mercoledì 8 febbraio 2017

L'Amore ... potrebbe essere non eterno


        

L'Amore … potrebbe essere non eterno

n po’ di storia.  Secondo la tradizione greca, Eros è il Dio dell’amore (corrispondeva a Cupido dei romani). Nacque, secondo Esiodo, al principio dei tempi, uscendo dal Caos assieme a Tartaro ed a Gea (… la Terra): simbolo dell’arcana forza che unisce ed armonizza (come l’amore) l’intero creato. Prevalse il mito che vuole Eros figlio di Ermes ed Afrodite, poi sposo di Psiche. Volava instancabile tra cielo e terra, per colpire al cuore uomini e dei. Alcune delle sue frecce avevano la punta d’oro e accendevano di ardente passione; altre l’avevano di piombo e allontanavano dall’amore. L’Eros è l’attrazione irresistibile che due esseri sentono l’uno per l’altro e che può arrivare fino a privarli della ragione o addirittura distruggerli. E’ il caso della passione da cui furono presi Elena e Paride, che portò alla guerra di Troia. All’inizio non è un fanciullo dalle guance paffute che svolazza di qua e di là con frecce e faretra. La sua potenza era temibile, perché egli poteva causare danni da cui non erano al riparo né uomini né dei
olo successivamente appare un giovinetto alato, armato di arco e faretra. Entra in molte leggende, ma la più importante è quella di Psiche. Psiche è la divinazione dell’anima, la sposa segreta di Eros. Una tarda leggenda descrive Psiche come figlia di re dalla bellezza tanto conturbante da incutere timore nei pretendenti. Sembrava ormai condannata alla nubiltà, quando un oracolo ordinò al padre di vestirla con gli abiti nuziali e di esporla su di una rupe, dove un mostro l’avrebbe presa. Da quella rupe Psiche fu trasportata da un dolce vento nei giardini di un palazzo sontuoso. Durante la notte fu raggiunta dal suo sposo, che le proibì di guardargli il volto perché in tal caso sarebbe svanito (Psiche comunque era un essere mortale e come tale non avrebbe potuto sopportare la “luce” abbagliante del Dio Eros perché l’avrebbe distrutta). Dopo qualche tempo Psiche riuscì a farsi mandare dal marito a trovare i suoi familiari e le sue sorelle, invidiose, saputo che ella non aveva mai veduto il suo sposo, le diedero una lucerna convincendola a scoprirlo. 
osì quando tornò al suo palazzo, aspettò che il marito si addormentasse, accese la lampada e vide al suo fianco un giovane bellissimo. Una goccia d’olio della lampada cadde sulla spalla dell’amato che si svegliò ma subito dopo si dileguò. Psiche disperata, lo cercò per ogni luogo e dovette anche subire ogni umiliazione da Afrodite (Venere, per i romani), invidiosa della sua bellezza. Eros, lo sposo, chiese a Zeus di concedere a Psiche l’immortalità e di potersi unire a lei per l’eternità. Secondo il mito amore e ragione (le sorelle, voci della mente razionali) non vanno assolutamente d’accordo anzi, senza ombra di dubbio, sono incompatibili. Non si può controllare l’amore facendolo diventare eterno. L’amore può nascere e morire da un momento all’altro, una relazione può durare pochi istanti. Il tempo dell’amore è sicuramente un tempo soggettivo, “vissuto”, non è quello dell’orologio e del calendario. 
lcune dinamiche evolutive, i propri cambiamenti o i cambiamenti dell’altro, infatti, possono modificare il rapporto e renderlo invivibile se non impossibile (il patto “fin che morte non ci separi”, può diventare una vera trappola). Due individui possono scoprire, man mano  che invecchiano, d’essere cambiati l’un l’altro perché esperienze diverse, opinioni diverse a un certo punto creano distanza, provocano una separazione, un calo del desiderio sessuale, della creatività, della fantasia, e  può non  esserci più quel gusto a stare insieme e, nel contempo, subentrare l’esigenza di comunicare con altre persone per verificare la propria “identità”, riconoscersi in una vita sociale   più soddisfacente, ovvero in una comunicazione più autentica e spontanea.


