venerdì 16 settembre 2022

 

Quel fantastico mondo della Medicina Psicosomatica ...

APPARATO DIGERENTE


I problemi dell'apparato digerente parleranno della difficoltà ad "inghiottire", a "digerire" ed "assimilare" ciò che incontriamo nella vita ... quando si "mandano giù" persone o situazioni indigeste, lo stomaco reagisce col "fuoco" della gastrite.

a “fluidità” della bile prodotta dal fegato, raccolta dalla cistifellea (se non è accolta in questo organo passa nel sangue: itterizia) e inviata attraverso il condotto biliare del duodeno è sempre un funzione dello stato emotivo: gioia, ira, furore, paura e tristezza (ogni processo interessa l’intero organismo) … felicità o infelicità, tristezza o allegria, contentezza o scontentezza sono stati che volenti o nolenti, se non lasciati fluire liberamente, si ripercuotono sul corpo attraverso secrezioni, modificazione del sangue e dei tessuti.


ruxismodi giorno trattieni la rabbia e le parole non dette, di notte invece, in silenzio, vorresti aggredire, ti prepari per addentare qualcuno ... sfreghi i denti … sentimenti aggressivi non espressi nel momento opportuno con il diretto interessato trovano voce solo di notte.

tipsi un problema che non riguarda solo l’intestino, ma soprattutto emozioni, affetti e tutto uno stile di vita: un vero e proprio atteggiamento mentale, uno specifico modo di essere … è un disturbo che mette in risalto tratti di una personalità controllata, trattenuta, chiusa, tendente all’avarizia e alla gelosia … molto sensibile al giudizio altrui … soggetti sempre pronti, in ogni occasione, ad offrire un’immagine “pulita” e di grande rettitudine … nel colitico invece domina la voglia di trasgredire, ha spesso cattivi pensieri (natura sessuale), teme le responsabilità per cui è ben felice di delegare (paura di essere giudicato, di non essere all’altezza delle cose), la sua aggressività è indirizzata male, dipendente e con un linguaggio il più delle volte spinto (parolacce, espressioni volgari).

erofagia: deglutire aria in grande quantità - un ‘bulimico’ d’aria - e, nel contempo, ingoiare parole per timore della loro validità e fondatezza, ma anche un tentativo di coprire il “nulla”, i “silenzi” con le parole (un perfetto chiacchierone): bisogna imparare ad ascoltare di più! … soggetti (ansiosi e frettolosi) che anticipano le difficoltà e le pressioni esterne, hanno problemi nella gestione delle responsabilità e degli impegni lavorativi. Un aiuto naturale: Ficus carica MG, Tilia tormentosa MG e Rosmarinus officinalis.

noressia visione distorta dell’immagine corporea e rifiuto della propria femminilità perché non riconosciuta e stimolata da una figura di riferimento non disponibile (solo critiche, aspettative e una grande competizione) … grave conflitto relazionale madre-figlia (non vuole essere come lei ma per essere accettata deve assomigliarle): un personaggio che si sente tagliato fuori, escluso dal rapporto familiare.

orbo di Crohn (intestino tenue: ileo) soggetti costretti a vivere dinamiche sociali forzatamente, subiscono in silenzio le aspettative altrui reprimendo rabbia e frustrazione: una lotta continua tra sottomissione e ribellione … offrono un’immagine di se stessi “pulita”, tranquilla e pura.

rnia iatale (stomaco: parte “bassa”, mondo degli istinti)un mondo emotivo che con forza vuole esprimersi perché troppo a lungo represso … un soggetto che ha subito eccessive sottomissioni e parecchi divieti: reclama più spazio, vuole farsi largo in un ambiente che lo limita.

eteorismo (gas, gonfiore, fermentazione intestinale) … un eccesso di attività mentale, difficoltà a “concretizzare” il pensiero: un rimuginare continuo sugli stessi pensieri (personalità ossessiva) … ingigantire personaggi o certe situazioni di poca importanza… un soggetto insicuro che tende a trattenersi, non vuole esporsi perché teme critiche e giudizi, non vuol lasciare trasparire nulla di se stesso se non un’immagine esagerata (“pallone gonfiato”).

ausea quando si presenta troppo frequentemente segnala una sensazione di disgusto, una gran “voglia” di vomitare, di dire no, di rifiutare… avversione verso relazioni, situazioni o persone (pensieri e idee che fanno venir la nausea) perché ci si sente minacciati, fanno in qualche modo paura … fenomeno che segnala un atteggiamento di accondiscendenza verso situazioni ed impegni anche quando non sono condivisi.

calasia (rallentamento del cibo verso lo stomaco: deglutizione dolorosa) … incapacità di far passare, di assimilare, di riceve, di accogliere e far passare il cibo ma anche integrare cose, idee e nuove situazioni: non si riesce più a “deglutire” (la gola si chiude ai liquidi e ai solidi) … sensazione di essere criticato, giudicato, ridicolizzato, umiliato di fronte ad una “platea”.

cidità di stomaco … non bisogna mai dimenticare che questa area rappresenta la capacità di accettazione: accettare o non accettare (cibo ma anche situazioni, cose, idee) … sensazione di essere dominati, paura, inquietudine e preoccupazioni accompagnato le giornate: cose che non si riescono a gestire, a controllare.

elicobater pylori (batterio presente nello stomaco, si pensa sia responsabile dell’ulcera) trova forza e terreno fertile in tutti quegli individui che sperimentano un senso di abbandono o di impotenza nei confronti di certe situazioni che “corrodono”: un insieme di contrarietà, di insoddisfazioni familiari e lavorative, di rabbia, di collera e di ansia … questo batterio, inoltre, è stato da un po’ di tempo - secondo alcune ricerche accreditate - rivalutato in quando produce una proteina (Hp2-20) in grado di riparare le lesioni gastriche (la presenza del batterio può essere individuata attraverso l’analisi del sangue e del respiro)… non dimenticare che la Propoli può essere utile: inibisce questo batterio e abbassa l’acidità … riso, carota, zucca, mela, banana, albicocche e broccoli rinfrescano e gestiscono infiammazione … l’insalata e patate assorbono l’eccesso di acidità.

UMORE allo stomaco malattia a cui bisogna prestare SEMPRE molta attenzione e MASSIMO rispetto - per la sofferenza e l’inquietudine che porta con sé - nel fare interpretazioni e, soprattutto, per comprendere il fenomeno psicosomatico che ne deriva è necessario prendere in considerazione la parte del corpo in cui si manifesta… soggetti che sperimentano “amori” in maniera ossessiva e rancorosa, che coltivano vecchi dolori, rabbia e odio, si sentono impotenti nei confronti di una situazione vissuta nel passato come ingiusta che ha tolto loro, giorno dopo giorno, il gusto di vivere, di cui si sentono responsabili fino a provare rimorso … … nell'esofago, quando si manifesta in questa zona segnala un vissuto, una sensazione di essere entrati in un vicolo cieco, non si vede alcuna via d’uscita in una certa situazione … NON DIMENTICARLO MAI, c’è sempre una speranza di riprendersi, anche dai peggiori dei tumori, finché il sistema immunitario continua, con NOI, a combattere. ATTENZIONE al pH (acidosi) perché il tumore "ODIA" l'ossigeno e il suo equilibrio, mentre "SGUAZZA" nell'acidità. Già Ippocrate aveva sospettato e richiamato l’attenzione sul possibile fattore emozionale nell’insorgenza delle malattie tumorali e precisamente le mise in relazione con il temperamento malinconico. ATTENZIONE al livello di acidità nell’organismo (condizione di acidosi) perché può essere una delle cause che - oltre a creare stanchezza, infiammazione nei tessuti, irritabilità e aumentare le tossine - facilita la massa tumorale nell’organo più debole e più vulnerabile.



Cancro - mente … l’influsso della psiche. 

convinzione ormai diffusa che lo stato d’animo sia in qualche modo legato alla possibilità di ammalarsi ... compromette il metabolismo e la funzionalità cellulare. Già Galeno affermava che le donne tristi sono più facilmente vulnerabili al cancro rispetto a quelle ottimiste. Da sempre, viene attirata l’attenzione su l’influenza esercitata dall’infelicità, dagli improvvisi crolli di “fortuna” e dall’abituale temperamento malinconico in rapporto all’eventuale sviluppo di formazioni tumorali. In breve, una profonda sofferenza emotiva è tra le condizioni favorevoli allo sviluppo di alcuni tumori. I soggetti, particolarmente vulnerabili a questa patologia, pare facciano fatica a manifestare sentimenti ostili e con enorme difficoltà riescono ad esprimere le proprie emozioni; presentato tratti di personalità molto rigidi e sensi di colpa invalidanti … sono sempre profondamente abbattuti e sfiduciati. Si riscontrano in tali soggetti, vissuti di abbandono, disperazione e rapporti problematici connessi al loro naturale periodo evolutivo. Il rievocare tali esperienze attraverso rapporti conflittuali disastrosi e attività lavorative deludenti attuali, nell’età adulta, può portare l’individuo alla disperazione e ad una sofferenza atroce … risveglia in qualche modo le percezioni dolorose dei primi anni di vita; e, così, a lungo andare, un senso profondo di impotenza e sfiducia deprime anche il funzionamento cellulare … sono, pertanto, maggiormente a rischio a causa della loro storia e formazione emotiva. 

merge che questi soggetti sono particolarmente timorosi, sono inclini a reprimere la rabbia, non riescono ad esprimere paura, disperazione, dolore e ostilità, mostrandosi in ogni occasione, proprio per il loro eccessivo conformismo sociale, sempre gentili, dolci e benevoli. Atteggiamenti che non permettono di “resistere” alla malattia, di prendere in mano la propria vita in maniera naturale e spontanea: stati d’animo che fanno perdere la voglia di lottare e di vivere. Le persone particolarmente disagiate oltre a sentirsi completamente svuotate di ogni potere e di qualsiasi capacità creativa, diventano, in questo modo, facile preda della frustrazione e, soprattutto, della depressione. Se il “pessimo” umore la fa da padrone, inevitabilmente, si ha un effetto di indebolimento diretto sulle difese immunitarie e sulla funzionalità del metabolismo in generale. I temi emotivi ricorrenti che nel tempo hanno fatto ipotizzare la loro connessione col cancro, o comunque contribuiscono a peggiorarne la prognosi, sono: la modalità con cui ogni individuo affronta le problematiche esistenziali (il suo modo di reagire agli eventi della vita), le emozioni non espresse, i fatti traumatici della vita, l’isolamento e la depressione. Tutti questi elementi stanno, senza timore di smentita, a indicare che lo stato emotivo personale influenza lo sviluppo e l’evoluzione (biochimica) di questa patologia nell’organismo. Attraverso importanti ricerche, passate e recenti, si è capito che il benessere psicologico e le varie tecniche mente – corpo rivestono un’importanza tale nel confronto di questa complessa e delicata patologia che tutte le metodiche terapeutiche rivolte alla prevenzione devono tenere in conto sempre il fattore psicosomatico. Grazie a queste conoscenze, in collaborazione SEMPRE con altri orientamenti scientifici, si potranno mettere in cantiere importanti strategie psicologiche di prevenzione per coloro che mostrano una evidente vulnerabilità emotiva … le giuste scelte salutari, sani stili di vita, comportamenti più adeguati e responsabili rimangono sempre prerogativa del singolo e, soprattutto, elementi fondamentali a livello di prevenzione.


n questo periodo storico, più di altri momenti caratterizzati da carestia, si dice che uccide più la gola che la spada! Il sistema digestivo ha il compito di trasformare gli alimenti solidi e liquidi introdotti nell'organismo ... anche quelli "spazzatura". L’alimentazione rappresenta un bisogno primario per assicurare l’esistenza di ogni essere vivente, mentre la digestione è una forma di “gestione” e di utilizzo di sostanze acquisite: una struttura di trasformazione e di cambiamento che “assorbe” anche, in questo caso, il mondo esterno. In questa alchimia sono coinvolti altri organi indispensabili per la sopravvivenza (stomaco, fegato, cistifellea, milza, pancreas). Anche in questo apparato, a seconda dell'organo digestivo coinvolto, conosceremo il ruolo specifico delle emozioni nello sviluppo del malessere gastrointestinale. Un fenomeno che, a prescindere dai vari organi, ruota sempre attorno al tema della sicurezza e della protezione … al mondo delle idee, pensieri e relazioni interpersonali. Quando l’intestino perde il suo naturale equilibrio, contemporaneamente, anche il cervello perde la sua lucidità, esaurisce la sua efficienza mentale. I disturbi legati al sistema digestivo, quindi, segnaleranno le difficoltà a digerire, inghiottire e assimilare … “digerire” quello che avviene nella vita, un continuo “ruminare”. Una psiche che non riesce a gestire e rielaborare alcuni contenuti emotivi considerati “impuri” … paura di sentire emozioni considerate vergognose. Sono individui molto sensibili all’ostilità e al rifiuto. Il rapporto tra emozioni e funzione digestiva come ad esempio nausea, deglutizione, secrezione, motilità, vomiti e sensazione di bolla faringea, è evidenziato in numerose ricerche cliniche e confermato direttamente in molte esperienze umane.



lcuni individui con tratti ossessivi – compulsivi - essendo molto sensibili ai cambiamenti, incapaci di eliminare ciò che è inutile e, quindi, rimanendo aggrappati a comportamenti, atteggiamenti, modi di pensare e a condizioni vecchie e superate - ostacolano il ricambio organico. In tal modo, con il timore di eliminare le cose passate sono trattenute anche le feci (stipsi). Molte problematiche intestinali sono accompagnate da tratti depressivi mascherati, da esperienze deludenti e da una insoddisfazione cronica. Tali problemi si risolvono solo se si comprendono le vere cause profonde che li hanno determinati. Speranza e futuro, per questi soggetti, sono stati completamente cancellati dalla loro vita. I problemi del sistema digestivo ci parlano, in ogni caso, della difficoltà di digerire alcune vicende esistenziali, di affetti tenuti a freno, di legami bloccati, di angosce ossessive, di come sono gestiti i sentimenti, del timore di fallire, di non essere all’altezza delle cose, di sbagliare. Una involontaria scarica diarroica, infatti, segnala la tensione sperimentata nel tentativo dominare un profondo sentimento di vergogna o una situazione di grande paura … un modo di sottrarsi a situazioni vissute come molto pericolose.

Chakra.

Lo stomaco è connesso al terzo C. (riguarda la personalità, libertà e controllo, essere se stessi).

STOMACO … una meravigliosa linea di difesa.


o stomaco si ammala non solo quando blocchiamo la nostra spontaneità, ma anche quando perdiamo fantasia e libertà, siamo troppo accomodanti, gestiti dal pessimismo e rassegnazione … zittirsi e bloccare le proprie espressioni più naturali e spontanee è il danno maggiore … per far “respirare” lo stomaco tira fuori le tue emozioni nascoste ed “indigeste”.

l problema allo stomaco può essere visualizzato con gonfiore nella zona sopra l’ombelico (addominale) dopo l’assunzione di cibo, sonnolenza postprandiale, rossore agli zigomi dopo il pasto … si dovrebbe mangiare verso le undici del mattino o verso le 4 – 5 del pomeriggio. Lo stomaco è uno degli organi della digestione … prima linea di difesa dell’organismo. Lo scopo della digestione è quello di trasmettere all’organismo l’energia necessaria alla trasformazione dei prodotti grezzi. Le materie prime come proteine, i grassi, gli idrati di carbonio, le vitamine e i sali minerali sono trasformate sapientemente in combustibili e successivamente in energia. il processo inizia nella bocca a contatto degli alimenti e della saliva, e termina con le scorie nell’ano. 


l tutto passa per lo stomaco che inizia l’azione chimica delle secrezioni, poi pancreas, fegato e ghiandole contenute nell’intestino tenue. Tutto il cibo assimilato viene a depositarsi sull’intestino tenue, dove, se il bolo alimentare va incontro a un’eccessiva putrefazione o fermentazione, si avrà un’infiammazione. Queste sostanze sono assimilate, se il soggetto continua ad assumere alimenti “spazzatura”, provocheranno un rigetto naturale da parte dell’organismo, con presenza di diarrea, di stasi e di stitichezza, e un rigetto di tossine nel sangue. Molto emicranie sono dovute ad una fermentazione alcolica dello stomaco. Queste fermentazioni non provengono da un consumo di alcol, ma fabbricata dallo stomaco, in seguito a un consumo di zucchero e di farinacei che fermentano. Questo alcol è più tossico dell’alcol grezzo normale, perché contiene le scorie di questa fermentazione. Anche i disturbi di stomaco imputabili a fattori stressanti o psichici sono numerosi. Sono provocati da pasti consumati troppo in fretta, dall’assunzione di alimenti troppo caldi o troppo freddi, da pasti consumati a orari irregolari e dall’abitudine di mescolare liquidi (bere) e solidi durante il pasto. I cibi dannosi e le cose che fanno male in generale allo stomaco sono: alcol, alimenti troppo caldi, bere durante i pasti, caffè, mangiare senza masticare, pane e zucchero raffinato. Alimenti ottimi per l’infiammazione: mele, pomodori, ribes, uva (succo diluito se troppo irritato). Per la dilatazione dello stomaco si consiglia: aglio, mela, pompelmo, sedano, rabarbaro. Il colore giallo (giallo – grigio) al viso indica problemi energetici a livello di stomaco e della milza. 


no squilibrio energetico allo stomaco si manifesta con gastroenteriti, foruncolosi, ossidazione cutanea, infezione cutanea. Gli zigomi riflettono lo stato energetico dello stomaco, si evidenzia soprattutto dopo i pasti perché si congestionano. Il soggetto ha digestioni lente, con possibilità appunto di gastriti, di crampi, di gonfiori addominali e di aerofagia. L’alimentazione viene male assimilata, il soggetto è spesso nervoso, mangia in fretta. Tutto ciò determina un’intossicazione progressiva dell’organismo, che può essere la causa di artriti, artrosi e successivamente di tumori o di ulcere. Il cuoio capelluto sarà molto intossicato, con forfora e pruriti. Deve modificare il modo di alimentarsi, eliminare caffè, tè, zucchero raffinato e frutta fresca, fare una cosa disintossicante, non assumere né alcolici né liquidi troppo caldi o troppo freddi. Se il viso tende a gonfiarsi e a diventare grigiastro, l’intossicazione organica è a uno stadio molto avanzato. Gli organi diffondono la loro energia in tutto il corpo. E’ possibile individuarne l’intensità e regolarla su linee di forze energetiche relative a ciascuno di essi. Su queste linee di forza si possono esercitare massaggi che permetteranno di mantenere la salute e l’armonia del corpo. Per quanto riguarda lo stomaco, qualora ci sia una lesione o come prevenzione, il punto da massaggiare (presenta una temperatura elevata) sarà la vertebra dorsale 12 (DS12: cattiva digestione, gonfiore dopo i pasti, aerofagia, acidità di stomaco, crampi allo stomaco). Tale massaggio è consigliato per: cattiva digestione, gonfiori dopo i pasti, aerofagia, acidità di stomaco, crampi di stomaco. La sua massima espressione energetica è dalle 7 alle 8; se è presente una disfunzione, l’organismo manifesterà, in questo periodo della giornata, debolezza e aggravamento dei sintomi. La sua massima espressione energetica è dalle 13 alle 14; se è presente una disfunzione, l’organismo manifesterà, in questo periodo della giornata, aggravamento dei sintomi.


hi ha problemi di stomaco preferisce “incassare”, mandare giù il magone, “digerire”, rabbia, livore e cinismo: vuole evitare in tutti i modi e maniera lo scontro e il conflitto, non riesce più a “digerire” il mondo che incontra.

mpara a comunicare a “caldo” con franchezza, spontaneità e naturalezza così elimini la rabbia e le parole indigeste, “sputando il rospo”, poi, scarichi dallo stomaco tutti i pesi inutili e ritrovi la vera “leggerezza”: elimini finalmente l’imbarazzo di “pancia”.

LLONTANATI DAI LEGAMI AFFETTIVI CHE "INFIAMMANO", divertiti con passione e spontaneità... scegli l'atmosfera, le cose e le situazioni che ti mettono completamente a tuo agio.

la rabbia impotente viene presa in consegna dalla stomaco: fare finta, controllarsi, non far trapelare nulla ... l'acido che corrode lo stomaco.

INTESTINO.

