mercoledì 18 maggio 2022

Fobia … la grande paura

 

Fobia la grande paura


a parola fobia (dal greco antico phobos significa timore, paura) indica un sentimento di paura intensa, inquietante, devastante e invincibile provocata da oggetti o situazioni che normalmente non dovrebbero spaventare o preoccupare molto. In realtà, più che di paura, spesso si tratta di vere crisi di angoscia grave che si manifestano ogni volta che la persona fobica si trova in quella peculiare situazione. E’ bene ricordare, tuttavia, che la paura rientra nell’esperienza umana universale e che ognuno di noi cerca, in qualche modo, per il grado di sofferenza che essa provoca, di evitarla il più possibile. In generale, la paura è la risposta emotiva a un pericolo incombente riconosciuto e identificato nel proprio ambiente esterno: è una condizione di apprensione, di malessere, ma di cui si ha perfettamente consapevolezza dell’oggetto … non corrisponde alla realtà, ma solo vissuta come tale. Quando, invece, questa paura diventa “irrazionale” e non è soggetta al controllo della volontà, ci si trova di fronte a un tipo di disagio chiamato fobia. La fobia, dunque, è sì una reazione di paura, ma ossessiva, irreale, inappropriata e irrazionale (la persona non riesce a controllarla e spiegarla in modo adeguato e logico)


ossiamo già osservare una differenza tra paura e fobia: la paura può essere considerata un’emozione vantaggiosa e necessaria per la nostra sopravvivenza, la fobia, al contrario, ostacola l’individuo anche nelle sue attività più semplici, più elementari (condotte di evitamento)
Riassumendo possiamo dire che la fobia è un complesso di sentimenti, un misto di paura fino al terrore, e di ripugnanza sino all’orrore nei confronti di un animale, di una situazione o di un oggetto che di per sé normalmente non provoca queste esagerate reazioni emotive. Il soggetto è cosciente della anormalità del suo stato d’animo e mette in atto un comportamento di evitamento nei riguardi di quegli stimoli (EVITAMENTO: paure intense ed irragionevoli riguardanti oggetti, animali o situazioni che terrorizzano fino ad immobilizzare completamente il soggetto impedendo qualsiasi reazione. Paure vaghe ed inspiegabili. Fenomeno connesso direttamente alla pulsione repressa, alla fonte originaria del conflitto o dal terrore di una punizione per l'impulso manifestato. Non viene lasciata fluire la vita, una voglia di vivere inesistente, spenta Le passioni e le emozioni sono frenate, lasciate fuori dalla 'porta'. Una palude esistenziale con mille timori terrificanti. La parola d'ordine è lasciarsi andare un po' di più ai lampi di passione e di gioia).


n tutti i casi di fobia, la persona che soffre - individui il più delle volte estremamente intelligenti e sensibili - si rende perfettamente conto che si tratta di paure esagerate, con azioni irragionevoli, ma l’angoscia è tale che non può dominarle con la propria volontà … con le proprie risorse cognitive non è assolutamente in grado di gestire la situazione. I tentativi di ragionamento e persuasione, anche da parte dei familiari, non servono a nulla, anzi aggravano la sofferenza del paziente perché lo fanno sentire inutile, inadeguato, impotente e incapace di vincere i suoi sintomi. Non è difficile comprendere il modo di reagire di una persona fobica. Si tratta dell’espressione più appariscente di un’insicurezza peraltro assai comune che può essere più frequente nell’età infantile. 


a paura del buio, della solitudine, di certi animali o delle persone conosciute sono tutte paure nelle quali si mascherano le angosce interiori proprio dello sviluppo psicofisico dei bambini. Quando le fobie si ingigantiscono e dominano gran parte della vita della persona, stanno a significare che l’insicurezza nel rapporto con l’ambiente e con le proprie azioni è fonte di angoscia profonda, tale da costituire una gabbia dalla quale non si esce se non a prezzo di gravi sofferenze. Infatti, nei casi più seri questo malessere limita fortemente la libertà del paziente che è costretto ad organizzare ogni aspetto della sua vita in modo da prevenire ogni occasione di angoscia. La fobia, quindi, è un disgusto che si prova, senza motivo apparente, per un essere, un oggetto, una situazione. La fobia è un modo di elaborare l'angoscia, di darle un nome. I conflitti interiori diventano intollerabili ed inesplicabili, il soggetto cerca inconsciamente di attribuirne la causa ad un oggetto esterno, che può rappresentarli simbolicamente. Individuando l'oggetto dei conflitti interiori, egli crede di poterli evitare e di liberarsi nel tempo stesso della sua angoscia. Per esempio l'angoscia delle strade è la paura di trovarsi senza difesa in una situazione nella quale si potrebbe cedere ad un impulso proibito. L'angoscia di fronte ad una persona può derivare dal fatto di essere scontenti di se stessi. Le piccole fobie si riscontrano frequentemente nei bambini (paura di essere abbandonati, paura dell'oscurità, degli animali) ed anche negli adulti a gradi diversi (topi, ragni, temporali). Ma l'angoscia può assorbire tutta la personalità, impedendo al soggetto di comportarsi normalmente, si ha allora la “nevrosi fobica” o “isteria d'angoscia”.


