mercoledì 28 settembre 2022

 


PERSONALITA'   DEPRESSIVA (male  oscuro)



tanchezza, delusione, atteggiamento di chiusura verso le cose: sfiducia che affoga la mente … condizione di scarsa reattività mescolata a profonda stanchezza, mente dominata da un continuo rimuginare e persistenti lamenti, pessimismo, autoaccuse, ricerca spasmodica di riscatto e conferme, lettura della realtà completamente irrealistica, iperattività fisica e mentale … un fenomeno che nasce spesso da una routine troppo piatta e porta all’apatia e al vuoto, fino a sfociare nel quadro clinico depressivo … il corpo invia segnali per far capire che qualcosa non va nella propria esistenza: insonnia, stipsi, dolori muscolari, mal di testa, perdita della libido, disturbi alimentari, oppressione al torace, pensieri di morte ... chi sono i “MANDANTI”: una figura di riferimento assente o insufficiente (anche la figura maschile è incompleta o distratta), un incolmabile vuoto d’amore … chi non ha vissuto sentimenti di confidenza, intimità e gratitudine non potrà mai sentirsi degno di affetto, stima e considerazione. 



na sofferenza del tutto involontaria … un vissuto di ricatti, un affetto pagato con il sacrificio e schiacciato da richieste, aspettative, imposizioni … il depresso proprio per il suo infinito bisogno d’amore nei rapporti è petulante, disfattista, insoddisfatto, noioso e passivo: oltre a colpevolizzarsi … è un vero e proprio “demolitore”: ogni cosa sembra perdere senso … è importante mantenere in equilibrio i due emisferi cerebrali (si veda il Test sull’emisfero dominante): le capacità di analisi - sintesi (emisfero sx: razionale) e la creatività (emisfero dx: emotivo) … uno stato utilizzato dal corpo per “fermare” quando l’esistenza non esprime le vere potenzialità, un percorso di vita inadeguato e si rinuncia a se stessi: dice di ritrovare il proprio spazio.

l “male oscuro” segnala un senso di fallimento, una vita vuota, senza entusiasmo e passione, che non piace, spinge ad isolarsi, ad essere sempre in un altro posto (passato o futuro, mai nel presente), annulla autonomia e movimento, odia i rumori e la luce: un vero campione nel procurare tristezza e spegnere la vita.



a depressione, semplificando di parecchio a livello descrittivo e teorico, può essere divisa in monopolare (l'umore è costantemente basso, il ciclo sonno - veglia alterato e importante rallentamento psicomotorio) e bipolare (con toni dell'umore che passa da alti a bassi: sintomi depressivi e maniacali, tristezza delusione e angoscia alternati a euforia, loquacità, irrequietezza e idee di grandezza). Abbiamo anche altre versioni:

Reattiva.

' un tipo di depressione che prima o poi tutti la sperimentano, perché è legata agli eventi della vita (lutto, delusione, fallimento economico, solitudine, malattia). In questo caso è una reazione alla perdita di qualcosa, di qualcuno o di un ideale. Strettamente collegata ad una situazione dolorosa di perdita in conseguenza della quale l'umore crolla verso il basso. Caratterizzata da instabilità emotiva, ansia e insonnia.

Mascherata.


l suo modo di manifestarsi può ingannare, in quanto il malessere psicologico è nascosto da sintomi fisici. Una cefalea persistente, oppure una S.P.M. Dolorosa (sindrome pre mestruale: S.P.M.) spesso nascondono una depressione. L'originalità di questa forma depressiva sta nella difficoltà di riconoscerla. L'atteggiamento relazionale varia a seconda della situazione in cui ci si trova, senza particolari sbalzi d'umore. Le fantasie e i sogni sono rari e legati ad eventi della giornata. Il disagio si avverte con diversi sintomi fisici: insonnia, nausea, dolori all'apparato locomotore e dell'apparato cardiocircolatorio. Il soggetto che ne soffre ricorre continuamente a visite specialistiche ed esami clinici sempre più sofisticati, per avere una diagnosi che diventa impossibile seguendo la strada della patologia organica. Non esistono esami di laboratorio, prelievi di sangue, radiografie o esami istologici che possono aiutare a diagnosticare questo malessere depressivo.

... è un disagio che non si vede ad occhio nudo ... non si vive più in funzione di se stessi ma sempre in funzione dell'opinione altrui ... si giustifica continuamente le proprie azioni e si è sempre accompagnati da un intenso bisogno di essere approvati.

Endogena.

' forse la forma più grave ma per fortuna più rara. Alla base c'è sempre un grave disturbo della personalità che fa sprofondare il soggetto in uno stato malinconico importante e in una apatia catatonica, paralizzante. Il Chakra coinvolto è il sette.

La   Depressione  monopolare

' uno stato emotivo caratterizzato da tristezza, scoraggiamento, disperazione, un abbassamento generalizzato della vitalità e perdita del gusto di vivere: una condizione che influenza la mente, il corpo e il comportamento. La vita appare grigia noiosa, in bianco e nero, priva di sapori, di una trama … davvero insensata, ogni attività diventa un peso, anche quella che un tempo era motivo di entusiasmo e di divertimento ... ore per vestirsi o per prepararsi semplici spuntini. Una trasformazione peggiorativa dell'umore e degli affetti, un pessimismo che porta all'immobilismo o all'irrequietezza accentuata. Diventa faticoso portare avanti le attività consuete elementari e gli atteggiamenti dominanti sono quelli della rinuncia, della preoccupazione e della inadeguatezza … schiacciati letteralmente da piccole responsabilità della vita quotidiana . Per alcune persone diventa uno sforzo persino a mangiare mentre per altre il cibo è un sollievo: ingoiano voracemente di tutto, soprattutto dolci e alimenti ad alto contenuto calorico. I sintomi che dominano questo quadro clinico sono: sentimento di tristezza e pessimismo, scarso interesse per il futuro, svogliatezza e perdita di interesse, chiusura in se stessi, diminuzione dei rapporti sociali, modificazione dell'appetito, alterazione del ritmo del sonno, irrequietezza e diminuzione di ogni attività, difficoltà di concentrazione, di assumere decisioni e responsabilità, senso di inutilità o di colpa, pensieri tetri, di morte o di suicidio. Tale fenomeno mentale acuto, infatti, implica rallentamento del pensiero, diminuzione del senso di piacere (anedonia), sensi di colpa, avvilimento, disperazione, apatia, disturbi alimentari e del sonno. Sensazioni corporee spiacevoli con vere e proprie somatizzazioni … testimonianza fisica della sofferenza (sensazione di vuoto interiore, di oppressione allo stomaco, problemi intestinali)


on solo l'umore costantemente triste è un sintomo rilevatore ma anche le lacrime facili (la commozione arriva troppo facilmente, si piange per un nonnulla), il vuoto mentale (si è assenti, il pensiero vaga senza meta, colmi di sensi di colpa), la svogliatezza (la stanchezza diventa cronica, tutto diventa faticoso) e l'indecisione (ogni scelta, anche la più banale, diventa una impresa titanica). Come abbiamo potuto vedere, il nucleo centrale della depressione consiste in una marcata deflessione del tono dell'umore e solo se alcuni sintomi sopraelencati si manifestano insieme quotidianamente, per un periodo di tempo relativamente lungo, causando disagio notevole possiamo considerarla tale. L'attività mentale (fisica) può essere sia molto accelerata sia rallentata . A volte è presente una agitazione molto fastidiosa in cui sembra davvero impossibile riposare: stare seduti o fermi. Poi si è sempre stanchi e privi di energia: alzarsi al mattino è un'impresa davvero difficile, richiede uno sforzo enorme (iniziare la giornata è un'impresa davvero difficile), sembra di non aver riposato per niente. In queste condizioni non si è in grado di far fronte alle piccole attività domestiche o quelle lavorative: tutto viene trascurato, anche la cura e l'igiene personale perché manca completamente l'energia. L'autostima è sotto terra, l'autosvalutazione non manca mai come ingrediente principale dell'umore basso, ci si sente in colpa per ogni cosa, anche di cose che sono al di fuori delle proprie competenze ... di essere responsabili persino della propria malattia


a mente è a dir poco paralizzata, confusa ed annebbiata, l'attenzione sull'attività lavorativa è inesistente e ballerina, perché i pensieri sono tutti concentrati sul proprio senso di inutilità, di rammarico e di autosvalutazione … è presente una profonda incapacità di futurizzarsi. A volte sembra manifestarsi senza motivi e tanto meno una spiegazione razionale ... pare davvero un'affezione invisibile. Ma per i più attenti non può passare inosservata perché il soggetto è sempre triste, sfiduciato, cupo, senza speranza, non desidera nulla e, soprattutto, perde il senso delle cose. Oltre a sentirsi colpevole e sacrificarsi per ogni cosa, non credere in se stesso, di non valere nulla e con un'autostima completamente azzerata, pensa che nella sua esistenza nulla si possa cambiare e che nessuno lo possa aiutare. Questa è la vera difficoltà per ogni professionista a far uscire il depresso dal proprio "pantano" esistenziale. La depressione trova nell'atmosfera familiare un terreno predisponente. Un buon rapporto con la figura di riferimento sereno, una vera accettazione, una adeguata sensibilità ai segnali del piccolo, allontanano la struttura depressiva. Con tali atteggiamenti di confidenza e di intimità il bambino si sente rispettato, rassicurato ed amato, non avrà nessun dubbio sul suo valore ... può iniziare con sicurezza il proprio cammino evolutivo. Un punto di riferimento assente, rifiutante o insufficiente, scostante, assente, freddo e duro nei modi, inculcherà nel bambino il "sospetto" di non essere amato, indegno di affetto, stima e considerazione ... non rispettando le fasi evolutive il bambino si troverà davanti sempre compiti e situazioni non adeguate alla sua età. Tale fenomeno creerà disistima e una personalità poco solida, convincerà il bimbo di non essere in grado di fare niente, ogni cosa che farà sarà un fallimento e così l'unica cosa che sa fare veramente bene è rinunciare.


nche la figura di riferimento iperprotettiva fa danni simili ... si sostituisce al bimbo bloccando ogni suo azione o iniziativa ... un bambino privato di ogni esperienza diventa insicuro, fragile, inadeguato e incapace. Possiamo concludere sottolineando i principali sintomi che denunciano tale affezione. Il depresso si sente inutile, ha una visione pessimistica della vita e del futuro, rinuncia facilmente e non elabora più progetti. Perde la stima di se stesso, può sentirsi colpevole o svalutarsi (disistima). Non ha più alcun interesse, pensa alla morte, se non al suicidio in maniera ossessiva. I pensieri e le azioni sono rallentati. La memoria è fallace, non riesce a concentrarsi, a prendere decisioni. Il passo è lento e faticoso, il viso fisso e triste. Il movimento fisico lento è spesso mascherato da agitazione e tensione, che esprimono una grande ansia. Altri sintomi, meno specifici, possono arrivare a manifestare una vera depressione: l'abuso di alcol o di tranquillanti, problemi dell'alimentazione - perdita di appetito o bulimia - sonno disturbato, risveglio precoce o insonnia, grande stanchezza al mattino e tende a scemare a fine giornata. In altri casi, la sofferenza morale assume l'aspetto di un dolore somatico: aumento o comparsa i dolori alla schiena, disturbi digestivi, mal di testa, stanchezza cronica. La depressione è allora come abbiamo già visto "mascherata" da uno o più sintomi fisici. Tale malessere continua a persistere malgrado esami clinici spesso particolarmente approfonditi e vari trattamenti sintomatici. In genere scompaiono quando si identifica l'origine mentale, relazionale, affettiva.