... produce anche l'ormone (95%) della felicità: la serotonina ...


cco perché un "buon" intervento sullo stato dell'intestino può essere utile, non solo nella fastidiosa colite, ma anche negli stati depressivi e ansiogeni... depuriamolo dalle varie tossine della "mente" e dalle scorie del "corpo": se sblocchi la mente sblocchi anche la pancia. L'intestino percepisce l'ansia ancor prima del cervello ... comunica le proprie tensioni attraverso la colite … l’intestino - con la sua motilità alterata - percepisce i segnali emotivi nello stesso momento del cervello: una voce potente che batte tutti gli altri organi in velocità (cinque volte più rapido) … il “blocco” di pancia rispecchia quello mentale: una “testa” che si basa troppo sulla razionalità, paura e ingorghi affettivi. Quando le relazioni sono faticose da gestire - i rapporti interpersonali non sono basati sulla reciprocità ma solo finti - è l’intestino che tenta di risolvere la situazione ribollendo e sbottando: è la prima voce, il primo segnale di protesta, cerca di farsi strada attraverso il malessere intestinale, la pancia la metti al sicuro solo se la lasci esprimere, faciliti la curiosità e assecondi il bisogno di novità.


sservando la forma dell’intestino e del cervello si rimane immediatamente colpiti dalla straordinaria somiglianza: le circonvoluzioni cerebrali infatti richiamano le tortuosità delle pareti intestinali. La prima immagine a cui rimanda l’intestino per la sua particolare forma tortuosa è quello di un labirinto, luogo buio, tetro, oscuro dove ciò che avviene non è sotto il controllo della mente. Questi due organi comunque sono accomunati anche dalla medesima funzione: sia l’intestino - preposto alla produzione delle feci - sia l’apparato cerebrale adibito tra le tante funzioni alla produzione di pensieri, assimilano l’ambiente circostante, dando luogo ad un prodotto che dovrà poi essere eliminato (feci e pensieri). L’intestino i cibi, li assimila ed elimina le sostanze di rifiuto. Il cibo che raggiunge questa parte “bassa” del corpo ha subito tutte le trasformazioni (della materia) metaboliche necessarie a produrre il potenziale energetico: materia utilizzata e assimilata fino a ridursi a prodotto di scarto. Esso digerisce i cibi, li assimila e scarta le sostanze di rifiuto. Non si tratta però solo di rifiuti metabolici: a non essere assimilati sono spesso anche i pensieri e gli impulsi. Gli alimenti che arrivano nel labirinto rappresentano dunque simbolicamente la conclusione di un viaggio. L’intestino in quest’ottica compie un rituale di purificazione ogni volta che evacua, eliminando sia rifiuti organici che contenuti psichici “indigeribili”. In questo senso gli attacchi diarroici del colitico possono rappresentare il processo di elaborazione ed esternazione ritenute inammissibili (bloccate)


uando si parla di colite si fa riferimento a un malessere che presenta diversi "volti" e che tende a manifestarsi in maniera soggettiva. Imparare a leggere il suo linguaggio è essenziale per comprendere e affrontare il disagio, tutt’altro che banale, come la colite. Ogni colite è un fatto a sé, anche se all’interno delle diverse manifestazioni sintomatologiche è possibile individuale tratti comuni che aiutano a capire il senso profondo di questo disturbo, spesso, particolarmente invalidante. E’ ben diversa infatti una colite che colpisce nel pieno della notte con crampi, da una che si manifesta prima di affrontare situazioni stressanti o compromettenti. Occorre, inoltre, prestare attenzione anche ai momenti e alle fasi evolutive (della vita) in cui questo malessere si manifesta. Crampi dolorosi, ventre gonfio, attacchi di diarrea o costipazione ostinata. E’ questo il linguaggio d’organo attraverso il quale l’intestino racconta il malessere e il profondo disagio di chi soffre di colite. Conflitti aperti ma negati e una personalità complessa e tendente all’introversione sono tratti tipici del colitico che manifesta difficoltà ad interagire con il proprio ambiente in modo fiducioso e sereno. Attraverso un’accurata analisi dei simboli legati al mondo intestinale emergono varie caratteristiche connesse in chi soffre di stipsi e di colite. Chi soffre di disturbi intestinali è difficile che si conceda ad acquisti spensierati, o doni consistenti. Tranne in qualche raro momento per pentirsene subito dopo. Il suo spiccato senso di possesso lo porta a trattenere avidamente tutto ciò che è suo. Tipica di questo carattere è la tendenza a collezionare ogni cosa e a non buttar via nulla, neppure le cose vecchie o inutili. Relazioni finite, amicizie concluse, ricordi abitudini ormai inadeguate: tutto va tenuto e conservato. Il colitico sviluppa un vero e proprio attaccamento verso il vecchio, da cui non riesce a separarsi. I ricordi e i cimeli del passato ingombrano la sua vita come scorie tossiche, esattamente come fanno le feci nell’intestino. E gli impediscono di fare spazio al nuovo, di evolvere e cambiare con il tempo. Risultare “a modo”, “per bene”, è molto importante per il colitico che ci tiene a dare un’immagine di se “pulita” e sempre impeccabile (di tanto in tanto chiunque può essere sfiorato da queste caratteristiche, ma per il colitico esse sono dominanti e continuative: sono pochi i momenti di sollievo). Movenze e gesti sono studiati e trattenuti, fino a risultare talvolta artefatti e innaturali. La naturalezza (spontaneità) è scambiata spesso, a torto, per volgarità e mancanza di raffinatezza e viene poco apprezzata anche negli altri. 


atteggiamento controllato e difensivo verso il nuovo traspare anche nei rapporti con gli altri. Ama confrontarsi con persone che percepisce simili a lui, difficilmente si lascia attrarre da persone diverse, per quanto in fondo lo incuriosiscono. Preferisce muoversi su un percorso o un terreno conosciuto e rifiuta tutte quelle situazioni che potenzialmente potrebbero farlo cambiare. Il colitico, il più delle volte, ha un atteggiamento moralista che gli fa assumere posizioni inflessibili verso errori e debolezze proprie ed altrui. Ci tiene molto alla buona educazione e a risultare corretto e onesto. Spesso il suo idealismo sconfina in un atteggiamento mistico. Chi soffre di colite ha nei confronti dello sporco una vera repulsione, è davvero esagerato. Persino gli odori del corpo vengono considerati disdicevoli e vergognosi. Ecco perché spesso il colitico fa un eccessivo uso di profumi, deodoranti e detergenti. Anche con la fisicità e la sessualità spesso è difficoltoso e inibito, dimensioni ritenute pericolose e particolarmente “difficili”. Il malessere fisico provoca tre tipi di atteggiamenti differenti: avido, aggressivo e insicuro. La stipsi è un malessere che anche nei bambini ha un’origine di natura profonda e sottile. Per il bambino le feci hanno un significato più profondo che per l’adulto. Sono tre infatti gli atteggiamenti alla base della stipsi infantile: atteggiamento aggressivo, tipico dei bimbi con un carattere egocentrico, che tendono ad attirare l’attenzione su di sé attraverso il malessere fisico. In questo caso è consigliabile stare con il bambino anche in bagno, rendendo l’evacuazione un momento gioioso. Atteggiamento insicuro: tipico dei bambini remissivi, la loro paura è quella di deludere. Atteggiamento avido: il bambino mangia voracemente e tende a mantenere tutto per sé. Nella maggior parte dei bambini stitici l’aggravante del disagio è l’insistenza incessante dei genitori. Niente di più sbagliato, quando il bimbo si siede sul vasino, o spesso ancor prima di avvertire qualsiasi stimolo a defecare, i genitori cercano di forzare il bimbo al tanto sospirato “regalino”. In questo modo si perde uno degli ingredienti indispensabili per questo atto: la naturalezza. E’ importante cercare di coinvolgere il bambino in situazioni piacevoli, giocose, rilassanti che impediscano l’insorgere della cosiddetta ansia di prestazione. I dolorosi crampi addominali, lo spasmo e la contrattura muscolare tipici di quella forma di colite parlano di una lotta interna, una sorta di “tira e molla” tra la tendenza a procedere in avanti e verso l’esterno (spirito di iniziativa, aggressività) ed un movimento che agisce in direzione opposta. 


uesta spinta in avanti, in realtà, viene bloccata da una resistenza interna tanto forte da renderla del tutto inefficace e, anzi, da far compiere addirittura una sorta di “guizzo” all’indietro. Può essere un individuo dominato da due forze uguali e contrapposte (agire o subire, istinto o ragione) che lo bloccano, nonostante un più o meno consapevole desiderio di muoversi e di passare all’azione. E’ la classica persona che vorrebbe partire all’attacco, dando l’impressione di sapere bene quello che vuole, ma che all’improvviso compie una sorta di “retromarcia”, trattenendo dentro di sé tutto quello che avrebbe voluto esprimere. Anche e soprattutto l’aggressività viene ripiegata e rivolta verso se stesso in un doloroso meccanismo autoaggressivo. Molto spesso l’attacco di colite spastica si presenta all’improvviso, senza un apparente motivo. Ciononostante si possono individuare alcune costanti che accompagnano la comparsa del sintomo: a volte i crampi addominali possono iniziare dopo i pasti, magari in un momento di inconsapevole agitazione o durante un’attività particolarmente impegnativa. Spesso sono sufficienti un momento di riposo ed una boule riempita di acqua calda a far cessare il doloroso attacco. Per riuscire a sciogliere il blocco che non gli permette di portare le cose, le azioni, le iniziative fino in fondo, l’individuo che soffre di colite spastica deve iniziare a lasciare fluire, a portare fuori, ad esprimere questi stimoli che sente dentro di sé e che lo spingerebbero all’azione. Ampio spazio quindi ai momenti “scatenati”, siano essi in discoteca piuttosto che allo stadio o a far baldoria con gli amici e magari, in un secondo tempo, a litigare, sempre nelle dovute maniere. Il lasciare andare veloce e violento della scarica diarroica fa pensare al bisogno impellente di liberarsi di un materiale inaccettabile, che non si può né contenere né, tantomeno, assimilare. Questa carica a livello intestinale trova il suo corrispettivo, a livello mentale, nel tentativo di espellere un contenuto (fatto di pensieri, idee, emozioni, fantasie) disturbante e spesso vissuto in maniera “vergognosa”


hi soffre di colite con forti e frequenti scariche diarroiche è una persona che tendenzialmente cerca di nascondersi e di nascondere determinati contenuti – spesso con spiccata valenza sessuale – che non può accettare. Assillato dal bisogno di “liberarsi” (purificarsi) da un materiale vissuto come sporco, molto spesso tende a manifestare anche all’esterno la sua “mania” per la pulizia. Una casa sempre linda, dunque, un linguaggio scevro da volgarità, un aspetto sempre piuttosto in ordine sono i tratti tipici di questi soggetti. La colite diarroica si può manifestare con diverse modalità, ad esempio con o senza crampi e meteorismo; può essere anche favorita da una determinata condizione ambientale come, ad esempio, un improvviso colpo di freddo. Ma, come è noto, persino un momento di particolare agitazione o di paura può facilmente causare un improvviso attacco di colite: molto spesso ciò accade prima di un esame o di una prova importante. Il gonfiore e i dolori che ne derivano spariscono subito dopo la scarica diarroica che segue all’attacco. Le situazione che rappresentano una fonte di ansia e agitazione sono vivamente sconsigliate ai soggetti che soffrono di questa forma di colite; non potendo ovviamente eliminarle del tutto, si può però cercare di ridurle al minimo. Anche prendere pian piano contatto con le componenti tanto temute da essere così urgentemente espulse, potrebbe giovare a queste persone. Come? Ad esempio permettendo, durante una discussione, di tirare fuori queste parti “sporche” … alle volte un linguaggio “colorito” può risultare anche più incisivo (senza nuocere ed essere lesivi verso gli altri). Con aria: qui il problema centrale si manifesta nel gonfiore, nel meteorismo, ovvero nella massiccia e fastidiosa presenza di aria all’interno del colon. Un’aria scomoda, che preme dall’interno e crea disagio soprattutto nel momento dei contatti e degli scambi interpersonali. Dunque, è come se chi soffrisse di questo fastidioso disturbo immettesse nell’ambiente, e quindi nelle relazioni, una presenza fatta di rumori triviali e scurrili. Una pancia che emette rumori può rappresentare un modo di manifestare all’esterno un’aggressione, una coloritura volgare. 


hi ne soffre cronicamente risulta quasi sempre una persona decisamente formale, spesso incapace di portare fuori la propria rabbia e le proprie parti “impresentabili”, manifestandole apertamente nelle situazioni spiacevoli. Soprattutto vi è una attrazione – repulsione verso tutto ciò che inquina un’immagine di sé linda e inappuntabile. Questo sintomo fastidioso fa spesso la sua comparsa in situazioni significative, quando cioè si avverte l’attenzione o addirittura l’ostilità dell’altro e se ne teme il giudizio o la disapprovazione. Soprattutto nei luoghi affollati si può avvertire la sensazione di non avere spazio e contemporaneamente può insorgere la paura di rivelare, attraverso i propri rumori, quelle parti di sé, che si vogliono tenere nascoste. Può accadere così che la pancia si metta a “borbottare” rendendo manifesta proprio la presenza e l’attività di quelle parti tanto temute. In genere questo soggetto con tale tipo di colite è fortemente imbarazzato quando si trova in mezzo agli altri e cerca di occultarsi ogni volta che la pancia “rumoreggia”. Trattandosi molto spesso di pulsioni sessuali trattenute, è probabile che agendole più liberamente, inizialmente almeno a livello immaginario, questo sintomo si possa attenuare. Pur se nella maggior parte dei casi si tratta di una forma occasionale e sporadica di colite, quella cioè da cibi guasti, si può ugualmente riconoscere, quando il problema assume connotati di cronicità o di ripetitività, un significato più profondo. Così, eliminare frequentemente, in seguito a vomito o diarrea, certi alimenti (latticini, frutta e verdure non lavate, fritti) assume il senso di un rifiuto e del timore che qualcosa di poco pulito vada ad inquinare e alterare il corpo e la mente. E’ proprio l’incapacità a tollerare che cibi poco genuini o poco lavati vengano trattenuti nell’organismo e, seguendo i tempi fisiologici, regolarmente espulsi, a delineare la personalità di chi soffre di questo tipo di disturbo. Si tratta per lo più di persone molto attente alla pulizia interna ed esterna, spesso inclini a controllare la provenienza dei cibi, la loro composizione e tutti i possibili effetti sull’organismo. Questa tendenza al controllo è generalizzata e rivela in particolare il timore di avere qualcosa a che spartire con un mondo esterno considerato improprio e inferiore, l’idea di un contatto imprevisto che rischierebbe di alterare una dimensione interiore considerata pressoché perfetta. L’evento scatenante, ovviamente, è l’ingestione di cibi e bevande potenzialmente tossiche o verso le quali può scatenarsi un’intolleranza. La reazione di rapida espulsione di queste sostanze da parte dell’intestino è tesa a salvaguardare l’integrità. Non bisogna dunque intervenire troppo precocemente per controllare l’intensità della scarica, ma piuttosto favorire la fisiologica disintossicazione dell’organismo. L’ideale asetticità ricercata nell’alimentazione si può analogamente estendere al campo delle relazioni interpersonali. La paura di venire contagiati (fisicamente, ma anche emotivamente) dagli altri può condurre infatti anche ad una progressiva chiusura sociale. Ecco perché è importante “assaggiare” un po’ di tutto – cibi, bevande, ambienti, persone, situazioni – ovviamente avendo cura di scegliere, perlomeno in un primo momento, gli elementi che risultano maggiormente tollerabili.


gni spostamento, ogni viaggio, comporta la necessità di modificare, anche per poco tempo, le proprie abitudini e di saper affrontare qualche imprevisto. Quando si viene sradicati da situazioni e relazioni ben conosciute, e pertanto non preoccupanti, e catapultati in luoghi in cui l’insolito e il confronto con esperienze nuove sono inevitabili, può insorgere, insieme all’inconsapevole timore di non essere pronti ad assimilare questi cambiamenti, anche una sofferenza intestinale. Se è vero che ogni mutamento (fisico, psichico, ambientale) può essere accompagnato da uno stato di leggera ansia e preoccupazione, chi soffre di questo disturbo manifesta una spiccata sensibilità e ricettività nei confronti dell’ambiente che lo circonda. In particolare risulta evidente la difficoltà a distaccarsi da cose o situazioni passate e la necessità impellente di rifiutare ogni possibile cambiamento. Ancora una volta, per analogia, l’intestino si fa interprete di questo disagio attraverso la veloce espulsione di cibi appena ingeriti. Non solo i viaggi, ma anche tutte le occasioni di cambiamenti significativi sul lavoro o nella vita affettiva possono scatenare la sintomatologia colitica in coloro che sono predisposto a ciò. L’ansia e la preoccupazione che possono subentrare in occasione a tali mutamenti costituiscono già un’ottima spinta fisiologica, unita al tentativo di liberarsi al più presto di quanto appena incontrato, prima che sia incorporato ed elaborato. Il motto “mai lasciare la strada vecchia per la nuova” da un lato esprime la necessità di avere punti di riferimento stabili e sicuri, dall’altro non considera un aspetto fondamentale della vita: attraverso nuovi incontri ed esperienze l’uomo arricchisce e modifica la visione di sé e del mondo. Così, ogni cambiamento porta in sé una rinuncia, ma anche il potenziale della crescita individuale. Accettare consapevolmente questa rinuncia in favore di una evoluzione della propria personalità è pertanto l’obiettivo a cui questi soggetti devono tendere.

il caldo espone l’apparato digerente a stress, attacchi batterici e virali … per riequilibrarlo prova con gli oligoelementi: manganese – cobalto; per le infiammazioni usa Vaccinium myrtillus, tarassaco e malva.


veri nemici dell’intestino non vengono solo dal piatto ma possono scaturire dai nostri atteggiamenti, ci ammaliamo, infatti, quando non facciamo più scelte di “pancia”, quando non si hanno più desideri e sogni quotidiani, ci si chiude in se stessi, si è perennemente indecisi (crampi), si trascinano continuamente i problemi (infiammazione)RICORDA, se ti trattieni lo infiammi, se liberi invece le emozioni profonde, anche quelle meno pulite, in modo “sano”, la pancia si alleggerisce, si sblocca completamente, la metti al “sicuro” e, alla fine, vedrai che ti ringrazierà: serve uno stile di vita più rispettoso dei ritmi quotidiani e un modo più genuino di esprimere pienamente talento e creatività … colite, stipsi e altri mal di pancia fastidiosi li tieni lontani - dai salute, equilibrio, ritrovi il vero benessere - solo se lasci spazio alla spontaneità e alla naturalezza: BASTA stress, isolarsi, timore del giudizio altrui, diffidenza, insicurezza, giudizi di valore, lottare all’infinito contro i pensieri considerati “scomodi” … la pancia “riparte” quando ti trovi bene con le tue emozioni e le esprimi senza aver il terrore di sbagliare o essere tormentato dalla paura di offrire un’immagine di te stesso negativa.

INTESTINO TENUE

intestino tenue, aiutato dalla bile, secerne il lisozima che serve a mantenere l’equilibrio della flora intestinale. La bile svolge una funzione antisettica e neutralizza l’ambiente intestinale. Quando questi normalizzatori non funzionano bene, compaiono scariche diarroiche o infezioni. La loro visualizzazione è segnalata in una zona rossa in mezzo alla fronte tra le sopracciglia, un’eccessiva sensibilità della pelle del volto. Un disturbo nell’elaborazione del plasma sanguigno provocherà altre turbe del sistema di difesa dell’organismo e la persona sarà aggredita da malesseri come influenza e raffreddori. Le putrefazioni alimentate da carni spesso troppo cotte, da uova, o da oli per frittura di pessima qualità, producono sregolatezza nell’intestino e mantengono per migrazione cellulare il carattere infiammatorio, che può, alla lunga, lasciare il posto a metastasi intestinali. Lo zucchero raffinato causa una superproliferazione della flora batterica a livello delle mucose intestinali. L’alterazione della qualità di queste mucose intestinali favorisce il passaggio dei colibacilli nel sangue, e dà disturbi ai reni, provocando cistiti con minzione dolorosa, sensazione di bruciore e stanchezze anormali. L’intestino tenue ha un’importanza ancora maggiore nel procedimento della digestione. Dopo il passaggio nello stomaco, il cibo occupa tutta la superficie dell’intestino tenue, lungo da 8 a 9 metri e ricoperto di milioni di piccole asperità sempre in movimento e impregnate di zuccheri naturali, di sali minerali e proteine. La fermentazione e la putrefazione provocano irritazioni (diarrea o stipsi) su questa parete alimentare dallo zucchero raffinato. Se il soggetto continua ad alimentarsi in modo sregolato si avrà deterioramento delle cellule intestinali, procedimento che favorirà l’accumulo delle tossine che passeranno nel sangue. L’intestino tenue è responsabile di numerose obesità (allarga il bacino con presenza di accumulo di grasso o di cellulite). Svolge un ruolo importante nella formazione delle cisti alle ovaie nelle donne. L’intestino tenue è una delle più importanti barriere di difesa del corpo. Essendo uno degli organi che fabbricano il plasma sanguigno, presiede all’equilibrio generale dell’organismo.


er una buona funzionalità, bisogna eliminare: alcol, carne e formaggi che provocano una putrefazione, oltre alle uova troppo cotte, pane bianco, salumi grassi, ingredienti troppo piccanti, zuccheri raffinati. Ha invece bisogno di: prodotti latteofermentati, yogurt e lievito in caso di irritazione. In caso di parassitosi: aglio e crescione; con problemi infiammatori: alghe e lieviti freschi; infezione: carote, ciliegie, fragole, lattuga, patate, mele, pomodori, porri, sedano, spinaci, uova; apporto di sali minerali: alghe, cavolfiore, lenticchie, rape, sedano, soia; cerali specifici: frumento (adatto a migliorare la funzionalità), riso non brillato, segale. La sua massima espressione energetica è dalle 13 alle 14; se è presente una disfunzione, l’organismo manifesterà, in questo periodo della giornata, debolezza e aggravamento dei sintomi. Migliora con il sapore amaro. Se si hanno problemi di circolazione sanguigna, di cistite, o di presenza di gas nell’intestino, significa che l’intestino tenue non funziona bene. Fornisce, con il cuore, il massimo del suo sforzo energetico in estate. Il punto di massaggio sarà la vertebra sacrale 1 (S1: stitichezza, infezioni cutanee, colite).

