mercoledì 15 febbraio 2017

La Tentazione Estrema ... il suicidio adolescenziale


                             
La Tentazione Estrema  … il suicidio adolescenziale 
                           

a seconda metà del ventesimo secolo vede svilupparsi, in tutti i paesi industrializzati e non, un fenomeno a dir poco inquietante: un numero sempre crescente di giovani mette la propria vita a repentaglio, e questo in proporzioni mai raggiunte. Tale gesto, in alcune aree geografiche supera gli incidenti stradali come numero di decessi annuali (gli incidenti stradali e il suicidio rappresentano oggi le due cause principali di morte giovanile). Questa situazione paradossale colpisce e disorienta tanto più in quanto contrasta nettamente e dolorosamente con la felice considerazione secondo cui, in questo “fantastico” periodo storico, il confort materiale e le aspettative di vita non hanno mai conosciuto un simile benessere (progresso)
gni suicidio o tentato suicidio è sicuramente espressione di una vicenda drammatica che si concretizza sulla scena di una profonda disperazione interiore. Il dramma del suicidio adolescenziale, sempre complesso ed enigmatico, oltre a sfuggire in gran parte alla coscienza stessa del soggetto, si intreccia e si presta continuamente a svariate spiegazioni: fattori personali, familiari, malattia, precarietà delle condizioni sociali - che in questo particolare non mancano - perdite affettive, convinzione di essere trascurati o abbandonati, percezione di un’immagine alterata di sé nello sguardo altrui. Anche comportamenti patologici, però, rigorosamente connessi fra loro come etilismo, tossicomania, bulimia e anoressia, possono essere una ulteriore tentazione all’azione estrema. Nonostante vi siano diverse ipotesi interpretative, un’infinità di moventi possibili, rimane sempre, in ogni caso, impossibile identificare a posteriori una causa scatenante univoca. E’ bene comunque precisare, proprio per evitare preconcetti particolarmente diffusi, che nessun fenomeno sociale (o psichico) preso singolarmente (isolatamente) può rendere conto o spiegare completamente tale comportamento autosoppressivo . Infatti, un evento doloroso può rappresentare, come in qualsiasi altra persona, un fattore scatenante o aggravante, ma mai la causa esclusiva di un gesto suicida. Ciò che deve essere preso in esame sono le dinamiche globali di un mondo  psico – sociale (specifiche di questa età non solo di sofferenza ma anche di sviluppo) pieno di conflitti ed in continua trasformazione. La cosa certa è che prima di passare all’atto, come ogni essere umano in pericolo, il giovane lancia segnali di sconforto (anche di rottura: fuga, nervosismo con esplosioni improvvise, insonnia, violenza, ubriachezza) difficile quasi sempre, purtroppo, da decodificare. Il segnale (non completamente esplicito, a volte veramente incomprensibile) è sempre mascherato perché  il giovane teme in maniera esagerata la critica, magari di non essere capito completamente da parte di un adulto e, quindi, deriso o addirittura di essere considerato pazzo. Lo sviluppo e l’estendersi, pertanto, di questi segnali indicano non la certezza ma, sicuramente, un alto rischio di passaggio all’atto. 
apere comunque che una certa inquietudine e profondi sconvolgimenti psicofisici danno vita ad una adolescenza movimentata non significa per questo che certe sofferenze non possano essere contenute, superate e risolte. Contrariamente a quello che si pensa, proprio perché è un processo evolutivo anche costruttivo e non solo di sofferenza, molti giovani in crisi riescono (a volte da soli, altre volte con i genitori oppure con un esperto che conosca perfettamente le dinamiche emotive dell’adolescente) ad uscire “rinforzati” da tale situazione di smarrimento. Un altro aspetto significativo negli adolescenti che tentano il suicidio – pur essendo sempre un atto patologico – è quello di non appartenere ad un quadro clinico particolarmente grave. E’ raro, infatti, trovare la vera “follia psicotica”; è presente, sicuramente, un meccanismo psichico morboso privo, però, di analogie con il disturbo mentale. E’ indubbio, comunque, che molti di essi presentano - più frequentemente di quanto in genere non si pensi - disturbi accentuati di natura ansiosa e depressiva da richiedere, a volte, immediate cure specialistiche. Tali condizioni tuttavia, molto spesso, vengono sottovalutate (non sempre sono percepite come segnali d’allarme che precedono la crisi) ed etichettate grossolanamente come momenti passeggeri stressanti piuttosto che angosce e sentimenti depressivi profondi. Questo atteggiamento non solo è dannoso per la reale presa di coscienza di questo problema ma, soprattutto, perché esclude un adeguato e tempestivo consulto medico – psicologico.


osa fare. L’incomunicabilità, il malessere, l’estraneità del proprio corpo, i rapporti conflittuali in famiglia sono stati d’animo cui tutti gli adolescenti, in misura più o meno intensa, volenti o nolenti sperimentano, inevitabilmente, durante il loro percorso evolutivo. Ma in alcuni casi, purtroppo, la strada travagliata verso quella età definita “adulta” conosce anche comportamenti lesivi ed autolesivi, che vanno dalle fughe, le condotte violente, la tossicodipendenza fino alla tentazione estrema di togliersi la vita. Gli stessi adulti, il più delle volte assistono impotenti ed increduli a questi drammatici lenti naufragi, senza sapere come affrontare il problema che, per nessuna ragione, si dovrebbe drammatizzare ma nemmeno banalizzarlo. In questo modo è necessario mettere a fuoco (discutere) le dinamiche interpersonali senza eccessive ed inutili colpevolizzazioni: ascoltare senza esprimere giudizi di valore e nemmeno esercitare volontà di censura, ma nemmeno una eccessiva e distruttiva condiscendenza. In breve, valutare con estrema lucidità la possibilità di un intervento personale o la necessità di un intervento qualificato e specialistico. In presenza di manifestazioni particolarmente drammatiche, gli adulti non devono rimanere inerti. 
essun ragazzo in difficoltà sarà sorpreso (o rifiuterà) se gli si comunica l’inquietudine suscitata dal suo comportamento o dalle sue parole. Esplorare i fattori critici, le origini, evidenziare i segnali d’allarme che precedono le crisi, illustrare le tipiche reazioni dell’ambiente familiare non può far altro che stimolare nuovi modelli di relazione, instaurare un nuovo clima di confidenza comunicativa e salutare distanza. Una problematica complessa come quella del suicidio adolescenziale non può accontentarsi di risposte semplicistiche. Il compito principale, pertanto, sarà quello di “accompagnare” (condurre) l’adolescente a scoprire (cogliere) il significato della sua drammatica sofferenza: si possono trovare soluzioni solo su ciò che si è compreso. In questo modo, sapere di che cosa si soffre non soltanto placa l’angoscia che ne deriva, ma soprattutto fornisce efficaci alternative alla rassegnazione e alla disperazione.

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Bonipozzi dott. Claudio Tel. 349.1050551 
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NB. Le informazioni e le interpretazioni terapeutiche contenute in questo articolo non sostituiscono in nessun modo il parere del proprio medico di base, al quale è sempre doveroso ed indispensabile rivolgersi per qualsiasi diagnosi e terapia specifica.


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