ristezza invincibile, deprivazione, abbandoni, perdita traumatica, storie negative di indifferenza, di infelicità e di insicurezza, rassegnazione, stoicismo e autosacrificio, separazioni irreparabili, incapacità di provare piacere (anedonia), mancanza di energia, disturbi vegetativi (sonno, alimentazione): ecco cosa si nasconde dietro il vero dramma depressivo … persone che avendo subito una preziosa perdita hanno una grande necessità di essere “nutriti” emotivamente: troppo sensibili all’abbandono, non tollerano assolutamente la solitudine … si sentono malvagi, poco interessanti, privi di valore, disperati e alla deriva … spesso “gestiscono” le loro sofferenze con vere e proprie attività filantropiche, aiutando gli altri attraverso ammirevoli iniziative sociali, in questo modo - facendo del bene - riescono a tenere sotto controllo il senso di colpa e mantenere in equilibrio la propria autostima … sono, a dir poco, terrorizzati e angosciati al solo pensiero di non essere amati, accettati e rifiutati … Seneca nel suo bellissimo saggio “La brevità della vita” mette in guardia i “filantropi” che se si concentrano troppo nel dare agli altri (per compensare una loro carenza) corrono il rischio di allontanarsi da se stessi, di rimanere senza “risorse”, di perdere la propria identità.


o sapevate che l’olio essenziale di Rosa, oltre a calmare, stimola in profondità le emozioni … utile per “gestire” le arrabbiature (un paio di gocce in un fazzoletto, aspirare l’aroma e via), mentre l’olio essenziale di Neroli aiuta a far emergere quel mondo emotivo che tendenzialmente si cerca di tenere ben nascosto e che dire, in questo particolare stato di stanchezza, dell’olio essenziale di Rosmarino che rende lucidi e più decisi, non meno importante è l’olio essenziale di Melissa che stimola a ritrovare l’amore per la vita, poi c’è l’olio essenziale di Mandarino che porta un senso di protezione e sposta l’umore verso l’asse della serenità.


l trattamento depressivo - facendo sempre attenzione alla funzionalità epatica - passa anche dalla tavola … si combatte e si stabilizza l’umore con cereali integrali (orzo e frumento), assumendo legumi regolarmente (fagioli, soia, lenticchie) e tanta frutta e verdura di stagione (agrumi, broccoli, peperoni, spinaci).

DISISTIMA ... la posizione del "perdente"



a disistima esprime una valutazione di sé in negativo, una convinzione profonda di non avere valore e, soprattutto, di non essere mai all'altezza degli impegni quotidiani: anche quelli più semplici e banali. Un individuo che si considera complessivamente incapace, poco importante e per niente efficiente: regna l'incertezza e domina la sfiducia nelle proprie risorse. Si pensa, in ogni caso, di non meritare, nel mondo, un proprio spazio, il giusto piacere, le normali gratificazioni e il dovuto apprezzamento. La persona che si svaluta in continuazione è prigioniera di se stessa, si avvita su se stessa e pensa di non meritare mai un amore speciale. Fondamentalmente non si accetta, ha paura del rifiuto e della critica, interpreta male le sue stesse esperienze e si aspetta che ogni cosa possa trasformarsi in catastrofe. Vede troppe cose sbagliate in se stessa ed è perennemente spaventata al solo pensiero che gli altri giungano a vedere nel suo intimo, che possano rivelare qualche sua imprecisata e oscura "debolezza". 


pesso questa convinzione si radica a tal punto che diventa realtà. Un soggetto perennemente tormentato dal senso di inutilità e completamente paralizzato dal chiodo fisso di non farcela, per lui, godere della vita, diventa davvero un lusso. E' sempre tenuto al palo nel nome del: "Tanto io non ce la posso fare" oppure "Queste cose capitano sempre e solo a me". Se siamo convinti di non farcela, di non essere abbastanza forti, di essere peggiori o inferiori, si avrà sempre paura di sbagliare e, quindi, prenderà corpo la convinzione di essere inadeguati ed inutili ... si arriverà davvero secondi al traguardo della vita. E' un modo di pensare che, oltre a dare un voto negativo a se stessi, modella completamente l'immagine che si ha della propria personalitàquel che pensiamo di noi stessi secondo una visione fallimentare. Dopo tanto tempo, questo modo di vivere diventa così "normale" che senza accorgercene finisce per essere ciò che vogliamo perché è l'unico stile di vita a cui siamo abituati. Le persone che attivano abbastanza spesso questo modo di pensare - coinvolgendo i soliti circuiti cerebrali - si abituano a vivere meno bene, dal momento che si attendono che le cose vadano male come fossero spinti da una dedizione al fallimento, alla frustrazione e all'infelicità. In tal modo, vengono privilegiati schemi di ragionamento che equivalgono all'attivazione dei soliti circuiti nervosi, cui seguiamo senza mai metterli in dubbio. Questo fenomeno può avvenire, con sfumature diverse, in ogni settore della vita: sociale, educativo, familiare, lavorativo e relazionale. Così, pian piano, si comincia a pensare di essere meno "intelligenti" degli altri e facilmente si cade nell'abitudine di prendere dalla vita solamente il minimo di ogni cosa e di aspettarsi molto meno del dovuto ... giudizio distorto prodotto dalla propria insoddisfazione e tenuto in vita da un povero concetto di sé. Chi è in questo stato emotivo critica gli altri, si lamenta del mondo intero, si chiude in se stesso, si butta a capofitto sul lavoro (non perché è "bravo" ma per impressionare e farsi accettare), si profonde in continue scuse e non ride mai. L'immagine che abbiamo di noi stessi si forma lentamente e sottilmente attraverso un'intera storia di accettazione e di rifiuto di cui facciamo esperienza nel crescere. L'immagine "povera" è modellata dal tempo, generalmente non siamo consapevoli di ciò che è o di come ci predispone a guardare noi stessi o il mondo circostante in cui dobbiamo vivere (quando il mondo diventa un posto infelice è perché siamo infelici noi!). Una volta che questa immagine si è consolidata, facciamo ben poco per essa tranne giustificare le nostre percezioni, i nostri comportamenti, i nostri giudizi e noi stessi. Facciamo ciò anche se siamo infelici … come se avessimo inserito il pilota automatico.


a disistima, inoltre, a seconda della sua gravità, influenza il corpo con somatizzazioni che vanno dal mal di pancia al mal di testa, dalle vertigini al malessere cutaneo.
Cosa fare. La disistima, sappiamo, è diffusa come un comune raffreddore, ma è più difficile a riconoscersi e a guarirsi ... grazie a quel famoso meccanismo difensivo che sono sempre gli altri ad essere "strani" (il primo passo verso il benessere, infatti, è proprio quello di riconoscere la necessità di un cambiamento). Una disposizione interiore che spinge ad agire in un certo modo e che diventa la vera causa di turbamento. Non esiste una formula immediata per ottenere un migliore benessere, ma ci sono alcune cose che possiamo fare e che ci indirizzano verso un adattamento più vantaggioso. Non si tratta di essere presuntuosi o vanagloriosi, ma semplicemente non ci si deve svalutare … è meglio valutarsi sempre un pochino in più (a proprio favore) piuttosto che denigrarsi. Sbarazzarsi, inoltre, dell'ombra onnipresente di inutilità depositata dentro di noi, con l'aiuto magari di uno psicoterapeuta, è un altro passo fondamentale. Non dobbiamo poi dimenticare che godere appieno la vita migliora l'immagine che ci facciamo di noi stessi.


ì, è vero, la depressione non arriva mai con “trombe e tamburi” ma prima di travolgerci vuole attenzione, si annuncia con “delicati” e silenziosi segnali come: apatia, noia, stanchezza, anedonia, perdita di interessi, fragilità emotiva, malessere diffuso, facilità a contrarre malattie, quello che si fa appare senza senso, difficoltà a prendere decisioni … ATTENZIONE, se diventa uno stile di vita, opporsi a questi segnali preziosi o ignorarli completamente la rendi più forte, diventa - indebolendoti e togliendoti ogni energia - la sola protagonista della tua vita.

SUICIDIO … quando la morte diventa l’ultima salvezza


a depressione impedisce di essere risoluti nell’affrontare le problematiche quotidiane: così si accumulano infiniti “fallimenti” … la costanza non è il suo “forte”, basta un piccolo ostacolo per abbandonare tutto: magari anche una buona terapia … ricorda, c’è sempre una luce in fondo al buio più scuro.




volte ci si può sentire senza speranza per il futuro e, quindi, si vorrebbe scomparire, morire per non doverlo affrontare. Le forme leggere di ideazione suicidaria comprendono, infatti, il semplice desiderio di scomparire, di non risvegliarsi all’indomani, di essere vittima passiva di un crimine o di un incidente. In generale, per fortuna, il tutto finisce qui, non ha un seguito funesto, ma qualche volta purtroppo queste fantasie vanno oltre e il soggetto si concentra ossessivamente sulla realizzazione di tale gesto; il passo successivo consiste nel dare inizio a un rituale, a una serie di preparativi che portano a togliersi volontariamente la vita. E’ l’unica condotta distruttiva in cui aggressore e vittima s’identificano. Anche se il suicidio è una scelta estrema, ci sono sempre segnali (atteggiamenti, modi di pensare, comportamenti) che anticipano tale fenomeno, è inutile dire che il tutto è stato improvviso, tutto funzionava a “meraviglia” e che non c’era assolutamente niente di inconsueto ... non è vero! 


lcuni individui, per fortuna, sono talmente spaventati dei propri pensieri suicidari che sono spinti a cercare un aiuto qualificato. Altri, al contrario, sono talmente confortati dall’idea che la morte sia l’unica “salvezza”, che diventa un asso nella manica per sfuggire alla sofferenza e alla profonda disperazione. A differenza di quanto accade per altre patologie organiche (diabete, tumore, polmonite, ipertensione) non esistono purtroppo esami clinici, prelievi di sangue, culture batteriche, radiografie che possano aiutare ad anticipare il suicidio. In questo particolare periodo storico la percentuale dei suicidi si è quasi triplicata tra gli adolescenti, giovani adulti e anziani. Non esiste al momento nessuna teoria che presa singolarmente possa spiegare tale fenomeno e le statistiche ufficiali sono spesso inesatte e confuse; molti e svariati disturbi psichiatrici possono culminare nel tragico gesto autosoppressivo. La cosa certa è che tutti gli individui che si uccidono, nei mesi precedenti al tragico gesto, sono passati attraverso situazioni di grave crisi: divorzio, disavventure economiche, difficoltà legali e professionali, cambiamenti di attività lavorativa, pensionamento, nascite indesiderate, instabilità della vita moderna. Non è da sottovalutare, come ulteriore fattore di rischio, un conflitto intenso e protratto nel tempo con i membri della famiglia o con altre figure ritenute importanti dal punto di vista affettivo. Il significato varia a seconda della civiltà e la personalità dei soggetti. Spesso il suicidio viene messo in atto come rivalsa o vendetta “soddisfacente” nei confronti dei genitori oppure, in maniera analoga, il partner può essere, paradossalmente, il bersaglio del suicidio. 