INTESTINO CRASSO.

Colite … con la scarica diarroica si cerca in qualche modo di purificarsi (allontanare, scaricare) da idee e contenuti mentali inaccettabili, vissuti come “sporchi".


a stipsi è l’origine di numerosi disturbi: parassitosi, lesioni intestinali, problemi epatici. È sempre un’impresa ardua valutare il grado di stitichezza di una persona. Molti pensano che, andando regolarmente di corpo, non siano soggetti a problemi di stitichezza; in realtà vi sono materie fecali che soggiornano troppo a lungo nell’intestino e si putrefanno, mentre le tossine che contengono provocano un avvelenamento dell’organismo. Bisogna fare dunque attenzione ai sintomi che accompagnano la stitichezza come la stanchezza, l’angoscia, l’anemia, le insonnie, le acidità, il mal di testa, le vertigini, alcune colibacillosi, i gonfiori, le emorroidi, le nausee e certi casi di mestruazioni irregolari che , in alcune donne, possono provocare una predisposizione alle cisti ovariche. Inoltre, le aderenze fecali agli intestini possono causare a lungo andare un cancro su questi organi. L’igiene alimentare svolge naturalmente un ruolo di grande importanza ed è necessario adeguarsi s un regime adatto per lunghi mesi per poter rieducare l’intestino crasso. 


e cause del fenomeno di stipsi sono molte: una secrezione biliare difficoltosa, un’alimentazione non adatta, un eccessivo consumo di carne rossa che facilita la fermentazione, il pane bianco, l’alcol, numerosi farmaci che asciugano le pareti intestinali o le irritano, l’abuso di lassativi, soprattutto di quelli molto saturi di sale. Si dilata e si gonfia quando non ossida in modo sufficiente le scorie da evacuare. Il soggetto sarà spesso linfatico, gli mancherà quindi l’energia e avrà una tendenza alle ulcere varicose e in seguito alle metastasi intestinali Oltre a seguire un’alimentazione ricca di oligoelementi per permettere una migliore ossigenazione del sangue che provocherà l’ossidazione delle scorie. Si notano spesso cause psicologiche in persone che, in occasione di un viaggio, devono cambiare le loro abitudini: questo porta a una stitichezza che può durare anche parecchi giorni. Anche persone introverse, chiuse, incapaci di lasciarsi andare, di confidarsi in modo tale da scaricare un po’ delle preoccupazioni soffrono spesso di stitichezza. Questo si può verificare anche con altri problemi, e mette in evidenza il rapporto esistente tra la funzione psichica di eliminazione e la stessa funzione organica. La sua funzionalità verrà visualizzata intorno alle pieghe della bocca. Dilatazione dell’addome e del bacino. Viso bianco e dilatato verso il basso. Ventre gonfio dopo i pasti. L’alimentazione da eliminare e comportamenti da adottare: carni troppo cotte, farinacei, grassi e burro fritto, eccesso di sale, non bere durante i pasti. Regime consigliato: cipolla, dente di leone, porro, sedano, riso integrale e grano saraceno. Contro la stipsi: alghe, ciliegie, cocomero, porro, prugne, uva, olio di oliva (al mattino a digiuno). Per drenarlo: cereali, fichi, sale di potassio. Per una migliore eliminazione: cloruro di magnesio. Migliora con il sapore piccante. La zona di massaggio sarà la vertebra lombare 4 (L4: stitichezza, infezioni cutanee, colite). La sua massima espressione energetica sarà tra le ore 5 e le ore 7.

identikit di chi soffre di stipsi è particolare: appare sempre come un personaggio indaffarato, occupato anche quando non è necessario … nel lavoro, poi, “troppo” attento, disciplinato, eccessivamente severo, volitivo, scrupoloso, selettivo e meticoloso (un “super” bravo che ha perso la sua “regolarità”…) ma nel vivere quotidiano si sente spento, bloccato, timoroso di mostrarsi come è realmente (è importante ricordare che “dare” può essere un gesto generoso ma è anche un modo di esporsi, sentirsi indifesi, evidenziare la propria vulnerabilità e “debolezze”).


a stipsi s’inchina davanti alle verdure cotte o crude, bevendo qualche litro di acqua perché facilita il lavoro dell’intestino, al consumo di legumi e cereali integrali (stimolano il movimento intestinale), a qualche caffè perché può aiutare la peristalsi intestinale e assumendo, soprattutto, al mattino frutta cotta… ma prima di iniziare la colazione un bel bicchiere d’acqua … limitare i prodotti lattiero caseari (a parte lo yogurt probiotico che con i suoi fermenti riesce a riequilibrare la flora intestinale) perché fermentando producono gas e rallentamento della peristalsi … il latte può causare dolori e gonfiore … prova, inoltre, a far bollire qualche fico essiccato, scioglilo nel liquido e bevi due o tre tazze durante la giornata: può essere davvero fantastico!

FEGATO … il grande alchimista.

Il fegato essendo collegato con la rabbia ci parla dell’incapacità di metabolizzare l’ira: pezzi di un vissuto e di ricordi non smaltiti nel tempo.


olte persone sofferenti di disturbi epatobiliari sostengono di non avere problemi al fegato. Per riuscire a comprendere in quali condizioni si trova questo organo vitale, è necessario comprendere alcuni sintomi. Il fegato è uno degli organi della digestione. Agisce come filtro tra lo stomaco e il cuore. La sua azione è molto importante nella formazione del sangue e nella trasformazione dei protidi (proteine) e dei lipidi (grassi). Esso neutralizza anche sostanze nocive e produce enzimi, ormoni, vitamine e, naturalmente, è legato alla formazione della bile. Senza di esso gli alimenti non si adatterebbero ai bisogni delle nostre cellule e l’organismo si intossicherebbe. Inoltre neutralizza molti degli elementi tossici contenuti nei medicinali. Da questo possiamo comprendere che vi è una notevole quantità di alimenti e farmaci che colpiscono il fegato. I disturbi che lo riguardano sono l’epatite, gli itteri (accumulo di elementi biliari nel sangue), la cirrosi, le litiasi biliari (formazione o presenza di calcoli), le coliche epatiche. Ma vi sono anche disturbi indiretti con conseguenze sulla digestione, il meteorismo, i bruciori di stomaco, le anemie, le carenze di sali minerali, l’obesità o il dimagrimento. Anche l’ipertensione, i disturbi della vista e dell’udito, l’artrite, l’artrosi, l’asma, i raffreddori da pollini, i reumatismi, le emorroidi, la tubercolosi e il cancro sono spesso legati indirettamente al complesso formato dal fegato e la cistifellea. Quando vi è una disfunzione del fegato, il colorito è giallo - verde e il soggetto avrà mal di testa, meteorismo e gonfiori, capogiri e risvegli verso le prime ore del mattino. Ai numerosi alimenti proibiti nel quadro clinico che riguarda la cistifellea, bisogna aggiungere il cioccolato, il pane bianco, il caffellatte, che è un vero veleno, un consumo eccessivo di carne e naturalmente l’alcol. Il colesterolo, che erroneamente viene frequentemente attribuito alle patologie cardiache e vascolari, è da imputarsi al fegato. L’ipertensione può provenire da una disfunzione del fegato e il malato rischia di venir colpito da disturbi come l’infarto o determinate malattie delle arterie. Quando non riesce a compiere interamente il suo lavoro, sollecita il pancreas, che si esaurisce e rende il soggetto vulnerabile alle malattie infettive e ai disordini nervosi.


uesto organo è quindi il grande “chimico” dell’organismo. È un organo dalla vitalità incredibile: è infatti capace di ricostituirsi sette volte nel corso di una vita e può funzionare anche se la sua porzione attiva è ridotta a un quinto. Dopo la digestione di un pasto tutto il sangue degli intestini penetra direttamente nel fegato. Questo tratterrà gli elementi necessari e neutralizzerà le tossine che saranno eliminate attraverso il suo secreto: la bile. Ma se il fegato non riesce a neutralizzare le tossine, la bile scorrerà nell’intestino tenue carica di tossicità e provocherà, nel migliore dei casi, il vomito. La presenza di una eccessiva quantità di bile nell’intestino disturba la digestione e provoca acuti dolori con presenza di gas e di acidità che risalgono nello stomaco. Una bile troppo irritante e troppo corrosiva viene immagazzinata temporaneamente nella cistifellea che ha la funzione di neutralizzarla. Una delle importanti attività del fegato è la suddivisione del glucosio che permette l’azione muscolare. Numerosi incidenti muscolari, soprattutto negli sportivi, nei quali l’intensità della preparazione fisica non è stata accompagnata da un adeguato regime alimentare, sono imputabili al fegato. Visualizzazioni e segnali: viso tendente al verdastro, pelle giallastra e cuoio capelluto grasso, risveglio verso le due o le tre del mattino, crampi ai polpacci, irritabilità, mal di testa che comincia alle tempie e scende verso la nuca, artrite e artrosi, calcoli a livello della vescica biliare, pelle che presenta macchie, difficoltà di digestione e nausea. Cibi troppo piccanti o eccessivo consumo di frutti di mare creano diarrea. 


li ortaggi utile al benessere: carciofi (acqua delle foglie), cipolla, limone, spinaci; tutti i tipi cereali. Ingrossamento: asparagi, carote, cicoria, denti di leone, olio di oliva, pompelmi, ravanelli, ribes nero, Congestione: crescione e rapa (drenanti), sedano, uva spina. Insufficienza epatica: asparagi, carciofi, carote, gambi di sedano, limoni, rabarbaro, ravanelli, soia. Le controindicazioni saranno: burro, caffè, olio di semi, grassi, zucchero. Per riequilibrare la cistifellea: lievito di birra fresco. Ingorgo della cistifellea: olio di oliva spremuto a freddo purissimo al mattino a digiuno. Per i calcoli biliari: dente di leone, pomodori e uva. Massaggiare, per mantenerlo in armonia, la vertebra dorsale 9 (D9: tutti i disturbi epatici, dolore ai muscoli adduttori, dolore alla minzione, dolore ai tendini, tendenza ai crampi muscolari). Il sapore aspro stimola fegato e cistifellea. Il colore è il verde. Fornisce il massimo dello sforzo energetico in primavera.

egato e cistifellea (raccoglie e “spruzza” la bile) non solo hanno un legame con fenomeni di irascibilità e indignazione (rabbia, ira, collera) ma segnalano anche coraggio, fermezza e speranza … sono organi che possono incidere sulla vita emozionale di ogni soggetto fornendo vivacità oppure possono spegnere la voglia di vivere (amarezza, delusione, apatia, depressione).

Il fegato si ammala quando:

troppo vittimismo;

dipendenza affettiva;

si è tristi e rassegnati;

rabbia trattenuta, repressa;


Una  SPINA  nel fianco


i sono emozioni intense ed invadenti che - a seguito di frustrazioni, risentimenti, amarezza nei confronti delle situazioni o persone - non si esauriscono proprio per niente in un semplice stato di eccitazione mentale, ma provocano una violenta e debilitante reazione fisiologica (reazioni nervose e ghiandolari: accelerazione del battito cardiaco, aumento della pressione arteriosa, tensione muscolare, esantemi, stanchezza, sudorazione, ulcera, insonnia, emicrania, problemi tiroidei…). Ogni stato d’animo, volenti o nolenti, si traduce sempre in una condizione fisica: un momento di felicità fa sentire leggeri, un’emozione intensa accelera il battito cardiaco, uno stato di tristezza opprime il petto o irradia nei muscoli una pesantezza che ostacola il movimento. Tale sollecitazione emotiva se permane per molto tempo nell’organismo, oltre a far soffrire, silenziosamente intossica la vita, modifica il comportamento, distrugge i rapporti affettivi, crea insicurezza e lentamente spegne l’autostima. Si diventa vulnerabili a livello cognitivo, la capacità di adattamento si sgretola, mettendo continuamente in discussione le proprie abilità e capacità nei rapporti sociali. Un fenomeno davvero pericoloso quando sfugge al controllo (diventa insistente, più forte di noi), si trasforma in rancore (legarsi al dito una vicenda) e dura al di là dell’evento che può averlo scatenato. Soggetti che prendono fuoco facilmente, si usava dire un tempo, con la “miccia” assai corta. Quanto affermato può essere tranquillamente verificato nelle vicende di cronaca nera. Se, ad esempio, ascoltiamo attentamente le interviste fatte ai vicini, agli amici o ai parenti del “mostro sbattuto in prima pagina” i contenuti appaiono sempre positivi, scontati e nettamente in contrasto con il gesto avventato commesso dal soggetto: era una persona a modo, sempre con un atteggiamento benevolo, gentile, educata, silenziosa, anche se un po’ schiva, ma molto, molto buona e tranquilla. In realtà, per i più attenti, non è mai stato un individuo sereno e tranquillo ma sempre in tensione, taciturno, schivo, trattenuto, controllato, con una vita compressa, che ribolle come un vulcano in piena attività.


 n personaggio che accumula, nel tempo, tanta tensione senza mai riuscire ad incanalarla e utilizzarla in maniera produttiva. Quando un individuo non riesce a fare quello che desidera, a realizzare le cose che si è prefissato (sviluppa aggressività, diventa una vera e propria polveriera), ovviamente in base ai suoi schemi mentali (secondo una logica difettosa), si scaglia furiosamente su tali situazioni frustranti per ottenere in qualche modo, a torto o ragione, attraverso anche la violenza fisica, “soddisfazione” o “giustizia”. E’ una battaglia persa in partenza, un conflitto inevitabile per gli individui rigidi, incapaci di adattabilità, in quanto il mondo non sarà mai come lo si vuole e secondo le proprie aspettative. La vita con questo soggetto, spesso, sempre ipercritico e con la cura esasperata sui dettagli, diventa difficile e conflittuale perché crea, nell’interlocutore disagio, una diffusa sensazione di imperfezione e una profonda insicurezza. Sono moltissimi i termini linguistici che si riferiscono a questa condizione emotiva (ira, collera, furore), la rabbia comunque è quella che descrive in maniera più appropriata questa reazione psicosomatica intensa. La rabbia stimola l’attivazione del tessuto muscolare e se per qualche ragione l’attività viene “soffocata” il muscolo rimane in tensione. Questo meccanismo spiega l’origine di molte fastidiose contrazioni alle spalle, al collo, allo stomaco, alla mascella e alla zona sacrale. E’ un fenomeno che ha radici sia biologiche (la frequenza è connessa al testosterone) sia culturali: il bambino che piange viene additato come una femminuccia, la bambina che si infuria, invece, viene immediatamente richiamata all’ordine perché tale reazione “negativa” contrasta con l’immagine sociale della donna debole, dolce e materna. Non è la rabbia in sé altamente pericolosa, bensì quella non espressa (repressa o trattenuta). Così, a seguito di continue repressioni, di contrarietà mai espresse, di grandi litigi senza mai sbottare, improvvisamente, basta un nonnulla, una semplice banalità, per “eruttare”


a rabbia esplosiva, quella paralizzante, è una modalità espressiva impropria che, paradossalmente, permette di farsi “sentire”, di “affermarsi”, diventa una protesta e una rivendicazione in chiave violenta verso un ambiente insensibile, sordo e cieco, vissuto, sempre dal soggetto, come ostile, ingiusto e conflittuale. La manifestazione più specifica di questo fenomeno è il risentimento che si sviluppa in genere in funzione a un senso di ingiustizia diffuso a fronte delle responsabilità e degli sforzi eccessivi di cui spesso, il soggetto, più di altri, si fa carico. E’ un sottofondo emotivo accompagnato sempre da un atteggiamento di critica (irritazione, sfuriata, mutismo, rimprovero, fastidio, disappunto, odiosità) verso le situazioni e la gente in generale. Assume caratteristiche evidenti quando la si ritiene giustificata, ed è proprio in questa circostanza che può concretizzarsi in una forma davvero violenta. Al di là degli aspetti patologici, la rabbia, con la sua forza propulsiva, sapientemente gestita, rende efficienti, può offrire infinite opportunità, aprire altre porte, percepire nuove occasioni, cambiare la propria vita che, senza la sua spinta aggressiva, non si avrebbe mai avuto il coraggio di fare. Questo sentimento, portato agli estremi (cattiva gestione), se permane a lungo nell’organismo, secondo la medicina cinese, provoca un ristagno di energia nel fegato e, quindi, un forte dolore al fianco destro (“spina” nel fianco). Quando si usa, invece, un atteggiamento ripetutamente esplosivo verso l’ambiente circostante, si sottrae energia necessaria al funzionamento di tale organo. Questa modalità reattiva, particolarmente impulsiva ed ingestibile, oltre a segnalare difficoltà di ordine emotivo, può predisporre la ghiandola epatica a varie patologie. Prepara e facilita, nel tempo, un terreno adatto per disfunzioni e malattie più o meno degenerative. Saper gestire, pertanto, in maniera appropriata anche le manifestazioni di rabbia aiuterà a mantenere in ottima salute questo organo così prezioso al nostro benessere.



La rabbia triste viene raccontata dal fegato: una rassegnazione e una profonda amarezza.

Ricorda che il fegato ha bisogno di piccoli bocconi semplici e leggeri, non di esagerazioni, per riprendersi sono necessarie buone vitamine (C e gruppo B), quindi, frutta (lontano dai pasti) e verdura fresca a volontà … bandire alcolici, limitare caffè e cioccolato, molluschi e crostacei.

SAPEVATE che ... la vitamina B1 e la vitamina C sostengono e proteggono il fegato ... la vitamina B3 e lo Zinco lo disintossicano.

LO  STOMACO


l grande “selezionatore” a livello sia fisico (cibo) sia mentale (relazioni attraverso il nervo vago)… LA PANCIA (bruciore, dolore, pesantezza, crampi, nausea, digestione lenta, eruttazioni) E’ COINVOLTA NELLE PROBLEMATICHE DELLA VITA RELAZIONALE … i suoi messaggi più fastidiosi sono: Bruciore - rabbia repressa per cose che non si riescono a gestire e a non risolvere, Nausea - rifiuto sottovalutato connesso ad un certo contesto, Digestione lenta - difficoltà ad elaborare quanto accade durante il giorno, Pesantezza - troppe responsabilità ed emozioni trattenute e Crampi - farsi passare come qualcosa di piacevole una cosa che proprio non piace e in cui ci si trova male (lavoro, amicizie, coppia, famiglia) … i rapporti con il mondo esterno sono perlopiù tesi ed ansiosi, difficilmente sereni e rilassati.

