La Tentazione Estrema … il suicidio adolescenziale
a seconda metà
del ventesimo secolo vede svilupparsi, in tutti i paesi industrializzati e non,
un fenomeno a dir poco inquietante: un
numero sempre crescente di giovani mette la propria vita a repentaglio, e
questo in proporzioni mai raggiunte. Tale gesto, in alcune aree geografiche
supera gli incidenti stradali come numero di decessi annuali (gli
incidenti stradali e il suicidio rappresentano oggi le due cause principali di
morte giovanile). Questa situazione paradossale colpisce e disorienta
tanto più in quanto contrasta nettamente e dolorosamente con la felice
considerazione secondo cui, in questo “fantastico”
periodo storico, il confort materiale e le aspettative di vita non hanno mai
conosciuto un simile benessere (progresso).
gni suicidio o tentato suicidio è
sicuramente espressione di una vicenda drammatica che si concretizza sulla
scena di una profonda disperazione interiore. Il dramma del
suicidio adolescenziale, sempre complesso ed enigmatico, oltre a sfuggire in
gran parte alla coscienza stessa del soggetto, si intreccia e si presta
continuamente a svariate spiegazioni: fattori
personali, familiari, malattia, precarietà delle condizioni sociali - che in
questo particolare non mancano - perdite affettive, convinzione di essere
trascurati o abbandonati, percezione di un’immagine alterata di sé nello sguardo
altrui. Anche comportamenti patologici, però, rigorosamente
connessi fra loro come etilismo,
tossicomania, bulimia e anoressia, possono essere una ulteriore
tentazione all’azione estrema. Nonostante
vi siano diverse ipotesi interpretative,
un’infinità di moventi possibili, rimane sempre, in ogni caso, impossibile
identificare a posteriori una causa scatenante univoca. E’ bene comunque precisare, proprio per evitare preconcetti
particolarmente diffusi, che nessun fenomeno sociale (o psichico) preso singolarmente
(isolatamente) può rendere conto o spiegare
completamente tale comportamento autosoppressivo .
Infatti, un evento doloroso può rappresentare, come in qualsiasi altra persona,
un fattore scatenante o aggravante, ma mai la causa esclusiva di un gesto
suicida. Ciò che deve essere preso in esame sono le dinamiche globali di un
mondo psico – sociale (specifiche di questa età non solo di
sofferenza ma anche di sviluppo) pieno di conflitti ed in continua
trasformazione. La cosa certa è che prima di passare
all’atto, come ogni essere umano in pericolo, il giovane lancia segnali di
sconforto (anche di rottura: fuga, nervosismo con
esplosioni improvvise, insonnia, violenza, ubriachezza) difficile quasi sempre, purtroppo, da decodificare.
Il segnale (non completamente esplicito, a volte veramente incomprensibile)
è sempre mascherato perché il giovane
teme in maniera esagerata la critica, magari di non
essere capito completamente da parte di un adulto e, quindi, deriso o
addirittura di essere considerato pazzo. Lo sviluppo e
l’estendersi, pertanto, di questi segnali indicano non la certezza ma,
sicuramente, un alto rischio di passaggio all’atto.
apere comunque che una certa
inquietudine e profondi sconvolgimenti psicofisici danno vita ad una
adolescenza movimentata non significa per questo che certe sofferenze non
possano essere contenute, superate e risolte. Contrariamente a quello che si pensa, proprio
perché è un processo evolutivo anche costruttivo e non solo di sofferenza,
molti giovani in crisi riescono (a volte da soli, altre volte con i genitori
oppure con un esperto che conosca perfettamente le dinamiche emotive
dell’adolescente) ad uscire “rinforzati” da tale situazione di smarrimento.
Un altro aspetto significativo negli adolescenti che tentano il suicidio – pur essendo sempre un atto patologico
– è quello di non appartenere ad un quadro clinico particolarmente grave. E’
raro, infatti, trovare la vera “follia
psicotica”; è presente, sicuramente, un meccanismo psichico
morboso privo, però, di analogie con il disturbo mentale. E’ indubbio,
comunque, che molti di essi presentano - più frequentemente di quanto in genere non
si pensi - disturbi accentuati di natura ansiosa e depressiva da richiedere, a volte,
immediate cure specialistiche. Tali condizioni tuttavia, molto spesso, vengono
sottovalutate (non sempre sono percepite come segnali
d’allarme che precedono la crisi) ed etichettate grossolanamente come momenti passeggeri
stressanti piuttosto che angosce e sentimenti depressivi profondi. Questo
atteggiamento non solo è dannoso per la reale presa di coscienza di questo
problema ma, soprattutto, perché esclude un adeguato e tempestivo consulto medico – psicologico.
osa fare. L’incomunicabilità, il malessere,
l’estraneità del proprio corpo, i rapporti conflittuali in famiglia sono stati
d’animo cui tutti gli adolescenti, in misura più o meno intensa, volenti o
nolenti sperimentano, inevitabilmente, durante il loro percorso evolutivo. Ma in alcuni casi, purtroppo, la strada travagliata
verso quella età definita “adulta” conosce anche comportamenti lesivi ed
autolesivi, che vanno dalle fughe, le condotte violente, la tossicodipendenza
fino alla tentazione estrema di togliersi la vita. Gli stessi
adulti, il più delle volte assistono impotenti ed increduli a questi drammatici
lenti naufragi, senza sapere come affrontare il problema che, per nessuna
ragione, si dovrebbe drammatizzare ma nemmeno banalizzarlo. In questo modo
è necessario mettere a fuoco (discutere)
le dinamiche interpersonali senza eccessive ed inutili
colpevolizzazioni: ascoltare senza esprimere giudizi di valore e nemmeno
esercitare volontà di censura, ma nemmeno una eccessiva e distruttiva
condiscendenza. In breve, valutare con estrema lucidità la
possibilità di un intervento personale o la necessità di un intervento
qualificato e specialistico. In presenza
di manifestazioni particolarmente drammatiche, gli adulti non devono rimanere
inerti.
essun ragazzo in difficoltà sarà sorpreso (o rifiuterà) se
gli si comunica l’inquietudine suscitata dal suo comportamento o dalle sue
parole. Esplorare i fattori critici, le origini,
evidenziare i segnali d’allarme che precedono le crisi, illustrare le tipiche
reazioni dell’ambiente familiare non può far altro che stimolare nuovi modelli
di relazione, instaurare un nuovo clima di confidenza comunicativa e salutare
distanza. Una problematica complessa come quella del suicidio adolescenziale
non può accontentarsi di risposte semplicistiche. Il compito principale, pertanto, sarà quello
di “accompagnare” (condurre)
l’adolescente
a scoprire (cogliere) il significato della sua drammatica
sofferenza: si possono trovare soluzioni solo su ciò che si è compreso.
In questo modo, sapere di che cosa si soffre non soltanto
placa l’angoscia che ne deriva, ma soprattutto fornisce efficaci alternative
alla rassegnazione e alla disperazione.
Bonipozzi dott. Claudio Tel. 349.1050551
E mail: bonipozzi@libero.it
NB. Le informazioni
e le interpretazioni terapeutiche contenute in questo articolo non
sostituiscono in nessun modo il parere del proprio medico di base, al quale è
sempre doveroso ed indispensabile rivolgersi per qualsiasi diagnosi e terapia
specifica.
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