mai significativo: la diarrea rappresenta un bisogno impellente di liberarsi di un “materiale” inaccettabile, che non si può né contenere né, tanto meno, assimilare


uesta liberazione intestinale trova il suo corrispettivo, a livello mentale, nel tentativo di eliminare un contenuto disturbante e spesso vissuto come non “pulito” (pensieri, idee, emozioni, fantasie “sporche”). I fattori psicologici, in questo disagio, giocano un ruolo fondamentale nel trasformare l’organo irritabile. Indagini condotte su queste persone hanno messo in evidenza che raramente esistono situazioni di stress più gravi del normale. E’ invece la sensibilità, la reattività dell’individuo alle comuni condizioni stressanti della vita di tutti i giorni che appare, a loro dire, esagerata. Il carattere introverso della maggior parte di essi fa si che i pazienti con questo disagio scarichino le loro tensione e il loro malessere emotivo a livello intestinale. L’organo irritabile appare così nella sua dimensione di disagio psicosomatico, vale a dire di malattia in cui l’organismo diventa bersaglio di fattori psichici. Le cause di questa reazione vanno ricercate, come è già stato evidenziato, nella prima infanzia quando le funzioni intestinali costituivano anche un mezzo di comunicazione con il “mondo” circostante, con l’approvazione dei genitori se l’evacuazione avveniva nel momento e nel luogo adatto e punizione e rimprovero se il bambino si sporcava (oppure qualsiasi comportamento che interferisse con i modi di vedere dei genitori). Non dobbiamo mai dimenticare che sono proprio questi rapporti relazionali con i loro schemi mentali, atteggiamenti, modi di pensare, di reagire e stili di vita a fornire la premessa della psicosomatizzazione. La personalità di queste persone è spesso caratterizzata da grande meticolosità, pignoleria, amore per l’ordine fino a modalità ossessive. Si tratta solitamente di individui con disordini affettivi ora di tipo ansioso, più spesso, pare, con tratti depressivi. Alcune ricerche hanno anche dimostrato che in queste persone il senso di stanchezza, la facilità al pianto, l’insonnia, le palpitazioni, le vertigini e persino la tendenza al suicidio, tutti sintomi riconducibili al fenomeno ansioso, si trovano in percentuale nettamente superiori rispetto a soggetti che presentano patologie diverse. Un altro aspetto della personalità di questi individui è una frequente reazione fobica esagerata per le malattie in generale … per il cancro. La tensione, l’ansia, la depressione, agendo attraverso il sistema nervoso centrale e quello vegetativo colpiscono questo organo laddove è in collegamento con questi sistemi, vale a dire a livello della muscolatura delle sue pareti, e quindi dei suoi movimenti. In questo modo l’intestino risponde a situazioni di stress o di ansia contraendosi. I dolori addominali e la diarrea che molti studenti sperimentano in vicinanza di un esame che li preoccupa sono un esempio banale ma significativo della reattività dell’intestino ad eventi stressanti. Questa risposta esagerata, spesso è ritardata nel tempo e avviene in maniera continua, per cui non sempre è facile identificare un nesso tra sintomi e situazione stressanti. Altre volte questo soggetto è così introverso che non ammette l’esistenza di un problema oppure lui stesso non ne è consapevole. Nel caso di stitichezza prevale la componente aggressiva e di ira nei confronti dell’evento sgradito, mentre il rilasciamento completo dell’organo indicherebbe depressione, sfiducia, senso di incapacità nell’affrontare la situazione o il problema.