ATTENZIONE, le delusioni possono bruciare più del cibo piccante consumato a tavola ... MAI fingere di stare bene!!!


n quanto organo cavo, rimanda al concetto di contenitore e di caverna, entrambi simboli dell’istanza psichica femminile: il grembo materno è il luogo dove la materia si trasforma in vita. E’ la dimensione che accoglie, avvolge e nasconde. Ma esso si fa anche portavoce di un simbolismo maschile: la digestione è infatti opera dell’acido cloridrico che rappresenta il fuoco purificatore, una forza maschile che aggredisce e trasforma gli elementi. Inoltre, non va dimenticato che il cibo non è qualcosa di isolato, ma si riempie dei significati legati all’atmosfera in cui viene consumato: ciò che si ingerisce si carica di valenze emotive che vengono legate alla struttura stessa dell’alimento. Quando la mamma allatta il neonato gli fornisce il nutrimento non solo alimentare ma anche affettivo. Ecco perché è importante, durante tutto il ciclo di vita, che il cibo/pensiero sia “leggero e digeribile” altrimenti rischia di “restare sullo stomaco” e creare indigestioni non solo fisiche ma anche emozionali. Fin dalla nascita, l’essere umano mangia non soltanto per vivere: su quest’atto biologico si radicano fattori emozionali e sociali che rendono indissolubili gli aspetti fisiologici e psicologici del comportamento elementare. Il nutrimento ha dunque un valore particolarmente simbolico (sicurezza, soddisfazione, amore), di soddisfazione, di investimento del piacere, di aggressività (fame che divora). Il rapporto con il nutrimento, quindi, traduce il rapporto della madre con il bimbo dove si intrecciano piacere, ostilità, odio, affetto, calore, timori, preoccupazioni, aggressività. Il corpo è un nostro grande alleato: segnala sempre ciò che non va e ci permette, se vogliamo, di contrastare la sofferenza. 


l dolore, una voce che ci rivela che qualcosa non va. Una voce da ascoltare e non da “far tacere”. Il corpo è un grande alleato che tramite la “sofferenza” avverte un modo d’essere sbagliato, di comportamenti ed emotività che probabilmente non ci appartengono. Così la lettura psicosomatica può mostrare gli aspetti che determinano le gastropatologie, partendo da segnali minimi, atteggiamenti e piccoli gesti preziosi che spesso non vengono visti e restano ignorati. Una separazione, un lutto. Oppure semplicemente l’arrivo della primavera o di una nuova stagione. Sono molti i fattori che possono scatenare le “proteste” dello stomaco, quasi tutti caratterizzati dalla "sindrome" del cambiamento. L’addio di una vecchia situazione per una nuova sembrerebbe la scintilla che fa nascere gastrite e ulcere. Ma non solo: è durante il pasto, quando emozioni e cibo si incontrano, che lo stomaco rischia di farsi sentire con bruciori e nausee violente. L’apparato digerente diventa, così, un termometro che rivela disagi e destabilizzazioni in corso. Un pasto, la vacanza, il gruppo: tutti i cambiamenti in cui gli attacchi si fanno sentire. I momenti di cambiamento, infatti, il non riuscire ad adattarsi con facilità alla transizione, può provocare nausea e vomito, proprio perché la nuova situazione “non va giù” (traslochi, cambiamento del posto di lavoro, nuova situazione sentimentale). A digiuno, prima di pranzo e cena, lo stomaco libero richiama la sensazione di “vuoto d’amore”: il bruciore che ne deriva si placa solo quando viene introdotta una dose di cibo/affetto. In mezzo alle persone, poi, per il timore di ricevere una critica, la bocca dello stomaco si chiude e si contrae per non fare entrare i pericolosi giudizi degli altri. In vacanza: lasciarsi andare tutto in un colpo ad uno stile di vita più libero trova corpo e psiche impreparati; così lo stomaco, sottoposto al surplus di lavoro, oppone un rifiuto a queste richieste. I tratti di personalità più comuni in chi soffre di gastrite e ulcera sono un alto livello di introversione, un’apparente indipendenza e un atteggiamento che vorrebbe essere ironico, ma che risulta sarcastico e spesso irritante (corrosivo). Inoltre la dimensione quotidiana di chi ha “lo stomaco in subbuglio” è ricca di altre sfumature che rendono il carattere dell’ulceroso molto complesso. Ciò che è più evidente nei soggetti con gastrite è un’aggressività che difficilmente riescono a gestire: sono infatti molto sospettosi e qualche volta arrivano anche ad avere veri e propri complessi di persecuzione. 

possibile che ogni tanto la rabbia trattenuta si tramuti in esplosioni di collera (di solito evitate in quanto temute). Il “digerire” torti, offese e l’ingoiare “bocconi amari” è sicuramente una delle cose più difficile per questi soggetti che tendono “a legarsi al dito” ogni contrarietà. Chi soffre in particolare di nausea e vomito frequenti, ricorre inconsciamente a questi sintomi per salvaguardarsi da eventi (o presunti tali), tentando di rifuggire una situazione percepita come minacciosa. Essi cercano di espellerla da loro, “vomitandola” e negando successivamente ogni contatto con situazioni “pericolose”. Gli stomaci gonfi di frequente, invece, esprimono generalmente il costante bisogno – che resta insoddisfatto – di un nutrimento affettivo, puntualmente compensato da un suo surrogato, l’aria. In tali individui le relazioni affettive sono in genere vuote e fredde. Un vuoto colmato apparentemente con l’aria introdotta nello stomaco, quell’aria che causa frequenti eruttazioni. E’ un atto di compensazione che rivela una grande caratteristica dell’ulceroso: il desiderio d’amore. Secondo la medicina psicosomatica il corpo, è bene ricordarlo, è un grande alleato: segnala ciò che non va e ci permette di contrastare la sofferenza. Le dinamiche simboliche che innescano i disturbi gastrici sono in relazione alla funzione nutritiva, nel senso più ampio del termine, se è vero infatti che il corpo deve essere nutrito da un cibo "buono", ossia sano e adatto alle esigenze di crescita, anche la mente necessita di essere nutrita in maniera altrettanto adeguata (affetto, amore, rispetto, considerazione). Tutti i disturbi dello stomaco infatti hanno un legame diretto con le difficoltà di accettare o “digerire” un evento o una persona (viene prodotto nello stomaco, attraverso lo stato emozionale, l’acido cloridrico in maniera eccessiva ed inutilmente). Chi soffre di stomaco, prova soprattutto intolleranza e paura di fronte a qualcosa che prova stomachevole (nauseante, schifoso). Oppone resistenza alle idee nuove, soprattutto se non provengono da lui. Ha difficoltà ad adattarsi a qualcuno o a qualcosa che contraddice i suoi piani, le sue abitudini o il suo modo di vivere. Nello stomaco il cibo viene scisso, sciolto, bruciato, si prepara a diventare parte del corpo. Questo processo trova il suo corrispettivo mentale nell’elaborazione dei vissuti, delle emozioni, dei pensieri e degli stimoli che ogni giorno si assorbono. In questa ottica i disturbi gastroenterici, molto frequenti e diffusi, sono spesso in relazione con disagi che poco dipendono dal cibo che si assume e invece molto hanno a che fare con la difficoltà a digerire esperienze ed emozioni, passaggi di crescita che risultano particolarmente “pesanti” da affrontare. Nella gastrite infatti i diversi sintomi risultano connessi a specifici significati. E’ importante, per questo, cercare di leggere il dolore nelle sue tipologie che possono variare da persona a persona. Una sensazione a “tenaglia”, ad esempio, può riferirsi a situazioni sentite come soffocanti: chi le avverte potrebbe essere indeciso tra l’agire di testa” e l’agire “d’impulso”


n fuoco che divampa (produzione eccessiva di acido cloridrico) indica una rabbia che vorrebbe scoppiare e che invece rimane bloccata dentro. Così il bruciore è il sintomo di un’emozione trattenuta che ribolle e “corrode” internamente. La gastrite altro non è che uno stato infiammatorio dello stomaco, il bruciore deriva da una iper produzione di acido cloridrico (sostanza indispensabile per sciogliere le proteine) ... un eccesso in pratica arde lo stomaco. Da un punto di vista simbolico, come più volte sottolineato, esprime spesso una carica aggressiva, focosa appunto, che non trova adeguato sfogo all’esterno e che finisce col diventare un’auto aggressione. Per quale ragione ad essere colpito è proprio lo stomaco? Si tratta di una “scelta d’organo” primitiva: la nostra prima modalità di conoscere il mondo, di relazionarci con gli altri consiste nell’atto del mangiare. Insieme al primo cibo, il latte materno, portiamo dentro tutto ciò che esso rappresenta: amore sicurezza, dedizione. Ma anche tensioni, ambivalenze, angosce, scatti d’ira, nervosismo, impazienza … lo stesso accade anche per le esperienze di cui ci “nutriamo”: anch’esse sono intrise di emozioni da “digerire”. Senza saperlo ogni giorno portiamo dentro di noi varie tossine (emozioni, impegni eccessivi, tensioni, contrarietà, arrabbiature, arroganza) che ci tocca, volenti o nolenti, digerire, da cui non sappiamo difenderci e lo stomaco ne fa le spese. Cosa succede allora dentro di noi? La mucosa può ispessirsi o assottigliarsi, in ogni caso compromettere le sue funzioni, soprattutto quando la nostra capacità di affrontare le cose, le situazioni della vita si indebolisce. Si tratta di difficoltà di relazionarci con un ambiente che percepiamo come invadente, aggressivo a noi (per il nostro modo di pensare) e potenzialmente nocivo. E’ il caso di contesti ed impegni lavorativi particolarmente pressanti, esigenti e competitivi ma anche di dinamiche familiari conflittuali ed autoritarie. La gastrite non nasce a caso: essa si nutre a pieno dei disagi e delle sofferenze; imparare a conoscere la sua “voce”, permetterà di capire cosa non va in se stessi. Il bruciore tipico della gastrite viene spesso descritto da chi lo prova come una fiamma che divampa e “mangia” dall’interno. In effetti, l’aumento dell’acidità gastrica equivale a un meccanismo autoaggressivo, all’esplosione che non trova sbocchi. Il “fuoco gastrico” (produzione eccessiva di acido cloridrico) può anche manifestare dubbio, sfiducia e sospettosità nei confronti degli altri. Al contrario una carenza della produzione di succhi gastrici può svelare una forte mancanza di energia nel “digerire” situazioni, cose o persone della vita di ogni giorno. Chi soffre di gastrite sa bene cosa voglia dire sentire le fiamme nello stomaco, il bruciore che sale lungo il canale digestivo, dando sensazioni di calore doloroso. E ciò, se facciamo caso, accade soprattutto quando proviamo rancore o pensieri inaccettabili verso qualcuno o verso se stessi (soprattutto quando non riusciamo ad esprimerci per ciò che siamo realmente). Pensieri inaccettabili che il più delle volte dobbiamo trattenere: non possiamo esternarli per non generare dei conflitti.



Lo stomaco si ammala quando:

Si è continuamente irritati;

Non si riesce a "mandar giù" cose o situazioni;

Si rifiuta di accettare le cose, persone, atmosfere ... il mondo intero.

TIRA  FUORI  LA  TUA  VOCE!!!


o sapevi che pulendo l’intestino e purificando il sangue con cereali integrali (Vit. Gruppo B), frutta e verdura (tarassaco, radicchio, cicoria) mantieni leggero e sano il tuo “involucro”?... NO a carne e prodotti lattiero caseari … mangia riso, orzo e grano saraceno in abbondanza, qualche albicocca e patate lessate per spegnere il “fuoco”, togliere pesantezza, acidità, proteggere dal reflusso, rinforzare l’intestino e curare le “ferite” dello stomaco … durante le scariche diarroiche evitare cibi integrali!


APEVATE che ... la vitamina A protegge la mucosa dello stomaco nei casi di ulcera ... la vitamina B12 protegge i disturbi del tratto digerente (stomaco, intestino, fegato, cistifellea) ... la vitamina Acido Folico ristruttura le cellule del tratto digestivo ... il Potassio può essere utile contro la stitichezza.

Anoressia mentale.

erdita dell'appetito, nella maggior parte dei casi, di natura emotiva ... segnala la perdita del gusto per la vita, un rifiuto del proprio corpo ... le forme e le funzioni femminili si bloccano (seni, mestruazioni) per non somigliare a quella figura tanto odiata. Non riesce a passare da uno stato affettivo infantile a quello adulto ... un rapporto con la figura di riferimento insoddisfacente e poco amorevole ... una madre che detesta come il cibo che ingurgita e che le fa rievocare il dramma del rifiuto.

Bulimia.

isogno compulsivo di ingurgitare ogni cibo si presenti davanti, mangiare a dismisura (per poi vomitare) ... una perdita di controllo come se il soggetto volesse mangiarsi "qualcuno". Attraverso il cibo il bulimico crede di colmare un vuoto esistenziale, imbavagliare tratti depressivi profondi, frenare le proprie ansie e frustrazioni ... bloccare la paura dell'abbandono. Qui troviamo una figura di riferimento vissuta come invadente che non lascia spazio, che ostacola l' identificazione femminile.

BULIMIA … fame da bue.

Bisogno di grande attenzione e, contemporaneamente, timore di non esserne degni. Un continuo oscillare tra desiderio di dipendenza (abbuffate) e la difficoltà di rendersi autonomi (vomito) … rende nemica la tavola.


in dalla nascita, l’uomo mangia non soltanto per vivere: su questo atto biologico si radicano fattori emozionali e sociali che rendono indissolubili gli aspetti fisiologici e psicologici dal comportamento alimentare. Il primo contatto sociale, infatti, consiste nel ricevere il nutrimento. Si ottiene in questo modo la soddisfazione della fame, conforto, gratificazione dei bisogni e dei desideri; più tardi, man mano che si cresce, insorge la possibilità di opporsi, di non ricevere, di rifiutare, di sputare il cibo e, infine, con la dentizione, di mordere. Il bambino quindi porterà alla bocca e inghiottirà tutto ciò che gli sembra “buono”, desiderabile, suscettibile di soddisfare i bisogni, rifiutando e sputando ciò che considera “cattivo”. Soddisfare la fame produce un sentimento di sicurezza e di benessere; nell’allattamento il bambino prova il primo sollievo dal disagio fisico, e il contatto “caloroso” con la pelle della madre gli dà la sensazione di essere amato. Inoltre, durante l’allattamento egli sperimenta sensazioni piacevoli nella bocca, nelle labbra e sulla lingua, che poi cercherà di produrre, in assenza della madre, succhiandosi il dito. Per certi versi è possibile affermare che la relazione tra madre e bambino è ancora più importante del metodo di alimentazione. Fattori, comunque, quali amore e attenzione insufficienti, disattenzione, alimentazione frettolosa suscitano il primo sentimento di aggressività. Tali reazioni conflittuali provocano esperienze vegetative.


a una parte l’organismo del bambino è pronto ad assumere il cibo, dall’altro la persona che accudisce viene respinta. In questa condizione si creano stimolazioni nervose negative con crampi allo stomaco e vomito, che possono predisporre a un vero e proprio disagio psicosomatico. Alcuni studi recenti affermano che le pause per il caffè abituali negli uffici e in altri ambienti lavorativi non hanno la finalità di soddisfare un bisogno calorico ma piuttosto quello di alleviare l’irrequietezza collegata a quella situazione particolare del momento, esattamente come il bambino collega l’esperienza della poppata al sollievo del disagio fisico. L’atto del mangiare è in realtà molto adatto a far rivivere umori e sentimenti provati in passato in un’atmosfera simile. Abbiamo visto che la funzione alimentare, per quanto essenziale, non è tutta quanta innata, ma ha bisogno di essere formata, e ciò equivale a dire che tale funzione può essere deviata dalla propria destinazione originaria (sublimata), qualora la formazione in questione sia mal condotta. E’ come se i bulimici non fossero capaci di avvertire la sazietà, come se continuassero a mangiare pur essendo da un pezzo sazi. Mangiano dunque per altre ragioni che non per la soddisfazione dei loro bisogni fisiologici, per lo più per ragioni d’ordine emozionale. Quando non si risponde in maniera adeguata ai messaggi alimentari si perde la capacità di discriminare fame e sazietà. Vi sono madri che alimentano il proprio figlio tutte le volte che piange, proprio perché sono incapaci di immaginare altri bisogni. Il rapporto madre – figlio, quindi, svolge sicuramente un ruolo importante nello sviluppo (almeno in buona parte) della sintomatologia bulimica. Si crea in tal modo il nesso simbolico in cui il cibo rappresenta amore, sicurezza e soddisfazione del bisogno; nel bulimico il cibo sarà utilizzato in maniera inadeguata ed esagerata allo scopo di risolvere tutti i problemi della sua esistenza. In età adulta, quello che per alcune persone è un “buco nero”, per altre è un “vuoto incolmabile” e mangiare diventa l’unico modo per riempirlo o riempirsi, per non sentire il vuoto affettivo e relazionale circostante. Quando è una carenza affettiva ad aver segnato e caratterizzato l’infanzia, quando non si riesce a percepire il calore e l’amore di chi sta attorno, ingerire una grande quantità di cibo è un modo per “scaldarsi” e gratificarsi. L’attacco bulimico si distingue da un eccesso di fame o di “golosità” in quanto l’individuo sembra da un lato non percepire un vero e proprio stimolo di fame, dall’altro non discriminare, in quel frangente, i diversi sapori dei cibi che sta mangiando. 


e sostanze più svariate vengono così consumate insieme, dando luogo ad un tentativo di soddisfare questa “fame insaziabile”, tutto ciò avviene generalmente in casa, in assenza di qualunque altra persona, o al limite di nascosto. Tale atto segue un forte senso di colpa (che si caratterizza nella paura di ingrassare) e il bisogno di espellere il cibo introdotto. Compare allora il vomito, quale tentativo di liberarsi di un cibo dapprima indispensabile poi riconosciuto come “tossico”. La bulimia è una forma di compulsione che induce chi ne soffre a mangiare a dismisura o, in casi peggiori, a inghiottire tutto ciò che gli passa sotto gli occhi, senza distinzione. In brevissimo tempo vengono ingurgitati enormi quantitativi di cibo al alto contenuto calorico. A tutto ciò segue, in genere, vomito autoindotto, abuso di lassativi e di diuretici. Queste grandi mangiate sono spesso pianificate o fanno parte di un rituale quotidiano. Dopo un breve periodo di particolare soddisfazione, questo fenomeno è seguito da forti tensioni interiori e da profondi sentimenti di colpa e di vergogna. I disturbi dell’alimentazione hanno a che fare, come già menzionato più volte, con il contatto, il nutrimento, la relazione con il proprio ambiente ma, soprattutto, con la rabbia, la delusione, il dolore; è un segnale rivolto direttamente a qualcuno o qualcosa, difficile da decifrare. Non è ancora ben chiaro il numero preciso dei casi, la cifra sommersa sembra piuttosto elevata. Il decorso abituale è cronico e intermittente su un arco di molti anni. Di solito le abbuffate si alternano con periodi di alimentazione normale e di digiuno. Alcune persone sono soggette a intermittenti abusi di sostanze, più frequentemente barbiturici, anfetamine o alcol. Altre persone possono manifestare grande apprensione per la loro immagine corporea e il loro aspetto, frequentemente in relazione con la mancanza di attrattiva sessuale; tale inquietudine è focalizzata su come gli altri possono vederli e su come possono reagire nei loro confronti. La bulimia raramente inabilita, se si eccettuano alcuni individui che passano l’intera giornata dietro alle loro abbuffate e al vomito autoindotto. La maggior parte delle complicanze fisiche deriva dal comportamento di “eliminazione” e di “purificazione”


l vomito autoindotto porta all’erosione dello smalto dei denti incisivi e all’ipertrofia dolorosa delle ghiandole salivari. A volte si crea ipopotassiemia particolarmente grave. L’abuso di lassativi e diuretici può provocare squilibri elettrolitici ed edema; il vomito di succhi gastrici provoca esofagite, lesioni dentali, ingrossamento cronico della parotide. La masticazione frequente induce ipertrofia del massetere che conferisce tratti facciali caratteristici. Completano il quadro somatico la distensione dello stomaco, stipsi conseguente all’abuso di lassativi e disturbi mestruali. Cosa fare. L’aspetto fondamentale nel trattamento della bulimia è la personalizzazione del programma terapeutico (ogni caso è unico ed irripetibile). Concomitanti disagi emotivi, come tratti depressivi, disturbi della personalità, l’abuso di sostanze, dovrebbero sempre rientrare nel piano di intervento globale. L’approccio terapeutico a questo particolare disagio, certamente non facile, prevede spesso interventi integrati ma, soprattutto, un aiuto esterno sapiente e qualificato. Poiché chi vive questa difficoltà appartiene ad un gruppo sociale in cui il livello di confusione e contrapposizione è molto forte, gli obiettivi terapeutici sono rivolti a favorire la definizione dei confini generazionali, separazione e differenziazione dei membri di tale sistema (definire i ruoli)


n realtà si cerca di promuovere lo sviluppo del processo di autonomia (indipendenza), rafforzare quelle parti della personalità indebolite ed aumentare il livello di autostima. Sarà indispensabile elaborare, successivamente, le tematiche collegate alla dipendenza, alla simbiosi e all’aggressività. Riassumendo, come per l’anoressia, la psicoterapia individuale di natura espressivo – supportiva è la pietra miliare del trattamento bulimico. Anche gli interventi sulla famiglia sotto forma di sostegno e di educazione sono in genere necessari per rafforzare la terapia individuale. Ogni trattamento, al di là dei vari orientamenti scientifici, deve sempre armonizzare, se non si vuole fallire, con gli interessi e il sistema di credenze del paziente. Le tecniche ipnotiche, abbinate a terapie psicoterapiche, saranno di estrema utilità per rilassare alcuni distretti corporei, riequilibrare a livello biochimico l’organismo e stimolare, nel contempo, i contenuti profondi in modo tale che essi abbiano la possibilità di esprimersi attraverso il variegato linguaggio delle immagini.