n alcune culture può essere comandato da una credenza (sacrificio, suicidio d’onore). Può trattarsi anche di un gesto logico, quando il soggetto è convinto che non c’è nessun altro modo per sfuggire ad una situazione che giudica senza soluzioni. Ma quasi sempre, se non si è sotto l’effetto di droghe, è connesso ad un disordine psicologico particolarmente importante. Alcuni non ce la fanno più, non riescono a pensare in maniera razionale oppure provano sentimenti di vergogna, di solitudine e di abbandono. Si verifica di frequente nei temperamenti melanconici, nelle persone affaticate in preda ad una profonda depressione, nei deliri di autoaccusa, negli stati allucinatori. I pensieri suicidari, contrariamente a quello che si pensa non sono ereditari, scaturiscono da una potente distorsione cognitiva determinata da una forte depressione: il futuro sarà doloroso e tetro come il presente, si perde la realtà dei fatti, tutto si colora di grigio scuro. Il rischio di autosoppressione è più alto quando si comincia a stare meglio e non quando si attraversano i momenti di disperazione profonda: quando si sprofonda nella sofferenza e si è nel culmine della depressione non si ha la forza necessaria tanto meno la prontezza decisionale necessaria per darsi la morte; man mano che il soggetto migliora, invece, anche se è privo di lucidità, sviluppa energia per realizzare il gesto folle. 


ssere comunque consapevoli di non avere una visione realistica delle situazioni, di avere la capacità di pensiero compromessa dalla patologia, di vedere le cose peggiori di quanto non siano in realtà può sicuramente salvare la vita. Una cosa fondamentale è che quando si ha un familiare con queste problematiche non si può affrontare la situazione da soli (l’aiuto dello specialista è fondamentale). Disponibilità, affetto e comprensione purtroppo non bastano a proteggere le persone con tendenze suicide. Le persone con condotta distruttiva, il più delle volte, sono completamente esaurite dalle loro sofferenze e dalle loro emozioni al punto tale che non sono in grado di apprezzare quanto c’è di buono nella loro vita o di concentrarsi, magari, sui sentimenti di chi li ama. Proprio per queste ragioni è opportuno non elargire consigli banali ed evitare di elencare una lista di buoni motivi per continuare a vivere. Mai criticare o esprimere sentimenti di valore, soprattutto non dare assicurazioni che si sentirà sicuramente bene tra non molto; risulta più produttivo suggerire soluzioni o alternative ai vari problemi, incoraggiando azioni positive e realistiche. Un individuo che abbia più volte manifestato intenzioni suicide non dovrebbe accedere ad armi di nessun tipo. Anche se non agisce in forma terapeutica, ma crea sicuramente un contatto, è opportuno tenere sempre a portata di mano una rosa di numeri telefonici del pronto soccorso, del medico o quello del servizio di emergenza per suicidi; anche un elenco di familiari in grado di dare appoggio immediato può risultare utile e vantaggioso.


LA  TENTAZIONE  ESTREMA … il suicidio adolescenziale




a seconda metà del ventesimo secolo vede svilupparsi, in tutti i paesi industrializzati e non, un fenomeno a dir poco inquietante: un numero sempre crescente di giovani mette la propria vita a repentaglio, e questo in proporzioni mai raggiunte. Tale gesto, in alcune aree geografiche supera gli incidenti stradali come numero di decessi annuali (gli incidenti stradali e il suicidio rappresentano oggi le due cause principali di morte giovanile). Questa situazione paradossale colpisce e disorienta tanto più in quanto contrasta nettamente e dolorosamente con la felice considerazione secondo cui, in questo “fantastico” periodo storico, il confort materiale e le aspettative di vita non hanno mai conosciuto un simile benessere (progresso). Ogni suicidio o tentato suicidio è sicuramente espressione di una vicenda drammatica che si concretizza sulla scena di una profonda disperazione interiore. Il dramma del suicidio adolescenziale, sempre complesso ed enigmatico, oltre a sfuggire in gran parte alla coscienza stessa del soggetto, si intreccia e si presta continuamente a svariate spiegazioni: fattori personali, familiari, malattia, precarietà delle condizioni sociali, perdite affettive, convinzione di essere trascurati o abbandonati, percezione di un’immagine alterata di sé nello sguardo altrui


nche comportamenti patologici, però, rigorosamente connessi fra loro come etilismo, tossicomania, bulimia e anoressia, possono essere una ulteriore tentazione all’azione estrema. Nonostante vi siano diverse ipotesi interpretative, un’infinità di moventi possibili, rimane sempre, in ogni caso, impossibile identificare a posteriori una causa scatenante univoca. E’ bene comunque precisare, proprio per evitare preconcetti particolarmente diffusi, che nessun fenomeno sociale (o psichico) preso singolarmente (isolatamente) può rendere conto o spiegare completamente tale comportamento autosoppressivo. Infatti, un evento doloroso può rappresentare, come in qualsiasi altra persona, un fattore scatenante o aggravante, ma mai la causa esclusiva di un gesto suicida. Ciò che deve essere preso in esame sono le dinamiche globali (specifiche di questa età non solo di sofferenza ma anche di sviluppo) di un mondo psico – sociale pieno di conflitti ed in continua trasformazione. La cosa certa è che prima di passare all’atto, come ogni essere umano in pericolo, il giovane lancia segnali di sconforto (anche di rottura: fuga, nervosismo con esplosioni improvvise, insonnia, violenza, ubriachezza) difficile quasi sempre, purtroppo, da decodificare. Il segnale (non completamente esplicito, a volte veramente incomprensibile) è sempre mascherato perché il giovane teme in maniera esagerata la critica, magari di non essere capito completamente da parte di un adulto e, quindi, deriso o addirittura di essere considerato pazzo. Lo sviluppo e l’estendersi, pertanto, di questi segnali indicano non la certezza ma, sicuramente, un alto rischio di passaggio all’atto. Sapere comunque che una certa inquietudine e profondi sconvolgimenti psicofisici danno vita ad una adolescenza movimentata non significa per questo che certe sofferenze non possano essere contenute, superate e risolte. 


ontrariamente a quello che si pensa, proprio perché è un processo evolutivo anche costruttivo e non solo di sofferenza, molti giovani in crisi riescono (a volte da soli, altre volte con i genitori oppure con un esperto che conosca perfettamente le dinamiche emotive dell’adolescente) ad uscire rinforzati da tale situazione di smarrimento. Un altro aspetto significativo negli adolescenti che tentano il suicidio – pur essendo sempre un atto patologico – è quello di non appartenere ad un quadro clinico particolarmente grave. E’ raro, infatti, trovare la vera “follia psicotica”; è presente, sicuramente, un meccanismo psichico morboso privo, però, di analogie con il disturbo mentale. E’ indubbio, comunque, che molti di essi presentano - più frequentemente di quanto in genere non si pensi - disturbi accentuati di natura ansiosa e depressiva da richiedere, a volte, immediate cure specialistiche. Tali condizioni tuttavia, molto spesso, vengono sottovalutate (non sempre sono percepite come segnali d’allarme che precedono la crisi) ed etichettate grossolanamente come momenti passeggeri stressanti piuttosto che angosce e sentimenti depressivi profondi. Questo atteggiamento non solo è dannoso per la reale presa di coscienza di questo problema ma, soprattutto, perché esclude un adeguato e tempestivo consulto medico – psicologico. 


osa fare. L’incomunicabilità, il malessere, l’estraneità del proprio corpo, i rapporti conflittuali in famiglia sono stati d’animo cui tutti gli adolescenti, in misura più o meno intensa, volenti o nolenti sperimentano, inevitabilmente, durante il loro percorso evolutivo. Ma in alcuni casi, purtroppo, la strada travagliata verso quella età definita “adulta” conosce anche comportamenti lesivi ed autolesivi, che vanno dalle fughe, le condotte violente, la tossicodipendenza fino alla tentazione estrema di togliersi la vita. Gli stessi adulti, il più delle volte assistono impotenti ed increduli a questi drammatici lenti naufragi, senza sapere come affrontare il problema che, per nessuna ragione, si dovrebbe drammatizzare ma nemmeno banalizzarlo. In questo modo è necessario mettere a fuoco (discutere) le dinamiche interpersonali senza eccessive ed inutili colpevolizzazioni: ascoltare senza esprimere giudizi di valore e nemmeno esercitare volontà di censura, ma nemmeno una eccessiva e distruttiva condiscendenza. In breve, valutare con estrema lucidità la possibilità di un intervento personale o la necessità di un intervento qualificato e specialistico. In presenza di manifestazioni particolarmente drammatiche, gli adulti non devono rimanere inerti. Nessun ragazzo in difficoltà sarà sorpreso (o rifiuterà) se gli si comunica l’inquietudine suscitata dal suo comportamento o dalle sue parole. 


splorare i fattori critici, le origini, evidenziare i segnali d’allarme che precedono le crisi, illustrare le tipiche reazioni dell’ambiente familiare non può far altro che stimolare nuovi modelli di relazione, instaurare un nuovo clima di confidenza comunicativa e salutare distanza. Una problematica complessa come quella del suicidio adolescenziale non può accontentarsi di risposte semplicistiche. Il compito principale, pertanto, sarà quello diaccompagnare(condurre) l’adolescente a scoprire (cogliere) il significato della sua drammatica sofferenza: si possono trovare soluzioni solo su ciò che si è compreso. In questo modo, sapere di che cosa si soffre non soltanto placa l’angoscia che ne deriva, ma soprattutto fornisce efficaci alternative alla rassegnazione e alla disperazione.



Quando il figlio ha un disturbo depressivo


na credenza piuttosto diffusa tra gli adulti, naturalmente erronea, è che l’adolescenza sia un mondo incantato, fiabesco, al riparo dalle insidie, in cui regna la felicità più assoluta. Non dobbiamo mai dimenticare che lo sviluppo di una personalità ben riuscita è sempre in funzione di un ambiente morbido e ovattato … mai ruvido e rumoroso. Purtroppo le sfide tipiche di questo periodo evolutivo - gestire e imparare a controllare i propri impulsi, apprendere infinite norme elementari di vita, separarsi dai genitori, diventare autonomi, sviluppare rapporti interpersonali - non sono facili e qualsiasi adolescente, nel gestire questi momenti critici, può manifestare sofferenza e problemi comportamentali significativi (apatia, iperattività, distraibilità, irregolarità, timidezza, ostinazione, sensibilità). La tempestività nell’individuare tali difficoltà e, quindi, un trattamento appropriato è, come per l’adulto, fondamentale nel prevenire complicazioni future e nel supportare l’adolescente nel suo percorso difficile verso l’età adulta; come negli adulti anche nei giovani un trattamento adeguato migliora il decorso. 


ei bambini i tratti depressivi possono interferire con lo sviluppo della personalità e l’acquisizione delle abilità sociali fondamentali. Gli eventi negativi e la profonda sofferenza in giovane età sono in grado di influire sull’autostima, sul concetto di sé in modo tale da rendere l’adolescente più vulnerabile nei confronti della depressione per tutta la vita. Per i genitori e gli educatori, spesso, se non hanno un’esperienza e una conoscenza diretta del fenomeno, risulta difficile collocare la sintomatologia in un preciso periodo evolutivo oppure attribuirla ad un tratto depressivo patologico. Come capita agli adulti, anche gli adolescenti non sono immuni a sbalzi d’umore. Benché alcuni sintomi depressivi, come ad esempio sentirsi tristi, malinconici e giù di morale, siano piuttosto comuni nei giovani, il vero quadro clinico depressivo è più intenso, più persistente, decisamente più invalidante e, senza dubbio, molto più grave. Questa condizione clinica ha sue modalità espressive specifiche in base all’età evolutiva: un bambino della scuola materna può perdere interesse per l’attività ludica, diventare apatico e piangere con estrema facilità, un alunno della scuola elementare può isolarsi dai familiari e dagli amici, avere difficoltà scolastiche, essere sempre triste e demoralizzato; l’adolescente, invece è scontroso e polemico con gli adulti in genere (insegnanti, genitori), rifiuta responsabilità e compiti scolastici, trascura amicizie, diserta gli sport o altre attività che prediligeva. 