a paura è un'emozione spiacevole e dolorosa. Chiamiamo una paura specifica “fobia”; chiamiamo invece un genere di paura vago e persistente “ansietà”. La paura deriva da una radice anglosassone ed è definita come un timor panico caratterizzato da una sensazione di pericolo imminente. Si manifesta in modi e gradi diversi. Di fobie ce ne sono di tutti i tipi: paura dell'altitudine, claustrofobia, degli scassinatori, degli ospedali, dei medici, dei poliziotti. La lista è interminabile ed esistono, come vedremo più avanti, molti nomi fantasiosi con in quali esse sono note. Una fobia è chiara, ben definita; al contrario la paura (ansietà) è vaga e penetrante. L'ansietà implica un senso cronico di anticipazione, di inquietudine. Siamo costantemente preoccupati che qualcosa vada male, o sentiamo un vasto senso di impotenza, oppure una tormentosa ansietà che ci spinge a disapprovare, a rifiutare, a un senso di fallimento. L'ansietà si differenzia dalla paura per il fatto che permea interamente il nostro tono emotivo piuttosto che semplicemente alcuni aspetti della nostra vita. Le fobie sono le paure più drammatiche, ma l'ansietà ci insegna qualcosa di più sul perché proviamo paura. L'ansietà è molto di più ristretta a ciò che può essere chiamato inclinazione alla paura, cioè la nostra tendenza ad alimentare la paura. L'ansietà è il terreno emotivo grazie al quale la paura nasce. Difatti, secondo il modo di vedere di molti esperti qualificati, non c'è nevrosi senza ansietà, proprio come è difficile che ci sia malattia organica senza infezione e febbre. Certamente non esistono paure specifiche senza ansietà. Ciò che complica le cose è il fatto che spesso non si intravede l'ansietà. L'uomo sviluppa un meccanismo di difesa. Si costruisce un comportamento spavaldo. Oppure vive una vita ritirata o protetta. Ma è la presenza o l'assenza dell'ansietà che determinano la nostra reazione a situazioni che normalmente provocano paura. Anche il trauma, una profonda esperienza di turbamento emotivo, che fa esplodere drammaticamente e improvvisamente la paura nella nostra esistenza, colpirà due persone diverse in maniera diversa. Sarà causa di paura in una, ma non nell'altra. La ragione è che in una persona c'era sempre presente l'ansietà, sebbene ciò potesse non essere evidente, e nell'altra persona non c'era lo stesso terreno fertile grazie al quale la paura si può sviluppare. La spiegazione non sta, quindi, nella situazione, bensì nell'uomo stesso … siamo davvero unici ed irripetibili!!!


li effetti della paura. La paura può avere un effetto temporaneo su di noi oppure può durare ed essere inibente o paralizzante. Una persona può agire bene non ostante la sua paura, anche quando ne è direttamente consapevole. Quando la paura giunge veramente a paralizzare, tocca dimensioni fobiche. A questo punto la paura è sempre specifica, è continua, e naturalmente preclude la possibilità di agire bene in tale situazione. Alcune persone sono affette da ciò che gli addetti ai lavori chiamano “cecità da isteria” o “soffocamento da isteria”, o sono portare a svenire spesso. Questo è il loro modo di evitare di lottare con la loro paura. La fobia ha un effetto simile allo svenimento. E' un genere di comportamento protettivo che ci impedisce di avere qualche contatto con ciò che ci spaventa. Questa è la paura nelle sue manifestazioni più drammatiche. Non è raro che una persona fobica, di fronte alla propria paura tipica, possa voler gridare o fuggire via. La situazione sociale spesso glielo impedisce, ed egli soffre silenziosamente, ma spesso col panico che lo tortura in presenza di ciò che lo atterrisce.