 primi passi dell’amore si sviluppano nell’ambito della famiglia. Il bambino sperimenta un attaccamento emotivo intenso e prolungato nei confronti di un genitore, che viene conseguentemente associato alla soddisfazione dei suoi bisogni. Le limitate prospettive del bambino lo inducono a credere che questo sia il rapporto più importante, e magari il solo che coinvolga il genitore. A mano a mano che cresce, il bambino impara che non tutti i suoi bisogni trovano gratificazione in questo rapporto, e che per conquistare l’affetto di quel genitore occorre competere con un altro adulto

ella maggior parte dei nuclei familiari, il rapporto coniugale, i divieti e il processo di maturazione impediscono al bambino di diventare troppo dipendente, inducendolo a cercare soddisfazione altrove. Una delle principali caratteristiche che distinguono l’amore romantico dalle prime forme di affetto e dall’amore materno è l’idealizzazione. Il bambino sviluppa un rapporto fantasmatico idealizzato con il genitore di sesso opposto, che ovviamente non può essere oggetto di pieno possesso. L’idealizzazione sarebbe il risultato della mancata soddisfazione del bisogno di avere tutto per sé il genitore. Da un punto di vista evolutivo, l’identificazione e la fantasia possono essere considerati i precursori di un amore più maturo per un altro individuo, in quanto comportano una maggiore distinzione tra sé e l’altro. Ma se l’idealizzazione e la fantasia diventano veri e propri sostituti di una effettiva gratificazione nei rapporti reali, possono esercitare un’azione ritardante sullo sviluppo psico – affettivo. Il clima familiare, infatti, influisce sulla costituzione, fisica e psicologica, di ogni individuo, in modo profondo e quasi sempre inconsapevole.

ell’adolescenza, invece, i sentimenti di tenerezza ampiamente sperimentati nell’ambito della famiglia possono intrecciarsi, se indirizzati su persone estranee alla famiglia, alle nuove sensazioni sessuali. L’innamoramento si verifica quando l’attrazione sessuale si combina con l’intimità. Se la persona è titubante nell’affrontare un’altra, l’approccio effettivo può essere sostituito da un’infatuazione a distanza. Le infatuazioni possono paragonarsi a un esercizio di emozioni che preparano l’individuo al successivo contatto interpersonale. E’ nell’adolescente che si definisce l’identità di un individuo. Un saldo senso della propria identità è il prerequisito fondamentale perché si possa poi instaurare un’intimità amorosa. Ma il raggiungimento di una salda identità è strettamente legato alla capacità di comunicare con gli altri su un piano di intimità. Gli individui che evitano di innamorarsi paventano una qualche incertezza nella propria identità. Ciò nonostante l’esperienza di amare contribuisce alla conoscenza di sé, così come le sensazioni di conoscere se stessi ci aiuta a conoscere gli altri. L’amore di se stessi, cioè l’affermazione del proprio valore innato e delle proprie potenzialità, è fondamentale ai fini del raggiungimento di una identità integra. Purtroppo l’amore di se stessi non viene incoraggiato a sufficienza perché, il più delle volte, lo si confonde con l’egoismo. 

oler bene a se stessi non è egoismo, ma una grande disponibilità a darsi ciò di cui si ha necessità, rispettare le proprie esigenze, essere fedeli, coerenti a se stessi, stimolarsi con continuità, prendere per se stessi ciò che un malinteso altruistico ci “spinge” a dare agli altri. Facciamo un esempio: se dentro di noi c’è il vuoto, paura, collera, che cosa, se non quello che abbiamo, possiamo dare agli altri? Quindi, se si vuole esprimere qualche sentimento, prima bisogna possederlo. Se si ama la vita sarà sicuramente meno ostile. Al contrario, se non si ama la vita e la si percepisce crudele, si starà sempre sulla difensiva, opponendo infinite resistenze al suo fluire naturale e questo provocherà incredibili sofferenze  psicofisiche. A volte, invece, si può verificare che il nostro bisogno di amore si camuffa dietro altri meccanismi più confusi, difficili da decifrare: ad esempio, ci buttiamo a capofitto nelle opere di volontariato, o ancora anteponiamo le esigenze altrui alle proprie per riempire un vuoto interiore, per sentirci dire che abbiamo valore, siamo bravi, per esorcizzare la paura della solitudine. L’adolescenza, inoltre è l’età del “disordine”. E’ un’età in cui non si conoscono i propri mezzi, in cui non si sa ancora chi né dove si è. 