ra i più piccoli, i più significativi campanelli d’allarme che preannunciano i tratti depressivi sono gli eventi negativi della vita, quali il divorzio dei genitori, deprivazioni, violenze e lutti. Mentre tra i ragazzi più grandi esiste una diversa vulnerabilità altrettanto importante: quale la capacità cognitiva di gestire ed interpretare autonomamente ciò che accade. I soggetti che tendono a colpevolizzarsi perché si ritengono stupidi (collegano il proprio profitto scolastico non all’impegno scarso ma sempre alla loro mediocre capacità, anche quando hanno un’intelligenza molto profonda) o quelli pessimisti, convinti che il futuro riserverà loro solo esperienze negative, sono destinati a sviluppare depressione. Questi soggetti, a prescindere dall’età, sono particolarmente irritabili ed estremamente autocritici. Come avviene nel mondo degli adulti, le cause depressive nei giovani sono complesse e, soprattutto, ci sono fattori diversi che esercitano una certa influenza a seconda dell’età. A volte tale disagio si manifesta in seguito a uno stress prolungato, di estrema gravità o a una perdita traumatica, esperienze che non lasciano scampo, portano a profondi sentimenti di impotenza e disperazione. La depressione si sviluppa comunque in coloro che, sin dalla più tenera età, sono stati sotto la dipendenza degli altri; in essi predominano i successi facili perché sono sempre sotto la completa protezione di figure di riferimento. E’ un insieme di sentimenti di tristezza, disperazione, perdita nel vero senso della parola del gusto di vivere. I depressi tentano sempre di appoggiarsi agli altri e di forzarli a sottomettersi a loro, facendo delle allusioni esagerate riguardanti la loro personale incapacità. E’ il caso di chiedere un aiuto qualificato per il ragazzo quando sono presenti, in maniera continuativa, i seguenti atteggiamenti o comportamenti: non ha più nessun interesse per le cose che un tempo preferiva, è sempre triste, demoralizzato, annoiato e irritabile, il peso corporeo è altalenante, agitato e irrequieto, si isola in maniera continuativa, il profitto a scuola è scadente, si finge malato per non andare a scuola o a qualche attività sportiva, polemizza su tutto, piange spesso per cose futili, dorme molto più del solito e si alza stanco, manifesta frequentemente sentimenti di disperazione. 


a psicoterapia individuale rappresenta il trattamento principale della depressione nei bambini e negli adolescenti. Tale metodica terapeutica mantiene un ruolo fondamentale nell’ambito della cura non solo perché aiuta i giovani ad affrontare le eventuali problematiche psicologiche che hanno contribuito a determinare la depressione, ma anche perché insegna loro ad elaborare varie strategie per far fronte al malessere in maniera efficace. Il segreto principale in questa sofferenza e in queste dinamiche conflittuali, è che lasciarsi andare passivamente agli eventi della vita non è necessario sforzarsi, ma per riprendere il comando, per risollevarsi ci vuole invece molto impegno: questa è la differenza essenziale tra fare e non fare … fra vivere e sopravvivere.


Oggi vedo nero ... 


a depressione arriva quando nell’esistenza è svanito ogni desiderio e smarrito il piacere del vivere: dice che bisogna cambiare rotta, rigenerarsi, ripulire il cervello, spazzare via vecchie abitudini … irrompe nella vita per far scattare la voglia di “ripartire”, “rinascere”: chiede una nuova vita … senza interessi diventa una potente spinta alla rinuncia che consuma esageratamente vitalità e pietrifica la mente … può mascherarsi nella stanchezza (anche le cose piacevoli di un tempo diventano stressanti e noiose, ogni gesto è caratterizzato da apatia e sconforto: la vita annoia) o nell’iperativismo (per non ascoltare le proprie paure, si scappa da se stessi) … accelerazioni cardiache che tolgono il respiro, un dolore alle ossa che ripiega su se stessi e improvvise fitte all’intestino: con una visione più realistica, diversa di se stessi il corpo fa pace, smette di prendersi carico delle cose che non vanno: il personaggio finto che ci si è messo in testa.


omenti di disagio, di infelicità o di profonda tristezza sono eventi che si verificano continuamente nella vita quotidiana, ma quando questi sentimenti hanno una certa continuità e predominanza (settimane, mesi, anni), impedendo alla persona di tornare a sorridere alla vita, potrebbero rilevare la presenza di uno stato depressivo. E’ un’alterazione significativa del tono dell’umore, un fenomeno che influenza mente, corpo e comportamento. Si ha l’impressione di aver perso il “filo” della propria esistenza: qualsiasi avvenimento si prospetta come problema, non si sa scegliere e anche quando lo si fa, rimane il dubbio di non aver fatto la scena giusta. Tra i sintomi rilevatori troviamo profonda tristezza, isolamento, inappetenza o fame morbosa, mancanza di energia, affaticabilità o senso di spossatezza, senso di colpa, perdita di piacere o d’interesse in attività prima gradite, difficoltà di concentrazione, trasformazione peggiorativa dell’umore e degli affetti. In queste condizioni diventa davvero difficoltoso portare avanti le normali attività quotidiane e gli atteggiamenti prevalenti sono quelli del non fare, della rinuncia, del pessimismo, della preoccupazione e dell’inadeguatezza. Tale stato, spesso, è accompagnato da sensazioni corporee spiacevoli, ovvero una testimonianza fisica della sofferenza depressiva (vuoto interiore, oppressione allo stomaco, problemi intestinali e digestivi, riduzione della salivazione).
 

a depressione reattiva, dura in genere qualche mese, poi regredisce. Con la ripresa, la mente e il corpo tornano alla normalità. All’inizio è presente solo una vaga sensazione di debilitamento psico – fisico. L’organismo per l’impulso di sopravvivenza cerca di reagire al dolore. I neurotrasmettitori (serotonina), inviando segnali elettrici da una cellula nervosa all’altra, attivano alterazioni neuronali capaci di influire sui comportamenti. I soggetti - sopraffatti dalle difficoltà, stress, delusioni, tradimenti e abbandoni - si chiudono in se stessi, rimandano impegni, appuntamenti ed evitano di prendere decisioni. Spesso il depresso si colpevolizza sentendosi, da meno degli altri oppure, peggio ancora, un enorme peso. Manca veramente la voglia di uscire, incontrare gente, fare nuove esperienze: è un misto di paura e senso di impotenza di fronte alle piccole e grandi prove della vita. Insoddisfazione e malinconia sono impressi sul viso, tra l’altro, perennemente imbronciato. Si trascina in continuazione senza trovare nulla che valga la pena di fare, la fiamma sessuale e le fantasie erotiche calano fino a spegnersi. Mentre i sensi di colpa si impossessano della mente come un tarlo che rode ossessivamente dando origine ad una feroce ed estenuante autocritica. Persino le funzioni fisiologiche appaiono rallentate. L’attività intestinale si va pian piano riducendo, come se il corpo volesse trattenere per sé quelle poche risorse (energetiche) rimaste. 


l cuore si gonfia di profonda tristezza, insoddisfazione e malinconia generando quell’insostenibile pesantezza del vivere. Il sonno spesso eccessivamente ricercato, diviene un alibi perfetto per non affrontare gli impegni della vita. I muscoli, poi, doloranti, se non bloccati, diventano gli “alfieri” della radicale opposizione al cambiamento. Il depresso è sconvolto dai ricordi, dalle critiche a ciò che ha fatto, dalle parole che ha detto, dalle occasioni che non ha mai sfruttato al meglio, dai rimpianti e dai lamenti: tende, infatti, ad invischiarsi in ricordi da cui non sa liberarsi o nostalgie di un tempo che mai più tornerà. L’umore nero altro non esprime che la perdita assoluta di speranza, di creatività e di rinuncia alle aspirazioni sembra che il soggetto stia espiando, sia alle prese con una profonda penitenza. E’ immerso in una sorta di torpore, di apparente catalessi: un segnale che si sta rinunciando alla vita. La depressione, spesso, trova terreno fertile quando si è intasati di inutili pensieri e sensi di colpa che portano fuori strada. Lo stato depressivo, paradossalmente, costringe a separarsi da un mondo che si sente vuoto, individua un palcoscenico di manichini e di modelli di vita fasulli. Non essere più interessati alle solite cose che stanno attorno; un disagio che, chiudendosi in se stessi, allontana dalle cose futili, con l’intento di fare ritrovare la propria vera identità. In breve, allontanarsi da tutto perché si è appesantiti da un fardello di cose inutili a cui si è impropriamente attaccati. 


volte, in certe forme, la depressione può essere un grande alleato in quanto allontana il soggetto da eventi esteriori che non permettono di trovare il vero senso della vita. Cosa fare. I trattamenti efficaci contro la depressione sono tantissimi ed è facile avere le idee confuse. Il primo passo, comunque, nel controllare questo malessere è sapere: la depressione non va vinta, come molti pensano, con le proprie forze, il coraggio e con buona volontà. E’ fondamentale, inoltre, avere presente che qualsiasi forma depressiva, se si interviene nel modo giusto, guarisce. Gli obiettivi di alcune metodiche terapeutiche, sono di riconoscere le distorsioni di pensiero e della percezione alla base dell’umore depresso e, nel contempo, di individuare i comportamenti che lo rinforzano. Gran parte del tempo di un depresso è occupato da pensieri tristi connessi alla propria condizione, a se stesso e al futuro che lo attende; si sente inutile, in colpa, deprecabile, noioso e destinato ad una vita infelice. Tale stato è indotto proprio dalla condizione depressiva, che influenza e distorce i pensieri e il modo di vedere gli eventi per cui ogni fatto, commento, sensazione, è vissuto come una conferma tangibile della propria inadeguatezza. L’obiettivo principale sarà quello di acquisire una prospettiva più ampia, un diverso punto di vista sul problema, e considerare i “pensieri automatici negativi” in maniera realistica: distorsioni cognitive della realtà prodotte dalla depressione. Un altro aspetto fondamentale è interrompere il circolo vizioso di inattività e perdita di piacere nelle cose; spezzare questa sequenza di disperazione e restituire il controllo della coscienza.

spesso passa inosservata perché si mimetizza nella stanchezza (la giornata si riempie di pensieri tristi, noia, fatica, apatia, disinteresse, sconforto … con i soliti percorsi psichici il quotidiano si colora di scarso entusiasmo e poca iniziativa) e nell’iperativismo (si ha paura, di entrare in contatto con se stessi, le proprie angosce, di percepire quel vuoto incolmabile … troppa ansia, tanta esuberanza, azioni del tutto inutili, falsa vitalità e eccessiva allegria perché possa essere vero ).