Le origini della paura


a da dove viene tutto ciò? Come può svilupparsi l'ansia? Come la maggior parte dei disagi emotivi, di solito, ha origine nell'infanzia? Molti esperti credono che siamo nati con alcune paure. Persino il più piccolo, ad esempio, si spaventa per un intenso rumore o per essere stato lasciato cadere. Certamente manifestiamo forti paure ben presto nella nostra vita, ma ciò non spiega di per sé la varietà delle paure che sviluppiamo successivamente. In verità alcune paure infantili crescono con noi, ma fortunatamente, per la maggior parte, ce ne liberiamo. Fra le più comuni paure dell'infanzia c'è quella di essere lasciati soli. Questo è uno dei motivi che spiegano i pianti dei bambini. I bambini temono anche il buio. La paura degli estranei, delle novità e anche delle sorprese è comune tra di loro. Cominciamo a vivere indifesi come dei piccoli selvaggi con forti inflessibili pulsioni che richiedono soddisfazione. Se queste “richieste” non sono soddisfatte, noi percepiamo una autentica sofferenza fisica. Un bambino affamato piange perché la fame gli fa male. Non ha la riserva di sostanze nutritive dell'adulto. Non ha nemmeno la percezione del tempo dell'adulto, la capacità di comprendere, ad esempio, che ci vuole del tempo per riscaldare il suo pasto. Così se i suoi bisogni non sono immediatamente soddisfatti sente sconforto, insoddisfazione e pena. Chiama aiuto. Se i suoi richiami restano senza risposta, ben presto si chiede se mai otterrà ciò che gli occorre e che desidera. 


a minaccia di essere abbandonato ben presto gli si presenta. La sua impotenza, acutizzando il suo autentico bisogno di dipendenza di cui nessuno tiene conto, gli sembra più grande che mai. Ecco come è nata l'ansietà: da una lunga attesa, da un senso di impotenza, creata nell'infanzia dalla frustrazione, spesso inevitabile, delle nostre pressanti necessità fisiche. E tale impotenza aumenta quando rispondiamo ai richiami di aiuto di un bambino con un rifiuto o una disapprovazione del tipo: “Non è l'ora di mangiare”, “Non fare storie, perché altrimenti non ti do nulla … ho ben altro da fare io”. Impotenza e frustrazione emettono delle scintille che infiammano un ulteriore aspetto della nostra natura. Fanno arrabbiare il cucciolo. Osservate un fanciullo che non ottiene ciò che vuole. Si arrabbia a tal punto che può realmente tentare di rompere il suo lettino; e la sua ira, a sua volta, è inevitabilmente punita. Ma anche se il suo comportamento è disapprovato, un bambino non può stroncare né il desiderio originale né l'ira che prova. Non riesce a frenarla. Non ha la malizia, le risorse che molti adulti sviluppano successivamente nella vita. La disapprovazione in cui incorriamo e l'impotenza di cui soffriamo ci fa sentire ansiosi. Questo schema si ripete continuamente nell'infanzia. Il bambino non è innocente per l'assenza dei desideri che, egli lo impara successivamente, sono socialmente inaccettabili e immorali; è innocente nel senso che non sa quali suoi desideri e bisogni urteranno i suoi genitori, e gli stessi genitori sono diversi da una famiglia all'altra per quanto riguarda questi problemi … l'educazione. Una madre sarà severa quanto alla regolarità delle funzioni intestinali e indulgente quanto alle maniere di stare a tavola. Un'altra sarà molto seccata per le zuffe tra i figli. Alcuni genitori sono più severi degli altri su tutto. Alcuni sono severi qualche volta, quando altre faccende li disturbano, e sono disattenti e indulgenti altre volte. Il punto sta nel fatto che non è chiaro per il bimbo che cosa ci aspettiamo da lui, ed egli non è sufficientemente padrone dei suoi desideri per accontentarci. Il risultato è che diventa ansioso per noi e per se stesso.

Le fobie più conosciute.


laustrofobia (paura luoghi chiusi), agorafobia (p. luoghi aperti), misofobia (p. sporco), zoofobia (p. animali), siderodromofobia (p. oggetti di ferro in movimento), ereutofobia (p. arrossire in pubblico), patofobia (p. trarre malattie da contatti con gli altri), fotofobia (p. luce), acrofobia (p. altezza), aracnofobia (p. ragni), xenofobia (p. stranieri), aerofobia (p. correnti d’aria), ailurofobia (p. gatti), ginecofobia (p. delle donne), androfobia (p. uomini), cinofobia (p. cani), demofobia (p. folla), ecofobia (p. rimanere soli in casa), idrofobia (p. acqua), necrofobia (p. cadaveri), nictofobia (p. oscurità), tafofobia (p. di essere sepolto vivo) e pirofobia (p. fuoco).

