mercoledì 1 febbraio 2017

Obesità ...


LObesità

on il termine “obesità” si vuole indicare la presenza di una proporzione molto alta di grasso corporeo, mentre “soprappeso” indica un peso corporeo che è al di sopra di uno standard arbitrario. Questi concetti spesso, erroneamente, vengono usati scambievolmente. L’obesità è associata con molti disturbi, spesso sottovalutati, che aumentano la morbosità e la mortalità. La sua prevalenza è in crescita nei paesi sviluppati. Esistono delle tabelle che, in relazione all’altezza di una persona, ne stabiliscono il peso ideale. Chiunque superi tale peso in misura pari o superiore al 20% è considerato obeso. Le persone obese hanno spesso non soltanto difficoltà fisiche, ma anche psichiche. Su questo stato di cose non deve ingannare l’apparente giovialità e allegria degli obesi. Nonostante tutti gli interrogativi ancora aperti sul problema dell’obesità, c’è un accordo generale sul fatto che alla base di tale disturbo ci sia un bilancio energetico singolare (entrate – uscite): gli obesi ingeriscono più cibo di quanto gliene occorra. Tuttavia, pare abbiano un metabolismo basale più basso e il loro peso resta costante con una quantità di cibo minore rispetto alle persone di peso normale. Alcuni studi hanno evidenziato che nella persona in soprappeso c’è una alterazione del normale meccanismo di controllo della sazietà, mentre invece negli obesi si ritiene che il desiderio di cibo sia influenzato più da stimoli esterni che da stimoli fisiologici interni.

ali individui non sono in grado di percepire, semplicemente, quando hanno fame e il loro appetito è invece scatenato da stimoli esterni e da varie forme di disagio e inquietudine: non è quindi l’espressione di maggior bisogno di cibo da parte dell’organismo. Quando devono affrontare malesseri e problemi personali, essi regrediscono a modalità comportamentali “infantili” nel cercare di superare i sentimenti i disagio e sofferenza. Alcuni autori hanno classificato gli obesi in quattro gruppi principali secondo le abitudini alimentari.
Il divoratore. E’ sopraffatto da un improvviso appetito vorace. Il suo desiderio di cibo diventa incontrollabile e ne consuma enorme quantità prima di essere soddisfatto.

Il mangiatore continuo. L’appetito si presenta al risveglio e persiste per tutto il giorno. Mangia a qualsiasi ora ed è incapace di limitarsi ai pasti principali della giornata.

L’insaziabile. Non è attirato particolarmente da una tavola bene imbandita, ma una volta che comincia a mangiare la sua fame non conosce limiti.

Il mangiatore notturno. Per quanto mangi, la sua fame resta insoddisfatta. Il suo sonno è disturbato o si sveglia di frequente e mangia, poi torna a letto e non ha fame il giorno successivo.


rofilo psicologico dell’obeso. Alcuni autori hanno constatato, attraverso lavori sperimentali, che la funzione alimentare per quanto primaria, non è tutta quanta innata, ma ha bisogno di essere formata, e ciò equivale a dire che tale funzione può essere deviata dalla propria destinazione originaria, qualora la formazione in questione sia mal condotta (apprendimento sbagliato). E’ come se gli obesi continuassero a mangiare pur essendo da un pezzo sazi. Mangiano dunque, per altre ragioni (non per la soddisfazione dei loro bisogni fisiologici) ma per lo più per ragioni d’ordine emozionale. Quando chi accudisce non risponde in maniera adeguata ai messaggi del bambino, questo perde ben presto la capacità di discriminare fame e sazietà

i sono madri, infatti, che alimentano il proprio figlio ogni qualvolta questi piange, in quanto non riescono a immaginare altri bisogni. Nell’obeso il rapporto madre – figlio svolge un ruolo importante nella concatenazione eziopatogenetica. Fin dalla nascita il nutrimento è collegato ad un vissuto emozionale (fame – dispiacere) e al rapporto con la madre stessa. Si instaura in questo modo un legame simbolico, nel senso che il cibo rappresenta amore, sicurezza e soddisfazione del bisogno. In questo modo il cibo, dell’obeso, verrà utilizzato in maniera inadeguata ed esagerato allo scopo di risolvere tutti i problemi della sua esistenza. L’obesità spesso può accompagnare altre forme di disagio come abulia, passività, inibizione dell’aggressività. Inoltre, in alcuni  casi, i chili in eccesso rappresentano per lo più un “guscio” contro l’ansia, contro la minaccia di “distruzione” (sentimento di inadeguatezza), dando una sensazione di forza (… essere grassa e imponente fa sentire la persona obesa più forte e più protetta). In altri casi invece è un modo di isolarsi, “infliggendosi” un corpo che scoraggia i contatti e soprattutto tiene lontano i partner sessuali. 