Bisogno di grande attenzione e, contemporaneamente, timore di non esserne degni.

omito … rifiuto di cose, situazioni o persone … opposizione a idee nuove … si è nauseati e disgustati … non si riesce proprio a digerire gli eventi della vita: preoccupazioni, fastidi e contrarietà.


Colite


ndica un dolore addominale, un forte “mal di pancia” causato da contrazioni che aumentano in situazioni di stress, di forti livelli d'ansia - non sempre caratterizzato da infiammazione - accompagnato da diarrea alternata a stipsi. Il soggetto si sente paralizzato e continuamente sotto attacco, alle prese con tensioni sottili, a volte impalpabili, ma che questo organo inesorabilmente registra. Poiché è il luogo in cui vengono assorbiti liquidi e carboidrati riguarderà anche la capacità di trattenere a proprio vantaggio il contenuto di un’esperienza o lasciare andare ciò di cui non si ha bisogno o risulta non più necessario. Un fenomeno che ruota intorno al dare e al ricevere. E’ il luogo in cui si prepara l’espulsione delle sostanze ancora non digerite … ma anche una zona in cui sono espressi i vari blocchi e ingorghi mentali. I “brontolii” della pancia, quindi, altro non sono che una energica protesta del mondo emotivo a cui non si presta molta attenzione. Diarrea. La diarrea funzionale è spesso scatenata da angoscia acuta o da eccessiva tensione … non si vuole trattenere nulla del passato. Il problema si manifesta in quelle persone molto sensibili, con poca autostima, caratterizzate da un profondo timore dell’autorità e da un forte sentimento di dipendenza impotente. 


i sentono diverse, di poco valore e svantaggiate rispetto ad altri, perennemente sottoposti a richieste eccessive e, quindi, sviluppano la sensazione di essere prigionieri in molte situazioni della vita. Individui che soccombono alle paure anziché affrontarle … rifiutano a priori idee, situazioni e ciò che magari può essere buono. Il soggetto, “lasciando uscire” velocemente, il contenuto intestinale - essendo tale “scarica” considerata una forma infantile di “regalo” - spera di ottenere, attraverso il corpo, riconoscimento e considerazione. Stipsi (costipazione). E' fenomeno generalmente legato allo scambio, al "trattenere", non dare nulla di sé, all'eccessiva prudenza (paura degli altri), ad una robusta chiusura difensiva (minacciati deprivati e invasi dall’ambiente), anche se spesso sono soggetti che tendono a dare il massimo in ogni occasione ... tendono a rimanere ancorati alle cose passate. La defecazione, infatti, è un processo che si svolge in modo riflesso ma, come tutti sanno, può essere influenzato dalla volontà … l’impulso a defecare (chiusura o apertura), quando l’ampolla rettale è piena, è sotto il controllo della volontà. Schemi mentali caratterizzati da eccessiva autosufficienza che portano dritti dritti all’isolamento più totale. E' un fenomeno che si manifesta in soggetti con tratti ansio - depressivi che, nonostante la maschera di beati, sono internamenti tesi, scoraggiati, abbattuti e con enorme difficoltà relazionale. Diarrea e stipsi sono la spia organica del livello d'ansia. Figura indecisa, immatura e sempre estremamente preoccupata di evitare conflittualità. Generalmente brillante, sensibile ed emotivamente labile ... per lui scoppiare in lacrime è davvero facile. I disturbi dell'apparato digerente sono collegati al terzo C. (legami tra responsabilità e l'immagine di sé, rabbia, voglia di controllare gli altri)


Chakra (tensione area sicurezza; diarrea; crede di non essere stato nutrito dalla figura di riferimento) Chakra (diarrea e stitichezza). Chakra (infiammazione, sessualità, cibo; rifiuta le emozioni e ciò che il corpo vuole). Chakra (febbre alta). Chakra (con melena).

Emorroidi. 

Sono varici (vene dilatate e tortuose) ano – rettali localizzate all’interno o all’esterno dell'orifizio. La loro uscita è favorita da condizioni di stipsi e di diarrea… ruota attorno al tema dello spingere “fuori”, del “lasciare la presa”. E’ un fenomeno presente in persone che vivono un eccessivo senso di pressione sociale o di impegni esistenziali che non piacciono più e, quindi, sono costantemente sotto tensione e sforzo continuo (nel lavoro e nella vita). Uno stato di tensione che favorisce indignazione, collera, rancore, senso di impotenza e di colpa.

Le emorroidi

una patologia caratterizzata dalla dilatazione e dallo sfiancamento di un gruppo di vene, strettamente collegate tra loro, situate a livello del retto dell’ano. Le vene dilatate e tortuose (varicose) si classificano in interne ed esterne, cioè che fuoriescono dall’orifizio anale. Sono favorite da eccessivi sforzi durante la defecazione in soggetti stitici, da sollevamento di pesi e gravidanza (aumentata pressione sulle vene di retto e ano). Le donne comunque, dopo la nascita del figlio, guariscono solitamente dopo circa tre quattro mesi, quando l’organismo non ha più lo stress di dover trasportare il feto. Il sintomo principale in caso di emorroidi è una perdita di sangue (colore rosso brillante, liquido e privo di coaguli) a ogni emissione di feci, associata a bruciore, dolore e senso di peso rettale. A causa dell’irritazione della zona interessata può manifestarsi anche un fastidioso prurito. Una possibile complicanza è il cosiddetto prolasso emorroidario, determinato dalla protrusione di un’emorroide interna oltre il canale anale. Possono verificarsi in qualsiasi periodo della vita, ma sono più frequenti con il passare degli anni. Le emorroidi simboleggiano qualcosa che, come nel caso dell’ernia iatale o dell’ernia inguinale, sta uscendo dalla sua sede. Me se nell’ernia iatale ciò che il viscere – stomaco rappresenta va verso l’alto, tentando di farsi sentire a livello razionale, nelle emorroidi, invece, la mucosa anale, che prolassa verso l’esterno, con i suoi contenuti simbolici, va invece verso il basso, sfugge ancora di più alla coscienza: si tratta di contenuti che proprio non vogliono essere presi in considerazione. Ovviamente, sono pulsioni profonde, legate perlopiù al mondo degli istinti (atti, fantasie, desideri) a una sessualità non vissuta o vissuta all’interno di un forte conflitto morale, dove è giudicata “sporca”, come qualcosa di cui vergognarsi e da allontanare al più presto; ma può trattarsi anche di un dolore profondo, viscerale appunto, legato a un lutto, ad una separazione, che vuole essere controllato e subito spinto via, spinto fuori, prima ancora di essere elaborato. 

emorroide esprime quindi, in questo caso, il rifiuto di un dolore troppo grande, di una sofferenza insostenibile che “non ci sta dentro”. Quando si collega alla stipsi, il tema dello “spingere fuori” è correlato al trattenere tipico della persona stitica, e in tal caso le emorroidi “compensano” le feci mancanti. Esse tuttavia possono avere anche una valenza difensiva nei confronti dell’ambiente circostante: soprattutto nella donna, quando si sente minacciata dal forte desiderio sessuale del partner o, più in generale, quando sente di poter essere invasa da eventi più grandi di lei. Qui le emorroidi indicano il bisogno di “chiudere” il passaggio simbolico di entrata, mettendo un ostacolo alle insidie che giungono dall’ “esterno”. In altri casi ancora, tale disturbo segnala una stasi esistenziale; associato a un eccesso di sedentarietà, indica che si sta “covando” troppo qualcosa che si ha dentro: un progetto, un’energia, un desiderio. Quando sanguinano possono avere due valenze: la prima, legata alla sessualità e alla morale, riguarda l’espiazione, ed è una sorta di autopunizione; la seconda riguarda invece un grande dolore vissuto, e indica il pianto: lacerazione affettiva profonda, nascosta agli altri e anche alla propria coscienza.


hi è a rischio. Persone che tentano in tutti i modi di occultare le emozioni profonde (è ovvio che anche il soggetto il più delle volte non ne ha consapevolezza), soprattutto quelle negative. Persone sottoposte a pressioni dall’esterno che però intimamente rifiutano, alle quali di solito dicono di “no” attraverso un malessere fisico; Persone particolarmente soggette ai sensi di colpa dai quali non riescono mai a liberarsi del tutto; Persone che temono, oppure giudicano peccaminose, le fantasie sessuali molto spinte proprie e/o del partner; Persone con tendenza al pensiero ossessivo, alla logorrea e alla stitichezza, tre aspetti spesso compresenti. 1° Chakra.

Gastrite


nfiammazione della mucosa dello stomaco. L’associazione tra gastrite e stress è ormai da tempo accertata … è un organo molto sensibile alle sollecitazioni di tipo emotivo e mentale: non gli sfugge mai nulla. Fame di amore, affetto, considerazione, paura, impulsività, stima, rispetto possono provocare un aumento della secrezione gastrica, proprio come la fame di cibo. L’uomo non manda giù soltanto pane e companatico, egli inghiottisce anche eventi, cambiamenti, umiliazioni, delusioni. In questi casi, lo stomaco si comporta come se dovesse realmente digerire ogni cosa, come se stesse di fronte all’ingestione di un pasto reale. Produce dunque il suo acido cloridrico, che in questo frangente è una sostanza non necessaria, la quale col tempo attacca completamente la mucosa. La mucosa dello stomaco si infiamma e auto – corrode … i conflitti aperti o nascosti si manifestano attraverso i disturbi dello stomaco. La gastrite, attraverso questo meccanismo, è una sorta di “autocombustione”… lo stomaco mangia se stesso. La persona con questo disturbo si sente completamente logorata perché sta lottando, senza riuscire a gestire la situazione, contro qualcosa che non vuole più … non si sente libera di agire, accumula rabbia e tensione. 2° Chakra (controllo eccessivo, libertà limitata; difficoltà ad essere se stessi).

Quella FAME irresistibile


i perde peso quando si ricomincia a vivere… la strategia vincente per placare la fame è quella dell’equilibrio e del divertimento: non confondere mai il bisogno di nutrimento con il bisogno di affetto e considerazione… un vuoto “affettivo” e mentale riempito di cibo è condannato al “silenzio” … il cibo - sostituendosi al piacere libidico - compensa la mancanza di erotismo … si dimagrisce in modo duraturo solo quando si è “leggeri”, messa in moto la vita: piccole soddisfazioni e follie, interessi ed entusiasmo… se torna la gioia di vivere si perde peso… si ingrassa quando si dipende da una mentalità rigida e statica … le cose che ingrassano: noia, abitudine, routine, rassegnazione, illusioni, lamento, vittimismo … far fluire rabbia e sconforto aiuta a non compensare con il cibo: sfogarsi col cibo.

el sesto canto della Divina Commedia, Dante Alighieri poco clemente, posiziona nella terza cerchia dell’Inferno i peccatori di gola, costretti ad ingoiare la fanghiglia generata da una incessante pioggia fredda e nera. La condanna per questo desiderio di ingurgitare più di quanto l’individuo necessita, arriva anche dal cristianesimo. Tale ordine religioso includeva la “gola” fra i sette peccati capitali, ma poiché questa attività “peccaminosa” era legata al cibo, ciò la rendeva in qualche modo meno grave degli altri. Essendo però una passione per il piacere, un’incapacità di moderarsi nell’oralità, un esempio di sfrenatezza e di lascività, temeva potesse distogliere l’individuo dalle sue vere potenzialità di autorealizzazione; fosse, in breve, un soggetto molto sensibile, influenzabile e più vulnerabile alle tentazioni. Riteneva, in realtà, che tale fenomeno potesse ingabbiare la psiche e creasse confusione mentale all’individuo, esponendolo al vizio e lo lasciasse completamente in balia delle insidie esistenziali. Tornando ai tempi nostri, forse il motivo principale del soprappeso, metabolismo permettendo, è proprio l’opposto: la perdita del piacere, della gratificazione e della gioia di vivere. Il più delle volte ci rimpinziamo per compensare il bisogno costante di tenerezza, di protezione, di disistima, di incomprensione, di disperazione … il corpo “allargandosi” cerca di tappare quel vuoto emotivo da sempre incolmabile. 


ono i disagi esistenziali che creano i chili di troppo: la vita piatta e noiosa, le delusioni, l’insicurezza, l’insoddisfazione sessuale, l’incubo della vecchiaia, il peso del quotidiano, i drammi professionali e, soprattutto, le profonde “ferite al cuore”. La “lievitazione” corporea nasce, quasi sempre, dalla disperazione, dalla disistima, da una vita bloccata, spenta e poco gratificante … le emozioni “soffocate” si fanno “pesanti”, deformano lentamente il corpo e la mente. Un’esistenza deludente che crea una inutile e ingombrante “zavorra”: il corpo si riempie se la vita è vuota, si gonfia di illusioni e di desideri inappagati. A scatenare un comportamento alimentare sbagliato e distruttivo può essere un evento sconvolgente carico di stress, come una relazione amorosa tormentata, il timore di prendere decisioni, la paura di affrontare i cambiamenti evolutivi o un’attività lavorativa non completamente soddisfacente … abitudini mentali che portano direttamente al soprappeso. Il cibo placa i timori, gestisce l’ansia, scarica la rabbia da litigio, tiene a freno “altri appetiti” e, spesso, riempie il vuoto esistenziale: più ci riempiamo e più ci svuotiamo (senso di colpa). La fame compulsiva, ribelle, ostinata, subdola, gonfia lo stomaco ma non lo “riempie” perché il vuoto è da un’altra parte … bisogna dare alla propria vita il “peso” giusto e il gusto della “leggerezza”


on è del companatico che siamo carenti: ci mancano i sogni, i desideri, gli obiettivi e le novità … non c’è più avventura, abbiamo bisogno di “nutrirci” di nuovi stimoli; non servono i sacrifici per mantenere un fisico statuario ma una giusta carica. Al cibo è difficile rinunciarci perché, oltre ad essere un buon anestetico, è un ottimo tappabuchi relativamente poco costoso, facilmente raggiungibile e con effetto immediato: diventa la piccola droga quotidiana. La fame nervosa non nasce mai dallo stomaco ma dalla mente: gli atteggiamenti mentali e gli stili di vita errati la fanno da padroni. Un conflitto psichico (depressione mascherata, ansia, compulsione) spostato completamente sul cibo e sulla propria immagine in cui si annulla nel grasso la propria forza creatrice. Si rischia di essere “ostaggio” del cibo quando: ci si lamenta in continuazione ma non si reagisce mai, si dipende emotivamente dagli altri, si scappa dalle responsabilità e si rimanda ogni cosa, si ha una cattiva considerazione di se stessi (non valere nulla, disistima), si cova rabbia senza esprimerla. 


osa fare. Il segreto principale per scacciare dalla mente i “bocconi amari” è favorire l’eccitazione, coltivare i propri desideri, risvegliare la gioia e riaccendere la passione per la vita (chi si innamora dimentica il cibo). I piccoli gesti quotidiani gioiosi, infatti, oltre ad innescare profondi cambiamenti interiori, rendono la mente molto ricettiva, più riflessiva e libera. Fare le cose che piacciono, inoltre, senza vincolarsi ai modi di fare altrui, fa sentire bene, rende indipendenti, unici e allontana i sensi di colpa. Si può togliere cibo dalla dispensa solo se rompiamo le abitudini mentali che portano al soprappeso, se riscopriamo il piacere nei gesti quotidiani ed eliminiamo, il più possibile, tutte le fonti di tensioni che condizionano la libertà, l’autonomia, la novità e l’entusiasmo … in questo modo la vita appesantita e ristretta, pian piano, prenderà il volo, ritrovando finalmente la sua “forma" ideale. Attività fisica (sport vicino alle nostre esigenze, senza fatiche), un’alimentazione sana, imparare a dire di no, inserire nella vita quotidiana azioni piacevoli, evitare di farsi assorbire da certe atmosfere svalutative e critiche inutili, meno rapporti pesanti e relazioni - gabbia, sono tutti ingredienti ed esercizi antifame indispensabili per innescare un potente e fantastico meccanismo dimagrante. Si dimagrisce perché dentro scatta qualcosa … la vita allora diventa “movimentata”, ci si sente davvero più vivi che mai.

fastidio, insoddisfazione, dubbi, amarezza e stress sono tutti stati emotivi che sono “affamati” di anestetici… ATTENTI, il piacere e le piccole gioie che non si trovano nel quotidiano si cercano poi di sera nel frigo o svuotando completamente la dispensa di nascosto.

i CHILI di troppo non sono solo un problema sociale o sanitario ma coinvolgono SEMPRE quel mondo emozionale che non si riesce MAI a manifestare liberamente e apertamente, esprimere spontaneamente e direttamente all’esterno… la ”famosa” stramangiata, infatti, cerca di neutralizzare le arrabbiature e i dissidi quotidiani, addolcire una vita piena di sacrifici, di autolimitazioni e di continue insoddisfazioni, smantellare quelle relazioni affettive deludenti, quel vissuto vuoto senza nessuna novità, sorpresa e passione, eliminare i ricordi ingombranti trasformati inesorabilmente in rimpianti: “appesantisce” la voglia di vivere, annulla la “leggerezza” e la voglia di fare, prende il posto a un nuovo modo di essere più felice … una difesa psicologica messa in atto per consolarci, ingoiare e sopportare tutte quelle esperienze noiose e ripetitive che non ci soddisfano più, per riempire il vuoto di una vita fredda priva di affetti veri e sinceri, per placare ansia e zittire la depressione, per mettere a tacere tutti quegli amori andati “persi”, per togliere quell’indigestione di frustrazioni, di mortificazioni e di delusioni ingurgitate ogni giorno, per tenere sotto controllo quella fastidiosa paura di fallire o quel senso diffuso di sconfitta, per placare quel timore di non essere capiti, compresi e accettati, per spazzar via quella drammatica sensazione quotidiana di non essere all’altezza nel gestire i vari incarichi o di non avere più il controllo delle situazioni, per liberare dai veleni emotivi quotidiani, per resettare quelle convinzioni balzane di valere meno, di inferiorità e di nullità: uscire da quel tunnel esistenziale pieno di limiti, apatico, monocolore e monocorde, resuscitare da una vita controllata e compressa, oramai “spolpata” nei rapporti, relazioni, sorrisi e piaceri. 


e gratificazioni negate e i desideri schiacciati vengono inutilmente imbavagliati dalla pancia “gonfia” e tormentata, bloccando così le energie mentali, entrano in conflitto con la voglia di vivere che, non essendo più coinvolta perché messa sullo “sfondo”, vuole essere considerata, ascoltata, gratificata e “saziata”: una situazione che urla trasformazione e leggerezza, invoca una nuova sensazione di “pienezza”, ma soprattutto, una vita soddisfacente, sana ed appagante … la chiave del successo di un fisico snello è AMARLO volergli BENERICORDA, attraverso l’esercizio fisico, il modo in cui rispondi allo stress e mangiando le cose giuste non solo rendi felice il tuo corpo, stimoli il metabolismo e liberi le emozioni che ti “appesantiscono” ma, depurandoti e liberando la tua vera creatività, smaltisci cellulite, elimini il “girovita”, fai emergere le tue energie più profonde … quando si è FELICI ci si sente davvero “diversi”, non dovrebbe quindi sorprendere - soprattutto per alcune categorie di persone, ovvero gli innamorati che “vivono” solo di aria - che il mondo emozionale, in particolare i modi con cui si affrontano gli aspetti non razionali della vita, possano avere un “PESO” (impatto) enorme sul funzionamento del corpo … impara ad “accudire” te stesso, mettiti sempre al primo posto e vedrai che la tua “zavorra” e i tuoi “pesi” si ridimensioneranno.