ccettare il “disordine” di un adolescente vuol dire accettarlo al di là del modello dato, al di là della perfezione. Molti genitori non ci riescono a fare questo passo perché a loro volta non sono mai stati accettati di per sé, ma solo nella loro bravura, nella loro perfezione. E anche le persone eccessivamente ordinate in realtà non si possono permettere alcun disordine interiore, l’ordine è per loro una difesa. Il difficile, con i figli, è trovare il giusto ritmo nel distacco: dire no. Il bambino prende tutto quello che trova, se una cosa gli piace non è possibile fargli capire che non è sua, che deve restituirla e non può portarsela a casa. Le sue urla altissime terrorizzano la madre e spingono gli altri a concedergli qualsiasi cosa per levarselo di torno. Molti trasferiscono pertanto sul figlio il proprio vissuto doloroso della separazione (confine). Le persone soffrono del confine solo se c’è una mancanza d’amore: non si soffre di un confine amorevole, ma semplicemente perché il no non è stato amorevole. Nelle persone che hanno sofferto di confini non amorevoli nasce la confusione tra il confine e la mancanza d’amore, tra il divieto e l’autoritarismo. Se si è aperti amorevolmente si possono dire tranquillamente tutti i no di questo mondo, e chiunque, bambino o persona adulta, sentirà l’amore, e sentirà il no come due cose diverse. 

uando qualcuno ha paura di dare un confine, è perché lui stesso, nel sentirsi dare un confine, ha percepito la mancanza d’amore: una volontà di dominio da parte del genitore e una sua sottomissione.
L’amore in età adulta e il matrimonio rientrano tra le scelte più importanti che l’individuo affronta. L’amore adulto sa valutare i limiti dell’amore romantico. E’ improbabile che un rapporto d’amore duri senza il sostegno di capacità interpersonali e interessi comuni. Non è raro sentir dire dalle coppie che il vero amore si è sviluppato solo dopo dieci anni di consuetudine. Il vero amore implica l’accettazione degli aspetti anche meno gradevoli dell’altro. Questo, ovviamente, non implica accettare qualunque sopruso né condividere la propria vita con tutti, bensì capire e testimoniare che una persona è molto di più dei suoi comportamenti e dei suoi eventuali errori: possiamo e dobbiamo esprimerci su questi, ma senza toccare in alcun modo la sua amabilità. Non implica, comunque, neppure l’esclusione di qualsiasi intervento “educativo” reciproco: affiancarsi cioè con discrezione, dare il supporto necessario perché insieme si impari a vedere con coraggio ombre ed ostacoli nel rapporto di coppia (si rimane insieme finchè si ha qualcosa da “dire”)

noltre, con il passare degli anni, vengono a cadere le aspettative non realistiche dell’altro (derivante in parte dal rapporto con i genitori). L’amore maturo è attivo non passivo. Per il bambino, amore significa essere amato, e molti adulti continuano a nutrire questa aspettativa nei confronti del coniuge. Per la persona matura, amore significa dare amore ma anche riceverlo. L’amore, più che un affetto passivo, è un atto concreto. Molte persone identificano l’amore con sentimenti intensi, e quando questa intensità viene meno, si chiedono se l’amore è cessato, dimenticando con questo la dimensione fondamentale dell’amore come azione, rispetto alla quale i sentimenti sono un prodotto collaterale. Molte coppie si impantanano, il più delle volte in modo inconsapevole e a livello simbolico, in una fase di mutue esigenze in cui “io faccio questo per te se tu fai questo per me”, che può sfociare in una lotta distruttiva per ottenere qualcosa dal partner. Molti lamentano di non sentirsi amati, ma non di rado scoprono di essere essi stessi incapaci ad amare. Non dobbiamo mai dimenticare che l’amore è una grande forza, con caratteristiche psicofisiche, che spinge verso la conoscenza di se stessi e, soprattutto, verso la vita.


n po’ di “clinica”. Come abbiamo potuto osservare, l’amore è quel sentimento fondamentale di due esseri umani che si incontrano, si sentono attratti l’uno verso l’altro e tendono a vivere insieme, a condividere una parte della loro esistenza, se non proprio tutta la vita. La prima “fase”  di questo fenomeno si chiama innamoramento. E’ questo il momento che suscita, nell’individuo, le maggiori emozioni, fa riaffiorare caratteristiche infantili ed adolescenziali con, ovviamente, un aspetto comunicativo interpersonale che non fa parte normalmente dell’età adulta. Le emozioni sono talmente risonanti e profonde che l’individuo colpito (dalla freccia d’oro di Eros)  esce dalla ruotine abituale della sua vita e comincia a viverne decisamente un’altra. 

