sabato 24 settembre 2022

 

Quel fantastico mondo della Medicina Psicosomatica ...


I    DISTURBI  della   PERSONALITA'

na personalità “difettosa” viene diagnosticata solo quando il modo di pensare, di sentire e di reagire interferiscono con la vita sociale, affettiva e lavorativa del soggetto, creando profonda sofferenza e disadattamento: solo allora è possibile diagnosticare questo fenomeno come “disturbo della personalità” … si costruisce attraverso un lungo intrecciarsi di esperienze complesse, enigmatiche e dinamiche con le figure di riferimento e con l’ambiente circostante: l’intera storia del soggetto … NON esiste una netta divisione tra normalità e patologia… troviamo ad esempio modi di pensare “grandiosi(P. narcisista), “impressionistici” (P. istrionica), “diffidente(P. paranoide), comportamenti “controllati(P. ossessiva-compulsiva) … un insieme di tratti, comportamenti e atteggiamenti che permettono di descrivere o “collocare” un gruppo di soggetti dentro o fuori dall’asse della “normalità”.

'insieme delle caratteristiche, costanti nel tempo, di pensiero, sentimento e comportamento che favoriscono o ostacolano le relazioni con se stessi, gli altri e l'ambiente.


li antichi buttavano in mare gli individui affetti da sbalzi di umore, nella speranza che lo shock li riportasse in "senno". Nell'antica Grecia li vestivano di giallo perché dovevano essere riconosciuti da lontano e, quindi, tenuti a debita distanza. Nel Medioevo - periodo davvero oscuro - i prelati praticavano l'esorcismo per scacciare i "demoni" della follia. Oggi, invece, forse più preparati e "sensibili" (si spera!), sappiamo che il fenomeno emotivo é un malessere che riguarda una modalità di pensiero, di comportamento e di sentimento. Coinvolge la capacità di "intendere" e di "volere" e, soprattutto, la saggezza camaleontica del sapersi adattare ... come ci rapportiamo e pensiamo nei confronti del mondo circostante e di noi stessi. Ogni essere vivente entra nel mondo attraverso una "perdita". La vita inizia con una sensazione dolorosa, una separazione, un distacco repentino dal corpo materno: il feto diventa infante. Si comincia con l'ambiente intra - uterino poi, si spera, in un rapporto clemente e responsabile con le figure di riferimento. L'essere vivente è il riassunto di forze genetiche ed ambientali. Il nostro ben - essere o il mal - essere, pertanto, dipende da tutte quelle "esperienze" che nel tempo ci hanno modellato e trasformato. Sarà, quindi, l'incontro - scontro con l'ambiente circostante a favorire o meno la nostra storia mettendo in funzione quella personalità oppure quell'altra: la nostra vera identità nel bene e nel male (sicurezza, fiducia, libertà, autonomia, spontaneità, autostima). Le persone sono complesse, ma le loro complicazioni non sono mai casuali. 


ttraverso questa organizzazione, questo vivace dibattito relazionale si deciderà, con le sue infinite sfumature, la nostra felicità ... la voglia di vivere o il desiderio di non esistere. In questa alchimia, questa grande fucina esistenziale - quasi sempre incandescente - avvengono continue trasformazioni dalle quali prenderà forma il nostro aspetto fisico, la nostra capacità adattiva, i nostri comportamenti e il nostro talento. Tutti eventi che influenzeranno, a seconda dell'età anagrafica in cui si sono verificati, le nostre patologie, il nostro modo di amare, di percepire e di pensare, la nostra apertura alla fiducia o alla speranza, il rapportarsi in maniera vantaggiosa con gli altri e con noi stessi. Un alternarsi di sentimenti di amore, di odio, di indifferenza, di incomprensione, di diffidenza, di ostilità, di rabbia, di abbandonano hanno favorito e modellato in silenzio, pian piano, i nostri comportamenti. Un'evoluzione in continua oscillazione tra "avanti" e "indietro", fare e non fare, accettazione e rifiuto, critica e disapprovazione, distacco, indifferenza, inadeguatezza e insicurezza: un navigare spesso senza sestante, disorganizzato e privo di punti di riferimento. Una costante allerta, un continuo rimuginare, una ferma ostinazione, una perenne rigidità non solo crea forte tensione muscolare, che può sfociare in ipocondria, ma anche un'ipertensione arteriosa con i conseguenti malesseri circolatori e cardiaci. Anche lo slancio sessuale sarà inibito dalla stessa rigidità mentale. Il bambino che cresce è sempre vulnerabile perché non sono consolidate le sue "condizioni" interne, e questo pericolo è tanto maggiore quanto più il soggetto è piccolo. Più gli eventi che hanno disturbato la situazione di sviluppo naturale sono vicini alla nascita, tanto più gravi saranno le conseguenze e il "piccolo" ne sarà influenzato per il resto dello sviluppo e della vita.


n malessere infantile che, in futuro, si esprimerà attraverso un rapporto d'amore disturbato (in eccesso o in difetto) con se stessi e con tutte le altre persone ... un tormento che si ripeterà e coinvolgerà lavoro, studio e l'intero mondo esterno. Un'evoluzione fragile, fatte di continue assenze e di non attenzioni, caratterizzata da insicurezza, dipendenza, rassegnazione, tristezza, tribolazione, dispiacere e sofferenza ... i pochi pensieri rimasti ruotano attorno a temi catastrofici e di rovina imminente. Un fenomeno che ha prodotto un modo di pensare fallimentare, un atteggiamento rinunciatario e pessimista ... come si potrà mai prendere decisioni importanti? Per sopravvivere a questa ingiustizia affettiva non rimane altro che "affidarsi" completamente a qualcuno per "sorreggersi" ... un ruolo nella vita, che se non intervengono cambiamenti "ristrutturanti" sarà prevalentemente quello di vittima o di spettatore, ma mai di primo attore. Le antiche ferite sono spesso profonde ma con l'aiuto di persone qualificate, attraverso sentimenti di accettazione e di comprensione, potranno rimarginarsi ... si potranno trasformare tutte quelle figure di riferimento anaffettive in persone finalmente accudenti. E, così, un bel giorno, apparentemente senza una ragione, sotto il peso della vita, scopriamo che siamo diventati difficili, esigenti, intrattabili, chiusi e scontrosi: una vita penosa e piena di disagi perché dobbiamo "compensare" quell'affetto primordiale, "antico", che non c'é mai stato e di cui non abbiamo consapevolezza, se non in forma sfumata (quando non ci parlano, non ci guardano, non ci considerano si riattivano quei vecchi fantasmi). 


uando le difese diminuiscono ecco che riappaiono ... i "lividi" dell'infanzia, improvvisamente, fanno la loro comparsa. La personalità è come l'impronta digitale ... unica ed irripetibile. Concludendo è importante precisare che non sempre risulta facile fare una diagnosi perché non esistono personalità "pure" (abbiamo a che fare sempre con situazioni di comorbidità) e, quindi, a livello diagnostico, possiamo incontrare disturbi presenti in vari quadri clinici. che creano confusone tra "ascoltarsi" e "essere all'ascolto". Da qui la necessità di rivolgersi a persone esperte, qualificate e competenti per fare una diagnosi precisa e accurata ... persone che hanno dedicato la loro vita a questa professione. Soprattutto, niente deve essere generalizzato, perché se ogni individuo è unico ed irripetibile, solo a lui è data la possibilità - pur utilizzando le varie indicazioni fornite in questo vademecum - di interpretare e conoscere per quale motivo certi eventi si esprimono nel corpo in quel momento e in tal modo ... solo noi possiamo aiutarci a guarire! Dipende solamente dalla nostra convinzione profonda di guarire o meno ... restare nel pantano del mal - essere o lasciarsi trasportare ogni giorno da questo miracolo che è la vita ... si deve partire sempre dalla consapevolezza che qualcosa non "funziona" per il verso giusto.


ivere accanto a personaggi scomodi, insopportabili, invadenti, perentori, tutti di un pezzo, saccenti e rigidi può essere pericoloso, oltre a schiacciare e seminare ansia, creano situazioni che portano a sminuire in ogni occasione la personalità dell’interlocutore: limitano la libertà e, con passo felino, spengono i desideri, fanno rinunciare completamente a se stessi … chi si trova in questa fitta rete non è più in grado di affermarsi e muoversi autonomamente … personaggi conflittuali che, spesso, senza saperlo, manipolano e condizionano, attraverso false maschere, la vita altrui lasciando come eredità sempre un senso di colpa, debolezza, frustrazione, insicurezza e inadeguatezza … in poche parole, se si lasciano fare in nome, a loro dire, di un grande “amore” originale, rovinano e succhiano lentamente, come dei vampiri, la linfa della vita… il destino di chi viene in contatto con loro, altro non è che di sfiancati epigoni… sanno molto bene quali corde toccare per renderli dipendenti … non piegarsi alle imposizioni e ai compromessi è la prima mossa per non farsi annullare dai loro schemi: guarda il "mostro dritto negli occhi - metti a fuoco le sue manie - e agisci con calma e fermezza, mantenendo ferme le tue idee e la giusta distanza … vedrai, fuggirà a gambe levate!