SOVRAPPESO... i bocconi amari della mente


hi è alle prese con un problema vasto e complesso come l’eccesso di peso, gli riesce più facile credere di essere vittima di sottili disfunzioni metaboliche o di fantomatici “marchi” genetici. La persona che è in soprappeso, proprio per il senso di insicurezza e di sfiducia che spesso accompagna questo stato, afferma compiaciuta che la sua condizione fisica dipende - quasi sicuramente - da oscuri “difetti” del sistema ghiandolare. Ma dopo svariate ed interminabili indagini cliniche (sempre da fare) arriva la grande “delusione”: non si è in balia di una sofisticata aberrazione biologica a cui non si può opporre alcuna resistenza. Il verdetto, in realtà, può disorientare ma è semplice ed univoco: vengono introdotte nell’organismo troppe calorie rispetto al normale fabbisogno quotidiano (dieta ipercalorica). Nessun dubbio: chi vuole eliminare il proprio grasso eccedente deve limitare l’ingestione di calorie. Questo squilibrio, tuttavia, non è da imputare sempre ad un eccessivo apporto calorico, occorre infatti prestare molta attenzione anche agli errori che portano a rallentare il metabolismo e, soprattutto, bisogna valutare le fatidiche “uscite” (attività fisica). Un altro aspetto fondamentale di questo fenomeno è che il cibo, oltre ad essere legato a specifici problemi psicologici (si veda bulimia, anoressia, depressione), può tenere sotto controllo i brutti pensieri, essere utilizzato come sfogo, rifugio, rassicurazione e automedicazione facilmente reperibile e a buon mercato. Non si deve mai dimenticare che il corpo è sempre espressione della personalità: se quest’ultima si “inquina” l’altro inevitabilmente si “appesantisce”


uando si è chiusi, avvitati su se stessi, spenti, statici, tristi e depressi, l’energia del corpo rallenta e ristagna (metabolismo lento). Con il cibo è possibile ristabilire, spesso in modo sbagliato, un rapporto armonico con le condizioni psicologiche: anestetizza e calma ogni “appetito” … anche quello sessuale. L’assunzione del cibo, in forma morbosa, infatti, non serve a mantenere in salute il corpo ma a “saziare” altri bisogni di natura emotiva: sicurezza, compagnia e calore affettivo. Il cibo è un forte simbolo a cui è legato un valore sociale molto profondo che, nel tempo, può compensare e distrarre da mancanze o rimpianti esistenziali. Una consolazione facile ed immediata, davvero a basso costo dal punto di vista economico, ma con risvolti drammatici a livello psicosomatico. Gli alimenti, dunque, oltre a nutrire il corpo, veicolano infiniti altri significati culturali, affettivi e psicologici. La cartina tornasole di quanto appena affermato è che quando si è completamenti presi dalla gioia, passione, felicità e soddisfazione non si percepisce alcun stimolo della fame, si dimentica perfino di mangiare. In pratica, se l’esistenza scorre senza entusiasmi, immediatamente, la mente si getta a capofitto sul cibo per portare un po’ di consolazione e un parziale senso di calma. Chi è calato in questa dimensione continua a subire la vita facendo cose poco stimolanti, a cui spesso non crede, tutte esperienze per la maggior parte deludenti, monotone, ripetitive e sempre uguali: uno sforzo che, a lungo andare, “appesantisce” e rovina completamente la “forma”. Una personalità poco “incisiva” che non riconosce realisticamente il proprio valore, visibilmente disorientata, smarrita, imprigionata, irrequieta e fagocitata dalle sue stesse rinunce. 


bbandonando completamente la strada della passione e del divertimento, si diventa piano piano sempre più estranei alla soddisfazione e al godimento: il cibo altro non è che un potente tappabuchi, viene usato come sostituto di attività entusiasmanti e piacevoli. Quando il senso di deprivazione è diffuso - togliendo sempre più spazio alle esigenze personali - la fame, come per incanto, si riaccende con smodata voracità. Alla fine della giornata, tirando le somme, la vita appare spenta, troppo addomesticata, statica, piatta, che non emoziona più … allora, sfiniti, ci si butta letteralmente su un colmo bicchiere di fresca “nutella”. Un vivere fatto di continue rinunce, frustrazioni e insoddisfazioni: se l’esistenza si “restringe” il corpo si “appesantisce” e si “gonfia” velocemente. Più si reprime quello che conta realmente nella vita, più ci si scatena a tavola attraverso piccole o grandi abbuffate. Dipendere dagli altri, non farsi valere, dire sempre sì, troppa disponibilità senza un vero tornaconto, creare a tutti i costi un mondo privo di problemi, eccessivamente conciliante per il quieto vivere (annullarsi e mettere la propria vita in mano ad altri): ecco i peggiori nemici che tolgono felicità, allontanano da se stessi, annullano l’autostima, fanno saltare i bottoni e allargare la cintura. Le cose invece che cancellano questa particolare dipendenza, sopprimendo completamente la fame nervosa, sono: innamorarsi, passione per il lavoro, per qualche hobby e per le novità, una sessualità “selvaggia”, viva e coinvolgente, e una sana amicizia. E’ un grave errore riversare i lamenti vari e le frustrazioni nel piatto, la felicità va sempre ricercata fuori dalla tavola perché il malcontento, a lungo andare, allarga e fa aumentare i buchi della cinghia. Per contrastare il “peso” bisogna cavalcare il piacere, risvegliare la passione e godere delle piccole cose che stanno attorno … e sono davvero tante se si cercano nella direzione giusta. Per raggiungere tale equilibrio psicosomatico sarà utile - da soli o con l’aiuto di un esperto - liberare la creatività e il proprio talento ma, soprattutto, togliere i “bocconi” amari dalla mente e “alimentarsi” delle piccole gioie quotidiane. 


on ci sono dubbi, quando le situazioni assorbono completamente, ogni attimo diventa un’occasione speciale, si è felici, eccitati, soddisfatti, la dispensa rimane piena e il frigo perennemente chiuso. Molte sono le metodiche terapeutiche psicosomatiche utili per raggiungere armonia, equilibrio e forma. Ascoltare e osservare se stessi è sempre il primo passo. Conoscere poi il conflitto da cui scaturisce la fame nervosa risulta fondamentale non solo per affrontare il disagio psicologico ma anche per rendere più duraturi e stabili gli effetti di una eventuale dieta… che va realizzata sempre senza ossessioni, sforzi e sacrifici vari. Quest’ultime, sono tutte parole che evocano il senso di fatica, di tortura ed immergono completamente in un’atmosfera di cupo sacrificio, creando in tal modo sensi di colpa, inutile stress, frustrazione e disistima. Come si può “competere” o, meglio, pensare di sostituire l’effetto piacevole e “appagante” del cibo se si sceglie la strada del tormento corporale, se si pratica la tortura e la privazione?

OBESITA'


i dimagrisce se si ritrova finalmente un rapporto armonioso con il proprio mondo interiore … se la testa va per conto suo diventa facile aumentare di peso … il pesa va fuori controllo e ci si allarga se la realtà non soddisfa più e non ci si sente completamente appagati, quando manca passione e avventura: bisogna far ripartire la voglia di novità, ritrovare e coltivare nuovi interessi … i rapporti “pesanti” e deludenti, sempre uguali, privi di entusiasmo e vitalità fanno abbuffare perché il cibo è diventato l’unico momento di piacere, tutto ruota attorno a questo rituale quotidiano: si diventa senza saperlo “buone” forchette … lo stomaco non desidera essere riempito di cibo ma semplicemente vuole essere nutrito di dolcezza, di piccole e grandi emozioni: altrimenti affonda nei bignè … i chili di troppo non sono segno di debolezza o mancanza di forza di volontà ma semplicemente frustrazioni accumulate nel tempo.


“metodi miracolosi” che ci vengono oggi proposti per dimagrire sono tanti; e, per certi versi, sono tutti "inefficaci". Certo, se ci atteniamo a diete rigorose, se riusciamo a reprimere le spinte biologiche che il nostro stesso organismo ci propone quotidianamente, ci è possibile perdere qualche chilo. Ma a quanti sacrifici, per quanto tempo, dobbiamo sottoporci per ottenere minimi risultati? In realtà, non si tratta di martoriare il nostro corpo per raggiungere il sospirato “peso forma”, ma di agire su alcuni meccanismi psicosomatici. Vediamoli. Si ingrassa per ragioni diverse. Alcuni mangiano troppo perché sono, in qualche modo, depressi. Altri, invece, sono ansiosi. A volte l’obesità sembra una caratteristica di famiglia, però non è chiaro se ciò corrisponda a fattori ereditari oppure al fatto che i vari membri della famiglia si siedono a tavola insieme e, inesorabilmente, si abbuffano tutti quanti (o, magari, a strane abitudini alimentari). Malgrado tutta questa varietà di cause, una cosa è certa: la maggior parte delle persone obese non sarebbe tale se ascoltasse i messaggi del proprio corpo su che cosa mangiare e quando.


e abitudini alimentari di solito si sviluppano quando siamo bambini: inevitabilmente, perciò, è la madre che detta le regole di base (ecco perché il cibo è sempre un simbolo della madre; ostilità e rabbia rimossa ed inconscia contro di lei). Quando si è piccoli si è spinti a mangiare alle ore stabilite per i pasti. Quasi certamente la madre si inquieta molto se si rifiuta il cibo e, probabilmente, anche di più se si lascia il cibo nel piatto (ci possono essere reazioni di preoccupazione, allarmismo, ecc.). Se uno è stato allattato artificialmente, il suo “addestramento” è cominciato anche prima che fosse in grado di sedersi davanti al piatto. Una ragione per cui l’allattamento artificiale tende a fare ingrassare di più è che - mentre è impossibile stabilire quanto latte è stato succhiato dal seno materno - risulta fin troppo facile vedere quanto ne è stato succhiato dalla bottiglia. Le mamme ansiose tendono a spingere i lattanti a vuotare la bottiglia anche quando essi non hanno fame. Queste tendenze alimentari distorte fanno sì che il “centro di controllo” dell’appetito sia abitualmente scavalcato. Alla fine il rapporto col cibo verrà a essere governato non dall’autentico bisogno di cibo per il proprio organismo, ma da un motivo del tutto artificiale di bisogno. Quando diventiamo adulti, nella maggior parte dei casi siamo già abituati a mangiare secondo l’orologio della sala da pranzo e non secondo i “tempi” interni del nostro corpo. Mangiamo negli orari stabiliti dai nostri genitori o quando ci sembra di dover mangiare. Mangiamo quello che la pubblicità ci dice di mangiare e alle ore in cui le persone che ci circondano pensano che si deve mangiare. 


ueste abitudini dannose, però, se prendiamo in esame alcuni meccanismi psicosomatici, si possono cambiare con la stessa facilità con cui si sono formate. Ascoltando i segnali interni del corpo, abbandonando le abitudini che scavalcano il “centro di controllo” dell’appetito e mangiando quando si ha fame, si scoprirà che è possibile dimagrire o mantenersi snelli senza alcun aiuto esterno, seguendo alcune elementari norme. La maggior parte delle persone mangia a ore prestabilite, che possono essere o non essere in relazione con il loro effettivo bisogno di cibo. L’abbandono di ore fisse per i pasti può suonare una proposta anarchica e, certo, in una famiglia può portare a un certo grado di confusione. Ma il disordine sarà decisamente minore di quanto si possa credere. Comunque, al di là delle belle parole, questa è una regola imprescindibile: ogni volta che si mette in bocca qualcosa, bisogna chiedersi se si sente l’effettivo bisogno, se si ha fame. Se mentre si mangia, si chiacchiera, si guarda il giornale, si legge una rivista, si guarda il televisore, probabilmente i segnali provenienti dal proprio “centro di controllo” dell’appetito sfuggiranno. Bisogna fare attenzione al fatto che si sta mangiando, se si vuol cogliere i messaggi che ci dicono che siamo sazi. Non si deve aver paura di lasciare del cibo nel piatto. E’ sicuramente uno spreco buttar via il cibo. Alcuni si sentono così in colpa, quando vedono buttar via il cibo, che mangiano anche gli avanzi degli altri. 

importante prendere l’abitudine di servirsi di porzioni piccole. In questo modo si sarà meno portati a mangiare troppo e capiterà più raramente di trovare il coraggio di buttar via il cibo. Lo scopo è quello di smettere di mangiare non appena si è sazi. Quando si ha fame bisogna fare attenzione ai messaggi del corpo: si scoprirà che il corpo dice di che cosa si ha bisogno (non è facile e richiede allenamento). Le strane voglie, che vengono alle donne incinte, sono spesso ragionevoli. Si sente il bisogno di mangiare una cosa dolce, si deve mangiare una cosa dolce; se viene voglia di una arancia la si deve mangiare: probabilmente il corpo sente la mancanza di qualcosa che c’è in quel alimento. Generalmente facciamo pasti piuttosto abbondanti a intervalli abbastanza lunghi, perché la società ci chiede di mangiare in questo modo. Ciò non aiuta per nulla il “centro di controllo” dell’appetito a svolgere la sua funzione, il corpo agisce di conseguenza: non aspettandosi di ricevere per diverse ore, ci incoraggia a mangiarne il più possibile e mette da parte il sovrappiù che non è immediatamente necessario. Questo è immagazzinato come grasso. Se si fanno pasti più frugali e più frequenti, il cibo che si mangia viene bruciato dal corpo immediatamente, non viene immagazzinato. Perciò si mangia solo quello che il corpo richiede (mangiare poco e spesso). Se si mangia perché si è tristi (il cibo non è mai una stampella), perché si è felici, perché la persona amata ci ha lasciato, il “centro di controllo” dell’appetito perde orientamento. Non mangiare la sera tardi. Non si deve usare il cibo come un’arma. Non si devono costringere i bambini a mangiare o anche solo a mangiare cibi che a loro non piacciono. Non devono essere privati del cibo perché hanno fatto qualche marachella. Non associare cibo e punizione, cibo e premio. Questi comportamenti hanno un effetto distruttivo sul “centro di controllo” dell’appetito. Bisogna avere pazienza nel rieducare il corpo ad ascoltare gli ordini del “centro di controllo” dell’appetito. Se uno lo ha ignorato per anni ed anni, ci vorrà un po’ per imparare ad ascoltarlo di nuovo e, soprattutto, per adottare alcune indispensabile e benefiche regole psicosomatiche. Il mangiare in modo compulsivo è un sintomo di una disperazione interna che scaturisce direttamente dalla mancata accettazione di sé perciò quando si inizia una dieta la disperazione non cessa. Prende una nuova forma. Si diventa compulsivi nella dieta come lo si era nel mangiare. Mangiare e divorare sono modi infantili di esprimere l’aggressività. E’ una rabbia rimossa. Se non si risolve, in alcuni casi, il senso di colpa, il problema dell’alimentazione eccessiva è spesso insormontabile. 1° Chakra.

dimagrisci quando diventi te stesso, se dai via libera alla parte di te più autentica: lontano dai ruoli che tengono al guinzaglio e imprigionano … un pasto raffinato e abbonante sostituisce una GIOIA della vita non assaporata.

Problemi ALIMENTARI

BULIMIA NERVOSA

una grande necessità d’amore ma anche un enorme bisogno di rifiutarlo


REMESSA. Gli essere umani mangiano per vivere. Ma non è sempre così semplice. Per gran parte della storia dell’umanità - e in molte regioni del mondo ancora oggi - gli uomini hanno dovuto lottare per procurarsi il cibo. Ora, invece, con vasta scelta di proposte alimentari a nostra disposizione, l’alimentazione eccessiva è diventata un grave problema sanitario. Paradossalmente, mentre il peso medio è aumentato, la ricerca della linea si è ormai trasformata in una vera e propria ossessione. In una società in cui “più snello” . è sinonimo di “migliore”, chiunque non sia in perfetta forma può sentirsi un fallito. Molte persone, in particolar modo le giovani donne soprappeso (in questo periodo storico coinvolge una buona fetta di uomini), si vergognano del proprio aspetto oppure, sopraffatte da una sensazione di inadeguatezza, si convincono che sarebbero più felici, più attraenti o più realizzate in un corpo più magro. Sebbene compaiono in costante aumento, i comportamenti alimentari anomali e scorretti non sono una peculiarità della nostra epoca. Gli antichi romani si rimpinzavano di cibo nel corso di colossali banchetti e quindi si provocavano il vomito. Per secoli “osservanti” e “devoti” di entrambi i sessi hanno digiunato con l’intento di purificarsi per motivi religiosi. L’anoressia nervosa fu identificata per la prima volta oltre un secolo fa, da un medico inglese che la descrisse come un disturbo caratterizzato da uno stato di inedia imputabile a una costante ricerca della magrezza ideale.


ome accade per la maggior parte dei disturbi emotivi, il contesto culturale gioca un ruolo significativo: chi vive in una società industrializzata viene continuamente bombardato da messaggi che sottolineano, specie per le donne, l’importanza di una linea perfetta, essenziale non solo per la bellezza fisica ma anche per raggiungere il successo in campo economico e sentimentale. La maggior parte delle persone è in grado di regolarsi nell’alimentazione senza difficoltà. Molte persone mantengono un peso più o meno stabile anche senza particolari controlli sulla dieta, basandosi solo sul proprio appetito. Il problema è che l’appetito non è automaticamente regolato come lo sono il bisogno di bere o di respirare. Se non respiriamo adeguatamente moriamo in pochi minuti; se non assumiamo adeguate quantità di liquidi moriamo in pochi giorni; ci vogliono invece settimane per morire di fame. Questo minor controllo sul comportamento alimentare è causa, in situazioni estreme, di anoressia nervosa, bulimia nervosa, obesità. Non esistono disturbi emotivi analoghi - se non a livello analogico - rispetto alla regolazione del respiro o all’assunzione di liquidi perché queste funzioni sono di importanza vitale e non presentano margine di tolleranza. 


olti problemi legati all’alimentazione non sono veri disturbi mentali, sebbene chi ne soffra possa avere conseguenze emotive e possa trarre giovamento da una psicoterapia. Gli adolescenti e i giovani mostrano spesso varie forme di comportamento alimentare, che includono diete frequenti, abbuffate e vomito per evitare di ingrassare. Questi comportamenti che sono molto più comuni dei veri e propri disturbi dell’alimentazione, non sono quadri clinici gravi, ma aumentano il rischio di sviluppare abitudini alimentari più pericolose e possono essere le prime avvisaglie di problemi potenzialmente gravi, per cui non devono essere, per nessuna ragione, ignorati.


e persone affette da BULIMIA non sono in grado di controllarsi nel mangiare, allo stesso modo in cui l’alcolista non si controlla nel bere (vedasi i vari articoli sulla “dipendenza”). Abbuffate voraci si alternano a frenetici tentativi di eliminare le calorie ingerite; il prezzo da pagare per essersi lasciati tentare dal cibo è il VOMITO, l’utilizzo di LASSATIVI, di DIGIUNO forzato e l’ESERCIZIO fisico intenso. La contraddizione insanabile alla base di questo comportamento consiste da un lato nell’impossibilità assoluta di controllarsi nell’alimentazione, dall’altro dal desiderio di controllare a tutti i costi il proprio peso. Quando la linea non rappresenta un grosso problema, questo modo impulsivo e vorace di mangiare porta inevitabilmente all’obesità; al contrario, se l’obiettivo prioritario è mantenere una linea perfetta, ci si impegna in disperati tentativi di neutralizzare l’effetto delle grandi mangiate per evitare l’aumento di peso: è un circolo davvero vizioso.