TRISTEZZA  … la grande oppressione


a tristezza è uno stato d’animo variabile e davvero singolare: un grigiore malinconico paralizzante, una nube completamente scura che offusca e allontana anche i momenti più belli, una visione della vita in bianco e nero che, lentamente, giorno dopo giorno, si impossessa dell’esistenza umana in maniera subdola, devastante e, il più delle volte, in forma stabile. Una vita apparentemente senza senso, senza speranza, una sensazione di invisibilità, di impotenza, di trascuratezza, di grande rassegnazione e, soprattutto, segnata da una felicità incerta o piuttosto fugace. I riti forzati e le abitudine quotidiane, oltre a preparare un terreno per la disistima, spengono e pietrificano la mente tormentata. E’ una condizione di sofferenza, passeggera per i più fortunati, di grande prostrazione psicosomatica connessa a delusioni e a situazioni negative vissute sempre in tempo reale (la tristezza si affaccia quando la vita procede su un binario che non tiene conto delle esigenze reali… una rinuncia a vivere). Il morale è completamente a terra, appesantito da continue rinunce e da un pensare negativo che, paradossalmente, diventa l’unico conforto: l’agire pessimistico è talmente radicato che non si intravede all’orizzonte nessuna via d’uscita a questo dolore prolungato. Lo stato di abbattimento affettivo, opprime profondamente l’esistenza e quei pochi comportamenti “finti” realizzati, in contrapposizione alla spontaneità, sono intrisi di insoddisfazione, stanchezza cronica e di profonda apatia. Tale sentimento, comunque, pur ostacolando le normali attività quotidiane, a differenza della depressione vera e propria che isola completamente il soggetto dal suo ambiente, non impedisce di vivere una vita più o meno normale: le cose sono realizzate con fatica, accompagnate sempre da un senso di infelicità, inutilità, amarezza e pessimismo. 


n dramma che spesso emerge quando il vissuto è costellato da continue delusioni e, a livello sociale, ci si ostina a tenere in vita rapporti sbagliati, soffocanti che mortificano la propria personalità perché vissuti con un senso di estraneità e di distacco (dire sempre “” favorisce le relazioni malate); si è perso, da tempo, il piacere della relazione, dell’autonomia e il senso vero dell’autenticità. Si perde il comando della propria esistenza, si diventa gregari, non più protagonisti ma solo comparse della propria vita, lasciando in tal modo che il “personaggio fasullo” che si incarna decida e prenda il sopravento nella guida del proprio destino: lentamente, per il quieto vivere, per la paura di sbagliare, si sta rinunciando alla vita e ai propri desideri, lasciando il comando a quel “censore” interno che pilota i vari comportamenti, al proprio “stile di vita” o a un modello di vita rigido disegnato da altri. Quante idee e convinzioni, infatti, non ci appartengono in maniera genuina, ma piuttosto arrivano dall’interiorizzazione di dettami dell’infanzia. Quando finisce l’infanzia, però, questi dettami non sono “evaporati” ma inesorabilmente si sono concretizzati in stili di vita, modi di reagire e schemi mentali (tratti che caratterizzano la personalità, unica ed irripetibile). La sofferenza di chi è triste è talmente evidente, palpabile e visibile che per i non addetti ai lavori, i termini “tristezza” e stato “depressivo” sono diventati praticamente sinonimi. Nonostante il soggetto abbia la sensazione di essere colpito pesantemente dal “malocchio”, di essere sfortunato, angosciato dal male e dall’ingiustizia, difficilmente manifesta in maniera spontanea un sentimento di rabbia o di frustrazione: non esprimersi mai e non cancellare ogni negazione dal proprio linguaggio verbale indebolisce e fa ammalare (spegnendo la vita si tiene a bada anche la rabbia). La persona triste, paradossalmente, suscita facilmente negli altri grande ammirazione e particolare simpatia. Ciò è dovuto al fatto che essa, proprio perché difficilmente esprime sentimenti di rabbia e giudizi di valore, appare in ogni momento generosa, sensibile e comprensiva verso le manchevolezze altrui. 


ome la psicosomatica insegna, anche il sentimento di tristezza può influenzare il corpo (spia del malessere). Uno stato emotivo piuttosto intenso, infatti, se non ascoltato, può caricare di stress l’organismo e impedire, attraverso uno squilibrio bio – chimico, all’organismo di funzionare come dovrebbe realmente. Quando l’umore diventa ballerino, infatti, sarà il corpo a farne le spese attraverso: l’apparato muscolo – scheletrico (mal di schiena, cefalea), l’apparato cardiocircolatorio (tachicardia, ipertensione), l’apparato respiratorio (asma, raffreddori frequenti), il dolore allo stomaco (ulcera), il calo del desiderio sessuale (impotenza generale), il sistema immunitario (più esposti a malattie). Cosa fare. Il benessere (la voglia di vivere) si ritrova facendo leva su quel gigantesco serbatoio di risorse interiori che ognuno possiede e a cui, stranamente, non si presta mai abbastanza attenzione (si è incapaci di attingere): desiderio, passione, divertimento, piacere. Quando ci si sente sfortunati, spenti, colpiti da una perdita, delusi o vittime di una ingiustizia immotivata, lasciarsi coinvolgere in qualcosa che dia veramente una svolta e un senso alla vita è la prima strategia comportamentale da mettere in cantiere (da soli quando il fenomeno è leggero o, se si vuole, con uno psicoterapeuta quando la situazione è piuttosto significativa, confusa ed invalidante). Si ricorda, inoltre, che la condizione di tristezza non può essere cancellata magicamente con il “pensiero positivo” o con la “forza di volontà”, perché se il processo razionale è errato o disturbato anche il suo prodotto porta inevitabilmente a conclusioni fuorvianti e di sofferenza. 


lla larga, quindi, dai saccenti improvvisati che con qualche suggerimento o metodica terapeutica estemporanea garantiscono, col rischio di cronicizzate il fenomeno e creare più danni con facili soluzioni. Sarà inoltre fondamentale - proprio per evitare di intasare ulteriormente il cervello di inutili detriti e, quindi, riappropriarsi dell’immagine più autentica di se stessi – eliminare, attraverso interventi specifici, tutta quella zavorra mentale superflua come ad esempio le parole vuote che non dicono nulla e servono solo a riempire dei momenti esistenziali insignificanti, gli incontri banali e faticosi che non danno alcuna soddisfazione, gli impegni eccessivi ed inutili che portano dritti a frustrazioni continue. Attenzione anche alle abitudini, ai ruoli fissi e agli schemi mentali che calcificano il cervello e portano lentamente alla tristezza più profonda. Tutti atteggiamenti che non permettono al soggetto di cavalcare l’onda del benessere, di occupare uno spazio importante nel mondo esistenziale lasciando in esso un’impronta unica e speciale che fa sentire davvero bene… colorare di piacere ogni momento della giornata: non più persona qualunque ma regista della propria vita.

pare che i disturbi depressivi, borderline, dipendente ed istrionico siano riscontrabili nelle donne, mentre quelli schizoide, paranoide, antisociale, narcisistico e ossessivo sia riconducibili al sesso maschile … le donne inoltre tendono ad attribuirsi le colpe di ogni cosa, mentre per l’uomo sono gli altri i responsabili.


Buone notizie … sul   “Male oscuro

l quadro clinico depressivo non è, come spesso ritenuto, un banale e semplice abbassamento dell’umore ma un insieme di sintomi più o meno complessi che alterano anche in maniera evidente il modo in cui il soggetto ragiona, pensa, raffigura se stesso, percepisce gli altri e, soprattutto, l’ambiente circostante: uno stato che toglie qualsiasi forza di reazione. Sembra che niente possa scuotere queste persone, nulla riesce a spronarle: sono bloccate nel passato e incapaci di formulare progetti per il futuro (non “vogliono” aiutarsi o farsi aiutare). La manifestazione più evidente è la caduta della vitalità, accompagnata da una riduzione della fiducia in se stessi, pessimismo e senso di colpa. Il depresso si caratterizza per la sua incomunicabilità, quasi sempre sgradevole e accusatoria. Una profonda abulia si impossessa del soggetto, scarsa reattività, immobilità, rigidità, ritualità anticreativa, mancanza di gusto per la vita, squilibri affettivi sono all’ordine del giorno e, nei casi più gravi, sono espressi atti violenti contro se stessi e gli altri. I sintomi, comunque, includono sensazioni di inutilità, inadeguatezza, isolamento, rancore, solitudine e disperazione, spesso associate a perdita di interesse nel lavoro o nella vita familiare, a disturbi cognitivi e, nelle situazioni più significative, di profonda angoscia accompagnata da pensieri di morte. Tra i malesseri fisici possono essere inclusi perdita di energia, debolezza, lentezza nei movimenti, bocca asciutta, problemi digestivi, intestino pigro e stipsi. In alcuni casi si può perdere o prendere peso e spesso si possono accusare, in maniera più o meno invalidante, disturbi mestruali e sessuali. In certe persone tale malessere (depressione reattiva) è associato a fattori esterni: lutto, divorzio, lavoro, licenziamento, problemi affettivi e di coppia. In questo periodo storico la depressione è percepita come una malattia in crescita esponenziale, in pratica una sorta di pandemia che trova radice in un modello di vita inadeguato ad affrontare una realtà in perenne cambiamento (una specie di Babele senza torre)


l cervello, infatti, non è costruito per vivere nell’abitudine e nella noia, ma ama la spontaneità, la naturalezza, vivere imprese affascinanti, cambiare prospettive, cercare l’imprevisto, la sorpresa. Solo in questo modo può secernere le famose sostanze del buon umore (serotonina, noradrenalina, dopamina). La depressione il più delle volte si manifesta senza trombe e tamburi (senza preavviso), ma possiamo percepire la sua silenziosa presenza: tristezza e disagio vogliono segnalare che stiamo perpetuando schemi esistenziali decisamente obsoleti, oppure non nostri, che non ci appartengono. Chi si oppone a questa sofferenza emotiva o tenta in qualche modo di zittirla con qualche strategia estemporanea, rischia soprattutto di cronicizzarla, oppure preparare il terreno a una nuova depressione più complessa e dolorosa. In realtà questo stato, così come l’ansia, non va mandato indietro (soffocato), ma va lasciato, ovviamente sempre con un aiuto competente, agire: metterlo a tacere è solo un modo per renderlo ancora più potente. La crisi depressiva, pertanto, arriva per liberare il cervello, per fare vivere in maniera “spontanea – naturale”, rompe quegli schemi mentali che imprigionano e annientano; è indubbiamente una vera e propria capacità del cervello che “suggerisce” quando è il momento di cambiare, anche se tutto ciò a volte è impercettibile o si cerca di resistere (non si vuol ascoltare). Proprio per questa ragione è necessario smettere di recitare il solito personaggio che momentaneamente può rassicurare (per il buon vivere, evitare i cambiamenti repentini, l’imprevisto, senza alti e bassi) ma, a lungo andare, ingabbia la felicità. L’esistenza, invece, scorre altrove lontano dal personaggio precostituito e dalla grigia maschera che si indossa ogni giorno. Ecco allora che più si trascura la vita, più si manifesta lo stato depressivo. A volte uscire dal solito cliché farà sentire meno stanchi, meno banali e, sicuramente, aprirà a uno stato di nuova e stimolante compartecipazione con la realtà.

ICORDA, se non affronti i conflitti perché temi di perdere l’armonia, se inibisci continuamente l’aggressività perché ami i rapporti ‘troppo’ sereni, se continui a tacere e a sopportare ogni cosa per il quieto vivere “rischi” di inciampare nella depressione.