PERSONALITA


uesto termine esprime la totalità psicofisica di un essere così come appare a sé ed agli altri, nella sua unità e singolarità. E’ l’insieme delle caratteristiche costanti nel tempo, di pensiero, sentimenti e comportamenti di un individuo. Caratterizza il tipo di adattamento, lo stile di vita, il modo di pensare, di amare, di manifestare emozioni, di prendere decisioni e di agire di un soggetto. Ogni individuo si differenzia dagli altri suoi simili per il patrimonio organico ricevuto (costituzione ereditaria), per le forme e proporzioni del corpo (costituzione morfologica) e per le modalità di esplicare le funzioni dell’organismo, con particolare riguardo al sistema nervoso e endocrino (costituzione fisiologica). Ognuno di noi possiede una propria personalità che è il risultato del temperamento - fenomeno in prevalenza biologico - (risposta psichica al corredo organico ereditario: necessità, impulsi, tendenze istintive, disposizioni, stati affettivi, interessi. Rappresenta le richieste del corpo, del sistema nervoso centrale, del sistema nervoso neurovegetativo e del sistema endocrino), del carattere - in prevalenza psichico - (struttura psichica che si costruisce nel corso dello sviluppo si affaccia nell’infanzia, prende forma nella fanciullezza, assume caratteristiche precise nell’adolescenza e si perfeziona nell’età matura. Il carattere si plasma attraverso l’iniziativa personale e sotto la pressione ambientale. Esperienze individuali ed interferenze ambientali - inibizioni, rinunce, freni, suggestioni e sforzi - strutturano il carattere) e delle molte impronte lasciate dalla storia individuale (natura e cultura interagiscono). Da una parte abbiamo il temperamento, che rappresenta le richieste del corpo, del sistema nervoso centrale, del sistema nervoso neurovegetativo e del sistema endocrino; dall’altra il carattere, e in modo particolare la personalità, che rivelano le richieste del pensiero, della volontà, del mezzo sociale e dell’educazione. Sono due forze antagoniste che a volte operano in collaborazione, più o meno armonica, a volte in aperto conflitto. Il temperamento manifesta la individualità psicofisica originaria, il carattere e la personalità riassumono la fase terminale del processo evolutivo. 


el piccolo il carattere non si differenzia ancora dal temperamento, la decisione non si distingue dall’impulso. I processi di inibizione, questa importante funzione d’arresto, sono assai poco sviluppati: le azioni sono le risposte obbligate agli stati di disagio provocati dalle necessità e corrispondono alla grandezza degli stimoli sensoriali, perciò la condotta infantile rivela spesso impulsi contraddittori. L’incapacità di vedere le cose nella giusta prospettiva determina nel bambino uno schema mentale troppo semplice e basi troppo ristrette alla volizione. Solo nell’adolescente e nell’adulto, la scelta - una volta espressa - diviene ferma e irrevocabile. La personalità. quindi, rappresenta un modo abituale di reagire, ad un dato momento dell’evoluzione, ma non deve essere confusa con il carattere: la personalità si costruisce, il carattere in parte ci è dato. Le nostre azioni ci seguono e ci comportiamo secondo l’immagine che abbiamo di noi stessi o secondo quella vogliamo che sia. La personalità è il nostro modo di essere globale, unico ed irripetibile. E’ il filo conduttore che dà coesione e unità alla vita psichica. Il termine personalità, coniato anticamente per uso teatrale ad indicare la maschera degli attori e poi la persona dagli attori stessi, viene identificato nel linguaggio popolare e letterario, in particolare attrattive degli individui o attribuito solo a figure eccezionali che hanno raggiunto in qualche campo una posizione di grande prestigio, come se fosse possibile ridurre la personalità a un complesso di attributi, a un insieme di tratti differenziali, avulsi dall’unità psicofisica, in una visione statica dell’individuo. La vera personalità è una configurazione mutevole che caratterizza ciascun individuo, una sintesi unitaria nella quale confluiscono fattori organici, psichici e ambientali. I disturbi della personalità implicano la distruzione di questo filo: da ciò deriva l’incoerenza della maggior parte dei malati mentali. Capire la propria personalità permetterà di controllare meglio la propria vita e di avere una visione più nitida del perché alcune cose funzionano bene e altre meno.


vere un disturbo della personalità significa non essere in grado di adattarsi facilmente al normale scambio tra dare e avere che regola la vita di tutti i giorni: in ogni situazione o rapporto l’individuo difficilmente si adegua alle richieste dell’ambiente, si aspetta piuttosto che siano gli altri ad adattarsi a lui. Il suo comportamento è rigido e inflessibile e il circolo vizioso si ripete all’infinito, così che il disturbo si aggrava ulteriormente. Avere una mente chiusa significa percepire in modo alterato o rifiutare ogni nuova informazione che non supporta le proprie aspettative. E’ il caso di chi si comporta in modo tale da provocare negli altri proprio quelle risposte che avvallano le sue aspettative più pessimistiche trasformandole in realtà. Per esempio supponiamo che Caio abbia una personalità paranoide e creda che tutti congiurano contro di lui; sospetta di tutti ed è così poco fiducioso nei confronti delle persone da indurle a fare altrettanto nei suoi confronti, cosa che, a sua volta, confermerà i suoi sospetti di essere oggetto di una cospirazione. Analogamente, se uno è timido e ha paura del rifiuto e dell’umiliazione, il suo modo di agire, così ansioso e socialmente inadeguato, sarà un ottimo spunto per gli altri per prenderlo in giro e respingerlo, facendo ulteriormente aumentare in lui timidezza ed un atteggiamento di evitamento. Avere un disturbo di personalità significa mettere in atto continuamente le medesime dinamiche, senza rendersi conto di come e perché accadono. I disturbi di personalità non sono difficoltà che le persone hanno, ma problemi fondamentali su chi esse sono: che sentimenti provano, come vedono se stesse, come si confrontano con l’esterno, come interagiscono e si relazionano con gli altri. Questo genere di disturbo comincia presto nella vita e prosegue per anni e forse per tutta la vita. I tratti di personalità - il modo caratteristico che ognuno di noi ha di trattare con gli altri, di far fronte alle richieste, agli stress e alle fatiche della vita quotidiana - non sono né buoni né cattivi in sé. 

a sospettosità, per esempio, può aiutare in condizioni potenzialmente pericolose come vivere in un quartiere ad alto tasso di criminalità. Tuttavia, in alcune persone, il sospetto nei confronti di specifiche situazioni o di certi individui può evolvere in paranoia, cioè la convinzione che chiunque li minacci. I soggetti con un disturbo di personalità paranoide sono convinti che ogni situazione, ogni collega di lavoro e ogni loro conoscenza costituiscano una potenziale trappola o una minaccia. Chiusi in questa ottica rigida e inflessibile, essi rispondono con sospetto a ogni nuova piega delle circostanze, persino quando questo genere di reazione non è appropriato. Non è chiara la definizione del confine fra i tratti di una personalità sana e di una personalità malata, così come tra modelli di comportamento nella norma e disturbi della personalità può risultare infatti molto difficile dire con precisione quando una normale sospettosità diviene paranoia oppure quando una robusta coscienza della propria importanza sconfina in un delirio di grandezza tale da costituire il primo segnale di un disturbo di personalità narcisista. Solo nel caso di un problema di personalità cronico, tale da causare grande sofferenza, da interferire con la capacità di operare o di instaurare relazioni con gli altri, da influenzare molti aspetti della vita quotidiana per un notevole periodo di tempo, solo allora si può giustificare una diagnosi di disturbo di personalità. Come per altri disturbi, il disturbo di personalità varia da forme leggere a forme gravi. I disturbi della personalità sono, quindi, alterazioni patologiche delle ordinarie caratteristiche psichiche e comportamentali di un individuo. Tale fenomeno si manifesta soprattutto con comportamenti anomali spesso più evidenti nei periodi di stress o di crisi psicologica del soggetto. Di solito, compaiono inizialmente nell’adolescenza e tendono a divenire cronici provocando ansia o depressione. Alcuni individui si rendono conto di soffrire di alcuni disagi, altri non considerano affatto la loro personalità strana o difficile, e incolpano le circostanze esterne o altri individui dei loro costanti fallimenti. I disturbi della personalità (come ben evidenziato più avanti) vengono suddivisi in tre gruppi principali, anche se risulta molto difficile fare una classificazione, data la sovrapposizione (o comorbidità) tra i diversi gruppi.


OMPORTAMENTO ECCENTRICO. Chi ne è soggetto risulta eccessivamente sospettoso e diffidente nei confronti degli altri (personalità schizoide).

OMPORTAMENTO DRAMMATICO. E’ caratterizzato da un’enfatizzazione dei sentimenti, che vengono quasi sempre espressi in modo molto intenso. Alcuni hanno un costante bisogno di stimoli nuovi (istrioni), altri sono contraddistinti da un senso esagerato della propria immagine (narcisisti), altri ancora sono incapaci di adattarsi alle regole sociali.

OMPORTAMENTO CON ANSIA E PAURA GENERALIZZATA. In questo gruppo rientrano tutti gli individui che si mostrano ipersensibili alle critiche, tutti quelli che hanno una personalità dipendente e sono incapaci di agire da soli. Inoltre, a questa categoria appartengono gli individui compulsivi, perfezionisti, rigidi nelle loro abitudini ed emotivamente freddi, e i soggetti passivi - aggressivi, che oppongono resistenza alle richieste degli altri di migliorare il loro comportamento. Tutti questi aspetti della personalità ostacolano la capacità di apprendere dall’esperienza o di adattarsi ai cambiamenti. Nella maggior parte dei casi si crea una situazione di sofferenza personale e di riduzione delle attività sociali.