BULIMIA è un problema molto comune, specialmente fra le giovani donne dalla pubertà ai vent’anni. Spesso comincia con i primi tentativi di dieta per sbarazzarsi dei chili in più che ci si porta dietro dall’infanzia; con il digiuno forzato lo scopo viene “presto” raggiunto, rinforzando la motivazione a seguire. Ci vuole poi poco tempo per scoprire (da soli o tramite amicizie) il vomito e i lassativi come rimedio, o anche come punizione, per ogni abbuffata: una volta innescato, il ripetersi ciclico di questi comportamenti non lascia spazio e tregua. Vi sentite in colpa per quanto e come mangiate, e anche per quello che fate dopo per contrastare gli effetti del cibo. Siete i primi a disapprovare questo comportamento: sgattaiolate furtivamente in bagno per procurarvi il vomito ma state sempre attenti che nessuno vi scopra. Il vostro problema è un segreto per tutti, anche per chi vi è più vicino, arrivate anche a evitare di fare nuove amicizie per paura che il vostro segreto venga scoperto. I soggetti con questo disturbo hanno ripetuti episodi di abbuffate, durante i quali consumano molto rapidamente grandi quantità di cibo, perlopiù di dolci, e smettono di mangiare solo a causa di forti dolori addominali, della necessità di dormire o di una interruzione. Chi soffre di bulimia di ‘tipo purging’ si induce il vomito o assume lassativi per alleviare i sensi di colpa e controllare il proprio peso. Che invece è affetto da bulimia di ‘tipo nonpurging’ ricorre ad altri mezzi, quali il digiuno e l’esercizio fisico eccessivo, per compensare le abbuffate. La bulimia è molto più comune della anoressia, benché i due disturbi spesso si sovrappongano. A differenza dei soggetti affetti da anoressia, i bulimici tendono ad avere un peso più o meno normale. Tuttavia, anche le complicanze mediche di questo disturbo sono gravi e possono mettere a repentaglio la vita del soggetto. La bulimia - alla moda - o sperimentale è piuttosto diffusa tra alcuni gruppi di studenti delle università e delle scuole superiori. Le giovine donne che provano a mangiare grandi quantità di cibo e a vomitare subito dopo non soffrono necessariamente di un disturbo emotivo; spesso queste ragazze vomitano quello che mangiano per un periodo che può durare da qualche mese a un anno e quindi smettono quando le loro condizioni di vita o sociali cambiano.


er chi cerca aiuto, l’INFORMAZIONE, la CONOSCENZA e la PSICOTERAPIA si rivelano estremamente efficaci. La bulimia è piuttosto comune tra le giovane donne; tra i giovani maschi questo disturbo ha un’incidenza pari a un quinto rispetto alle donne. L’età media di insorgenza è di diciotto anni; il disturbo può manifestarsi tra i dodici e i trentacinque anni. Le persone che da adolescenti soffrivano di obesità hanno maggiori probabilità di sviluppare la bulimia in età adulta. La bulimia solitamente si manifesta al termine di una dieta ferrea protrattasi da alcune settimane fino a un anno o anche più a lungo e che può avere avuto successo oppure no. Le diete molto rigide possono influire sulla chimica cerebrale al punto da scombussolare i normali meccanismi che regolano l’appetito o la sazietà. Questo semidigiuno scatena un’abbuffata, che a sua volta porta all’eliminazione del cibo ingerito. Nel momento in cui si rendono conto che il vomito riduce l’ ANSIA provocata dalle abbuffate, queste persone smettono di temere tali episodi. In questo case le abbuffate diventano sempre più frequenti e più gravi, fino a trasformarsi, con il passare del tempo, in un mezzo per affrontare qualsiasi forma di stress. Tuttavia la chiave di questo disturbo non sta nel mangiare quanto nel vomitare, poiché probabilmente queste persone eviterebbero di mangiare troppo se non potessero vomitare dopo. Anche alcune anomalie biologiche possono avere un ruolo importante, benché non sia chiaro se rappresentino una causa o una conseguenza di questo disturbo. Poiché la bulimia, come l’anoressia, tende a manifestarsi verso gli ultimi anni dell’adolescenza, può essere associata alle difficoltà derivanti dal passaggio all’età adulta. 


nche i conflitti familiari, sentirsi combattuti tra i due genitori, possono portare una giovane donna (o uomo) a sviluppare un comportamento bulimico. Il disturbo sembra inoltre essere associato allo stress, per esempio all’allontanamento da casa per motivi di studio o alla ricerca di un posto di lavoro. Sebbene quasi tutti i soggetti bulimici siano infelici e scoraggiati perché sentono di avere perso il controllo sul proprio comportamento alimentare, la bulimia può anche essere un sintomo di depressione. Anche i disturbi d’ansia possono coesistere con la bulimia. Altri problemi osservati spesso nelle persone bulimiche includono l’abuso di alcol, la difficoltà a tollerare la frustrazione, problemi nei rapporti interpersonali e comportamenti impulsivi. Alcuni soggetti fanno uso di anfetamine o di farmaci da banco per ridurre l’appetito e perdere peso. Altri rubano cibo, capi di abbigliamento, gioielli o altri articoli oppure cedono all’impulso di procurarsi dei tagli (PATOMIMIA CUTANEA).


ra i familiari dei soggetti bulimici si registra un’incidenza superiore alla norma di DEPRESSIONE, ALCOLISMO, ABUSO DI SOSTANZE CHIMICHE e OBESITA’. La vita dei soggetti affetti da questo disturbo ruota intorno al cibo. Sebbene abbiano generalmente un peso normale, queste persone sono estremamente preoccupate per il proprio peso e tentano di tenerlo sotto controllo sottoponendosi a diete, vomitando oppure usando lassativi e diuretici. Alternando le abbuffate all’eliminazione del cibo ingerito, ingrassano e dimagriscono ripetutamente di vari chili. La loro vita è dominata dai conflitti derivanti dal cibo. Molte di queste persone non fanno pasti regolari e non si sentono sazie alla fine di un pasto normale. Inoltre, preferiscono mangiare da sole in casa propria perché provano vergogna e sensi di colpa. Il cibo è costantemente al centro dei loro pensieri. In alcuni casi i soggetti bulimici non vedono l’ora di uscire dal lavoro per correre a casa a mangiare. Le abbuffate sono programmate con cura; qualsiasi cosa interferisca con questi piani determina un estremo stato d’ansia nel soggetto e prolunga ulteriormente il ciclo abbuffata - vomito. Solitamente scelgono cibi ipercalorici e dal sapore dolce, per esempio torte, gelati o pane, che possono essere trangugiati il più rapidamente possibile senza dover masticare troppo a lungo. Un’abbuffata dura in media un’ora o due: quando cominciano a mangiare, non sono più in grado di smettere. In uno stato di estrema frenesia, cercano in continuazione altro cibo e smettono solo a causa di interruzioni o perché non sono più in grado fisicamente di mangiare. Al termine dell’episodio, si sentono piene di vergogna, autocritiche e depresse. L’eliminazione del cibo ingerito allevia i dolori allo stomaco e spesso riduce il rimorso e l’angoscia. Solitamente queste persone si infilano un dito in gola; alcune imparano a vomitare a comando.



n numero più limitato di persone fa uso di lassativi, e c’è chi può digiunare per un giorno intero oppure impegnarsi in un’attività fisica estremamente intensa. La bulimia può continuare a manifestarsi di tanto in tanto per vari anni, con abbuffate che si alternano a periodi di alimentazione regolare. Solitamente i soggetti bulimici hanno un aspetto normale e un peso più o meno nella norma, sebbene anche le persone snelle abbiano un addome pronunciato a causa delle frequenti abbuffate. In linea generale queste persone conducono una vita normale nonostante la bulimia, anche se nei casi estremi possono dedicare tutto il loro tempo a programmare le abbuffate, ad acquistare cibo e quindi mangiare e a eliminare il cibo ingerito. Spesso sono i dentisti i primi a individuare un caso di bulimia, in quanto osservano danni ai denti e alle gengive, tra cui l’erosione dello smalto dentario, causati dagli acidi gastrici contenuti nel vomito. Altri segni medici della bulimia includono graffi e calli sul dorso della mano (segno di Russel), dovuti allo sfregamento della mano contro i denti mentre si induce il vomito. Anche il fatto che il soggetto si scusi durante o dopo un pasto per andare in toilette, dove si procura il vomito, è un indizio significativo. 


soggetti bulimici possono arrivare a consumare più di 15.000 calorie in una singola abbuffata, ma ciò che causa i danni più gravi è la successiva eliminazione di quanto si è ingerito. Gli acidi gastrici contenuti nel vomito irritano le gengive e corrodono lo smalto dentario portando alla formazione di numerose cavità. Il vomito ripetuto priva l’organismo di sostanze nutritive e liquidi essenziali, il che provoca disidratazione e squilibri a livello degli elettroliti. La deplezione potassica (ipokaliemia) compromette la funzionalità del cuore e di altri muscoli e può causare aritmie cardiache e, in alcuni casi, la morte improvvisa. Altre complicanze includono spasmi muscolari alle mani e ai piedi, palpitazioni, irritazione e sanguinamento dell’esofago e dello stomaco e disturbi dell’apparato digerente. Molte persone credono erroneamente che l’uso di lassativi o di diuretici acceleri la perdita di peso e perciò fanno spesso uso di questi preparati. In realtà l’assunzione di lassativi e di diuretici provoca una ritenzione di liquidi di rimbalzo, prolungando così la sensazione di gonfiore e rinforzando il ciclo di eliminazione del cibo ingerito. L’abuso di lassativi comporta gravi complicazioni, tra cui stipsi e prolasso del retto, nonché la rara condizione nota con il nome di colon catartico, che richiede un immediato intervento chirurgico. Anche nel caso in cui sembrino avere un peso e una salute normali, i soggetti bulimici possono soffrire degli effetti psicologici dell’inedia, che includono cambiamenti di umore, affaticamento e depressione. Tra queste persone si riscontra inoltre un’incidenza superiore alla media di disturbi d’ansia, disturbi bipolari (sindrome maniaco – depressiva) e disturbi di personalità; hanno difficoltà a livello sessuale o mostrano comportamenti impulsivi autodistruttivi quali il taccheggio, la promiscuità e l’automutilazione.

hanno avuto esperienze con una figura di riferimento controversa.

Dieta … togliamo dalla mente i bocconi amari.


e persone intransigenti, sbagliate e “scomode” non solo creano disagio e tolgono completamente le forze, ma fanno anche ingrassare e ammalare … le emozioni sono il “cibo” dell’anima, ma è il corpo a segnalare i “bocconi amari” difficili da digerire.

l “cibo tappabuchi” cerca di riempire il tempo e il vuoto affettivo, di placare i timori, frenare il senso di protezione, bloccare la noia, l’infelicità e l’insicurezza: di compensare insoddisfazioni, tormenti e dolori … molte sono le fantasie che girano nella mente di chi è in sovrappeso: nascondersi, scomparire, annullarsi … se nella vita si perde il “gusto” e latita la passione, la mente ci getta in pasto al companatico per consolarci: legandoci al piatto cerca di tappare quel fastidioso e profondo vuoto emotivo … se la vita si arricchisce di nuovi stimoli e interessi il sovrappeso fugge a gambe levate … si mangia per rabbia, noia e delusione: il corpo si riempie se la vita è vuota … quando si è innamorarti, felici, eccitati, soddisfatti, attratti, coinvolti il mangiare passa in seconda posizione: non si mangia più solo quando sono sazi tutti i “sensi” … i piaceri e i divertimenti sciolgono il grasso, rendendo leggeri … la routine e l’abitudine ingrassano (una vita spenta) mentre la fantasia “ brucia” i grassi e snellisce (risveglia la voglia di vivere): si vola davvero … il “giro-vita” dipende dalla qualità della vita.


iceva Platone, con grande saggezza, che non si dovrebbe mai, per nessuna ragione, tentare di curare il corpo separato dall’anima, e per ottenere la salute di quest’ultima e del corpo è necessario curare la mente. Questo prezioso insegnamento, ancora oggi di grande attualità, lo ritroviamo nella massima latina “mens sana in corpore sano”. Fin dai tempi antichi era ben noto lo stretto legame tra mente e corpo, di cui quotidianamente, attraverso sofisticate ricerche di neurofisiologia o esperienze personali dirette, ne abbiamo conferma. L’uomo è ammalato nel corpo perché la sua mente è ammalata e la mente ha perso la sua salute perché si è avvizzito il suo “involucro”. Il benessere, quindi, dipende sempre dal perfetto equilibrio corpo - mente: il primo può influenzare, in ogni momento, l’altra e viceversa. Quando una di queste componenti non funziona bene, o magari la si trascura, è segno che c’è qualcosa che non funziona nella propria vita: la “scorza” adiposa non fa eccezione e può essere un segnale davvero inequivocabile. Quante volte, dopo una giornata storta, piena di delusioni, di litigi, di frustrazioni oltre ad aprire il frigo e mangiare in modo sconsiderato ogni cosa, ci siamo ulteriormente anestetizzati con un buon bicchiere colmo di nutella o buttati a capofitto in un profumato calice di pinot? Quasi quotidianamente annuisce, con un certo pudore, la signora Lucia in un recente incontro terapeutico, pure Maria afferma, a malincuore, tale abitudine, ma anche Camilla, nella sua timidezza, ammette di aver fatto ricorso più volte a questa “magra” consolazione e, poi, Ettore che non sa proprio darsi pace per queste sue grandi abbuffate … tutte vittime di qualche chilo in più.


e la vita è immobile, scorre senza passioni e soddisfazioni, la mente “capricciosa” cerca delle compensazioni altrove, ci butta in pasto al cibo per consolarci. Quando i problemi della vita si fanno “pesanti”, anche il corpo, con la sua difficoltà a “digerire”, lentamente si fa carico di una vistosa ed inutile zavorra; una vita “piatta”, vissuta nell’anonimato, che non emoziona più, allarga la cintura, fa lievitare pancia e fianchi … fa perdere la linea. L’alimentazione, infatti, può rientrare in questo intricato meccanismo psicosomatico, è legata al benessere, non solo fisico ma anche mentale; più si escludono dalla vita i veri interessi, i desideri profondi, più l’orco con tutta la sua voracità, risorto prepotentemente dagli inferi, si scatenerà a tavola facendo piazza pulita di ogni cosa. Durante il giorno, con gli altri, sempre ben misurati, ordinati, scrupolosi, responsabili, controllati, ossessivamente attenti all’immagine, mentre di sera, al rientro, invece di godersi un meritato riposo, l’aggressività repressa, finalmente, trova la sua modalità espressiva, ogni tensione accumulata improvvisamente esplode: i ruoli svaniscono, i veli di colpo cadono, ci si trova completamente privati della maschera quotidiana, spogliati, nudi, faccia a faccia con il vuoto profondo, travolti e confusi da quelle paure vaghe da tempo trascurate, mai espresse, calati in una atmosfera affettiva e sociale che dà veramente poco, convinti di non valere, il timore di non riuscire, di rimanere soli, di perdere quel che si ha … tutto si colora di sofferenza e disistima. Per calmare la grande inquietudine, dunque, è necessario azzittire questa allarmante confusione ecco, allora, presentarsi un potente ansiolitico, la soluzione è lì a portata di bocca … la grande abbuffata, è pronta e servita. Un altro tratto caratteristico di chi tende ad ingrassare è quello di non riuscire a dimenticare ipotetiche umiliazioni, eventuali sconfitte, presunte offese o torti subiti: si lega ogni cosa al dito, lasciando sempre - attraverso un estenuante rimuginare - tutto in sospeso. 


iù la vita lascia il comando alla noia, ai sacrifici e alle rinunce, più si cerca la felicità, la compensazione e il piacere nel piatto… in questo modo il giustiziere della dispensa può operare indisturbato. Cibo, emozioni e atteggiamenti mentali agiscono sempre in maniera sinergica. Il cibo non è solo materia da cui trarre proteine e vitamine ma è connesso - metabolismo e tiroide permettendo - a bisogni emotivi, con le parti più profonde del mondo infantile; é legato, spesso, a tendenze svalutative, a valori familiari, alla sensazione di infelicità, a quella insaziabile fame d’amore che non abbandona mai … nemmeno di notte. Quando poi il cibo è sempre in testa, oltre a diventare l’unico motivo di consolazione, può trasformarsi in un comodo e potente analgesico nei confronti di una vita spenta, priva di vitalità, che per quanto ci si impegni non emoziona più … soprattutto, quando si è a “dieta” di gratificazioni e di libertà. Il piacere, il divertimento, l’innamorarsi perdutamente, il riscoprire la passione sono gli ingredienti fondamentali utili a modellare il corpo, il vero ed unico antidoto ai chili di troppo … fanno dimenticare di mangiare e bloccano veramente l’ago della bilancia. Il cibo è, erroneamente, un “buon” rifugio contro l’ansia e l’insicurezza, un “vero” antidepressivo, mette a tacere sofferenze, abbandoni, mancanze, rimpianti, delusioni e privazioni affettive; un’abitudine negativa che, prima o poi, si fa sentire con voce grossa per riscuotere i “sospesi”, da tempo depositati nel corpo e nella mente… sempre, però, con gli “interessi”. Cosa fare. Poiché una esperienza simile espone sempre a una potenziale fragilità e vulnerabilità, nel corpo e nella mente, addentrarsi in tale avventura è possibile solo quando si è davvero convinti, sereni e tranquilli: sentire il desiderio di cambiamento, la voglia di liberarsi di vecchie abitudini e condizionamenti vari; trattarsi e volersi bene al punto di cambiare non certo per gli altri ma per se stessi, riscoprire quel senso di benessere che si è perduto nella routine e nella banalità. Quando le giornate sono “alleggerite” e gli stati emozionali più clementi, sarà più facile raggiungere fino in fondo gli obiettivi … sempre con i risultati sperati.

se dai spazio al piacere - non dovendo più colmare quel vuoto interiore - ti allontani dalla noia, dall’insoddisfazione e soprattutto ti “togli” dai dolci … solo se si “gusta” la vita con cose che fanno stare bene si ha il senso della “pienezza” diffusa e, quindi, non avendo più bisogno del cibo - spazzatura - tappabuchi si dimagrisce DAVVERO!!!

problemi all’apparato digerente (pesantezza, nausea, vomito), un succo di: mela, menta, carota, zenzero, kiwi e ananas può aiutare.

Ulcera

rosione del tessuto epiteliale, mucoso o cutaneo, accompagnata la lesioni... una grande rabbia e rancore che rode internamente la vendetta diventa l’obiettivo principale, fino a trasformarsi in autodistruzione … il rancore non espresso si trasforma in distacco e odio represso, mettendo a rischio completamente il benessere psicofisico … insieme al companatico ingeriamo anche le esperienze della vita, le digeriamo ed entrano a far parte del corpo: vissuti indigesti e difficili da mandar giù … se la vita è amara lo stomaco e l’intestino protestano: esprimono il proprio dissenso o avversione “bruciando”.

L’Ulcera  Peptica

(dal greco peptikos “digestivo”) consiste in una perdita di sostanza della mucosa gastrointestinale, generalmente nello stomaco (gastrica) o subito dopo nel duodeno (duodenale).

un maggior afflusso di sangue e ipersecrezione di acido cloridrico a livello gastrico … un eccesso di fuoco che “brucia”, ovvero una forte aggressività trattenuta nei confronti di un ambiente vissuto come minaccioso … diverso è il discorso della colite che segnala un bisogno di eliminare velocemente certi contenuti emotivi ritenuti inaccettabili.


i recente è stato identificato un batterio - heucobacter pylor - che favorisce l’eziologia dell’ulcera duodenale. La sintomatologia ulcerosa può comunque peggiorare bevendo caffè, assumere medicinali (acido acetilsalicilico), fumando e mangiando in modo inadeguato. L’ulcera gastrica, inoltre, può essere collegata a una vita stressata o svilupparsi in periodi in cui si è sottoposti a stress prolungato, con scarsa capacità di “coping” ovvero di trovare strategie di soluzione ai diversi problemi. Tale patologia si sviluppa comunque quando si altera l’equilibrio tra elementi aggressivi (acidità e enzimi) e i fattori di difesa della mucosa. I sintomi, alternati a periodi di latenza, dipendono dalla localizzazione dell’ulcera (stomaco o intestino) e sono caratterizzati da un dolore a crampo, un senso di bruciore (urente, corrosivo), leggeri gorgoglii, dolori laceranti, nausea oppure sensazione di fame o pienezza addominale. Le numerose ricerche sull’ulcera peptica hanno messo in evidenza risultati e opinioni molto diverse. Alcune funzioni gastriche, la motilità, il flusso sanguigno e la secrezione sono sempre strettamente connessi, al di là dei vari orientamenti scientifici, all’attività di processi nervosi e allo stato emotivo prevalente.


lcuni sentimenti come l’aggressività e il risentimento accelerano il transito del cibo nello stomaco, mentre l’ansia e le emozioni forti inducono a “contrazioni” e rallentano il transito del cibo. L’ansia, i pensieri depressivi o il pessimo umore riducono le secrezioni di acido cloridrico, la motilità e il flusso sanguigno nello stomaco. Gli stati emotivi conflittuali, che generano ostilità e tendenze aggressive, aumentano la secrezione gastrica e, se persistono, creano alterazioni della mucosa: il contatto costante con i succhi gastrici può dare avvio ad una formazione ulcerosa. La letteratura psicosomatica descrive l’ulceroso non solo come un uomo ambizioso, senza scrupoli concentrato sul successo, con un forte bisogno di essere riconosciuto e ammirato, ma anche una figura estremamente sensibile al rifiuto, al timore della sconfitta, alla paura dei cambiamenti irreversibili e, soprattutto, della solitudine. Cosa fare. Oltre al trattamento medico standard per favorire la riparazione della mucosa, saranno utili colloqui concentrati sull’attuazione dei cambiamenti nella vita quotidiana del soggetto facilitando, inoltre, l’espressione dei propri bisogni senza il timore di essere giudicato. Anche le metodiche distensive sono utili per l’ulceroso, in quanto è estremamente importante che il soggetto iperattivo impari che è possibile avere una vita dinamica anche in uno stato di rilassamento.