ESAURIMENTO  …  la stanchezza di vivere


n bel giorno, all’improvviso, il corpo chiama ma la mente non risponde, va per conto suo, non ne vuole proprio sapere: ci si sente fiacchi, abulici, malinconici, svogliati, storditi, svuotati, stanchi e ancora più stanchi. Una vera e propria dissintonia tra mente e corpo. Si tratta, il più delle volte, di un diffuso senso di debolezza, le “pile” sono scariche e non si prevede niente di buono. Una giornata incerta, condita da un’atmosfera cupa, da un fastidioso ed irritante pessimo umore. Non si ha voglia di alzarsi, ci si sente completamente giù di corda, il vivere diventa sempre più faticoso, tutto sembra privo di vitalità e senza senso, ogni gesto appare incredibilmente insensato, pesante e fastidioso … un vero disastro. Per dirla in termini rigorosamente scientifici - come avviene nei tratti depressivi - si tratta di una caduta dei livelli di serotonina, di dopamina (neurotrasmettitori) e di una profonda alterazione nella produzione ormonale. 


ul lavoro, poi, si rifugge qualsiasi fatica e responsabilità, si è terribilmente tormentati da difficoltà di concentrazione e da scarsa autostima. Questo continuo tiro alla fune interno (vogliamo una cosa ma ne facciamo un’altra), fa consumare inutilmente energia, inquina i rapporti, fa sbandare e non porta da nessuna parte. La notte sembra una inquietante bolgia dantesca, oltre a non permettere di recuperare l’energia attraverso un buon sonno ristoratore prepara, ironia della sorte, un risveglio tormentato, monotono, sempre uguale ed invalidante, caratterizzato da debolezza, scoraggiamento e apatia (il primo pensiero è “ma che ci faccio qui” … l’unica alternativa è di tornare a letto). Il meritato riposo diventa un incubo, non si riesce in alcun modo di portare freschezza all’unità psicosomatica, di rinnovare le energie consumate in maniera esagerata nelle ore di veglia. Questo malanno - risucchiando e prosciugando lentamente - non compare mai a viso scoperto, arriva di soppiatto, in maniera infida, dopo che ci ha accompagnato silenziosamente per giorni e giorni, per settimane e settimane, per mesi e mesi senza evidenti fenomeni psicosomatici. Una vita schiacciata, in balia dei diversi eventi quotidiani, sviata da orpelli ingannevoli e superflui, che procede a velocità ridotta, con il freno tirato, piena di stenti e di fatica. Anche se ognuno di noi, senza dubbio, ha il suo “ buon” esaurimento, sono infiniti gli atteggiamenti sbagliati che sprecano le forze in cose inutili, che lentamente e inesorabilmente intasano, logorano, salassano, prosciugano, soffocano la vera vitalità, disperdono l’energia sino all’inverosimile (fattori scatenanti): stili di vita inappropriati, schemi mentali inconciliabili con la nostra creatività, coinvolgimenti emotivi senza un giusto ritorno, condizionamenti che ingabbiano, inseguire sogni impossibili, rapporti di coppia logoranti, vivere una vita sempre uguale a se stessa, ideali irraggiungibili, recitare personaggi sempre uguali, fornire immagini e ruoli diversi dalla propria natura, lavoro che non piace e tiene in ansia, mantenere amicizie in maniera forzata, obblighi e doveri sempre più pressanti che, nell’immediato, non è possibile derogare. 


ono i pensieri contorti e bizzarri, i disegni esistenziali assurdi, le abitudini stantie che continuiamo ad “indossare” - anche se non ci rappresentano più perché estranei alla nostra vera natura - i veri responsabili di questo malessere. Tutta questa zavorra, oltre ad allontanarci dalla consapevolezza delle cose che veramente contano, trasforma e prosciuga l’energia disponibile. Si scivola lentamente dentro una situazione sgradevole, tutto si tinge di grigio e la stanchezza cronica domina completamente la quotidianità. Se l’energia vitale scarseggia anche il potere decisionale è assente, diserta completamente: la voglia di fare diminuisce, la fragilità emotiva aumenta, toglie completamente l’entusiasmo, cala in maniera vertiginosa l’attività sessuale e le paure immotivate prendono il sopravvento (ipocondria). Quando l’energia viene a mancare, gettata al vento, si modificano improvvisamente i vari meccanismi biologici e si altera completamente la produzione ormonale: un segnale inequivocabile di forte rottura psicosomatica. Ed è proprio in questo frangente che si rischia parecchio sia a livello psichico sia a livello fisico. Le patologie più frequenti sono: allergie, insonnia, problemi sessuali, ipocondria, gastrite, depressione.
Cosa fare. Gli atteggiamenti mentali, come sopra evidenziato, hanno un ruolo fondamentale tanto nel disperdere energia, quanto nel bloccarne l’acquisizione. 


li individui sempre preoccupati, isolati, nervosi, spaventati, pieni di risentimento, attivano dei sintomi dovuti allo sperpero di energia vitale: torpore, stanchezza, mancanza di interesse, difficoltà a concentrarsi, cattiva memoria, incapacità di prendere vere decisioni. Dopo aver escluso, attraverso esami clinici specifici, eventuali patologie in atto (epatite, anemia, problemi tiroidei, infezioni, eccessivo funzionamento delle ghiandole surrenali, pressione bassa) è necessario rimuovere quei “lacci” che impediscono di essere liberi e, soprattutto, neutralizzare gli ostacoli mentali che scatenano tale sofferenza. Ogni strategia terapeutica, pertanto, sarà rivolta ad attivare e far scorrere in modo consapevole il grande flusso energetico che risiede in ognuno di noi. Imparare a sentirsi liberi di poter scegliere e decidere, di accettare e poter esprimere i propri sentimenti… attivare questa fantastica energia vitale e di poterla usare in maniera più vantaggiosa in altri vissuti. Ci sono tantissimi modi per diminuire la tensione interna: praticare regolarmente, senza sforzarsi (questa è una mia opinione), un’attività fisica aiuta ad eliminare l’agitazione, prendersi del tempo per imparare a rilassarsi permette di controllare ansia, stress e depressione. In qualsiasi trattamento, inoltre, l’unico elemento sconosciuto è il tempo. Nessuno è in grado di prevedere con precisione matematica quando un disagio cronico sarà risolto. La natura quindi dei problemi cronici rende molto cauti, ovvero astenersi da qualsiasi aspettativa irrealistica che potrebbe determinare un’ennesima delusione, rendendo la terapia ancora più difficoltosa e conflittuale (ogni soluzione dipende sempre dall’attenzione e dal modo in cui “sentiamo” le cose). Non esistono soluzioni miracolose, facili e rapide, ogni terapia è unica come lo sono le impronte digitali. E’ bene ricordare che tanto la causa che la soluzione di ogni problema sono dentro di noi, a volte saranno un po’ in disparte, ma del tutto alla nostra portata, e sta solo a noi decidere se attivare o meno tale intervento … il ricostituente migliore, senza dubbio, siamo sempre noi!


TTENZIONE, l’esaurimento (spossatezza e stanchezza cronica), fenomeno sempre soggettivo che difficilmente si risolve in modo spontaneo, non solo può avere effetti sugli ormoni tramite l’ipotalamo, ma si nasconde anche in altre patologie subdole come: insonnia, stitichezza, gonfiori e dolori di pancia, disfunzioni sessuali, depressione (tutti sintomi scambiati come disturbi non legati alla patologia) … chi ne è afflitto si isola, si spegne, si fa negare ad ogni tipo di benessere, si nasconde e si chiude al mondo, non ha più stimoli e motivazioni autentiche: paga la monotonia delle tue giornate tutte uguali.

… si ritrova forza e vitalità, evitando le “cadute” psicofisiche, anche a tavola facendo funzionare bene reni, fegato e intestino, seguendo piccole e semplici regole per non appesantire l’organismo: cereali integrali, legumi, agrumi, ortaggi di colore verde (contengono clorofilla che ha una funzione rilassante), mangia spesso e poco, cibi freschi e poche calorie … evitare cotture prolungate, ridurre alcol, pane e latte.

DORMIRE bene, tra le braccia di Morfeo … si può


na vita fatta di doveri e preoccupazioni … solo se durante il giorno troviamo i nostri spazi si sbloccheranno i circuiti mentali ossessivi notturni che altro non fanno che imprigionare: chiudere le porte a Morfeo … bisogna trovare spazi rigeneranti capaci di risvegliare passione ed entusiasmo … solo il “cervello notturno” con i sogni, immagini, intuizioni e emozioni può guidare e rigenerare … eccesso di auto – controllo e incapacità di lasciarsi andare sono alcuni tratti della personalità di chi soffre d’insonnia … una mente invasa da dubbi e preoccupazioni: non aiuta a prendere sonno … rimuginare, rabbia, dolore e stizza: interrompono il sonno nel pieno della notte … la mente concentrata sui problemi da affrontare il giorno successivo: risveglia in anticipo … Il fatto di non riuscire a “sparire” per un po’ nel sonno può raccontare tante storie. La principale è che durante le ore diurne non si è vissuto pienamente la giornata: poco piacere ma tanto dovere (nessuna impronta è stata lasciata, una giornata spenta) … una giornata caratterizzata da ritmi forzati, senza gioia, soddisfazione e divertimento … uno stile di vita che ostacola l’espressione della propria creatività … può essere anche un eccesso di controllo, difficoltà a lasciarsi andare, una vita sessuale mal vissuta (non riuscire ad addormentarsi)


reoccupazioni, ansia, poca attenzione ai propri bisogni, stress (risvegli notturni); timore per la giornata che arriva, paura di non riuscire a gestire e controllare le situazioni quotidiane (risveglio precoce) … ricordiamolo, solo quando si è soddisfatti della propria vita è possibile chiudere la giornata, portare equilibrio a tutti quei meccanismi neurochimici del sonno felice … i disturbi del sonno parlano, in realtà, della vita diurna … una “buona” sessualità - diminuendo il livello d’ansia - migliora l’umore e combatte l’insonnia: un soddisfacente rapporto sessuale sostituisce alla grande il sonnifero serale … si porta con sé, nella notte, tutto ciò che appartiene all’esistenza diurna (impegni, incapacità di staccarsi dai pensieri e di delegare): insoddisfazioni e attese … parla di sentimenti e contraddizioni che si agitano all’interno: per dormire bisogna spazzar via pensieri e rimuginazioni … il corpo si addormenta solo se la mente si abbandona.