I   SUOI  EFFETTI.


pesso i soggetti con turbe della personalità non conoscono esattamente come si sentono e che cosa provano, benché quasi tutti sia perseguitati da un senso di inadeguatezza. A causa della scarsa stima di sé, molti di loro non pensano di essere degni di amore, di ammirazione o di successo e di conseguenza si rivolgono agli altri in cerca della rassicurazione che sono persone degne di stima. Senza tale conferma, essi possono sviluppare depressione e ansia, e proprio a causa della natura del loro disturbo i problemi di autostima ben presto si ripresenteranno. Comune nei disturbi di personalità è la difficoltà nel riconoscere, esprimere e affrontare le emozioni. Per esempio, alcune persone vedono le proprie emozioni come se davvero non appartenessero a loro, altre trovano arduo sopportare sentimenti intensi oppure sono incapaci di esprimerli. Nel timore di essere soverchiati da forti emozioni quali ira, tristezza o paura, questi soggetti giungono a evitare del tutto i sentimenti stessi. In altri casi possono oscillare tra periodi di vuoto emotivo e scoppi improvvisi di collera o di gelosia. Una volta dato libero sfogo alla veemenza dei loro sentimenti, può riuscire difficile per costoro tornare alla calma; la reazione tipica è pertanto accusare qualcuno o qualcosa di “far” loro provare quel sentimento. Nell’incapacità di controllare le proprie emozioni, la propria esistenza, o le proprie relazioni, esse si sentono costantemente in balia degli avvenimenti e non trovano il modo di esercitare un’influenza o di controllarli con il loro comportamento o le loro reazioni. 


soggetti paranoici fronteggiano i propri sentimenti di ostilità e di rancore proiettando queste emozioni sui presunti nemici. Chi presenta una personalità borderline qualche volta esprime i propri desideri o conflitti inconsci attraverso azioni che manifestano disadattamento e comportamenti autodistruttivi come l’aggressività o la promiscuità. Il problema principale è che gli individui con disturbi di personalità vivono all’interno di un’armatura caratteriale, un sistema di MECCANISMI di DIFESA interni nel quale confidano per evitare o vincere i loro sentimenti. Sebbene questi atteggiamenti e questi comportamenti protettivi possano generare grande difficoltà nella loro esperienza di vita, essi si aggrappano come al solo modo conosciuto per fra fronte ai problemi. A dire il vero, alcune persone con disturbi di personalità provano sospetto e disprezzo per questi stessi sentimenti. Chi soffre del disturbo di personalità antisociale è indotto a pensare che il fatto di non sentirsi colpevole indica che non ha commesso nulla di veramente sbagliato. 


soggetti con disturbo di personalità ossessiva – compulsiva possono sentirsi moralmente superiori a persone “emotive” che perdono il controllo dei loro sentimenti. Gli individui con disturbi di personalità non sono mai veramente in grado di rapportarsi in modo significativo agli altri; persino quando si trovano insieme ad altre persone possono sentirsi soli. Molti di loro sono sensibili in modo speciale a ogni forma di rifiuto, di critica, di disapprovazione o di abbandono; separazioni o perdite possono quindi provocare un grave colpo di natura psicologica. Talvolta il sesso diviene una forma di compensazione per una mancanza di intimità emotiva. Alcuni infatti vanno alla ricerca di esperienze sessuali come di una maniera per allacciare un qualche stretto legame, ma troppo spesso tutti questi incontri finiscono per essere privi di significato e di una qualsiasi soddisfazione. Altri utilizzano il sesso per ottenere l’ammirazione e l’attenzione che desiderano con tutte le loro forze, piuttosto come mezzo per condividere un intimo affetto. Gli individui con i disturbi di personalità evitante, schizoide o schizotipica presentano in modo esemplare una preclusione al sesso per timore di un qualsiasi contatto intimo. La mancanza di sensibilità che può caratterizzare molti disturbi di personalità ha motivazioni di natura sia fisica sia psicologica. Per la verità, alcuni soggetti, in particolare chi è affetto da disturbo di personalità borderline, possono procurarsi tagli, bruciature o mutilazioni, non provano alcun senso di dolore e non si rendono pienamente conto di quanto hanno fatto.

LE   CAUSE


ari fattori influenzano il modo con cui la personalità di un individuo si sviluppa: aspetti genetici, educazione, condizionamenti sociali e, soprattutto, le prime esperienze infantili (influenze biologiche e ambientali). Ci sono varie teorie circa le origini psicologiche dei disturbi di personalità. secondo alcuni, certi tipi di personalità si formano quando gli individui diventano fissati o si bloccano a differenti fasi di sviluppo psicosessuale. Per esempio, la fissazione alla fase orale porterebbe a una personalità caratterizzata da un comportamento esigente e non autonomo, come nel caso del disturbo di personalità dipendente. La fissazione alla fase anale condurrebbe a personalità che si distinguono per rigidità e per indifferenza emotiva, come nel disturbo di personalità ossessivo – compulsiva, mentre la fissazione alla fase fallica potrebbe portare alla superficialità e all’incapacità di impegnarsi in relazioni profonde, caratteristiche del disturbo di personalità istrionica. Il disturbo di personalità narcisistica, per esempio, con il suo senso tipicamente esagerato del proprio valore e con il suo bisogno di ammirazione, può nascere nell’età compresa tra i diciotto mesi e i tre anni, quando cioè emerge nel bimbo la percezione di un sé indipendente. 


e i genitori richiedono ai figli la perfezione, come spesso accade quando i genitori stessi sono narcisisti, possono criticare, punire e ignorare i figli che non sono all’altezza delle loro aspettative. Questi bambini hanno paura che nessuno li potrà mai amare così come sono e quindi esiste l’eventualità che sviluppino un radicato sentimento di essere in qualche modo repellenti e disgustosi. Per proteggersi da questi sentimenti che li turbano nel profondo, le personalità narcisistiche creano una facciata di grandiosità, di importanza e di invulnerabilità che maschera uno schiacciante senso di fallimento. Le influenze dell’ambiente, in particolare, un’infanzia tribolata, possono giocare una parte importante nei disturbi di personalità. Il disturbo di personalità antisociale, per esempio, è stato collegato a una mancanza di ferma disciplina da parte delle figure di riferimento, ad abusi nell’infanzia e al mancato sviluppo di uno stretto attaccamento ai genitori. Nel disturbo di personalità borderline ci può essere una storia di abbandono precoce; di abusi fisici e sessuali, di trascuratezza o di assenza di stabilità: per tali precedenti è difficile che questi individui nel corso della loro vita mantengano un saldo senso di sé o degli altri. Una combinazione di tratti caratteriali innati e di un precoce rifiuto - da parte dei genitori, dei compagni o di entrambi - contribuisce alla formazione del disturbo di personalità evitante. I figli di coloro le cui relazioni sono fredde o violente potrebbero concludere che non vale la pena di cercare a loro volta delle relazioni oppure che sono loro a meritare in qualche misura la violenza, e questi fattori sfociano in quella mancanza di interesse o di piacere per la vita di relazione che è tipica della personalità schizoide. 


questi disturbi possono contribuire anche i condizionamenti sociali. Per esempio, alcune persone con il disturbo di personalità evitante furono probabilmente rifiutate o umiliate nei primi anni di vita, col risultato che esse prestano troppa attenzione ai giudizi e alle valutazioni altrui. Il disturbo di personalità istrionica può derivare, almeno in parte, da un’idea errata di ciò che è attraente e appropriato. Una teoria suggerisce che le ragazzine che fanno affidamento sul padre come fonte primaria di amore possono giungere alla conclusione che il modo per attirare l’interesse degli uomini è quello di essere civettuole e ammaliatrici, da ultimo vi è anche l’influenza dei fattori esterni, malattie croniche, mentali o fisiche che siano, soprattutto nei bambini e negli adolescenti, possono favorire un atteggiamento eccessivamente fiducioso e sottomesso nei confronti degli altri e contribuire allo sviluppo del disturbo di personalità dipendente. Una lesione che sfigura può favorire il disturbo di personalità evitante. Infine la società, in perenne movimento e così stressante, con le sue accresciute esigenze di mobilità, con l’alta percentuale di divorzi e suoi costanti cambiamenti, può incrementare il rischio del disturbo di personalità borderline in persone particolarmente predisposte.

non è possibile parlare di personalità senza conoscere i meccanismi di difesa.


 MECCANISMI   di   DIFESA

ogni quadro clinico presenta contemporaneamente vari meccanismi di difesa più o meno disfunzionali, con i quali il soggetto nel tentativo di adattarsi, di tutelare, di salvaguardare il più possibile la sua salute psicosomatica, può distorcere la personalità.


ono processi psichici che ogni essere umano mette in atto per la sopravvivenza, quando i bisogni, impulsi, motivazioni, sentimenti o tendenze istintive che si scontrano od entrano in conflitto con il bisogno di adattamento all’ambiente. Per fronteggiare (sanare) tale conflitto l’individuo non riesce sempre ad adottare misure congrue e reazioni appropriate ma ricorre ad espedienti (difese) di vario tipo che gli permettono di accettare ed assimilare i nuovi dati distorcendoli in vario modo per renderli meno drammatici e minacciosi alla sua incolumità psichica. Reazioni inadeguate ad un conflitto, una risposta comportamentale che ogni individuo mette in atto per affrontare le situazioni “difficili” e mediare i conflitti prodotti dalla scontro tra bisogni, impulsi, desideri e affetti da una parte e proibizioni interne o da condizioni della realtà esterna dall’altra. Ogni patologia presenta solitamente uno o più meccanismi difensivi disfunzionali con i quali il soggetto cerca, anche se inadeguatamente, di salvaguardare la propria sanità psicofisica.