Le fobie in età evolutiva


nche in questa età, come per l’adulto, la fobia è una particolare forma di paura immotivata e sproporzionata alla situazione reale, che non può essere tenuta sotto controllo attraverso un’analisi razionale, tanto meno controllata con la volontà. In questa fase evolutiva, essa produce un persistente evitamento della situazione temuta. Questo bisogno può, tuttavia, inserirsi in altri quadri clinici molto più drammatici, come ad esempio la depressione. La risposta fobica generalmente si esprime sia sul piano fisiologico, creando modifiche neurovegetative quali sbalzi pressori, tachicardia o sudorazione, sia sul piano emotivo, cognitivo e comportamentale, favorendo la messa in atto di un intricato programma di fuga. Nel bambino piccolo alcune paure devono essere considerate parte integrante del normale processo evolutivo in quanto hanno, in genere, un carattere transitorio e non interferiscono significativamente con lo sviluppo psicoaffettivo. Sono comunque avvenimenti che si verificano nel suo ambiente naturale. Più tardi esse si riscontreranno (anziché nella realtà) nell’attività immaginativa: paura di fantasmi e di ipotetiche persone cattive. Anche la paura di fallimenti scolastici o di una adeguata gestione dei rapporti di amicizia si osserva in genere non prima della preadolescenza. A seconda dell’età, dunque, si ha la prevalenza di una paura piuttosto di un’altra. Di solito si tratta di qualche disagio senza importanza che non intralcia la vita quotidiana. Diventa, invece, importante prenderle in considerazione quando la loro comparsa interferisce significativamente con la vita del fanciullo, quale può essere il caso di paure immaginarie che gli limitano il normale svolgimento delle varie attività scolastiche e relazionali (fobia sociale, fobia scolastica).

Il bambino pauroso. Il piccolo è preso da tremore, sbarra gli occhi spaventato, grida, se vicino a lui si produce improvvisamente un rumore violento. La stesa cosa accade se noi facciamo un gesto minaccioso, o se facciamo gli occhiacci, oppure anche se gli togliamo all'improvviso un supporto, per esempio il cuscino, che gli permetteva di stare seduto a suo agio. E' piuttosto banale ricordare l'atteggiamento di spavento, anzi di panico, che il piccolo può manifestare quando la madre lo lascia, quando spunta un volto nuovo; atteggiamento che si verifica anche, spesso unito alle grida di collera, quando dopo un certo tempo egli reclama il cibo che tarda a venire. In tutti questi casi esiste, come è già stato sottolineato, una minaccia: l'equilibrio fino a quel momento esistente viene spezzato, vi è un mutamento di situazione; ed è proprio tale mutamento a provocare il terrore … la paura! Nel caso in cui gli viene tolto il cuscino, viene rotto l'equilibrio fisico; nel caso in cui la madre si allontana, viene rotto l'equilibrio affettivo: tale assenza viene vissuta come una minaccia per la sicurezza del cucciolo, una minaccia anche di privazione del cibo poiché la madre a questa fase evolutiva rappresenta ambedue l cose. 


ltrettanto si può dire per il rumore, per un ritardo nel porgere il biberon, per l'apparire di un volto sconosciuto. Cose che sollevano allarmismi: “Che cosa preannuncia quel rumore che viene a turbare la calma?”, “Il biberon che non compare al momento della fame, siamo sicuri che poi comparirà?”. Tutti questi cambiamenti repentini di una situazione di sicurezza sono evidentemente incomprensibili per il piccolo, ma egli li avverte, li vive come minaccia, come una rottura del suo equilibrio. Ogni cambiamento di situazione comporta quindi una minaccia: ed è appunto ciò che provoca la paura … più tardi si trasformerà in un'attesa estenuante: l'ansia! Questi elementi ci indicano da dove proviene la sensazione di paura, quale ne sia l'origine. In tal modo, vediamo che per superarla è necessario che il bambino possa in primo luogo adattarsi alla nuova situazione: quella appunto che aveva provocato la paura. E tale adattamento è necessario, per una vita serena futura, fin dai primi mesi di vita.

