lunedì 6 febbraio 2017

La Fobia Scolastica ...



La  Fobia  Scolastica
settembre, riaprono le scuole, ora con il Covid non si sa … è tempo di ritornar, si diceva un tempo. Per molti bambini questo è un momento particolarmente stressante e difficile. La scuola, senza alcun dubbio, si trova in primissima fila nella lunga lista delle preoccupazioni che minaccia la tranquillità e l’equilibrio di molte famiglie. Probabilmente sono pochissime le persone che condividono l’antica locuzione “I giorni di scuola sono i più lieti”, questo però non esclude che qualcuno li abbia trovati piacevoli. Altri direbbero che praticamente hanno sopportato, più che gradito, il tempo, trascorso a scuola, mentre tanti altri direbbero che l’intera esperienza è stata loro profondamente penosa quando non addirittura traumatica. 

l di là delle varie esperienze personali sperimentate  le ricerche, comunque, dimostrano  che molti dei periodi più stressanti nella vita di un bambino hanno a che vedere con la scuola. Per il bambino, infatti, entrare a scuola significa entrare in un nuovo mondo (sociale, affettivo, ecc.) nel quale egli dovrà acquisire un certo numero di conoscenze che gli saranno necessarie in una particolare società e le cui basi saranno indispensabili al suo sviluppo “armonico” futuro. Brevemente possiamo dire, banalmente, che lo scopo della scuola è quello di insegnare e quello dello scolaro di apprendere, per cui si dovrebbe trattare, in linea di principio di una comunicazione attraverso il desiderio di sapere dell’uno e il bisogno di trasmettere dall’altro.

a esiste  fino ad un certo punto una chiara opposizione tra l’appetenza del bambino e certi scopi-metodi di rigore nell’insegnamento. Il bambino, infatti, ha le proprie necessità e i propri desideri mentre la società, attraverso la scuola, tenta di inculcare in lui un modo di pensare e di vedere conforme alla struttura che le è propria (sociale, politica, economica, ecc.). L’obiettivo principale, comunque, di questa breve esposizione, certamente non esaustiva, non è quello di cercare cause o responsabilità – tanto meno entrare in polemica con questo o quel atteggiamento culturale (morale, medico, sociale) – ma semplicemente offrire qualche spunto di riflessione e descrivere alcuni problemi dovuti a situazioni particolari che possono produrre, nei migliori dei casi, in senso di ansia generalizzata e, nel peggiore, una fobia per cui il bambino è tanto angosciato che solo il pensiero di varcare il cancello della scuola è sufficiente a causare drammatici malesseri psicosomatici  e terribili  invalidanti  attacchi di panico.

Fobia della scuola.


he cos’è.  La fobia in generale è una forma di paura, immotivata ed, incredibilmente, sproporzionata alla situazione reale, che non può essere dominata mediante un’analisi razionale, né controllata con la volontà. Essa, pertanto, non è provocata da stimoli obiettivamente pericolosi e viene rinforzata dalla messa in atto di comportamenti di evitamento e di fuga. 

ra le fobie dell’età evolutiva, quella per l’istituzione scolastica si presenta, secondo alcune indagini accreditate, con una frequenza molto elevata. Il quadro clinico più classico è la crisi d’ansia acuta, manifestata durante la frequenza scolastica, con sentimenti di rabbia, collera e opposizione violenta che si esprimono sia a casa, prima di partire, sia al ritorno. Al momento della partenza per la scuola, infatti, il bambino si agita e manifesta un grande terrore, piange, supplica i genitori, promette che andrà sicuramente a scuola l’indomani; il bambino è inaccessibile al ragionamento, in qualche caso la costrizione sembra che lo calmi, lasciandosi condurre passivamente a scuola. Spesso questo comportamento, stranamente, si manifesta in bambini che hanno un grande interesse per la scuola (l’intelligenza è perlopiù normale o superiore alla media). Generalmente essi non sono in grado di dare una valida spiegazione di quanto sta accadendo; altre volte, invece, riferiscono di un cambiamento di atteggiamento di qualche insegnante o di qualche amico nei loro confronti, per cui si sentono feriti, traditi o disprezzati.

lcuni autori sostengono che questo tipo di organizzazione fobica sarebbe legata all’ansia di separazione determinando nel fanciullo fantasie abbandoniche piuttosto dolorose. In pratica la sindrome di “Peter Pan”: ovvero, rimanere sempre piccoli in modo da non staccarsi dalla propria madre. Altri autori, invece, sono concentrati sullo studio dell’ambiente sociale. Sono d’accordo nel riconoscere la specificità della costellazione familiare: il bambino è sempre molto dipendente dalla famiglia, qualche volta con manifestazione aggressiva ambivalente.


he cosa si può fare.  L’approccio terapeutico è, naturalmente, sempre in funzione della personalità, della dinamica conflittuale familiare e della cronicità del sintomo. E’ bene ricordare, comunque, al di là dell’orientamento scientifico, che qualsiasi improvvisazione e intervento costrittivo, molto frequente purtroppo, non aiuta e non  fa che rinforzare la sintomatologia. L’intervento psicoterapico è sempre auspicabile, ma richiede sempre  un approccio competente e qualificato, e s’inscrive in una prospettiva a lungo termine. Non se ne possono attendere degli effetti diretti sul sintomo. D’altra parte, l’angoscia può essere certamente contenuta attraverso la sua elaborazione (ricercare il corretto “dialogo” interno attuato dal bambino durante questa esperienza fobica). E’ di grande importanza, inoltre, comprendere se vi è correlazione tra il suo sviluppo cognitivo – emozionale, la persistenza della paura e le abilità da lui possedute per poterle, eventualmente, vincere. 

a considerato attentamente la possibile funzione adattiva, così come il vantaggio  secondario (da non sottovalutare mai) che può derivare dalla manifestazione di questo comportamento. Un altro aspetto terapeutico piuttosto importante è il self monitoring in cui il bambino prende consapevolezza, attraverso il monitoraggio, della propria condotta emotiva e comportamentale. Risulta estremamente importante per il bambino, abbinata ai vari approcci terapeutici adottati, l’esperienza meditativa - distensiva in quanto può aiutare a sviluppare maggior concentrazione, favorire il rilassamento e incoraggiare lo sviluppo  emozionale.

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Bonipozzi dott. Claudio Tel. 349.1050551 
 E mail: bonipozzi@libero.it

NB. Le informazioni e le interpretazioni terapeutiche contenute in questo articolo non sostituiscono in nessun modo il parere del proprio medico di base, al quale è sempre indispensabile rivolgersi per qualsiasi diagnosi o terapia specifica. Il presente articolo pertanto ha un  valore educativo, non prescrittivo.

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