l sonno è il più prezioso piacere naturale che la vita possa offrire. I ritmi e la vita frenetica, indubbiamente, ne fanno uno dei malesseri caratteristici della nostra epoca. Oltre ad occupare, come si dice comunemente, circa un terzo della nostra vita, il dormire è un bisogno universale ed appartiene all’intero regno animale. Il sonno, pur essendo un benefico ristoratore delle nostre giornate, è ancora poco conosciuto e, soprattutto, viene prestata poca attenzione alle problematiche legate a questo fenomeno particolarmente invalidante. Il dormire non è una perdita di tempo come sostiene il proverbiale detto “Chi dorme non piglia pesci” ma consente, invece, di recuperare e rigenerare l’intera unità psicosomatica. Diventa indispensabile, quindi, comprendere non solo tutti i meccanismi fisiologici implicati nel sonno ma anche l’influsso che esso esercita sul resto delle attività quotidiane e sulla salute. Sono infatti notevoli e particolarmente significativi gli studi sui rischi legati alla mancanza di sonno: incidenti, insuccessi scolastici e professionali, sbalzi di umore, tensione, abbassamento in maniera significativa delle difese. Un sonno ristoratore è indispensabile per il normale funzionamento fisiologico e mentale; chi non dorme in maniera sufficiente ed in modo soddisfacente, manifesta irritabilità, difficoltà di concentrazione, vista offuscata, vuoti di memoria e ottiene scarsi risultati a livello cognitivo e di coordinazione. In casi estremi di deprivazione di sonno prolungato, si possono manifestare fenomeni psicotici più o meno gravi (allucinazioni, deliri)


disturbi del sonno notturno sono generalmente di quattro tipi: dormire troppo poco (insonnia), dormire troppo (ipersonnia), dormire nei momenti sbagliati o manifestare comportamenti strani durante il sonno (sonnambulismo). L’insonnia, inoltre, è presente nella maggior parte dei disturbi mentali. Per esempio, tutti coloro che manifestano tratti depressivi hanno difficoltà ad addormentarsi, si svegliano durante la notte o molto presto al mattino (a volte invece non si alzerebbero mai proprio perché conducono una vita poco “interessante”); chi invece ha un disturbo di ansia generalizzato ha notevole difficoltà ad addormentarsi e può svegliarsi nel cuore della notte preoccupato per il domani; nei disturbi schizofrenici viene scambiata la notte con il giorno. Quando è presente un malessere emotivo, dobbiamo tenere sotto il massimo controllo il sonno: può diventare un prezioso e valido indicatore dell’andamento della malattia. Un sonno interrotto e non continuativo non indica solamente una ricaduta ma che si ha ancora bisogno di aiuto o di supporto medico. E’ sempre importante, inoltre, verificare che tale fenomeno non sia causato da malattie organiche, come ad esempio problemi alla tiroide, alle ghiandole surrenali, scompenso metabolico o cardiaco, oppure semplici disturbi digestivi. Questo tormento senza fine, è sempre un segnale da non sottovalutare in quanto potrebbe rivelarsi un prezioso strumento attraverso il quale è possibile conoscersi meglio e, magari, comprendere che stiamo conducendo una vita stressata, in solitudine, monotona, ripetitiva, senza senso, piena di disagi … in pratica che non si è completamente soddisfatti e felici. 

insonnia, pertanto, in assenza di evidenti disturbi organici, esprime sempre disagi e contenuti, a volte in maniera inconsapevole, diversi a seconda di come si manifesta. Le difficoltà di addormentamento indica che la persona non vuoleabbandonaregli eventi della giornata appena trascorsa (l’attività mentale è caratterizzata da un continuo ed instancabile rimuginare). Il questo modo il pericolo maggiore è fare del letto un pensatoio; rimanere a letto rimuginando sulla giornata appena trascorsa non solo si diventa irrequieti ma si ostacola il sonno benefico e ristoratore indispensabile per il giorno successivo. I risvegli notturni invece ci segnalano aspetti problematici che emergono violentemente alla coscienza (si cerca di evitare alcuni contenuti soffocandoli e reprimendoli): i contenuti cui l’insonne vuole evitare - non entrare in contatto - sono costituiti principalmente da decisioni da prendere, conflitti da risolvere, rifiuto del cambiamento, sentimenti di vendetta o di rabbia. Non dobbiamo mai dimenticare che tutte le preoccupazioni della giornata, dopo un buon riposo, saranno affrontate adeguatamente ed in maniera più efficiente: la fatica sfuma e torna la pace. Mentre il risveglio precoce notturno segnala una profonda apprensione ad affrontare una nuova giornata. L’insonne pertanto si ritrova improvvisamente sveglio, con la mente più che mai attiva, concentrata soprattutto sugli impegni della giornata che ha davanti. Viene ipotizzata una vita quotidiana particolarmente stressante - oppure noiosa ed insignificante - e carica di impegni eccessivi o sgradevoli. Cosa fare. La difficoltà maggiore nel trattamento dell’insonnia è che molto spesso ci sono troppe “opzioni terapeutiche” quanti sono di disturbi del sonno (dovuti a: situazione di stress emotivo, profonda preoccupazione, occasionale, abituale, senile tipica dell’anziano, climaterio, attività sessuale inappagante, associata a malattie fisiche o psichiche, sonno non completamente riposante, risvegli frequenti e brevi, uno più risvegli prolungati): spesso la cura è, paradossalmente, peggiore della malattia.


uando i disturbi del sonno sono di ordine emotivo (stress, depressione, ansia) o dovuti a una grande fatica, spesso la soluzione va ricercata semplicemente nella rieducazione del corpo. Esistono comunque regole semplici - per alcuni apparentemente banali ma di grande ed indubbia rigorosità scientifica - che possono favorire una buona igiene del riposo notturno: prendere l’abitudine di lasciarsi andare, senza credere di essere continuamente in battaglia, adottare orari regolari (l’insonnia si sconfigge con la costanza, la regolarità ed il rispetto dei ritmi sonno – veglia), dedicarsi prima di coricarsi ad attività particolarmente rilassanti, evitare attività ginniche e le abbuffate nelle ore serali, evitare i litigi, non lavorare in camera da letto, se non si riesce a dormire non ostinarsi a stare a letto. Chi dorme poco ha la tendenza a rimanere a lungo a letto con la speranza di addormentarsi, ma ottiene purtroppo l’effetto contrario: il risultato è quello di ottenere un aumento dell’inquietudine, aggravando la situazione. Le notti diventano orge di pensieri negativi. Chi teme una disgrazia, chi vive nello spavento e aspetta una sventura, costruisce un quadro di pensieri, una tacita forza che per la legge dell’attrazione, raduna attorno a sé elementi nocivi e distruttori. Successo ed insuccesso derivano da una medesima legge. E come diceva quel poeta:L’aspettar d’un male è peggiore del mal presente”. Anche una corretta respirazione si è dimostrata utile nell’ “addormentare” l’insonnia.



nche un buon massaggio psicosomatico (magari coinvolgendo i Chakra), a condizione beninteso di saperlo praticare, può avere un effetto rilassante, calmante, indispensabile per eliminare tutte le tensioni (rigidità fisiche e mentali, contrazioni) della giornata. Non esiste un massaggio psicosomatico universale per un problema come la “sofferenza”: di volta in volta dobbiamo individuare quali sono le zone interessate e adattare il massaggio alla specifica esigenza (alcune parti del corpo, sapientemente massaggiate, stimolano il cervello ad immettere nel circolo sanguigno le “sostanze della tranquillità”). Tutte le metodiche terapeutiche, inoltre, rivolte al rilassamento sono parte integrante della ricerca di una condizione, di una forma di benessere di grande serenità. L’ipnosi è stata spesso considerata, anche dal mondo professionale, un oggetto misterioso e magico, comunque da sfuggire. La situazione ipnotica, al contrario, rappresenta il risultato di un apprendimento per evidenziare, rafforzare e utilizzare, potenzialità personali che aiutano a vivere meglio.

… esprime la difficoltà di incontrare le “energie della notte” (timore di abbandonarsi, cedere, perdere il controllo su ipotetiche forze misteriose) oppure ad usarle durante la giornata ” (paura di entrare in contatto con cose che non si vogliono vedere durante il giorno: affetti, lavoro, salute).

sapevate che Avena sativa TM facilita il sonno e può essere d’aiuto nei tratti depressivi e stati d’ansia connessi allo stress?

alimenti che fanno “addormentare”: riso integrale (triptofano: precursore della serotonina), soia (triptofano), insalata, spinaci (magnesio, antiossidanti, B6, Bc), semi di zucca (regolano l’attività del testosterone), frutta secca.



Contando le pecore ad occhi  SBARRATI


ICORDA, sono i problemi irrisolti quotidiani a non farti chiudere occhio: rimuginare non serve a nulla, non aiuta pensare e ripensare, il passato è già passato, non lo puoi modificare ma solo cronicizzare! … se ti senti soddisfatto e non ti tormenti con un inutile e continuo bilancio degli eventi del giorno appena trascorso, ti addormenterai sereno, il tuo letto non solo ti terrà sulle “spine” e non ti farà passare le notti in bianco, con gli occhi inchiodati alle travi, ma ti rigenererà, vivrai tutte le tue emozioni, ritroverai il tuo giusto “ritmo” e, soprattutto, te stesso, così tutte le tue energie si metteranno in moto: un luogo senza torture in cui finalmente sarai davvero libero di lasciarti andare, senza pensieri e senza sensi di colpa … tra le lenzuola creati il tuo vero NIDO, la tua TANA naturale, il tuo grande RIFUGIO … lasciati avvolgere e abbandonati alle forze notturne, così potrai incontrare veramente Morfeo … l’insonnia arriva perché vuole farti aprire gli occhi sulla tua esistenza, si presenta per insegnarti che devi imparare a goderti la vita e a vivere tutte le emozioni possibili.


onostante il luogo di riposo sia sempre più accogliente, perfettamente ovattato dai rumori, con temperature confortevoli, attrezzato di un modernissimo materasso ortopedico sul quale sono stese profumate lenzuola di seta, il sonno, spesso, per molte persone, diventa un incubo, un vero inferno. Nel regno della notte, la stanza da letto si trasforma in un terreno minato, un territorio caratterizzato da violenti scontri e battaglie fino all’ultimocolpo di sonno”. Morfeo, dopo infinite invocazioni, inutili imprecazioni, suppliche imbarazzanti, giri e rigiri fastidiosi non se la sente proprio di far la sua comparsa sulla scena notturna. Quando il corpo non trova pace nel proprio giaciglio, nemmeno una damigiana di camomilla riesce a conciliare un meritato riposo. Sembra banale ma senza un naturale ed adeguato riposo non si vive. Gli effetti di questa privazione si riscontrano nelle ore di veglia con sbalzi di umore, aumento dell’affaticabilità, irritabilità, scarsa concentrazione e difficoltà nell’affrontare le sfide quotidiane. Durante il sonno il sistema nervoso centrale attiva due neurotrasmettitori: melatonina e prolattina. Ormoni che agendo sul tono dell’umore regolano e preparano il terreno all’evento sonno. Mentre si riposa, nel corpo avvengono importanti modificazioni chimico - fisiche. I muscoli si contraggono e si rilassano, la temperatura corporea si abbassa, gli occhi pur essendo chiusi si muovono (fase REM), il ritmo del cuore e del respiro varia. Nel buio della notte, piano piano, si cerca di digerire ciò che durante il giorno non si è riusciti a calmare e ad acquietare. Spesso, infatti, si portano nel lettone ritmi e frenesie mentali molto intense, da cui non è facile liberarsi: questa situazione ha in sé uno stato di eccitazione che ostacola e agita il sonno. Una mente bloccata, ingorgata e compressa che con il calar delle tenebre cerca di eliminare tutte le “tossine” quotidiane attraverso il pensiero. 