isulta comunque difficile descrivere un tipo standard di persona obesa. Si trovano, infatti, a seconda dei casi, tratti di coazione interiore, rassegnazione triste e apatia, depressione, segni di rifugio nell’isolamento, ecc. L’atto di mangiare sposta le emozioni spiacevoli, seppure per breve tempo, in una fase in cui la depressione è assente. Essi si sentono, a loro dire, incompleti, vulnerabili e inadeguati.


osa fare.  Le cure dimagranti sono solitamente inefficaci a meno che non si riesca a modificare il comportamento istintuale – affettivo della persona in modo che essa non senta più la “compensazione” a sovralimentarsi. Nel complesso i risultati dei vari interventi sono scarsi proprio perché viene ignorato l’equilibrio piacere – sofferenza. E’ spesso evidenziato il fatto che durante il regime dimagrante oltre metà degli obesi mostra sintomi di nervosismo, instabilità, stanchezza, depressione nel senso più ampio. Come si può coinvolgere l’obeso nel trattamento? L’elemento principale è la partecipazione attiva attraverso un buon rapporto con lui. Quanto migliore è lo sviluppo di questo rapporto di comprensione e solidarietà, tanto più facile sarà il compito. Di primaria importanza è formarsi un quadro preciso di quanto profonda sia l’influenza sulla personalità dell’obeso per il fatto di essere privato di un mezzo che gli consente di superare i propri conflitti o di provare piacere. Un passo successivo consiste nel tracciare insieme una strategia individuale di intervento, tenendo conto della situazione personale e, soprattutto, dell’occupazione. 

erte obesità  possono sicuramente beneficiare di una psicoterapia ad orientamento psicosomatico o di una psicoterapia in profondità di ispirazione psicoanalitica. E’ importate, come già sottolineato, valutare la situazione psico – affettiva prima di prendere l’iniziativa di suggerire di dimagrire. In pratica è indispensabile chiedersi se l’obeso dispone di mezzi psicologici sufficienti a modificare un equilibrio talvolta particolarmente precario in un senso più vantaggioso. In breve, possiamo dire che far dimagrire un obeso comporta un programma terapeutico a lungo termine (non soltanto per esigenze estive …), nel quale la perdita di peso è solo uno egli elementi della ristrutturazione emozionale della persona. In generale, la sperimentazione conferma che la metodica terapeutica ipnotica è il trattamento più efficace per chi mangia troppo.

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ICORDA. I fattori che spingono a mangiar  troppo sono sicuramente complessi, consci e inconsci. Pare che la pulsione a mangiar troppo, alcune testimonianze archeologiche lo confermano, risalga alla preistoria. Quando incombeva un evento che era ritenuto una catastrofe, i nostri progenitori erano soliti mangiare più che potevano, per meglio far fronte all’infausto futuro. Così, mangiare come reazione allo stress o a uno sconvolgimento emotivo avrebbe un movente istintivo, non solo una  causa psicologica. Comunque stiano le cose, le ragioni per cui si mangia troppo possono essere semplici come pure assai complesse: mangiar troppo è una forma di consolazione emotiva è un modo di sublimare le pulsioni sessuali

 … festeggiare un evento lieto è una forma di reazione alle frustrazioni, alla paura, a un conflitto, alla noia, all’ansia, alla depressione; si mangia troppo per ragioni sociali, per abitudine,  per attirare l’attenzione altrui insomma per mille altre ragioni, oltre che per  necessità ... vera fame!!!



Bonipozzi dott. Claudio Tel. 349.1050551 - 0532.476055
E mail: bonipozzi@libero.it

NB. Le informazioni e le interpretazioni terapeutiche contenute in questo articolo non sostituiscono in nessun modo il parere del proprio medico di base, al quale è sempre indispensabile rivolgersi per qualsiasi diagnosi o terapia specifica. Il presente articolo pertanto ha un  valore educativo, non prescrittivo.
 

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