Cosa fare … per il piccolo


rrori di percezione, immagini derivanti da ricordi più o meno vaghi, vecchie scene che erano state vissute come spiacevoli, sensazioni di inquietudine, di timore, di malessere dovute talvolta all'atmosfera entro la quale il bambino vive, si intrecciano tra di loro e vanno ad alimentare nuove paure. In alcuni casi, però, l'oggetto reale della paura è scomparso e il piccolo non ha paura di qualcosa di preciso: egli tuttavia è inquieto, ansioso. In questo stato ansioso c'è la situazione stessa in cui il bambino si trova, e può essere vissuta come una situazione pericolosa.; oppure si tratta del senso di un pericolo interiore proveniente dal bambino stesso e non più dall'esterno. Tutte queste paure, ansie, fobie, possono presentarsi più o meno presto, prolungarsi più o meno a lungo fino all'adolescenza o a un'età adulta. Possono però fare anche la loro comparsa determinati nuovi caratteri che dipendono dallo stadio di sviluppo del piccolo. Quando, dopo aver raggiunto la possibilità di ricordare, egli acquista quella di prevedere, la paura può assumere la forma dell'apprensione che è essenzialmente un terrore vissuto anticipatamente: tale è la paura prima degli esami. Più tardi ancora, la ragione, la comprensione razionale degli oggetti e delle situazioni, il senso del ridicolo, possono trasformare le reazioni di spavento: ci sono dei bambini o degli adolescenti i quali ridono delle loro paure; altri non osando esternarle, le tengono per sé, le interiorizzano o le trasformano: tali sono i bambini timidi, inibiti, quelli che non hanno paura di nulla di preciso, ma allo steso tempo di tutto, quelli che nutrono inquietudini, che hanno paura della propria ombra, che hanno paura della morte. Infine, non dimentichiamo che è spesso nel momento della pubertà che paure antiche, fobie scomparse, possono riapparire insidiosamente e proprio sotto forme assai vaghe di inquietudine, di ansia diffusa, di inibizioni.


revenire la paura significa in primo luogo evitare le occasioni di creare l'ansia, poi saper rassicurare il bambino e infine non impiegare mai la paura come mezzo educativo. Evitare le occasioni e saper rassicurare significa preparare sempre e gradualmente il bambino alle nuove situazioni. L'educazione è come una serie di svezzamenti in cui il piccolo deve poter accettare le nuove costrizioni: bisogna prepararvelo in un'atmosfera di fiducia, anche di calma, affinché non abbia paura di diventare adulto e sappia gestire le sue difficoltà, le sue paure, la sua timidezza. Evitare di usare la paura come mezzo educativo, significa eliminare la minaccia immaginaria: l'uomo nero, lo stanzino buio, il cane cattivo. Non bisogna usarla come forma di riscatto: “Non dirmi che avrai paura di farlo ...”, oppure: “Guarda, lui non ha paura di nulla, fa ogni cosa” e, ancora, al contrario: “Naturalmente hai paura di farlo, così non sarai certo tu che oserai farlo ...”. questi atteggiamenti a volte possono non avere gravi conseguenze se sono episodici, ma non bisogna dimenticare che le capacità cognitive del piccolo sono diverse dell'adulto. Non possiamo mai sapere quale eco possono suscitare nel bambino queste parole, quali antiche angosce esse possono risvegliare in lui. E' sempre meglio prevenire che curare!!!


l problema fobico nell’età evolutiva, comunque, è molto complesso e richiede, quasi sempre, un approccio terapeutico qualificato e relativamente lungo. Uno degli effetti più desiderati di un’azione di igiene mentale sarebbe che i parenti ed insegnanti in numero sempre più grande, comprendano effettivamente che dietro il nervosismo, la pigrizia, i capricci di molti fanciulli, si nascondono comportamenti fobici che diventano sempre più evidenti non appena si pensa di cercarli. Certe misure terapeutiche o educative, comunque, provocherebbero immediatamente un miglioramento sintomatico che non è mai da disprezzare nel bambino. Una migliore comprensione impedirà ad una situazione dolorosa di evolvere e diventare catastrofica. Gli strumenti terapeutici saranno strutturati in modo tale da favorire nel fanciullo l’acquisizione di più competenze ed abilità, al fine di trovare lui stesso il mezzo adatto che gli permetterà di far fronte alla situazione temuta, di stabilire un contatto progressivo, di dare spiegazioni e rassicurazioni, e dimostrazioni pratiche di coraggio.