come se ci si staccasse di colpo dal comune senso di realtà proponendosi l’uno all’altro con modalità che sfiora la patologia. Questo periodo (dell’innamoramento) tuttavia è sempre relativamente breve perché si scontra con la realtà che, come sappiamo, non è mai quella utopizzata.  Le “piccole cose” quotidiane, pertanto, rendono, man mano che passa il tempo, l’amore molto più “banale”. L’innamoramento quindi  sfuma “raggiungendo” un sentimento che apparentemente sembra aver dimenticato le punte alte e gli eccessi (sempre irrealistici)  per dedicarsi ad un rapporto caratterizzato da un’unione approfondita e costante (realistica). Non c’è dubbio che un partner non si sceglie per caso (spesso ciò che ci attrae in un’altra persona è il riconoscimento “inconsapevole” di una parte che a noi manca, e le persone che hanno caratteri totalmente opposti spesso instaurano relazioni lunghe e positive)

i sono, per ogni incontro, determinanti che, sfuggono agli individui stessi, fanno sì che gli individui si incontrino e – avvenga o non avvenga il colpo di fulmine – si innamorino e si mettano insieme. Dentro ognuno di noi ci sono delle valenze che ci attirano verso una persona anziché un’altra. Ogni volta che conosciamo una persona, in modo cosciente o no, ci facciamo un’idea molto precisa su di lei. Immagazziniamo in pochi secondi dati sull’aspetto esteriore, la situazione emotiva e la struttura della personalità. Registriamo i segnali che quella persona ci manda e, nel contempo, cerchiamo di indovinare quale atteggiamento essa avrà nei nostri confronti. Se una persona ci piace, e molto, è sicuramente perché abbiamo proiettato in lei immagini positive e, naturalmente, aspettative lusinghiere su come ci vedrà. Nel primo incontro fra due persone, dunque, ci sono tutti i presupposti della relazione. 

ossiamo cadere facilmente nel paradosso amoroso: attraverso piccolissime sfumature e un dialogo più inconsapevole che reale, crediamo di ritrovare nell’altra persona figure fondamentali della nostra infanzia, così come le abbiamo vissute quando eravamo piccoli. Nello stesso tempo, ovviamente, la nostra personalità adulta chiede alla persona di cui ci innamoriamo di correggere gli errori e le sofferenze che quelle figure originali ci hanno, in qualche modo, inflitto. Nel tentativo di riformulare il passato, di trovare nuove possibilità di realizzarci proiettiamo sulla “preda” un copione segreto, che a lei sarà quasi impossibile interpretare secondo i nostri bisogni, desideri e aspettative. Chi crede di stare nel “rapporto a due” per l’altro, ha un percorso già stabilito, tu farai per me io farò per te, e continuamente ognuno lo farà pagare all’altro, perché si accumulerà rabbia e persino odio: in una relazione d’amore ci si sta sempre, e comunque, soltanto per sé. E’ fin troppo facile (forse anche banale) risalire a quei rapporti  che il bambino ebbe con la madre e la bambina con il padre. In tale esperienza  si formò la radice di quella scintilla che poi fa scattare il desiderio adulto verso l’altro. Non si tratta sempre di affinità, perché anche il contrasto può essere determinante. Non è detto che un giovane che ha avuto  la mamma bionda, si innamori perdutamente delle bionde: potrebbe  innamorarsi delle brune proprio per smentire di aver provato gli stessi sentimenti per la madre.