erfino la pazzia, da questo punto di vista, può venire interpretata come un meccanismo che mira a difendere il soggetto da mali peggiori, quali ad esempio l’omicidio o il suicidio. Essi rappresentano la soluzione di compromesso e di regolazione dell’apparato psichico alle prese con un conflitto generatore di ansia. Hanno la funzione di adattare le esigenze pulsionali alla realtà. Sono inconsci ed esistono in tutti gli individui. Nel nevrotico, diventano patologici per la sua costante preponderanza di alcuni o per la loro intensità, ciò che ostacola l’elasticità e l’adattamento del funzionamento mentale. Il sintomo nevrotico rappresenta un compromesso tra la pulsione e la difesa. I principali meccanismi di difesa sono:

Rimozione.

un dimenticare o ignorare rappresentazioni (pensieri, immagini, ricordi) legate ad una pulsione. Alla base del bisogno di dimenticare ci sono paure irrazionali preesistenti … sopprimere le innumerevoli angosce legate alla vita quotidiana. I contenuti rimossi conservano però un potenziale dinamico e tendono a ripresentarsi. Il ritorno del rimosso, che è abituale nelle fantasie e nei sogni, si può tradurre anche in lapsus, atti mancati, sintomi di conversione isterica, sintomi fobici o ossessivi. La rimozione diviene problematica quando fallisce nella sua funzione (allontanare efficacemente dalla coscienza idee disturbanti, in modo che la persona possa rivolgersi al compito di adattarsi alla realtà), elimina anche alcuni aspetti positivi della vita e agisce a esclusione di altri modi più efficaci.

Regressione.

itorno a modi di pensare o comportamenti precedenti (fasi evolutive infantili) che richiedono maggior accudimento e conforto (bambini viziati e bisognosi)… tornare a vecchie abitudini di pensiero, sentimento e comportamento dopo aver raggiunto un livello di competenza superiore (il processo deve essere inconscio, non consapevole). L’ipocondriaco con la sua somatizzazione (ruolo di malato) usa la regressione come strumento primario (strategia centrale) per affrontare gli aspetti problematici della vita quotidiana.

Isolamento affettivo.

un modo di gestire l’angoscia e altri stati mentali. Si isola il sentimento dalla conoscenza: l’aspetto affettivo di un’idea viene separato dalla sua dimensione cognitiva (i chirurghi non potrebbero realizzare i vari interventi se fossero costantemente fissati sulla sofferenza fisica dei pazienti). Nessuna reazione emotiva rispetto a cose per le quali molti provano intensi sentimenti (si privilegia l’aspetto razionale). Un buon esempio può essere quello del vulcaniano impersonato dal signor Spock nella serie televisiva Star Trek. Quando l’isolamento è la difesa primaria e lo stile di vita riflette la sopravvivenza del pensiero e la sottovalutazione del sentimento, la personalità è di tipo ossessivo.

Proiezione.

ttribuire ad altri i propri sentimenti, impulsi e pensieri … qualcosa di interno viene considerato proveniente dall’esterno. E’ un’operazione con la quale il soggetto espelle da sé persone o cose, qualità, sentimenti, desideri che egli non riconosce e rifiuta in lui e localizza nell’altro; in quanto disconoscimento delle tendenze interna. Con l’attribuzione di queste tendenze ad altri. Si trova in particolare nei fobici, nel delirante e nel paranoico. Quando una persona, infatti, usa la proiezione come modalità principale per comprendere, muoversi nel mondo e affrontare la vita, si può affermare che è paranoie.

Identificazione.

il processo psicologico per cui il soggetto assimila (assorbe) un aspetto, un dettaglio, una proprietà, un attributo di un altro e si trasforma totalmente o parzialmente sul modello di questo. L’identificazione viene operata all’inizio con le immagine dei genitori, maestri, fratelli, ecc. Tale meccanismo viene associato ai livelli borderline della personalità paranoie.

Introiezione.

eriva dal processo di identificazione. Trasferisce con una modalità fantastica, dall’esterno all’interno oggetti e qualità relative a questi oggetti. I bambini piccoli intromettono ogni tipo di atteggiamento, affetto e comportamento delle persone significative della loro vita. Potrebbe diventare un meccanismo molto distruttivo; le persone, infatti, tenteranno di padroneggiare lo spavento e la sofferenza assumendo le qualità del loro aggressore. Inghiottire l’oggetto angoscioso, facendolo scomparire all’interno di sé, rappresenta la tattica difensiva del lutto melanconico (persone che sono diventate parte della propria identità) e della depressione. Meccanismo che troviamo anche nel sadismo e nell’Acting out (agire senza riflettere o senza apparente considerazione per le conseguenze negative dell’atto).

Spostamento.

a sì che l’interesse, l’intensità di una rappresentazione si possano staccare da questa e trasferirsi su altre rappresentazioni originariamente poco intense, unite alla prima da una carica associativa. In altri termini, le tonalità affettive, cioè tutta la gamma delle emozioni e dei sentimenti legati ad una rappresentazione, possono staccarsi da questa per legarsi ad altre meno sgradite. Lo spostamento si può fare su di un oggetto e su di una situazione (fobie), sul corpo (conversione), sui contenuti psichici (ossessioni). Un modo di generalizzare o dirottare un sentimento per un oggetto, verso un altro oggetto meno minaccioso (meno temuto).

Annullamento.

un meccanismo psicologico per cui il soggetto si “sforza” di fare in modo che dei pensieri, dei gesti e dei fatti trascorsi non siano avvenuti: utilizza per questo un pensiero o un comportamento avente un significato opposto. Vengono attivati comportamenti finalizzati a riparare simbolicamente o a negare precedenti pensieri, sentimenti o comportamenti inaccettabili per il soggetto. L’effetto inaccettabile e indesiderato è rimpiazzato dal suo contrario. Difesa utilizzata prevalentemente negli ossessivi e nei masochisti.

i meccanismi di difesa sono strategie psichiche consolidate nel tempo, operazioni spesso inconsce, ovvero pensieri, idee, sentimenti o comportamenti attivati dal soggetto per evitare, eliminare, alleggerire, alleviare o gestire conflitti, il peso degli affetti, disagi della vita quotidiana avvertiti come pericolosi: mantenere in qualche modo l’omeostasi psichica, gestire istinti, desideri ed affetti, ha funzione protettiva e adattiva in situazioni stressanti, facilita un compromesso tra impulsi e inibizioni … ogni difesa attivata - per tenere sotto controllo l’ansia scaturita dal tentativo di gestire un desiderio (pulsione) in contrasto (inaccettabile) con i valori del soggetto stesso - può essere adattiva o disadattiva (vantaggiosa o svantaggiosa) indica una personalità matura, equilibrata, consapevole, in contatto con la realtà e ben integrata, in grado di esprimersi e di gratificarsi (matura – adattiva… stile difensivo evoluto) oppure immatura, patologica e con grande distorsione della realtà (immatura – disadattiva … stile difensivo primitivo) … l’attivazione di un determinato meccanismo di difesa può essere determinante nel buon funzionamento o meno del soggetto non solo a livello psichico ma anche nel contesto familiare, sociale, lavorativo e relazionale … ogni difesa segnala la gravità dello stato patologico.

ATTENZIONE   PERICOLO


iconoscere tempestivamente l’intensità, la durata e il modo con cui un disagio emotivo affligge una persona è fondamentale per chiunque, sia come prevenzione sia come cura. Il problema mentale proprio per le sue caratteristiche comportamentali ed emotive peculiari è sempre dannoso, a prescindere dal quadro clinico specifico (isolamento, chiusura, debolezza, diffidenza, instabilità, difficoltà a comunicare, ansia, fobia, panico, tensione, inquietudine, senso di colpa, rabbia, aggressività) compromette in ogni caso il ruolo sociale, la funzione relazionale e l’attività lavorativa … distrugge le certezze e la capacità di condurre una vita regolare, rende difficile esercitare una professione in maniera continuativa, occuparsi della propria famiglia o instaurare rapporti interpersonali sereni (mette a rischio il posto di lavoro, il matrimonio, le amicizie … predispone a continui fallimenti, insuccessi e delusioni). Una persona affetta da disturbi emotivi ha la sensazione di vivere perennemente isolata e in uno stato di inferiorità, in un mondo dominato da giganti … è soggetta alla paura e al senso di impotenza. Se questi disagi non sono adeguatamente trattati con solerzia, possono sì cronicizzate, ma la cosa più importante è che modificano silenziosamente e inesorabilmente il corso di una vita, distruggono i sogni e mandano in frantumi i rapporti di tantissime persone. Il fatto sorprendente - forse più triste e avvilente - non è il numero di persone coinvolte in questa sofferenza (che sono comunque sempre tante … una indagine recente attendibile ipotizza che 1 persona su 3 è colpita da un disagio mentale), ma che poche ricevano sostegno e aiuto adeguato, proprio per la non consapevolezza del loro dolore emotivo (un po’ per ignoranza, un po’ per vergogna perché tale fenomeno è vissuto come segno di debolezza); cosa altrettanto grave è che sono, spesso, lasciate in mano al qualunquismo e ad interventi “superficiali” oppure non ricevono alcun tipo di cura … sono quasi sempre abbandonati al loro destino “catastrofico”, un fatto davvero inquietante considerato il periodo storico in cui viviamo! Tutti devono essere in grado - questo rientra nello spirito del presente lavoro - di riconoscere i segnali e la sintomatologia connessa ai vari quadri clinici (con lo stesso entusiasmo di uno studente alle prese con la sua materia di studio preferita) in modo tale da poter decidere quando è il momento di chiedere aiuto e di valutare se l’intervento terapeutico è appropriato ed efficace. 