e veglie inattese, allora, comunicano ciò che, nel profondo di se stessi, non si riesce più a nascondere, a tacere e tenere sotto controllo. La notte restituisce, poco alla volta, pezzi di quotidianità “indigesta”. Quello che durante il giorno è stato accatastato, ignorato, inespresso e soffocato si manifesta inaspettatamente nell’oscurità. Tutte cose (fantasie, desideri, istinti) che chiedono di “essere vissute” e non di “essere addormentate” o spente. La notte, apparentemente poco generosa, in realtà, si vendica chiamando il soggetto alle proprie responsabilità: rimediare agli “errori” diurni. Un piccolo “omino” notturno che, dopo aver interpretato personaggi quotidiani fittizi e superficiali, esprime il proprio disappunto, si agita dentro la persona, non vuole addormentarsi, reclamando in tal modo il diritto di esprimere la propria vita in maniera reale, spontanea, naturale e gratificante. Ecco che, improvvisamente, al buio, in questo territorio del mistero, l’insonne si riempie la testa di cose inutili, emergono nella sua mente pensieri fissi e pietrificati che ostacolano il sonno: “ingestione” di insuccessi, troppi impegni e sacrifici, eventi dolorosi, giornata infarcita di delusioni, storie mai raccontate che pesano, tradimenti che “fermentano” a metà strada tra il dire e il non dire, inganni in balia ai sensi di colpa, scarse attenzioni, stizza furente, perdita di fiducia in se stessi e negli altri, compromessi non metabolizzati, cambiamenti improvvisi, contraddizioni, convenzioni eccessive, false identità, senso di frustrazione … troppi controlli che sfiancano e tengono gli occhi completamente sbarrati. Nulla riesce ad azzerare tali ossessioni e, ben presto, dopo vari tormenti, si cede il letto al “nemico”: l’insonnia. Se non si spezza il circolo vizioso dei pensieri si rischia parecchio.



n malessere, quello delle notti in bianco che, oltre a coinvolgere tutto il corpo, privandolo lentamente del suo equilibrio energetico naturale, lo espone a vere e proprie patologie: l’intestino trattiene (stipsi), il cuore non riconosce più il suo ritmo (aritmie), i muscoli si contraggono (dolori), la sessualità - senza energia - si spegne (tratti depressivi), una testa che rumina ma non smaltisce (cefalea), uno stomaco schiacciato ed appesantito (gastrite). Sono tutti elementi “arrugginiti” - “rifiuti” psichici accumulati durante la giornata - che, silenziosamente, si depositano nell’organismo e lo fanno ammalare. Un disturbo che può esprimersi con modalità diverse: difficoltà ad addormentarsi (incapacità a lasciarsi andare, rimuginare sui pensieri), risvegli precoci (arrabbiature e rancori non smaltiti che riemergono durante la notte) o frequenti interruzioni del sonno (timore dei cambiamenti, del nuovo). La durata di questo problema è un elemento fondamentale per distinguere il disturbo occasionale dalla vera e propria malattia psicofisica che, se non affrontata in maniera adeguata, tende a diventare cronica. Questa difficoltà persistente a raggiungere lo stato di sonno e mantenerlo nel tempo, indispensabile per conservare la salute, può essere legata anche a patologie mediche croniche come ad esempio asma bronchiale, diabete e artrosi. Cosa fare. Imparare a liberarsi di tutta quella zavorra mentale inutile, riscoprendo quiete, calma e serenità, farà dormire profondamente come un neonato. 


e l’ansia assale a tradimento, un’altra strategia vincente è imparare a rilassarsi. Tale metodica psicosomatica, se praticata con regolarità, risulta fondamentale non solo per placare i sentimenti “difettosi” che tormentano appena ci si corica, ma anche per ripristinare gradualmente l’equilibrio fisico e mentale. Compiere una piccola passeggiata dopo cena - senza forzature perché la stanchezza eccita e impedisce di rilassarsi - aiuta a rigenerare l’organismo e zittire l’insonnia. Si vince, inoltre, il “mostro cattivo” cambiando atteggiamento e attraverso stili di vita appropriati: alimentazione corretta (sostanze che facilitano la produzione di serotonina), automassaggio, sessualità appagante, togliere dalla stanza da letto elementi disturbanti (televisore, computer, cellulari), un bagno caldo con oli essenziali… e perché no? letture con contenuti fiabeschi, storie d’altri tempi per stimolare un’altra logica, “dimenticare” un quotidiano - non sempre amico - che crea irritabilità, tensione ed insonnia.

un riposo notturno non rigenerante, fragile e insufficiente smantella lucidità, concentrazione, alza l’ago della bilancia e predispone a patologie cardiovascolari … l’insonne, in generale, privo di fantasia, non abbassa la guardia neanche tra le lenzuola, si “alimenta” di indecisioni, di dubbi e di paure, evita emozioni forti, teme di perdere il controllo, di lasciarsi andare, non riesce a scaricare completamente la testa … dominato dai suoi stessi pensieri molesti che non riesce in nessun modo a zittire.

SAPEVATE che ... la vitamina B3, il Magnesio e il Rame sono utili contro l'insonnia?

insonnia si combatte anche con i piedi sotto il tavolo (sostanze ricche di magnesio e triptofano ti riportano felicemente tra le braccia di Morfeo): riso, pasta (integrale), pere, banane, mandorle, mele, basilico (antiansia), insalata, origano … niente dolciumi!!!


La sintesi  …  DEPRESSIVA


ratti fortemente depressivi: astenia, abulia, senso di inferiorità, rigidità e severità verso se stesso, tendenza all’autosacrificio, all’autoaccusa e al vittimismo, disperazione, alto senso del dovere, dedizione, spirito di sacrificio, buonismo a tutti i costi, accomodante, reazionario, blocco dell’aggressività, infantilismo sessuale, isolamento sociale, calma emozionale esagerata, non riesce ad accettare la perdita di persone amate o di essere abbandonato, bisogno ossessivo di essere accettato e amato, deliri di grandezza. Il futuro depresso si struttura pian piano sulla convinzione (sull’esperienza precoce) di non essere amato, trova nel clima familiare un terreno particolarmente predisponente. La figura di riferimento, oltre ad alimentare aspettative esagerate, è ostile e lignea, non interpreta correttamente i segnali e non reagisce in maniera appropriata alle richieste avanzate dal piccolo (non ama in maniera adeguata). Vissuti negativi e sentimenti ostili ostacolati o mai espressi hanno avvelenato lo stato d’animo del futuro depresso. Il mondo, poi, gli viene dipinto come una realtà sempre cattiva, piena di insidie, di rischi e di pericoli dove ogni cosa può nuocere … da qui prende forma una grande paura della solitudine, della separazione e dell’abbandono. Ha perso in qualche modo l’opportunità di vivere - con l’altro - sentimenti di confidenza, di intimità e gratitudine: tutte cose che mancano completamente nel suo vissuto. 


a mente del depresso è dominata da un profondo senso di colpa, da una forte aggressività e dal terrore di perdere l’altro (attribuendogli un valore esagerato) … gira e rigira nella sua testa uno strano ritornello: "Chissà mai come ero da piccolo se nemmeno mia madre mi considerava e non mi voleva bene?”. Una dimensione esistenziale caratterizzata da una sensazione di indegnità, di inadeguatezza, di sventura, di fragilità, di pessimismo, di repressione, di tribolazione, di sottomissione. Una struttura che si fonda sulla carenza, l’abbandono, l’assenza, il disinteresse o l’invadenza … lasciando un incolmabile vuoto d’amore. Un rapporto basato spesso sulla svalutazione e il ricatto: “ Quando non ci sarò più allora sì che ti ricorderai di me, ma io non ci sarò più”, “Vai pure da quelli là, ma quando tornerai non ti assicuro di essere ancora qui”. Tutte queste dinamiche, a suo tempo sperimentate, determinano una confusa avidità che spinge a prendere ogni cosa, desiderare un qualcosa che oramai non è più possibile avere; si aggrappa a tutto e a tutti: incapace di stare da solo (l’importante e non rimanere mai soli) … sprofonda nella dimensione del bisogno più totale. Per qualche “briciola” d’affetto (sostegno, benevolenza) è disposto a qualsiasi rinuncia e a sacrifici davvero impossibili… controlla l’altro attraverso la dipendenza (sottomesso, servile, disponibile, premuroso per paura di perdere l’oggetto “amato”). Tutte formule che sottolineano il desiderio di rimandare ogni cosa, un comportamento fallimentare: pigro, impotente e completamente dipendente. Incapace di affermarsi, di vivere la propria libertà, pian piano diventa un campione della rinuncia, sviluppa la convinzione di essere indegno di affetto, stima e considerazione… rinuncia ancora prima di tentare. Tale stato, come abbiamo visto, prende il via da una carenza affettiva, da un mondo esterno ostile, un rapporto con la figura di riferimento che non è in grado di dare niente: esperienze piene di accuse, di rimproveri e di odio … prende corpo nel soggetto la convinzione di non meritare nulla. 


stacolato nell’affermarsi (ecco perché da adulto è costretto ad appoggiarsi agli altri) sviluppa la convinzione di non essere mai all’altezza, una sensazione diffusa di completa indegnità, che le proprie opinioni non valgono nulla: in breve, “Non sum dignus” … non si aiuta una persona depressa compiacendola o provando compassione ma offrendo un punto di riferimento vero, un supporto solido e un dialogo concreto, il tutto “condito” con grande fermezza … ATTENZIONE, non si toglie una persona dal disagio emotivo sottostando completamente a tutte le sue infinite richieste, non è accontentarla in tutto e per tutto che può rendersi conto del suo percorso sbagliato, che sta vivendo situazioni non del tutto autentiche: dire troppi “SI” anche quando si dovrebbe dire “NO” si prolunga il malessere all’infinito … ogni CURA ha bisogno di continuità e di convinzione, richiede FEDELTA’ e, soprattutto, dedicarsi ad essa - sempre mantenendo il senso critico - totalmente e senza riserve.

ATTENZIONE PERICOLO


olte persone con un quadro clinico depressivo non si rendono conto di essere seriamente ammalate, sono troppo confuse e inattive per riconoscere la necessità di un adeguato intervento terapeutico. Alcune passano intere giornate ad incolpare se stesse circa il loro malessere e cercano, a stenti, di tirare avanti peggiorando ancora di più la condizione psicofisica, altre invece si rifugiano nell’alcol e nelle droghe … sviluppando una vera e propria dipendenza. Tale disagio invalidante, mescolato a passività, tristezza e disperazione, impedisce a loro di rendersi conto della gravita della situazione e di chiedere un aiuto specialistico. Anche ai familiari - armati di buona volontà e pazienza - risulta difficile smuoverli dalle loro convinzioni e incoraggiarli a cercare un aiuto per uscire da questa sofferenza davvero invalidante. Abbiamo visto che questo quadro clinico, particolarmente delicato e grave, ha un impatto negativo sulla vita - a prescindere dalla gravità delle sue manifestazioni - interferisce sempre con l’attività lavorativa, lo svolgimento dei compiti quotidiani, i rapporti interpersonali e può complicare molti disturbi fisici. Senza una terapia adeguata questo disturbo può ossessionare per tutta la vita se stessi e gli altri. Chiunque soffra di depressione corre il rischio mettere in atto l’autosoppressione. Questi individui, nelle forme più gravi, se non guariscono completamente, rischiano il suicido. E’ molto importante che abbiano sempre con loro numeri telefonici utili per poter intervenire velocemente. Questo è fondamentale soprattutto durante i primi momenti della terapia, che spesso li riporta a una condizione energetica che consente loro di reagire agli impulsi autodistruttivi.

NB. Le informazioni e le interpretazioni terapeutiche contenute in questo articolo non sostituiscono in nessun modo il parere del proprio medico di base, al quale è sempre doveroso ed indispensabile rivolgersi per la diagnosi e la terapia specifica. Questo articolo pertanto ha valore educativo, non prescrittivo.

Bonipozzi dott. Claudio Tel. 349.1050551 

E mail: bonipozzi@libero.it

Nessun commento:

Posta un commento