alattie dell’apparato cardio – circolatorio. I disturbi dell’apparato circolatorio sono legati a disturbi della sfera intellettiva ed emotiva: il cuore è sempre in rapporto con la situazione emozionale. Il simbolismo del cuore è evidente. Si dice: “Muoio di crepacuore” quando, ovviamente, si ha un dolore; “Mettersi il cuore in pace”: rassegnarsi; “Sentirsi stringere il cuore”: provare dolore; “Una persona è senza cuore”: quando non ha reazione emozionale. In realtà c’è un rapporto diretto fra la vita emozionale e il cuore. Una delle più frequenti somatizzazioni circolatorie è l’infarto. La problematica dell’infartuato, sempre per la scuola ad orientamento psicosomatico, è una difficoltà di autoaffermazione e moralista. L’individuo soggetto all’infarto, così come quello soggetto a ipertensione, spesso è un individuo con un pensiero condizionato e severo, molto positivista e con scorsa possibilità di astrazione. La “problematica” cardiaca è la malattia psicosomatica per eccellenza: essa può essere funzionale od organica. I sintomi ricordano quelli dell’angina pectoris e insorgono, al contrario di questa, senza apparente motivo scatenante: non è lo stress che determina l’attacco, ma lo stimolo di natura imprevedibile, può coinvolgere anche altre funzioni organiche. Sottende questa affezione, a volte, un trauma scatenante dietro cui si cela la paura della vita e dalla morte, collegate a una carente realizzazione della propria “personalità” e sovente alla mancanza inconscia di significato della vita. I problemi del cuore riguardano dunque gli sforzi che facciamo per riuscire a vivere e a essere felici; se pensiamo, ad esempio, che per essere bravi bisogna lavorare molto, senza avere un attimo di pausa e senza lamentarci, è probabile che chiediamo uno sforzo eccessivo al cuore, fino a spossarlo. Inoltre, senza ombra di dubbio, le emozioni hanno un effetto sfavorevole sul suo buon funzionamento: tutte le volte che sperimentiamo una emozione, creiamo un blocco nella zona del plesso solare, blocco che si esercita proprio su quella energia di cui il nostro organismo ha bisogno per vivere. Ecco allora che il cuore ci viene in aiuto, pompando più forte per far circolare più “energia”. Possiamo tranquillamente verificare questo fenomeno quando abbiamo paura: l’energia si blocca, il cuore pompa fortissimo, cominciamo a respirare molto rapidamente. Se l’emozione è troppo intensa può esserci perdita di conoscenza, il che indica che per alcuni istanti il cervello è stato privo di “energia”. Le palpitazioni, le tachicardie e altri problemi cardiaci rivelano indubbiamente tutta la fatica di gestire gli stati emotivi o, al contrario, a dar loro la possibilità di esprimersi, di farli vivere. A volte si prende “troppo” sul serio la vita e tutto ciò che accade, la mancanza di piacere in ciò che si fa o si sente, i pochi spazi assegnati alla libertà e al rilassamento, indeboliscono le energie del cuore e possono trasformarsi in tensioni cardiache. Ma anche l’eccesso di piaceri e smodate passioni indeboliscono le energie dell’organo e possono procurare gli stessi effetti. Dunque tutte le emozioni di paura, angoscia, senso di colpa, collera e persino una gioia eccessiva possono colpire il cuore e causare malessere e malattie. La pace, la tranquillità, la serenità, la gioia, l’entusiasmo di vivere, invece, ci garantiscono un cuore di buona qualità ... in ottima salute.


alattie dell’apparato sessuale. Un altro genere diffuso di malattie psicosomatiche è costituito dai disagi a livello sessuale, spesso evidenziati in maniera diversa nell’uomo e nella donna, perché diversamente motivate. Esistono, infatti, delle motivazioni culturali che appartengono solo all’educazione e collegate all’accezione di una sessualità vissuta in maniera repressiva e colpevolizzante. La sessualità impartita alla donna, con i suoi miti come ad esempio la verginità, fenomeno culturale in fase di estinzione, ma che comunque mantiene il suo peso in alcuni ambienti sociali, causa per lei una modificazione e spesso una alterazione non solo della sessualità nella sua naturale espressione, ma un’alterazione del vissuto affettivo e mentale ad essa connesso. A questo si aggiungono i ruoli femminili e maschili precostituiti dalla cultura corrente, con l’attribuzione alla donna di un’essenza inferiore e più fragile. Questo pregiudizio comporta una problematica sin dal momento della “identificazione”, che è quello in cui il bambino imita il genitore dello stesso sesso, per non incorrere in alterazioni del vissuto psicologico. In questo periodo la bambina può rifiutare l’identificazione materna là dove percepisce nella madre una posizione di inferiorità, e scegliere l’identificazione col padre per motivi di “assestamento” ed equilibrio psicologico, anche se patologico, perché nel padre ella vive una posizione privilegiata. Tra i disagi psicosomatici, la frigidità e il vaginismo rappresentano simbolicamente un rifiuto del ruolo di donna e il mascheramento di una repressa aggressività verso l’uomo. I disturbi mestruali e la menopausa precoce, si rinvengono in donne con personalità ipermoralista, e condizionate dal ruolo che lega la loro esistenza alla maternità e alla procreazione: queste premesse psicologiche possono condizionare la secrezione ormonale e dare luogo a somatizzazioni. I disturbi legati all’apparato sessuale maschile sono quelle relative all’impotenza, che va dall’impotenza parziale della eiaculazione precoce o ritardata, all’impotenza totale dell’impossibilità di erezione. Questi disagi sono collegati a problematiche istintuali e affettive. Nel primo caso può esistere un problema di carenza di autoaffermazione e, quindi, un complesso di inferiorità che porta l’uomo ad essere insicuro delle sue prestazioni … disistima. Nel secondo caso esiste un problema di natura affettiva molto spesso legato alle figure genitoriali. Se il bambino, verso il genitore di sesso opposto, si sente rifiutato o non bene accettato può inconsciamente sentirsi colpevole o, al contrario, covare inconsci sentimenti di odio verso la madre, che da adulto riproporrà lo stesso copione, sempre, inconsapevolmente, con le donne; la difficoltà nel rapporto sessuale diviene a questo punto l’espressione delle sue difficoltà affettive. Problematiche affini sono suscitate anche da un rapporto con madri autoritarie e iperprotettive che non consentono il naturale distacco del figlio, e la manifestazione della sua energia sessuale sulla donna. Nella eiaculazione precoce, esiste un rapporto ben chiaro con la vita affettiva e istintuale. La brevità del rapporto sessuale rappresenta simbolicamente la paura di non portare a termine l’atto, evidenziando in tale modo una insicurezza nei riguardi della donna, nonché una problematica legata alla propria autoaffermazione come uomo. Nella eiaculazione ritardata esiste lo stesso rapporto, ma legato a contenuti diversi. In questo individuo molto spesso è presente una forte paura di “perdere” una parte di se stesso o di dare alla donna, se essa è vissuta come figura negativa, autoritaria, una parte di se stesso che inconsciamente vive come pericolo.