a conoscenza “approfondita” dei vari disturbi e delle cause permette di comprendere non solo se stessi - la devastante sofferenza soggettiva e familiare - ma anche di rendersi conto degli altissimi costi (anche pubblici) che tale sofferenza comporta (chi può permetterselo, considerati i tempi lunghissimi del pubblico, si rivolge ai servizi privati… aggiungendo così al fardello emotivo grandi sacrifici economici) … mai più in silenzio! Permette di guardare in modo diverso a se stessi e con più fiducia al proprio futuro. La sofferenza psicologica non solo segna la vita delle persone che ne sono affette ma ha un fortissimo impatto a livello lavorativo e sociale (assenza dal lavoro, infiniti esami clinici, spese ingentissime). Anche le forme più lievi del malessere emotivo devono essere prese in considerazione perché - anche se sono all’inizio silenziose - possono influire sulle rinunce e limitare nelle scelte di vita; si pensi ad esempio allo stato ipocondriaco, ad alcune disfunzioni della sfera sessuale, alla timidezza patologica, ai cambiamenti repentini dell’umore, alle condotte evitanti e dipendenti … nei casi più seri, l’autosoppressione. I problemi emotivi, quindi, anche quando non sono particolarmente gravi ed allarmanti, devono essere sempre presi in esame, considerati attentamente e scrupolosamente, perché predispongono ad un vivere infelice, fanno sentire meno sicuri, annullano le capacità di controllo sulle cose rispetto ai momenti di “benessere”, creano difficoltà e confusione anche nel gestire le problematiche quotidiane più banali. 


ungo il cammino che porterà alla soluzione del malessere emotivo - dopo le prime esitazioni e le perplessità iniziali da parte del paziente - si potrà imparare a vivere e a comportarsi in modo più gratificante, ritrovare l’autostima e la sicurezza, riacquistare il controllo di se stessi, emergeranno risorse naturali, notevoli capacità nel poter scegliere autonomamente e nel prendere decisioni giuste … si scoprirà finalmente che l’esistenza umana, con una nuova apertura mentale e una visione diversa della vita, offre sempre infinite alternative. Un trattamento adeguato, infatti, risolve i conflitti più profondi, risolleva il morale, migliora la qualità della vita, aumenta le attività quotidiane, appaiono finalmente calma e sicurezza … le relazioni interpersonali diventano davvero più soddisfacenti. Non abbiamo timore: un professionista qualificato e esperto in questo delicato ma affascinante settore, altro non può che dar luce alla mente e offrire preziosi “consigli” su come affrontare e risolvere questo tormento… aiutare a raggiungere grandi obiettivi: senso di fiducia, sicurezza, aprirsi agli altri, lavorare con passione, formare nuove amicizie, legami e relazioni strette … aspettarsi esperienze piacevoli, anticipare il miglior esito di ogni cosa … questo è il diritto di ogni essere umano.

NEVROSI  …  si è ancora in contatto con la   REALTA'


l termine nevrosi indica uno stato morboso funzionale senza diretto rapporto con una lesione organica. Esprime simbolicamente un conflitto psichico la cui origine è collegata al superamento, più o meno con successo, delle difficoltà che l’essere umano incontra durante i vari stadi evolutivi. Dal punto di vista clinico, le nevrosi si distinguono dalle psicosi, dalle perversioni e dalle affezioni psicosomatiche. Il termine nevrosi compare per la prima volta in un trattato di medicina, pubblicato nel 1777, dallo scozzese W. Cullen, che lo usa per indicare l’insieme delle malattie mentali, ma anche patologie cardiache o digestive. In seguito la parola arriva a indicare tutte le malattie che sembrano derivare da un cattivo funzionamento del sistema nervoso. Solo molto più tardi s’arriverà a distinguere le malattie d’origine organica da quelle essenzialmente psichiche. Lo psichiatra francese P. Janet segna quest’evoluzione quando, sul fluire dell’Ottocento divide la nevrosi in due categorie: isteria e psicastenia. Per Janet le nevrosi sono dovute ad una caduta di tensione psicologica che provoca la comparsa di comportamenti inferiori. Soltanto gli studi sull’isteria di Freud metteranno in evidenza l’origine psichica della nevrosi. Freud scopre la psicanalisi curando malati isterici. Non tarda a capire che molte affezioni psichiche sfuggono alla terapeutica medica, poiché trovano origine soltanto in conflitti infantili non risolti. Nello sviluppo “normale”, ognuno deve attraversare un certo numero di fasi evolutive (orale, sadico-anale, fallica) prima di raggiungere la fase genitale.

“””Fasi. Freud ha scoperto che lo sviluppo sessuale dell’uomo non corrisponde ad una organizzazione genitale unica, ma ad una successione di fasi caratteristiche. La nozione di fase è diventata quindi uno dei concetti chiave della psicanalisi. Freud comincia col distinguere un’organizzazione della sessualità “adulta genitale” e un’organizzazione della sessualità “infantile pervertita”. Le successive ricerche lo portano a scoprire che la pulsione sessuale percorre una serie di fasi (spinta … forza, insieme psichica e fisica caratterizzata da una fonte, un oggetto e una meta. Le pulsioni corrispondono alle eccitazioni di origine interna che il soggetto subisce continuamente e che costituiscono il motore dell’apparato psichico). Ma solo molto più tardi gli diverrà del tutto chiaro il legame tra la fase e la malattia mentale. I tre saggi sulla teoria sessuale cercano per la prima volta di descrivere delle fasi nella vita infantile. Esistono quattro fasi fondamentali. La fase orale, la prima, è caratterizzata dal piacere che il neonato prova a succhiare il seno della madre o le proprie dita. Questo primo piacere, che il bambino sente tramite il proprio corpo, viene definito autoerotico. La fase anale o sadico – anale è caratterizzata dall’interesse che il bambino dimostra per le funzioni della defecazione (espulsione, ritenzione). 


orrispondente all’apprendimento della pulizia, è decisiva nella formazione del carattere del bambino e della sua personalità adulta. La fase fallica, verso i quattro – cinque anni, coincide nel bambino e nella bambina con la specificità dell’organizzazione sessuale maschile. E’ anche la fase della masturbazione. Finisce, nel bambino, con la paura della castrazione, che segna la fine anche del complesso di Edipo. In seguito alla pubertà si realizza l’ultima fase, la fase genitale, caratterizzata dalla procreazione. Ma accade che nella vita l’individuo si scontri con difficoltà che gli sembrano insormontabili. Rischia allora di voler regredire ad una fase anteriore. Se non può assumere sessualmente la sua condizione d’adulto, tenta di tornare bambino d’un tempo. Si mette su una strada che può condurlo sia alla regressione completa (perversione), sia alla lotta contro il desiderio di perversione (nevrosi). Ogni perversione e ogni nevrosi (che è il suo negativo) si caratterizza con la fissazione ad una fase che dovrebbe essere integrata alla personalità adulta. L’ossessivo è fissato alla fase sadico – anale, l’isterico alla fase orale, l’esibizionista alla fase fallica.


l nevrotico non arriverà mai in fondo allo sviluppo. Rimarrà “fissato” ad una fase anteriore o sarà continuamente tentato di regredirvi. La regressione costituisce la perversione; la nevrosi la lotta contro la perversione. Dopo Freud, si distinguono tre gruppi principali di nevrosi. Le psiconevrosi, caratterizzate da sintomi psichici importanti (fobie, ossessioni, inibizioni), come la nevrosi isterica, ossessiva e fobica. Le nevrosi del carattere sono anch’esse psiconevrosi, ma i loro sintomi non sono palesi (rimangono soltanto i tratti di carattere morbosi). Le nevrosi attuali formano una categoria nettamente differente: le più gravi sono l’ipocondria, la nevrastenia e la nevrosi d’angoscia. All’origine di queste turbe c’è ancora la sessualità, ma nella sua forma biologica. Molto spesso la causa della malattia è una scarica sessuale insufficiente. I principali sintomi sono l’angoscia e l’ansia. La scoperta della psicanalisi portò Freud a elaborare una teoria psicogenetica delle nevrosi. Il concetto centrale è la rimozione (vedasi settore “I meccanismi di difesa” o “Psicoterapia”). Quando un desiderio si scontra con una proibizione sociale (Super-Io), viene rimosso nell’inconscio. I sintomi nevrotici saranno tentativi d’espressione mascherata di questi desideri. La scoperta del senso del sintomo ne comporta la scomparsa.