l colore bruno diventa così un elemento di attrazione perché di contrasto, ma che ha comunque origine nel rapporto con la prima figura di riferimento. Sono proprio gli aspetti  non visibili, inconsci, a determinare l’attrazione reciproca. E’ questa una cosa che a volte si scopre molto tempo dopo, e non spesso, perché quasi sempre non se ne saprà per tutta la vita. Quando, ad esempio, dopo venti anni di vita, il matrimonio va improvvisamente a rotoli, si capirà perché ci si era scelti. E’ proprio al momento dell’ incontro che alle volte si mettono in opera gli scenari futuri e paradossali. Se andassimo a vedere caso per caso, scopriremmo che ogni volta c’è una facciata che ha retto fino ad un certo momento. Eventi esterni o altri motivi sopravvenuti hanno poi fatto in modo che si scoprisse una realtà che non era affatto quella visibile. La nascita di un figlio, ad esempio, è un evento che fissa irrevocabilmente i ruoli: da quel momento lei è senza dubbio una madre, lui senza dubbio un padre. E molte coppie non ce la fanno a sostenere compiti che – nonostante chiacchiere e promesse coscienti – non avevano messo in moto. E’ facile capire che non esiste crisi di una coppia che non sia determinata da entrambi i componenti, i quali come furono complici nel trovarsi, lo sono poi nel lasciarsi. Non c’è dubbio che la separazione di un amore sia un vero lutto (… perdita) e che questo comporti una depressione tanto più forte quanto più erano le forze inconsapevoli che avevano determinato l’incontro. 

olte volte, invece, i due componenti della coppia decidono di lasciarsi proprio perché tutto quello che avviene mostra loro con chiarezza che ormai il loro rapporto è finito. Ciò non toglie che non riescano a separarsi e portino avanti strascichi dolorosissimi di una unione frantumata e sofferta. Non riescono ad affrontare una separazione  che sarebbe loro salutare, temendone e ingigantendone il dolore e l’insopportabilità. C’è quasi sempre da sospettare che dietro la figura dalla quale, sia pure nell’odio, non ci si riesce a staccare, ci sia quella ancora e fondamentale della madre e una separazione da lei mal riuscita o parzialmente riuscita. 


nche l’attrazione fisica della vita adulta si prepara, contrariamente a quello che si crede, già nell’infanzia. Le origini dell’attrazione fisica stanno nell’affetto e nell’attrazione che si generano nel bambino, e da quelle che suscitano in lui i membri dell’altro sesso che si trovano nel suo ambiente più prossimo  (personaggi che ha conosciuto nel suo primo ambiente). A volte se un bambino sperimenta delle difficoltà con la madre, e una bambina con il padre (come spesso accade se la “cooperazione” nel matrimonio non è solida), essi vanno in cerca di un tipo antitetico. Se, per esempio, la madre del bambino lo ha tiranneggiato e infastidito con continui rimbrotti, ed egli è debole e ha paura di essere dominato, può essere attratto sessualmente soltanto da donne che non sembrino tiranniche. E’ facile che commetta degli errori: può cercare un partner da poter dominare, e non è mai possibile che un matrimonio sia felice se non c’è uguaglianza.

e vuole dimostrarsi energico e forte, cercherà anche una partner che sembri forte, o perché preferisce la forza, o perché trova in lei una provocazione che gli permette di dimostrare, paradossalmente, la propria forza. Se il suo disaccordo con la madre è molto “profondo”, la sua preparazione all’amore di coppia può essere turbata, e anche l’attrazione fisica verso l’altro sesso può restare bloccata. Questo blocco può raggiungere gradi diversi; quando è totale, egli escluderà completamente l’altro sesso e raggiungerà forme di piacere in modo “diverso”.  Noi generalmente siamo sempre meglio preparati al rapporto di coppia se i nostri genitori sono andati d’accordo fra loro. I bambini traggono le loro prime impressioni sul “rapporto a due” dalla vita dei loro genitori, e non c’è da meravigliarsi che il maggior numero di “rotture” nella vita si verifichi tra i figli di matrimoni infelici o tra bambini che hanno avuto una vita familiare infelice

e i genitori non sono in “equilibrio”, sarà impossibile che riescano a insegnare “equilibrio” ai loro figli. Spesso noi possiamo considerare più facilmente l’adeguatezza di un individuo  al “rapporto a due” apprendendo se si è formato nel tipo giusto di famiglia e osservando il suo atteggiamento verso i genitori, i fratelli e le sorelle. Il fattore più importante è l’ambiente in cui ha compiuto la sua preparazione all’amore e al “rapporto a due”, però dobbiamo fare attenzione anche su questo punto. Noi, infatti, sappiamo che un individuo non è condizionato dal suo ambiente, ma dal giudizio che dà del suo ambiente: il suo giudizio può essergli utile. E’ possibile che abbia avuto delle esperienze molto infelici di vita familiare nella casa dei suoi genitori, ma che questo lo abbia soltanto stimolato a far meglio nella propria vita familiare, e che lotti per prepararsi bene al “rapporto a due”. Un bambino che in famiglia sia stato “viziato”, spesso si sente trascurato nel “rapporto a due”: non è stato addestrato alla vita sociale. 