ltimamente questo elenco di malattie psicosomatiche, per alcune scuole ad orientamento psicosomatico, si è andato via via infoltendo fino a comprendere: i disturbi dell’alimentazione (anoressia, bulimia), i sintomi a carico del sistema respiratorio (asma bronchiale, iperventilazione, dispnea), i sintomi a carico del sistema cutaneo (eritema, acne, dermatite atopica, psoriasi, iperidrosi, sudorazione), i sintomi a carico del sistema muscoloscheletrico (cefalea tensiva, torcicollo, mal di schiena, artrite), i sintomi al sistema genitourinario (dolori mestruali, enuresi, impotenza), i sintomi al sistema endocrino (diabete mellito, ipo o ipertiroidismo).

Cosa fare


a soluzione della sofferenza psicosomatica è, sicuramente, dapprima nel riconoscimento del nucleo patogeno che l’ha determinata e poi nel suo trattamento psicoterapico. Molto spesso, si rende necessaria una accurata analisi della personalità, perché l’origine del malessere può risiedere in disagi infantili rimossi dalla coscienza, l’approccio psicoterapico in questi casi deve analizzare il vissuto psicologico “consapevole” e “inconsapevole”, e allargarsi, in una dimensione non solo psicodinamica, ma anche esistenziale, alle relazioni dell’individuo col mondo circostante, agli agganci socio – culturali della sua personalità, alla sua concezione etico – conoscitiva. Riassumendo, possiamo dire che per aiutare il paziente sul piano psicologico disponiamo dei seguenti mezzi:

Conversazione aventi uno scopo chiarificatorio;

Conversazioni e riflessioni imperniate sulle difficoltà, sulla consapevolezza e l’angoscia, lo scarico dell’angoscia, la catarsi;

Sostegno morale (psicoterapia di sostegno), eventualmente accompagnata dai consigli;

Strategie intese a far perdere un condizionamento, un’abitudine:

decondizionamento, ipnosi, rilassamento, bio-feedback;

Psicoterapie di insight grazie alle quali il paziente acquisisce una miglior conoscenza di se stesso e può migliorare la propria vita secondo i suoi desideri profondi: psicoanalitica, cognitivista. Tali trattamenti possono tutti essere realizzati individualmente o in gruppo.


oncludiamo dando un ultimo sguardo al significato dell’approccio psicosomatico. A parte la considerazione che sia un sistema utile per comprendere i modelli di malattia, ci aiuta ad alleviare le sofferenze psicosomatiche? Direi proprio di sì. Prima di tutto ci fa riflettere su questa scissione totalmente artificiale ed arbitraria del nostro pensiero scientifico: una divisione tra disturbi funzionali da una parte e disturbi organici dell’altra. Mette fine ai giudizi valutativi i quali suggeriscono che solo una affezione organica è una vera malattia. Ci consiglia di riconsiderare nella mente gli aspetti emotivi di tutte le malattie organiche che potremmo vedere, e di non dimenticare la reazione organica che può nascondersi in individui emotivamente disturbati. Ci insegna, inoltre, che i sintomi possono avere dei significati simbolici e ci aiuta a comprendere il linguaggio del corpo. Ci fa vedere che lo stress continuato, sia fisico sia psicologico, o entrambi, miete le sue vittime nell’organismo per vie subdole. Fa comprendere le malattie del benessere: diabete, ipertensione, ulcera, trombosi. Infine, ci convince che quando trattiamo i disturbi di stress di qualsiasi natura, è rischioso trascurare di considerare le componenti emotive del trattamento.