SINTOMI PALESI di nevrosi. La nevrosi è diffusa come un comune raffreddore, ma è più difficile a riconoscersi e a guarirsi. Con un raffreddore o con qualsiasi malattia fisica, abbiamo ovvi sintomi che ci spingono ad agire in un certo modo: se abbiamo la febbre andiamo a letto; se ci sentiamo male prendiamo un’aspirina o chiamiamo il 118. Anche la nevrosi ha i suoi sintomi, meno evidenti però, come abbiamo potuto vedere nei vari articoli del sito. Non si manifestano sul termometro e non reagiscono ai comuni rimedi farmaceutici. Possiamo benissimo imparare a riconoscere più prontamente la nevrosi esaminandola nei vari aspetti. Il primo evidente sintomo di nevrosi è l’indecisione e l’inattività. Tutti noi, a volte, siamo indecisi. Il nevrotico è un INDECISO cronico. Egli non può decidersi di agire… rimugina gli stessi problemi per settimane e settimane, per mesi e mesi e in certi casi per anni e anni. E’ perennemente influenzato dal dubbio. Il dubbio Amletico come sappiamo è un o scherzo rispetto al nevrotico. Ma tutti affrontano decisioni nella vita quotidiana, piccole scelte e, occasionalmente, grandi scelte. Qualche volta la grande decisione è la causa del trauma che è stato covato dentro. Comunque, di solito, l’indecisione è più simile al raffreddore che alla polmonite. Naturalmente l’indecisione implica la tendenza a procrastinare, cioè differisce la soddisfazione dei nostri bisogni e crea frustrazioni. Sogniamo ad occhi aperti, e questo incrina la nostra concentrazione, la nostra capacità di operare e di essere attivi. In aggiunta a ciò c’è il senso di INADEGUATEZZA che deriva dal non poter soddisfare né i nostri bisogni né i nostri problemi. 


n tal modo diventiamo ostili e cominciamo a prendercela con la gente che ci circonda a causa del nostro senso di inadeguatezza. Ben presto passiamo più tempo pensando a ciò che ci manca piuttosto a ciò che si ha. A lungo andare viziamo tutte le nostre decisioni perché conosciamo così poco il nostro agire che non possiamo rallegrarci dei suoi frutti. Il sintomo più comune della nevrosi è l’ANSIETA’ o la PAURA. La paura deriva da un’altra condizione dello stato nevrotico: il senso di dipendenza. Cerchiamo gente che ci aiuti, se abbiamo paura. Se da bambini ci siamo nascosti, siamo corsi via e abbiamo gridato, da adulti siamo più abili, ma la nostra RISPOSTA è essenzialmente INFANTILE (si veda regressione)… un ritorno a una maniera primitiva di adattamento. Se facciamo un’infantile concessione a noi stessi, è probabile che ne faremo delle altre. L’OSTILITA’ è un altro sintomo della nevrosi. E’ molto comune nel nostro periodo storico perché viviamo in una società altamente competitiva. Ognuno gareggia per qualcosa, diplomi, impieghi, condizioni sociali, compagni sessuali, posti di parcheggio e così via. Una quarta palese espressione di disordine emotivo è l’INSUCCESSO o lo scarso rendimento. Tutti siamo soggetti a limitazioni fisiche e mentali, a ingiustizie sociali, alla cattiva sorte; ma a lungo andare, se non sfruttiamo una buona parte del nostro potenziale, dobbiamo rassegnarci a biasimare noi stessi. Ciò non riguarda solo la scuola e la carriera, ma tutti gli aspetti della VITA. Il SENSO di COLPA, che spesso è il risultato dell’ostilità e dell’insuccesso, è il quinto chiaro sintomo di nevrosi. Attualmente il senso di colpa non è facilmente riconoscibile. La sua più comune espressione è il costante CHIEDERE SCUSA. La gente che soffre di senso di colpa chiede sempre scusa con molta educazione e convinzione, non solo quando è opportuno ma anche quando è fuori luogo, inoltre il suo comportamento oscilla tra la dolcezza e la cattiveria. Un sesto indizio di difficoltà emotive è il RINCHIUDERSI IN SE STESSI


iò conduce alla solitudine e all’alienazione. Dato che nell’essere soli c’è un‘enorme perdita del senso della prospettiva, il rinchiudersi in se stessi rende più facile che la nevrosi di un individuo si espanda ad altre sue attività. I sintomi psicosomatici, in generale, determinano una settima forma di nevrosi. Il nostro corpo richiede la soddisfazione dei propri bisogni in una quantità di modi superiore a quella che riconosciamo. Alcuni di questi modi possono essere misurati fisiologicamente. Ad esempio, la paura di svelare un aumento del ritmo respiratorio. Anche le palme delle mani bagnate, dette “riflesso psicogalvanico” sono un segno rilevatore. L’espressione del volto è eloquente. Ci sono anche espressioni del nostro linguaggio che ricordano ciò. Ad esempio, diciamo che qualcuno “storce le labbra per disprezzo”. La gente modifica l’espressione del viso quando è arrabbiata. C’è anche ciò che A. Adler ha chiamato “debolezza organica”; ossia alcune parti del nostro corpo esprimono il turbamento del nostro stato emotivo. Per alcuni è la pelle, per altri lo stomaco, per altri ancora la schiena (si vedano le sezioni specifiche). Comuni espressioni di ansietà cronica, di paura, di collera e di conflitto, coinvolgono disturbi psicosomatici quali ulcera, le coliti, i mal di testa cronici, le allergie e le indigestioni. Ma il sintomo psicosomatico più frequente, che non sempre è riconosciuto come tale, è la stanchezza. Ci sono molte ovvie, logiche ragioni per diagnosticare la stanchezza come il risultata di un superlavoro. Ma il fatto è che la fatica è anche indice di eccessiva resistenza, di risentimento, di indecisione. La più comune e accettabile scusa per non fare qualcosa che non vogliamo fare è che siamo troppo stanchi per farlo. Infine, ogni atteggiamento o azione estremistica sono una chiara espressione di inclinazione alla nevrosi. Il fatto che l’azione sia approvata o disapprovata dalla società non è importante; se è esagerata è sospetta. Ad esempio l’inattività, che è malvista nella nostra società, può essere un estremo nevrotico; ma è così anche per il suo opposto, l’impulsività, benché sia spesso più accettabile dal punto di vista sociale. L’insuccesso è un sintomo di complicazioni nevrotiche; e così la sovraprestazione. Anche la socievolezza forzata è segno di nevrosi, e così la solitudine. l’autocostrizione ad essere sempre tra la folla, l’incapacità di restare soli, indicano una forte tendenza al rifiuto di sé.

Il    PENSAR  nevrotico


pesso la gente pensa che la nevrosi sia una sorta di un “disastro” nervoso. Questa definizione non è appropriata. La terminologia in questione risale a quando potevamo capire la nevrosi soltanto in termini fondamentalmente organici o in termini di improvvise manifestazioni traumatiche. Oggi sappiamo che la nevrosi si trova a livello superficiale prima di esplodere in maniera drammatica. Un debole stato di salute fisica indica che il corpo non funziona a dovere; non si può evitare l’effetto tossico dei microbi. Un debole stato di salute mentale o emotiva - la nevrosi - indica una situazione simile con riferimento alla nostra personalità, alla nostra abituale maniera di adattarci. Non possiamo evitare gli effetti tossici, non dei microbi, ma dei nostri stessi errori di interpretazione. La nevrosi è, in altri termini, una sofferenza conseguente a una erronea disposizione d’animo: erronea nel senso che conduce a un comportamento inadeguato. Comportamento che non è funzionale, che non ci dà ciò che vogliamo. Questo comportamento non è semplicemente sciocco… è dannoso. Vestirsi con abiti infantili è sciocco; reagire ai vari problemi in modo infantile è dannoso. Che cosa sono dunque alcuni di questi stati d’animo sbagliati, alcune di queste erronee interpretazioni? E come possono colpirci? Il più grave errore di interpretazione nel nostro modo di pensare è che andiamo dietro ai nostri desideri piuttosto che alla realtà per dominare i nostri pensieri. Questo ha come risultato, naturalmente, un giudizio insufficiente. Ad esempio, un giovane si innamora perdutamente di ogni donna, ne è attirato e vuole sposarla. Corre dietro ai propri desideri per condizionare la propria azione. Vuole sposarsi, vuole trovare la donna che vada bene per lui; ma piuttosto che valutare la situazione realisticamente, egli delinea questa ragazza di sogno nel mondo reale mediante l’intensità dei desideri. 


el nostro modo di pensare anche noi interpretiamo erroneamente le conseguenze delle nostre azioni. Ad esempio comperiamo una costosa automobile pur non potendo permettercelo. Ci rendiamo conto che le spese devono essere proporzionate all’andamento degli affari, ma vogliamo quell’automobile, sentiamo di avere ragione e così saltiamo il fosso. E naturalmente non possiamo goderci l’automobile perché dopo pochi mesi il peso del debito è troppo forte. Abbiamo mancato di vedere con chiarezza le conseguenze del nostro comportamento. Avremo in ogni caso l’opportunità di commettere di nuovo la stessa pazzia. I nevrotici hanno la tendenza a ripetere i loro errori. La gente “sana” può fare sbagli in maggiore o minore numero dei nevrotici, ma commette errori diversi, e ciò dimostra che ha risolto alcuni dei suoi problemi o che ha scontato errori ed è in grado di andare avanti. La gente che fa sempre lo stesso errore più e più volte mostra di essersi fermata ad un certo stadio dello sviluppo.