Un piccolo “sorso” di collera


ABBIA … contrasti di lavoro, contrasti familiari, contrasti d’amore, giudizio degli altri, speranze e attese deluse sono eruzioni emotive che possono essere direttamente espresse o trattenute … la rabbia può essere una manifestazione immediata (ira, collera, aggressività) o controllata (rancore, odio, frustrazione) … un corpo “soffocato” è spesso il segno gli istinti aggressivi non hanno avuto la possibilità di esprimersi… porta alla somatizzazione o alla depressione ... la “vendetta” - prodotta dalla rabbia covata e non espressa - è acida e corrode: si mandano giù bocconi amari e insulti… l’ulcera parla di bocconi amari, di un bruciore interiore intenso (fuoco emozionale) … soggetti combattuti tra la fame di successo e il bisogno di essere “nutrito”, attenzione e cura… un continuo bisogno di conferme esterne, un conflitto tra autonomia e dipendenza.


essere umano, sappiamo, non manda giù solamente pane e companatico, egli inghiottisce anche l’umiliazione, la delusione per la sua mancata realizzazione o promozione, una catastrofe finanziaria o affettiva e tanti sentimenti di colpa. Paradossalmente, l’organo della digestione, cioè lo stomaco, si comporta come se dovesse realmente digerire tutto ciò, come se fosse di fronte a un succulento pasto. Produce dunque il suo acido gastrico, che in questa situazione è una sostanza corrosiva non necessaria, la quale col tempo attacca la sua mucosa: lo stomaco in pratica mangia se stesso. In realtà, la secrezione e la circolazione di tale organo viene influenzata in maniera determinante da reazioni emotive e particolari stati d’animo (fame di amore, affetto, stima, rispetto, rabbia, collera, autonomia, dipendenza, ecc.). Lo stomaco, pertanto, partecipa a reazioni di cui il soggetto, molto spesso, non ha consapevolezza. Se lo stomaco produce acido cloridrico ma non riceve nulla, nessun cibo scende a riempirlo, tale sostanza prodotta, tuttavia, non può neutralizzarsi, quindi, insorge un pericoloso funzionamento a vuoto: i conflitti aperti o nascosti si esprimono attraverso un preciso segnale ammonitore, cioè con un disturbo allo stomaco. Molto spesso, si riscontra nei malati di stomaco, dopo una lunga terapia priva di successo, una guarigione in maniera spontanea, a volte, del tutto inattesa. Tale guarigione, apparentemente miracolosa, diventa comprensibile solo quando si prendono in esame le condizioni e cambiamenti di stili di vita del paziente.


hi soffre di mal di stomaco si riconosce già dal suo aspetto esteriore. Egli non è quasi mai grasso, mai corpulento, a livello costituzionale è slanciato, pallido, sottile. Di solito è un individuo che prende “troppo” sul serio le cose della vita: è alle prese con un continuo rimuginare. Estremamente sensibile, nervoso, facilmente irritabile. Si preoccupa dentro di sé, si dedica al lavoro più degli altri, cerca in maniera spasmodica continuamente successo, affermazione e riconoscimento, in breve, ha una vita caratterizzata da un ritmo vorticoso e un’attività molto intensa con il continuo rodersi interiore caratteristico appunto di chi soffre di stomaco. Anche l’aggressività in questi soggetti è particolare e “corrosiva”. E’ contorta, indiretta, cova interiormente ed emerge a fatica (trattiene le cariche aggressive). Qualora dovesse venire a galla, però, è particolarmente graffiante, piena di sarcasmo: si potrebbe definire un’aggressività al “vetriolo”. Il motivo di tale strategia nasce dal fatto che questi individui sono legati a un doppio filo (la dipendenza) a situazioni e a persone di cui soffrono nel fare a meno; ecco perché, quando si arrabbiano, in qualche modo tendono a trattenersi: temono di rovinare il rapporto e, quindi, trovarsi soli. Può accadere che reprimano i loro desideri, che possono restare inconsapevoli e addirittura non trovare alcuna forma espressiva, compensati da un’esibita affermazione di autonomia; ma può anche accadere che li esprimano apertamente e si scontrini con l’incomprensione da parte del loro ambiente circostante. 


tipi di personalità risulteranno, nei due casi, opposti, ma in entrambi ci sarà comunque un certo grado di frustrazione, in relazione al desiderio di ricevere, affetto, attenzione, ecc. Anche a livello sessuale è presente la dimensione conflittuale, e dunque i rapporti saranno vissuti in modo estremamente ambivalente. In realtà, vuole affermare la propria autonomia e al tempo stesso cerca la dipendenza, attivando meccanismi spesso carichi di aggressività, quasi sempre repressa o magari assente, proprio per paura di restare deluso nel proprio bisogno d’amore. Non dobbiamo dimenticare che vive in uno stato di profonda dipendenza, di cui però ha molto timore e che vuole nascondere a tutti i costi. Un tale individuo può apparire come il tipico soggetto “rampante” ma è invece particolarmente spaventato dall’idea che qualcuno possa accorgersi della sua grande esigenza di rassicurazione. Cosa fare. Le metodiche terapeutiche sono tantissime, molto efficaci anche come prevenzione: alimentazione, agopuntura, rilassamento … ma, soprattutto, è importante che la persona impari, attraverso un aiuto qualificato, due elementi fondamentali: chiedere agli altri ciò di cui sente il bisogno – superando la paura di ricevere un rifiuto – e essere meno pretenzioso e severo con se stesso.


a RABBIA … permette in qualche modo di affermare le proprie posizioni… se la fai uscire, se ne va anche la gastrite! … quando si cerca di far tacere la rabbia per troppo tempo, il corpo trova sempre la sua modalità espressiva: un modo di esprimerla per vie traverse … la rabbia nasce sempre quando per troppo tempo ci si è voluti adeguare a un ruolo, un modello o a un personaggio perfetto: coerente, altruista, tranquillo, moderato, bravo ... la rabbia, agendo sul ritmo cardiaco, fa aumentare la circolazione sanguigna, quindi, calore e gonfiore (infiammazione).


pesso il malato di stomaco non ha bisogno di dieta ma di imparare a sviluppare la capacità di accogliere e “digerire” tutto ciò che incontra … lo stomaco è davvero un “sismografo” per molti stati emotivi … sono i conflitti aperti o nascosti a comandare male questo organo: “fame” di amore, affetto, stima, offesa, rispetto possono provocare un aumento della secrezione gastrica, proprio come la fame di cibo.

Quando i pensieri inquieti fanno “CORRERE”

na lotta inconscia tra bene e male… un fenomeno che dà voce al bisogno di rimuovere contenuti emotivi vissuti come inaccettabili, “sporchi”… se le necessità più intime e vere sono represse o sacrificate all’altare dei “doveri”, l’intestino si ribella per riportare il colitico sulla giusta strada… l’intestino sconta spesso i sensi di colpa (pentirsi per quel che si è fatto).

a colite è una delle malattie nelle quali osserviamo con maggiore evidenza come nel corpo la “parte bassa” (intestino - istinto) possa farsi carico di ciò che la “parte alta” (psiche - ragione) non riesce a contenere e a elaborare completamente. Un’infiammazione dolorosa, tanto bruciante quanto silenziosa che, oltre a raccogliere in un attimo tutta la sofferenza umana, svela il malessere e il disagio emotivo di una personalità complessa e introversa. L’intestino è un organo fragile, facilmente attaccabile e particolarmente sensibile ai cambiamenti: alimentazione, stress, ritmi quotidiani e cattive abitudini. Pensieri, tensioni, delusioni, impulsi e pene si smarriscono, improvvisamente, nel labirinto oscuro della massa intestinale. Una motilità intestinale - accelerata quando si è tesi - davvero capricciosa che non conosce età, ragioni e stagioni. Colpisce, il più delle volte, a tradimento, senza un preavviso, in modo originale e soggettivo. Una dittatura che si manifesta, come dicono gli specialisti, con un “alvo alterno”, cioè con l’alternarsi di periodi di stipsi serrata e di scariche diarroiche. Questi malesseri, lentamente, iniziano a dettar legge e a condizionarci con tutta una serie di limitazioni che sconvolgono il nostro stile di vita in senso restrittivo. Spasmi involontari e fitte improvvise arrivano quando siamo assaliti da timori, paure e condizionamenti, ci sentiamo sotto esame, crediamo di non essere all’altezza della situazione e, soprattutto, di non essere abbastanza bravi … siamo attanagliati dai complessi di colpa e avviliti dai sensi di inferiorità. Spesso, queste patologie invalidanti, sono più gravi dal punto di vista psicologico che fisico, minano infatti l’immagine di sé e quindi le basi dell’autostima: una spia che rivela una mente sensibile e un profondo disagio emotivo ignorato. Un segnale inequivocabile di uno stile di vita conflittuale, non ascoltato, che riversandosi sulla pancia ci spinge a “correre” subito ai ripari: segnala che qualcosa non va nei nostri atteggiamenti e nel nostro modo di essere. Un “grido di dolore” perché, da tempo, neghiamo una naturale dimensione espressiva … annulliamo le fantasie, soffochiamo le passioni e reprimiamo i desideri. Un modo maldestro di ingabbiare l’ansia e l’angoscia. Questa strategia di “contenimento”, anche se a livello sociale rende più presentabili e docili, può creare squilibri nel ricambio organico. Ne soffrono perlopiù le persone ansiose, più aumenta la tensione, maggiori sono i disturbi vissuti. 


na pancia “imbarazzata” che protesta per i nostri errori, tratteniamo emozioni e manteniamo in vita false identità. Una pancia ferita dagli affetti che, con il suo dolore improvviso o costante, condiziona anche l’efficienza mentale. Quando tale malessere non è imputabile ad ormoni sessuali (menopausa-stipsi), a infezioni batteriche o virali, è proprio il caso di dire che la tensione gioca un brutto scherzo alla dimensione intestinale. Un’altra protesta dal “basso” è la stipsi. Gonfio e chiuso, l’intestino va al rallentatore, anzi si blocca per giorni se non per settimane. Tale stato, spesso accompagnato da tratti depressivi, segnala che siamo “isolati”, troppo calati nella dimensione del “trattenere” e del “conservare” … così attaccati alle cose, alle nostre convinzioni, da non riuscire a “liberarci” neppure nel senso fisiologico del termine. Un intestino intasato corrisponde, spesso, ad un cervello sovraccarico e incapace di staccarsi dal vissuto quotidiano (autocontrollo e ruminio interiore). Esprime, in chiave simbolica, un rapporto con il proprio ambiente caratterizzato dal controllo eccessivo, da una coscienziosità ostinata e da un agire offuscato dalla diffidenza. Le scariche, invece, colpiscono e arrivano nei momenti meno opportuni, rendendoci vulnerabili e insicuri … viene messa in discussione la capacità di “assimilazione” in tutti i sensi. E’ un modo di sottrarsi a una situazione percepita come pericolosa per il proprio equilibrio psicofisico. Secondo la medicina psicosomatica è una condizione fisiologica di chi ha la tendenza a “mandar sempre giù”. Un prezzo che si paga per continuare a “far finta di niente” … trattenere rabbia e rancore: pensieri che ingorgano la psiche e infiammano l’intestino. 


i solito le modificazioni metaboliche intestinali sono influenzate da conflitti psicologici che ruotano intorno al tema di “non scelta”. Il colitico, infatti, è combattuto sul prendere decisioni, di scegliere liberamente, a vivere e a esprimere le proprie scelte. Tende ad agire in un certo modo non per se stesso, ma per conformismo, per far piacere all’altro, per sbalordire o per spirito di sacrificio. Quando poi la perturbazione intestinale è generata direttamente da comportamenti affettivo - emozionali bisogna prendere in considerazione lo sviluppo psicosessuale perché anch’esso – inibito, intrappolato e ingabbiato sul piano mentale - può influire sull’aggressività e, quindi, complicare ulteriormente la situazione attraverso uno stato cronico di allerta. Cosa fare. L’esercizio fisico graduale e continuo, alcune ricerche lo confermano, mette al riparo il tratto di intestino predisposto alle infiammazioni. Anche una corretta alimentazione può rappresentare un punto fondamentale nella prevenzione e nel trattamento vero e proprio di questa affezione che è sempre una manifestazione soggettiva. Le tecniche distensive sono utili perché insegnano gradualmente a rilassare la muscolatura, far scorrere tutte le energie che ristagnano nell’organismo e, soprattutto, a liberare la mente dai pensieri ingombranti (… pensare poco ma agire molto). Anche una psicoterapia ad indirizzo psicosomatico - metodica terapeutica solitamente non gradita a questi soggetti in quanto l’alto grado di diffidenza e il senso di sfiducia che li accompagna costantemente non permette loro di avvicinarsi a tale esperienza - oltre ad aiutare ad interpretare correttamente i messaggi che la pancia invia, può stimolare la fiducia in se stessi, favorire in maniera più vantaggiosa i rapporti con gli altri, allenare ad essere più “sinceri”, spontanei, naturali e autonomi … una cura che ridà benessere all’intestino passando prima, se vogliamo, dalla ”parte alta”.


on la scarica diarroica si cerca in qualche modo di purificarsi (allontanare, scaricare) da idee e contenuti mentali inaccettabili, vissuti come “sporchi".

problemi alle emorroidi, un succo di: ciliegia, more e mirtilli può aiutare.


CONCLUSIONI e piccole CURIOSITA’


i vuole davvero “stomaco” … Nel corpo gli stati emotivi diventano molecole, sostanze che successivamente saranno eliminate attraverso gli organi emuntori. Sono numerose le situazioni in cui si è obbligati, controvoglia (contro - stomaco), a mandar giù bocconi amari. Costretti a gestire e tollerare situazioni fastidiose, eventi frustranti, imboccare un vicolo cieco: sembra non esista un’altra via d’uscita. Tener testa persino a situazioni insostenibili … bocconi amari, pensieri, ricordi, rapporti sbagliati, una vita e relazioni indigeste (vuote e fredde). Proprio all’interno di questo organo, in questo otre nascosto, con tutti i suoi segreti, si compie sia la digestione vera e propria sia l’elaborazione del contenuto mentale connesso a certe situazioni … alcune cose, certi comportamenti, alcuni eventi e sentimenti (troppo “pesanti”) rimangono in stand by (come sospesi). A non essere assimilati spesso non sono solo gli alimenti ma anche i pensieri che per analogia potrebbero essere definiti le “feci della mente”. Lo stomaco, infatti, è il grande laboratorio dove cibo e pensieri vengono “sapientemente digeriti”. Questi organi compiono un rituale di purificazione ogni volta che si liberano, evacuano rifiuti organici e contenuti psichici. La stitichezza è simbolo di una tendenza a conservare le dimensioni psichiche che si temono di più … la scarica diarroica ripulisce la coscienza sporca. Liberarsi in modo rapido e quasi violento delle feci come avviene nel caso della diarrea è un modo per ripulire la coscienza da tutti quei contenuti che la rendono “impura”: pensieri meschini, desideri volgari, impulsi violenti o fortemente trasgressivi, antisociali. Difficoltà a conoscere se stessi, disagi psicologici non affrontati sono solo alcuni elementi responsabili dei vari disturbi dell’apparato digerente. 


econdo la cultura popolare ha fegato chi dimostra coraggio, resistenza e, soprattutto, capacità di incassare. Il fegato, infatti, è l’organo che simboleggia il coraggio e la resistenza, non a caso è impegnato nella “distillazione” delle sostanze nutritive e nella distribuzione delle energie. E’ uno dei pochi organi in grado di rigenerarsi e di mantenersi giovane nel tempo. Quando però si tende a pretendere troppo da se stessi, abusare delle proprie forze, lo stress e l’ansia si fanno sentire. Bruciori intestinali, difficoltà digestive, gonfiori possono comparire con una certa insistenza. L’aumento dell’acidità gastrica e l’abbassamento delle difese della parete di tale organo raccontano di una evidente difficoltà a gestire la carica aggressiva. Nelle situazioni di prolungata tensione emotiva l’acido cloridrico, elemento fondamentale nel processo digestivo, viene prodotto in eccesso, anche quando non è necessario. Crampi addominali, aerofagia, eruttazioni, stipsi o diarrea, bruciore allo stomaco, sempre di corsa con lo stomaco stretto e dolorante, in una morsa d’acciaio. Il tutto può succedere nelle situazioni in cui è difficile gestire la propria carica aggressiva, così la rabbia trattenuta “lavora” senza tregua all’interno … mandar giù bocconi amari per non ferire familiari o colleghi. Tipici malesseri di chi, oltre ad imporsi una ferrea disciplina, mette sempre al primo posto il dovere e l’inflessibilità. Uno scambio con l’ambiente circostante limitato, poco equilibrato, di paura degli altri, ma anche di un comportamento sempre sulle difensive che rende rigidi, per nulla malleabili e poco adattabili ai vari cambiamenti della vita. Mai perdere il controllo della situazione: perfetti sempre e comunque. Non ci si concede, né ci si perdona errori, cedimenti. E allora, giù la maschera, siamo sinceri, molla il controllo, basta trucchi, largo al colpo di testa … basta recitare comportamenti e ruoli non propri, soffocare in tal modo desideri, spontaneità e naturalezza: altrimenti vanno in scena i dolori (di stomaco). Si è particolarmente intransigenti verso se stessi (e gli altri) … ansiosi di essere sempre una guida e d’esempio agli altri. 


osa si nasconde dietro il malessere digestivo? Perché questi organi deputati alla digestione si ammalano? Ricordiamo che l’apparato psichico (le emozioni più autentiche bloccano l’intestino) è il primo motore della digestione: stomaco, intestino e fegato scontano tensioni e stress ma, soprattutto, una forma di pensiero “zavorroso” che li appesantisce giorno dopo giorno. In questo modo la vita quotidiana diventa davvero indigesta. Digerire significa anche assimilare ciò che ci circonda. Il cervello, quindi, la fa da padrone. Tollerare, accettare, elaborare, assimilare sono “elementi” che si addicono al cibo quanto ai vari processi mentali … bisogna svuotare la mente per alleggerire lo stomaco. Secondo questa concezione, ne deriva che ad attivare o a bloccare la digestione, può essere sia il mangiare sia un pensiero … un’emozione che a esso simbolicamente si associa o si sostituisce. Gastrite, nausea, acidità: i segnali dell’organo principale della digestione rivelano una difficoltà ad amarci e ad accettare le proprie emozioni più naturali e spontanee… un rospo che proprio non va giù. Spesso la colpa è di una cattiva respirazione legata all’ansia, ma anche di un atteggiamento famelico e avido che spinge a portare dentro in fretta il cibo per riempire un vuoto angosciante (si veda “Obesità”) … l’areofagia segnala un conflitto tra il bisogno di riempirsi e la resistenza ad accogliere ciò che viene dall’ambiente circostante. Chi ha difficoltà digestive fatica a prendere posizioni e a vedere il mondo come uno spazio ricco di opportunità … così questo soggetto rimane sempre indeciso e confuso su chi è e sul da farsi. Ha paura delle novità e dell’ignoto, non cambia idea … segue sempre le abitudini. 


orrelazione viso – apparato digerente. L’aspetto del viso segnala disfunzioni, riflette sempre la condizione fisica, lo stato generale di salute degli organi interni. Se riusciamo a leggere il viso possiamo comprendere le condizioni dei nostri organi interni. I segni sul viso, pertanto, corrispondono all’eliminazione delle tossine in generale (diagnosi). Studiando il viso è possibile comprendere lo stato di salute degli organi interni ma anche, se vogliamo, correggere tali disfunzioni. Se si osserva attentamente il viso, in particolare la bocca è possibile comprendere cosa rivelano gli organi digestivi si sono indeboliti: hanno perso la loro capacità di elaborare e di assorbire. Il labbro superiore gonfio ci segnala la condizione dello stomaco, mentre il labbro inferiore (gonfio e sporgente: costipazione cronica) corrisponde al Tenue e al Crasso. Anche un cambiamento (foruncoli = accumulo di grasso) della parte centrale della fronte è un segnale degli intestini Tenue e Crasso (eccessivamente dilatati). La zona, invece, tra le sopracciglia (solchi verticali, foruncoli: accumulo di grasso) segnala la condizione del fegato. Gli angoli della bocca corrispondono al duodeno. Un cambiamento di colore alle labbra segnala problemi digestivi. Anche la lingua segnala una certa disfunzione (punta: Tenue e Crasso; radice: Stomaco). Nell’estremità esterna delle sopracciglia (viso esterno) si esprime la Milza. Una carnagione del viso color giallastra indica disturbi al fegato, cistifellea, e pancreas.


NB. Le informazioni e le interpretazioni terapeutiche contenute in questo articolo non sostituiscono in nessun modo il parere del proprio medico di base, al quale è sempre doveroso ed indispensabile rivolgersi per la diagnosi e la terapia specifica. Questo articolo pertanto ha valore educativo, non prescrittivo.


Bonipozzi dott. Claudio Tel. 349.1050551 

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