Cosa fare … per l'adulto


e persone che hanno vissuto in un’atmosfera di paura, di rimprovero o di violenza, sono molto spesso quelle che adottano il meccanismo del “controllo” per sopravvivere. Quando, però, una situazione sfugge loro di mano, perché si sentono minacciate nella salute, nelle relazioni affettive o nella sicurezza materiale ecco che sono in preda all’ansia. L’ansia può allora manifestarsi con tachicardia, pressione alta, crampi, un nodo in gola o allo stomaco, vampate di calore, abbondante sudorazione o sensazioni di freddo. Se questo stato di cose si prolunga o si intensifica può dar luogo non solo a fobie, ma a veri e propri danni organici … nel tempo, malattie serie. Per trasformare, quindi, questa situazione, questi atteggiamenti, questo modo di reagire, per liberarsi di ciò che impedisce di star bene e raggiungere il benessere, si dovrà lavorare per “tappe”: la prima sarà quella di prendere coscienza del fenomeno fobico; la seconda è la consapevolezza, nel senso di riconoscere che non è una debolezza e che non si è in grado di liberarsene da soli; la terza tappa è l’azione: riguarda la strategia da usare per far fronte alla paura, per liberarsene, per acquisire la fiducia e favorire una buona autostima. E’ importante, comunque, non flagellarsi con l’accusa di essere eccessivamente paurosi e di reagire in modo irrazionale a certe situazione; guai, questo atteggiamento non aiuta, anzi scoraggia e toglie la forza per un eventuale cambiamento: da questa condizione emotiva è possibile uscirne … da vincitori. Le fobie come abbiamo visto possono avere un effetto logorante: conoscere la causa della paura non significa farla scomparire e restituire le forze. Perciò risulta più efficace “lavorare” per superarle, in modo da ottenere piccole esperienze positive di successo che a loro volta costituiscono una motivazione. L’approccio terapeutico, pur nella sua complessità, nella maggioranza dei casi può portare a soluzioni permanenti o, nei casi gravi, dare buoni risultati in quanto la persona conserva e mantiene sempre un buon rapporto con la realtà. Essendo, quindi, consapevole dell’irragionevolezza eccessiva del proprio stato ansiogeno verso la situazione temuta, si sarà in grado, con l’aiuto di una persona qualificata, di sviluppare un processo di consapevolezza e rielaborazione delle proprie problematiche.


a felicità, comunque, è un grande antidoto per la paura; la felicità nel vero senso della parola, non è un qualche vago concetto filosofico, ma piuttosto un piacere terreno che la maggior parte di noi può ottenere in ogni momento ... nella maggior parte dei giorni della settimana. Tali piaceri aumenteranno la stima di noi stessi permettendoci di essere felici per qualche cosa in generale e per noi stessi in particolare. Ciò non costituisce la cosa più importante della nostra educazione. L'obbedienza, gli impegni, la consapevolezza, sono posti in rilievo molto più fortemente. Ma è la coscienza che ci rende codardi. Imparare a vivere e a lavorare con gli altri per la reciproca soddisfazione, offrire e dividere i piccoli piaceri di ogni giorno, ci permette di essere assai meno irosi e minacciati … pieni di paura. In questo modo il miglior antidoto per la paura ha poco a che vedere con ogni paura specifica. La paura in sé è generalmente la rappresentazione simbolica di ulteriori condizioni che ci spaventano. E' la persona che è spaventata che bisogna curare, non i sintomi della paura. Alcune delle nostre paure possono rimanere, ma spesso diventiamo abili nel trattarle, nel vivere con esse, piuttosto che essere ostacolati da esse nelle nostre attività. La carta vincente che ci consente di essere felici la troviamo nel fare piccole cose: stare nel presente, vivere nell'istante, nell'essere malleabili, aperti a tutto ciò che la vita ci offre, ma soprattutto liberi, autonomi e indipendenti dagli altri … i veri nemici sono l'attaccamento, il ricordo e il dubbio. Rinascere ogni giorno nell'istante: questa è la strategia vincente … il ragionevole fine che dobbiamo proporci e conseguire. Guai rimuginare, vivere nel passato, voler essere diversi da quello che si è, cercare continuamente il sorriso, l'applauso e l'apprezzamento altrui.


NB. Le informazioni e le interpretazioni terapeutiche contenute in questo articolo non sostituiscono in nessun modo il parere del proprio medico di base, al quale è sempre doveroso ed indispensabile rivolgersi per la diagnosi e la terapia specifica. Questo articolo pertanto ha valore educativo, non prescrittivo.


Bonipozzi dott. Claudio Tel. 349.1050551 
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