L’Obesità
on il termine “obesità”
si vuole indicare la presenza di una proporzione molto alta di grasso corporeo,
mentre “soprappeso” indica un peso corporeo che è al di sopra di uno
standard arbitrario. Questi concetti spesso, erroneamente, vengono usati
scambievolmente. L’obesità è associata con molti
disturbi, spesso sottovalutati, che aumentano la morbosità e la mortalità.
La
sua prevalenza è in crescita nei paesi sviluppati. Esistono delle
tabelle che, in relazione all’altezza di una persona, ne stabiliscono il peso
ideale. Chiunque superi tale peso in misura pari o superiore al 20% è considerato obeso. Le persone obese hanno spesso non soltanto difficoltà
fisiche, ma anche psichiche. Su questo stato di cose non deve
ingannare l’apparente giovialità e allegria degli obesi.
Nonostante tutti gli interrogativi ancora aperti sul problema dell’obesità, c’è
un accordo generale sul fatto che alla base di tale disturbo ci sia un bilancio
energetico singolare (entrate –
uscite): gli obesi ingeriscono più cibo di quanto
gliene occorra. Tuttavia, pare abbiano un metabolismo basale più basso
e il loro peso resta costante con una quantità di cibo minore rispetto alle
persone di peso normale. Alcuni studi hanno evidenziato che nella persona in
soprappeso c’è una alterazione del normale meccanismo di controllo della
sazietà, mentre invece negli obesi si ritiene che il desiderio di cibo sia
influenzato più da stimoli esterni che da stimoli fisiologici
interni.
ali individui non sono in grado di percepire,
semplicemente, quando hanno fame e il loro appetito è invece scatenato da stimoli
esterni e da varie forme di disagio e inquietudine: non è quindi
l’espressione di maggior bisogno di cibo da parte dell’organismo. Quando devono
affrontare malesseri e problemi personali, essi regrediscono a modalità
comportamentali “infantili” nel cercare di superare i sentimenti i disagio e
sofferenza. Alcuni autori hanno classificato gli obesi in quattro gruppi
principali secondo le abitudini alimentari.
Il divoratore.
E’ sopraffatto da un improvviso appetito vorace. Il
suo desiderio di cibo diventa incontrollabile e ne consuma enorme quantità
prima di essere soddisfatto.
Il mangiatore
continuo. L’appetito si presenta al risveglio e persiste per tutto il
giorno. Mangia a qualsiasi ora ed è incapace di limitarsi ai pasti principali
della giornata.
L’insaziabile.
Non è attirato particolarmente da una tavola bene
imbandita, ma una volta che comincia a mangiare la sua fame non conosce limiti.
Il mangiatore
notturno. Per quanto mangi, la sua fame resta insoddisfatta. Il suo
sonno è disturbato o si sveglia di frequente e mangia, poi torna a letto e non
ha fame il giorno successivo.
rofilo psicologico dell’obeso. Alcuni autori hanno constatato, attraverso lavori sperimentali, che la funzione alimentare per quanto primaria, non è tutta quanta innata, ma ha bisogno di essere formata, e ciò equivale a dire che tale funzione può essere deviata dalla propria destinazione originaria, qualora la formazione in questione sia mal condotta (apprendimento sbagliato). E’ come se gli obesi continuassero a mangiare pur essendo da un pezzo sazi. Mangiano dunque, per altre ragioni (non per la soddisfazione dei loro bisogni fisiologici) ma per lo più per ragioni d’ordine emozionale. Quando chi accudisce non risponde in maniera adeguata ai messaggi del bambino, questo perde ben presto la capacità di discriminare fame e sazietà.
i sono madri, infatti, che alimentano il proprio
figlio ogni qualvolta questi piange, in quanto non riescono a immaginare altri
bisogni. Nell’obeso il rapporto madre – figlio
svolge un ruolo importante nella concatenazione eziopatogenetica. Fin dalla
nascita il nutrimento è collegato ad un vissuto emozionale (fame
– dispiacere) e al rapporto con la
madre stessa. Si instaura in questo modo un
legame simbolico, nel senso che il cibo rappresenta amore, sicurezza e
soddisfazione del bisogno. In questo modo il cibo, dell’obeso, verrà
utilizzato in maniera inadeguata ed esagerato allo scopo di risolvere tutti i
problemi della sua esistenza. L’obesità spesso può accompagnare altre
forme di disagio come abulia, passività, inibizione
dell’aggressività. Inoltre, in alcuni casi, i chili in eccesso rappresentano per lo
più un “guscio” contro l’ansia, contro la minaccia di “distruzione” (sentimento
di inadeguatezza), dando una
sensazione di forza (… essere grassa e imponente fa sentire la persona obesa più forte e più
protetta). In altri casi invece è un modo di isolarsi,
“infliggendosi” un corpo che scoraggia i contatti e soprattutto tiene lontano i
partner sessuali.