Il    SENTIRE   nevrotico

aturalmente gli atteggiamenti nevrotici sono più forti secondo la nostra sensibilità. Di fatto, gli errori intellettuali di interpretazione sono corretti facilmente con la terapia. E’ cambiare i sentimenti del paziente che è difficile. Il più importante errore emotivo di interpretazione che il nevrotico commette è di SOTTOVALUTARSI, di PUNIRSI, di trattarsi miseramente. Questo atteggiamento è il risultato di una misera immagine di se stessi. Un individuo con una misera immagine di sé può veramente sembrare uno che stia cercando di aumentare il proprio valore, ma il tentativo è male indirizzato, superficiale, e indica che la persona non ha un concetto di sé sufficientemente buono. Questo atteggiamento si estende alle relazioni di parentela e agli amici. Generalmente il nevrotico ha rapporto tesi con i genitori, con i fratelli, con la moglie, con i bambini. Egli interpreta erroneamente i loro sentimenti e i suoi. Ad esempio, sente che i suoi numerosi atti di gentilezza passano sotto silenzio, e raramente trova sufficiente gentilezza nella gente che lo circonda. Con gli amici è esigente, tende a interpretare erroneamente ogni loro azione. E’ un sensitivo facilmente sconvolto. Il nevrotico si concentra troppo su se stesso. 


roppe delle sue frasi incominciano con la parola “io”; non sa conversare; è un esibizionista. Il fatto è che non sa sfuggire alla sua stessa prigione. Ciò che è al di fuori di lui non lo soddisfa abbastanza, e questo lo turba. In ultimo, naturalmente, diventa insoddisfatto di sé, se la prende con se stesso. Ma non dice: “Sono noioso”. Nessuno lo dice mai. Dice invece: “E’ noioso” o “Questo è noioso” o “La gente è noiosa”, o “La festa è noiosa”. Quindi il nevrotico interpreta erroneamente la natura delle relazioni sociali. Egli vuole ciò che vuole, quando lo vuole. Ciò è normale; il suo errore di interpretazione consiste nel non riuscire a capire che deve dare, che deve imparare a sviluppare l’abilità che lo lega agli altri, che deve imparare a persuadere la gente a soddisfare i suoi desideri. Ma invece di impegnarsi a sviluppare le relazioni del dare e avere, agisce come se scambiasse tutti per suo padre e sua madre e se stesso per bambino, e grida: “Dammelo!”. E naturalmente la gente rifiuta un simile approccio. Questo non è il modo di ottenere ciò che vogliamo. Nel complesso i sentimenti degli individui nevrotici tendono ad essere più negativi che positivi. Sono sempre caratterizzati da collera, ansietà, rifiuto e pessimismo. E’ difficile trovare un nevrotico che sia ottimista … il suo bicchiere è sempre MEZZO VUOTO. Non tutti i pessimisti sono nevrotici, ma la maggior parte dei nevrotici sono pessimisti. Chiunque sia cronicamente negativo, arrabbiato e pessimista, deve per forza interpretare in modo errato le situazioni che affronta, perché la vita non è conforme ai suoi stati d’animo. Qualche volta essa ci appare nera, talvolta neutra, ogni tanto promettente. Se ci appare quasi sempre in un solo modo, c’è qualcosa di sbagliato in noi.

Il    COMPORTAMENTO    nevrotico


l comportamento esprime pensiero e sentimento, e questo non è meno vero quando i pensieri e sentimenti sono nevrotici, sebbene non sempre siano riconoscibili come tali. Ad esempio i nevrotici hanno poca perseveranza perché interpretano erroneamente il valore delle cose che fanno. Non appena incontrano un ostacolo, dicono: “Bene, non ne vale realmente la pena” e se ne stanno fermi. Questo è un errore d’interpretazione, una razionalizzazione. Qualche volta anche il compito più banale deve essere svolto proprio così; ogni altro modo è sbagliato. Di nuovo questo significa interpretare erroneamente il valore delle cose. Quello che ho detto prima circa gli estremi, impulsività, inattività, severità e così via, si applica naturalmente al comportamento in cui questi estremi sono espressi. Infine, il campo d’azione del comportamento dei nevrotici è limitato. Essi tendono a ripetere le stesse cose. “Solo lavoro e niente svago fa diventare stupidi”. Questo implica una tendenza alla nevrosi. Abbiamo visto come la nevrosi colpisce il nostro modo di pensare, di sentire, il nostro comportamento. Ci sono quattro campi in cui si esprimono queste inclinazioni nevrotiche. Nel considerare il bisogno di cura di una persona, i terapisti cercano di determinare in che misura l’individuo funzione in questi campi. Il PRIMO campo è la vita di casa. Collera cronica, ostilità e tensione in casa propria indicano bisogno di aiuto. Il SECONDO campo è il lavoro. 


ggressione, senso di colpa, depressione, alienazione, fantasia possono seriamente minare la capacità di una persona nello svolgimento di qualsiasi lavoro. Il TERZO campo, lo svago, è spesso trascurato, pure essendo un importante contrappeso nella nostra vita, perché in questa società competitiva siamo sempre sotto pressione per produrre e lavorare. Quindi lo svago deve essere dedicato a soddisfare i nostri bisogni non avendo nulla a che fare con le pressioni che la società esercita su di noi. Potrebbe esserci di aiuto il trar fuori qualcosa dalle nostre tendenze aggressive per soddisfare i nostri inesauditi bisogni di amore. La gente che non ha via di uscite rilassanti, interessi esterni, che non fa altro che lavorare tutto il giorno e dormire tutta la notte, non può continuare a lavorare in mezzo alle sue difficoltà emotive. Il QUARTO campo, la vita sociale, urta con gli altri tre campi e oscura le loro possibilità e i loro espedienti.

TIPI   di   NEVROSI


a prevalenza di un determinato tipo di nevrosi cambia da generazione a generazione. Ai tempi di Freud la paralisi isterica era comune; oggi è rara. Altri problemi hanno preso il suo posto. La gente che soffre delle attuali comuni nevrosi può essere divisa sommariamente secondo alcune scuole di pensiero in otto gruppi. E’ raro che ci sia una persona che non possa essere classificata, almeno parzialmente in uno di questi gruppi. Il PRIMO gruppo comprende le persone che realmente non sanno che fare con se stesse. Il loro lavoro o il loro matrimonio, se pure ce l’hanno, non le soddisfa, non le coinvolge; hanno pochi legami. Questo è comune soprattutto fra le casalinghe, particolarmente quelle che hanno bambini grandi. E’ anche abbastanza comune fra gli uomini che lavorano per grandi organizzazioni. Se per una ragione o per l’altra rinunciano al loro lavoro, non riescono facilmente a trovarne un altro.



e persone con paure specifiche costituiscono il SECONDO gruppo. Fra loro l’ansietà si è cristallizzata in paure specifiche abbastanza forti per essere debilitanti. Questa non è gente che ha paura dei grossi cani o degli aerei, tutti possono evitare i grossi cani e viaggiare in treno. Questa è gente che, ad esempio, ha paura di lasciare la propria casa in certe ore del giorno o ha paura di amare o, peggio di tutto, ha paura del prossimo. Il TERZO gruppo, piuttosto numeroso, è costituito da persone con difficoltà sessuali, frigidità per la donna, impotenza o mancanza d’interesse per l’uomo. Il QUARTO gruppo è incapace di avere contatti con gli altri; ha deboli relazioni sociali. Questa gente si chiude in sé; ha permesso alla propria personalità di deteriorarsi; le sue risposte emotive sono scialbe. Prova raramente eccitamento, entusiasmo, forti emozioni di ogni tipo. Gli esecutori passivi costituiscono il QUINTO gruppo. A scuola sono spesso ragazzi intelligenti. Hanno delle capacità, ma sono sempre servili o sono portati ad esserlo. Il SESTO gruppo, costituito da persone che hanno conflitti coniugali, è molto numeroso e sta aumentando. Oggi l’insoddisfazione verso il proprio coniuge, con il matrimonio in sé, è espressa più apertamente che un tempo. I bambini che rifiutano i genitori, strano capovolgimento, costituiscono il SETTIMO gruppo. Naturalmente tutti i bambini rifiutano i genitori in qualche occasione, di solito nell’adolescenza. Qui la durata e il grado di rifiuto è importante. Quando il rifiuto implica la nevrosi, comporta anche un serio problema di comportamento o una radicale rottura con le convenzioni sociali. Le personalità ossessive formano l’OTTAVO gruppo. Le costrizioni, le forti spinte interne ad agire su ciò in cui abbiamo poco o nessun controllo, si rivelano nel nostro modo di pensare come ossessioni. 


e persone ossessive sono dei perfezionisti; hanno una forte carica di energia interna. Sono esigenti, critiche. Non sono soddisfatte di nulla, neppure di se stesse, il che rende la loro vita durissima. Abbiamo visto quanto facilmente il condizionamento contribuisca a strutturare il campo di azione di queste nevrosi. All’inizio della nostra vita sviluppiamo facilmente una povera immagine di noi stessi perché ci sentiamo rifiutati e inevitabilmente soffriamo per il rifiuto perché dipendiamo moltissimo dai nostri genitori che ci aiutano. Una dura disciplina o più propriamente un’atmosfera priva di amore e di approvazione, ci dà un misero concetto di noi, e infinite esperienze distruttive con fratelli, amici, insegnanti e altri lo rinforzano. Come risultato sviluppiamo dei meccanismi difensivi (si vedano I meccanismi di difesa). Comunque questi non sono molto efficaci, non siamo abbastanza cresciuti per sviluppare difese efficaci. Tuttavia le rinforziamo, edifichiamo su queste misere fondamenta e sviluppiamo un autentico modo di vivere che implica evasione, ritiro, interpretazioni sbagliate, in breve nevrosi. Dopo qualche “tempo” questo modo di vivere diventa così normale che senza accorgercene finisce per essere ciò che vogliamo perché è ciò cui siamo abituati. Possiamo facilmente riconoscere i segni di queste nevrosi, le nostre piccole inclinazioni nevrotiche, ricordandoci cinque elementi che caratterizzano questo fenomeno emotivo: fallimento, paura, amici, stanchezza e divertimento.. Senso di fallimento. Un persistente segno di fallimento in un soggetto è di solito accompagnato da depressione, da senso di colpa, dalla consuetudine di scusarsi. Ciò è particolarmente vero per gli studenti. Coloro che non vanno bene non si divertono mai: sono preoccupati, spaventati, si scusano eccessivamente, sono spesso depressi. Paura. una persona che è disturbata in modo cronico da vari terrori è sconvolta emotivamente. E più sono irrazionali le paure, più profondo è il turbamento. Amici. Una persona che non ha mai amici sta manifestando il desiderio di chiudersi in se stessa. Probabilmente soffre anche di una certa mancanza di prospettive e alimenta forti sentimenti d’ira e di ostilità. Stanchezza. essa è facilmente male interpretata.



a una persona che soffre di stanchezza cronica mette a fuoco la sua attenzione soltanto su se stessa. Quando ci si sente bene c’è, in un certo senso, libertà da un condizionamento interiore e ci si dà da fare per agire. Non si pensa a se stessi; si pensa a ciò che si deve fare. Quando si è stanchi si è coscienti di ogni giuntura e di ogni muscolo del corpo, si è proiettati su se stessi. Questo è il risultato di un errore di prospettiva, di un errore di interpretazione. Divertimento. Il divertimento è molto importante. La gente che non si diverte, che è sempre negativa e pessimista, non ha un ritmo vitale e psicologico equilibrato. Se non ci si diverte con qualche cosa, vuol dire che si hanno difficoltà emotive. Si sta vivendo la vita a metà, si sta osservando soltanto il grigio e il nero e si perdono completamente di vista tutti gli altri colori. Queste sono le manifestazioni esteriori della nevrosi. Se le riconosciamo abbastanza presto possiamo bloccare il loro sviluppo, se non le riconosciamo abbastanza presto possiamo tentare di sconfiggere la nevrosi con gli strumenti psicologici più vicini alle nostre esigenze e formazione.