Un po’ di pratica


he cosa significa visualizzare? Visualizzare significa “vedere con l’occhio della mente”, non con quello fisico. Sicuramente si imparenta molto da vicino con l’arte di immaginare. Questo ultimo termine, senza alcun dubbio, indica più un lasciare emergere immagini mentali spontanee, mentre visualizzare indica un vero atto volitivo, un decidere, insomma, quali immagini proporre alla mente. Utilizzare solo la prima possibilità senza conoscerla bene potrebbe comportare il “rischio” (si fa per dire) di diventare preda dei propri “fantasmi”; utilizzare solo la seconda potrebbe comportare il “rischio” (molto remoto) di una eccessiva artificiosità, di volersi “costruire” troppo. Pertanto vanno utilizzate entrambe. La situazione in cui facilmente emergono immagini mentali è tra la veglia e il sonno, fase Alfa: è lo stato mentale che si manifesta durante il rilassamento la “sonnolenza” e i momenti di “noia”. Le onde cerebrali vanno da 8 a 14 cicli al secondo, quando non siamo addormentati, ma neppure svegli del tutto. Ma può verificarsi anche in altri momenti, e non necessariamente a occhi chiusi, ad esempio quando svolgiamo attività automatiche, che non richiedono attenzione vigile, oppure quando siamo tanto assorbiti in quello che facciamo da non accorgerci di ciò che accade intorno né del tempo che passa. Quest’ultima è la condizione tipica dell’artista: in effetti la parte di noi che produce le immagini mentali è altamente creativa perché può mettersi in contatto con le dimensioni dell’infinito, dell’inedito, e questo, quindi, dimostra che esprimere giudizi di valore o, meglio, giudicare l’immaginazione “fantasia visionaria” ci nega un’esperienza estremamente importante. Facciamo un esempio, ora proviamo ad andare in Alfa e poi torniamo in Beta (Beta è lo stato di veglia vigile in cui ci troviamo generalmente durante la giornata, quando lavoriamo, e impegna soprattutto la mente razionale). L’attività cerebrale è compresa tra 14 e 32 cicli al secondo (i famosi picchi dell’elettroencefalografo, i più elevati corrispondono all’iperattività e alla collera, quelli più bassi allo stato di vigilanza leggera).


uarda una fiamma, può essere reale o immaginata, concentrati sulla fiamma e i pensieri svaniranno. Scegli un momento della giornata da dedicare soltanto a te (niente telefonino, campanelli, familiari e animali); trovati anche uno spazio, per quanto possibile isolato, un ambiente rilassato e caldo in cui puoi collocarti assumendo una posizione seduta comoda, con la schiena eretta e a testa diritta. Colloca, a circa due metri di distanza da te su un mobile o su un supporto qualsiasi e all’altezza dei tuoi occhi, per non dover far fatica, una candela accesa. Ora chiudi gli occhi ed orienta la tua mente solo ed esclusivamente sulle sensazioni che ti provengono dal corpo a contatto con le superfici d’appoggio. Poni la tua attenzione, la tua mente su quei punti nominandoli con il linguaggio interno iniziando dai piedi appoggiati sul pavimento, poi la parte posteriore delle cosce, di seguito le natiche, quindi la schiena e infine la testa eretta. A questo punto apri gli occhi e fissa lo sguardo, mantenendolo fermo e costante, sulla fiamma della candela. Respira tranquillamente, senza sforzo, e senza concentrare l’attenzione sul respiro, limitandoti invece a fissare lo sguardo sulla fiamma. In questo frangente non formulare giudizi, non fare apprezzamenti sulla fiamma che non è né corta né lunga, né immobile né in movimento, né bianca né gialla. Essa è come è. E’ solo e soltanto la fiamma di una candela. Rimani, inizialmente, per il tempo in cui non ti comporta (troppo) sforzo, ma in seguito, con l’allenamento, troverai facile e gradevole prolungare i tempi dell’esperienza o ricorrere ad essa anche più volte nella giornata. Proseguendo nell’allenamento ti accorgerai, se sei stato costante e paziente che, spontaneamente, i pensieri scompariranno, i tarli mentali svaniranno ... le forme degli oggetti circostanti alla fiamma andranno sempre più sfumandosi sino a scomparire dal tuo campo percettivo sempre più completamente concentrato sulla materialità dell’oggetto (la fiamma).


NB. Le informazioni e le interpretazioni terapeutiche contenute in questo articolo non sostituiscono in nessun modo il parere del proprio medico di base, al quale è sempre doveroso ed indispensabile rivolgersi per la diagnosi e la terapia specifica. Questo articolo pertanto ha valore educativo, non prescrittivo.


Bonipozzi dott. Claudio Tel. 349.1050551 
E mail: bonipozzi@libero.it




 

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