isulta comunque difficile descrivere un tipo standard di
persona obesa. Si trovano, infatti, a seconda dei casi, tratti di
coazione interiore, rassegnazione triste e apatia, depressione, segni di
rifugio nell’isolamento, ecc. L’atto di mangiare sposta le
emozioni spiacevoli, seppure per breve tempo, in una fase in cui la depressione
è assente. Essi si sentono, a loro dire, incompleti, vulnerabili e inadeguati.
osa
fare. Le cure
dimagranti sono solitamente inefficaci a meno che non si riesca a modificare il
comportamento istintuale – affettivo della persona in modo che essa non senta
più la “compensazione” a sovralimentarsi. Nel complesso i risultati
dei vari interventi sono scarsi proprio perché viene ignorato l’equilibrio piacere – sofferenza. E’ spesso evidenziato
il fatto che durante il regime dimagrante oltre metà degli obesi mostra sintomi
di nervosismo, instabilità, stanchezza, depressione nel
senso più ampio. Come si può
coinvolgere l’obeso nel trattamento? L’elemento principale è la partecipazione
attiva attraverso un buon rapporto con lui. Quanto migliore è lo sviluppo di
questo rapporto di comprensione e solidarietà, tanto più facile sarà il compito. Di primaria importanza è formarsi un quadro preciso di
quanto profonda sia l’influenza sulla personalità dell’obeso per il fatto di
essere privato di un mezzo che gli consente di superare i propri conflitti o di
provare piacere. Un passo successivo consiste nel tracciare
insieme una strategia individuale di intervento, tenendo conto della situazione
personale e, soprattutto, dell’occupazione.
erte obesità possono sicuramente beneficiare di una
psicoterapia ad orientamento psicosomatico o di una psicoterapia in profondità
di ispirazione psicoanalitica. E’ importate, come già sottolineato, valutare la
situazione psico – affettiva prima di prendere l’iniziativa di suggerire
di dimagrire. In pratica è indispensabile chiedersi se
l’obeso dispone di mezzi psicologici sufficienti a modificare un equilibrio
talvolta particolarmente precario in un senso più vantaggioso.
In breve, possiamo dire che far dimagrire un obeso comporta un programma
terapeutico a lungo termine (non soltanto per
esigenze estive …), nel quale la perdita di peso è solo uno egli
elementi della ristrutturazione emozionale della persona. In generale, la
sperimentazione conferma che la metodica
terapeutica ipnotica è il trattamento più efficace per chi
mangia troppo.
ICORDA.
I fattori che spingono a
mangiar troppo sono sicuramente complessi, consci e inconsci. Pare
che la pulsione a mangiar troppo, alcune testimonianze archeologiche lo
confermano, risalga alla preistoria. Quando incombeva un evento che era
ritenuto una catastrofe, i nostri progenitori erano soliti mangiare più che
potevano, per meglio far fronte all’infausto futuro. Così, mangiare come
reazione allo stress o a uno sconvolgimento emotivo avrebbe un movente
istintivo, non solo una causa psicologica. Comunque stiano le cose, le ragioni
per cui si mangia troppo possono essere semplici come pure assai complesse: mangiar troppo è una forma di consolazione emotiva
… è un modo di sublimare le pulsioni sessuali
… festeggiare un evento lieto è una forma di reazione alle frustrazioni,
alla paura, a un conflitto, alla noia,
all’ansia, alla depressione; si mangia
troppo per ragioni sociali, per abitudine, per attirare l’attenzione altrui … insomma per mille altre ragioni,
oltre che per necessità ... vera fame!!!
Bonipozzi dott. Claudio Tel. 349.1050551 - 0532.476055
E mail: bonipozzi@libero.it
NB. Le
informazioni e le interpretazioni terapeutiche contenute in questo
articolo non sostituiscono in nessun modo il parere del proprio medico
di base, al quale è sempre indispensabile rivolgersi per qualsiasi
diagnosi o terapia specifica. Il presente articolo pertanto ha un
valore educativo, non prescrittivo.
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