Conclusioni


isturbo grave dello psichismo che provoca disordini del comportamento. Tuttavia, contrariamente a quanto avviene nella psicosi, la nevrosi non è un disagio costituzionale: il soggetto è consapevole del suo stato e desidera vivamente trovare delle soluzioni. La nevrosi si manifesta con atteggiamenti e affetti aberranti: così la nevrosi spinge il soggetto ad adottare dei modi di “vedere” o a prendere decisioni che vanno contro i suoi stessi interessi. La nevrosi ossessiva lo costringe ad eseguire tutto un particolare rituale per scongiurare i timori della polvere, dei microbi, degli oggetti “minacciosi”. Nella fobia o nevrosi d’angoscia il malato non può sopportare di trovarsi in un luogo chiuso o di attraversare spazi aperti. Per Freud tutti questi sintomi sono prodotti da complessi sessuali che risalgono alla prima infanzia. A. Adler spiega la nevrosi da fallimento con una deformazione del senso della vita. Per C.G. Jung si tratta in generale di disturbi dello sviluppo della personalità. per guarire le nevrosi si ricorre alla cura psicoterapeutica. Accanto a questi disturbi mentali più o meno gravi vi sono poi disturbi minori che caratterizzano quelle che vengono dette personalità nevrotiche. Per esempio, nell’ipocondria il soggetto si preoccupa in modo esagerato della sua salute, nell’impotenza o nella frigidità è incapace di provare i normali piaceri della sessualità … nella depressione, si arrende di fronte alle difficoltà della vita.


PSiCOSI  …  non si è più in contatto con la REALTA'

a maggior parte di noi funziona nonostante il malessere nevrotico. C’è mancanza di efficienza, c’è angoscia, depressione, ansietà e altre disagi emotivi, ma procediamo attraverso la mediocrità della vita e qualche volta anche con maggiore originalità, perché nei nostri sforzi per spezzare i legami, possiamo trovare soluzioni che una persona “normale” non prenderebbe in considerazione. Comunque la psicosi è davvero qualcosa di diverso. Questo è il termine giusto per definire un autentico trauma. Non un vero e proprio trauma di nervi tesi, ma un estremo distacco dalla realtà. Spesso lo psicotico non sa chi è e dov’è. Sente e vede cose che non ci sono. i suoi errori di interpretazione sono così gravi che il suo comportamento è del tutto imprevedibile e può nuocere a sé e agli altri. Ha bisogno di assistenza ospedaliera, ma i mezzi per scoprire la psicosi sono, purtroppo, ancora oggi limitati. Ci sono molti tipi di psicosi. La psicosi funzionale, che alcuni psicologi sostengono sia fisica e anche psicologica, si divide in due grandi categorie. La prima è conosciuta come schizofrenia. Schizofrenia significa letteralmente “emotivamente tagliato fuori”. Il vecchio termine era dementia praecox, che vuol dire pazzia della pubertà; tale termine era usato perché questa malattia, che spesso colpisce nei primi anni di vita, fu riconosciuta per la prima volta fra gli adolescenti. Una delle più sfortunate caratteristiche della schizofrenia, è che si tratta di una malattia deteriorante. 


iversamente da un comune raffreddore che se curato diminuisce in una settimana, la schizofrenia peggiora se non si interviene. Questo perché in passato gli ospedali psichiatrici erano pieni di schizofrenici: la loro malattia non era riconosciuta se non in tarda età, e da quel momento dovevano essere ricoverati; erano già degli schizofrenici “deteriorati”. Nessuno sapeva veramente perché tanta gente era mentalmente malata. Poiché successivamente, gli strumenti per rivelare i casi di schizofrenia sono migliorati al punto che, per la prima volta nel secolo scorso, gli schizofrenici venivano trattati nelle fasi iniziali dei loro disturbi. Ci sono quattro tipi di schizofrenia. Il primo è sotto il nome di “schizofrenia semplice”, perché non comporta sintomi secondari. I suoi sintomi sono una monotonia emotiva, un’eccessiva tranquillità e il deterioramento delle reazioni. Chi ne è colpito non è più in relazione con il mondo circostante. Il secondo tipo di schizofrenia è noto come “ebefrenia”, che è sostanzialmente un disorientamento dell’emotività. Chi ne è affetto non è disorientato spazialmente o temporalmente, ma le sue reazioni emotive sono disordinate. Ascoltando qualcosa di triste, ride scioccamente; trovandosi davanti a qualcosa di spaventoso, sorride. Il terzo tipo di schizofrenia, la catatonia, è una forma di totale estraniamento dal mondo reale. Chi ne è colpito assume posizioni fisse e le mantiene per lunghissimi periodi di tempo. Può, ad esempio, inginocchiarsi per pregare e restare inginocchiato all’infinito. Può nutrirsi da sé, come può essere necessario nutrirlo per via intravenosa. Ha anche una caratteristica nota come “flessibilità cerea”. Gli si possono dare determinate posizioni che manterrà per indefiniti periodo di tempo. La paranoia è il quarto tipo di schizofrenia. E’ caratterizzata in generale sia da megalomania sia da mania di persecuzione, e spesso affligge individui veramente intelligenti e colti. E’ difficile per una persona normale comprendere come soffra un paranoico. Il disturbo è spesso accompagnato da esperienze di allucinazioni. Un paranoico, quando spegne la luce alla sera, può essere convinto che i suoi vicini stiano affilando i coltelli e aspettino soltanto che si sia addormentato per venire a tagliarlo a pezzetti. Per il malato è un’esperienza terrificante, anche se non è altro che una colossale montatura della sua fantasia. 


e psicosi del secondo gruppo più importante vanno sotto il nome di “psicosi maniaco – depressiva”, e la loro forma classica è allo stesso tempo maniaca e depressiva: si alternano stati depressivi con stati di esaltazione. Alcuni maniaci – depressivi manifestano uno stadio di mania e uno di depressione; altri sono soltanto depressivi. Il fatto è che nel caso della psicosi maniaco – depressiva, come in ogni psicosi o nevrosi, la DIFFERENZA fra stato di salute e stato di malattia è più una questione di grado che di genere. Tutti noi possiamo essere alternativamente di buono o di cattivo umore, e spesso lo siamo; ma nel caso delle psicosi maniaco – depressive gli stati d’animo sono così estremi che il soggetto deve essere calmato nei periodi di agitazione e stimolato nei periodi di depressione. Inoltre, nonostante noi tutti subiamo oscillazioni di umore, poiché siamo più equilibrati degli psicotici i nostri umori sono di gran lunga più in relazione con la realtà, con ciò che accade intorno a noi. Vi sono anche molte psicosi organiche che sono il risultato di una lesione al cervello e al midollo spinale. Vi sono psicosi che derivano dall’uso della droga, dall’uso degli alcolici e così via. Le psicosi più comuni, comunque, sono psicologiche o di comportamento piuttosto che organiche, e somigliano alle nevrosi di cui abbiamo già discusso.

Conclusioni


l termine psicosi, a lungo sinonimo di “follia”, designa una gran varietà di malattie che alterano profondamente la personalità. Queste gravi malattie sono spesso di origine organica. Il concetto di psicosi ci riporta a quello di alienazione: sono falsati i rapporti del soggetto con se stesso, con gli altri, col mondo esterno; al malato è impossibile trovare il modo di ristabilire questi rapporti, il suo universo è irreale, le prospettive sono profondamente deformate. Poiché l’eziologia delle psicosi è incerta, la loro classificazione si fonda soprattutto su caratteri comuni. Tutte le psicosi sono caratterizzate da un crollo del reale e dalla comparsa d’un mondo delirante. Mentre l’Io del nevrotico rimane legato al reale, l’Io dello psicotico è colpito da una disorganizzazione progressiva, che spesso colpisce l’immagine del suo corpo.


NB. Le informazioni e le interpretazioni terapeutiche contenute in questo articolo non sostituiscono in nessun modo il parere del proprio medico di base, al quale è sempre doveroso ed indispensabile rivolgersi per la diagnosi e la terapia specifica. Questo articolo pertanto ha valore educativo, non prescrittivo.


Bonipozzi dott. Claudio Tel. 349.1050551 

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