a un bambino con queste caratteristiche può svilupparsi nel “rapporto a due” un gran tiranno, e così l’altro partner si sente sacrificato, si sente come in gabbia, e comincia a fare resistenza. E’ interessante osservare quello che accade quando due figli “viziati” si sposano. Ognuno di loro reclama interesse e attenzione, e nessuno dei due può essere soddisfatto. Il passo successivo è la ricerca di una scappatoia. Non dobbiamo, comunque, mai giudicare o escludere un essere umano perché ha dietro di sé una vita familiare sfortunata. 



i sono altri che inventano una amore romantico, ideale e irraggiungibile: possono così deliziarsi nei loro sentimenti senza la necessità di accostare realmente il partner. Ci si può servire di un alto ideale amoroso anche per escludere tutte le possibilità, così infatti non si troverà nessuno che sia all’altezza. Molte persone attraverso difficoltà sperimentate durante il loro sviluppo, si sono addestrate a disprezzare e a respingere la funzione sessuale. Hanno interdetto le loro funzioni naturali, e sono fisicamente incapaci,, senza una cura, di realizzare un “rapporto a due” ben riuscito. Se i bambini vengono lasciati in dubbio sulla loro funzione sessuale, sono estremamente predisposti a sentirsi insicuri. Fino a che il ruolo maschile viene considerato come dominante, è naturale che essi abbiano la sensazione, siano maschi che femmine, che il ruolo di maschio è invidiabile, e così dubiteranno della propria capacità  di essere all’altezza di questo ruolo, insisteranno troppo sull’importanza di essere virili, e cercheranno di evitare di essere messi alla prova. 

uesta insoddisfazione della propria funzione sessuale è molto frequente nella nostra cultura, e possiamo sospettarla in tutti  i casi di frigidità nelle donne e di impotenza  negli uomini. In questi casi si verifica una resistenza all’amore e al “rapporto a due”. E’ impossibile evitare questi fallimenti se non riconosciamo sinceramente che uomini e donne sono uguali. Concludendo, possiamo dire che esistono svariate ragioni che impediscono a due persone di vivere insieme, e probabilmente ci sono casi in cui sarebbe meglio che si separassero. Ma chi prenderà questa decisione se le persone qualche volta non hanno avuto una formazione giusta (e loro stesse non hanno la consapevolezza)? 
Come è possibile risolvere il problema dell’amore e del “rapporto a due” quando la maggior parte delle persone sono deluse e scoraggiate?  Non ci sono ricette e  soluzioni facili. Molti possono improvvisarsi grandi esperti e dare consigli, a volte più dannosi che utili, come quel “signore” che raccomandava, in modo particolarmente superficiale,  come soluzione di una crisi di coppia,  di farsi un amante (a casa poi si deve pur  tornare: la situazione, la tensione, rabbia, odio e l’atmosfera familiare… questi sentimenti che fine fanno … tutto ciò rimane immutato).

gnuno deve trovare la sua strada e se non si comincia in famiglia è più faticoso apprenderlo, dopo. Possiamo, però,  promuovere nel “rapporto a due” un atteggiamento (non di rinuncia, sacrifici, obblighi, desideri a tutti i costi  comuni, attaccamento ossessivo) che permetta di  realizzare, per ciascun membro, un proprio spazio di libero movimento, la libera espressione delle emozioni, capacità di stare da soli e soprattutto favorire la propria identità. Poter scegliere ci dà la libertà di esercitare il potere, di vivere la nostra propria vita in modo appieno… rispettando, in questo modo, gli affetti e le esigenze  dell’altro.

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Bonipozzi dott. Claudio Tel. 349.1050551 
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NB. Le informazioni e le interpretazioni terapeutiche contenute in questo articolo non sostituiscono in nessun modo il parere del proprio medico di base, al quale è sempre indispensabile rivolgersi per qualsiasi diagnosi o terapia specifica. Il presente articolo pertanto ha un  valore educativo, non prescrittivo.

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